L’ESMA ha pubblicato le bozze di standard tecnici (RTS) sui temi legati alla direttiva Omnibus II.
L’ESMA ha pubblicato un report sull’interoperabilità delle controparti centrali richiesta dall’EMIR. Si raccomanda di estendere le suddette norme ai derivati azionari.
La BIS ha pubblicato un report sull’impatto e l’accountability delle politiche per la supervisione bancaria.
La BIS ha aperto una discussione sul quadro normativo per il credit valuation adjustment (CVA). Gli obiettivi sono: allineare differenti regimi; garantire che tutte le determinanti del CVA siano considerate; garantire la coerenza con le proposte di revisione del quadro normativo sul rischio di mercato.
Commenti potranno essere inviati sino al primo ottobre.
Il FSB ha organizzato una peer review sull’attuazione del quadro regolamentare per le entità finanziarie non bancarie diverse dai fondi di mercato (‘altre entità bancarie ombra’). Gli obiettivi sono la valutazione dello stato di attuazione delle norme, la ricerca di rischi alla stabilità finanziaria e la condivisione di informazioni.
I commenti possono essere inviati entro il 24 luglio.

Lo scorso 23 giugno il Governo ha varato alcune misure volte a favorire la pulizia dei bilanci bancari. Gli oltre 300 miliardi di euro di crediti dubbi che l’industria bancaria deve gestire costituiscono un peso gravoso, tra i più alti in Europa, come evidenziato da Ignazio Angeloni (2005), componente del Consiglio di sorveglianza della BCE, in una recente audizione parlamentare. Sulla stessa linea sono le evidenze riportate dal Fondo Monetario Internazionale (2015) nell’ultimo Global Financial Stability Report.
La situazione italiana è particolarmente critica se si osserva il cosiddetto Texas ratio, ovvero il rapporto tra crediti dubbi e capitale e riserve accantonate per far fronte al rischio di perdita sui finanziamenti (grafico 1). Le banche italiane evidenziano un’incidenza dei crediti non performanti sul totale delle risorse proprie, potenzialmente destinate a coprirne le perdite, di oltre 2,5 volte superiore alla media dell’Area euro (88% contro il 34,5%).
Rimuovere parte dei crediti non performanti è nell’interesse dell’intera collettività se si vuole garantire la stabilità del settore finanziario e far ripartire finalmente i finanziamenti bancari.
Gli interventi definiti dal Governo sono quelli già auspicati da Barucci e Milani (2015). Si è provveduto, nello specifico, a rimuovere lo svantaggio fiscale che permetteva la deduzione delle svalutazioni sui crediti nell’arco di 5 anni, ponendo invece come nuovo limite 12 mesi. La norma, pur se valida solo per i nuovi accantonamenti al fine di evitare un eccessivo aggravio sui conti pubblici, avrà riflessi positivi. Le banche potranno accantonare maggiori risorse a fronte dei crediti dubbi, e ciò permetterà di cedere sul mercato questi finanziamenti a un prezzo più basso di quello domandato in precedenza. Positivo è anche l’intervento sulla giustizia civile, con la semplificazione delle procedure concorsuali ed esecutive. Tenuto conto delle annose difficoltà nel riformare la giustizia italiana, andrà però seguita attentamente l’implementazione di queste modifiche, monitorandone l’efficacia. Questo secondo intervento indurrà gli operatori specializzati nella gestione dei crediti non performanti ad accettare prezzi di acquisto più elevati. Ad ogni modo, la distanza tra domanda e offerta nel segmento delle cartolarizzazioni dei crediti dubbi è così elevata che difficilmente basteranno queste due misure per rimettere in moto un mercato pressoché inesistente negli ultimi anni. La costituzione di una bad bank rimane ancora la carta vincente da giocare per affrontare in modo radicale e risolutivo il problema. Al riguardo, le esperienze di altri paesi, e in particolare dell’Irlanda, con Nama, e della Spagna, con Sareb, indicano come e quanto questo strumento possa essere efficace. Nama, nell’arco di pochi anni di operatività, ha già ceduto sul mercato asset per circa 19 miliardi di euro, mentre Sareb ha ricollocato più di 8 mila unità immobiliari per un controvalore di 2,5 miliardi di euro. Anche il fatto che una qualche forma di bad bank sia stata adottata da molti paesi europei, anche da quelli più in salute come Germania e Regno Unito, la dice lunga sull’efficacia di un simile strumento.
La funzione primaria di questi veicoli è infatti quella di risolvere un fallimento del mercato, dovuto al fatto che gli investitori privati non sono disposti ad accollarsi l’eccessivo rischio (fenomeno dei cosiddetti mercati incompleti). Al riguardo la Banca d’Italia (2015) ha evidenziato come circa il 40 per cento dello stock di crediti in sofferenza intermediati sui mercati in cui sono state costituite delle bad bank siano transitati proprio attraverso questi veicoli. Purtroppo in Italia si è perso molto tempo su questo fronte e se si fosse intervenuti prima l’uscita dalla recessione sarebbe stata più veloce. Ora che anche le norme europee sugli aiuti di Stato sono diventate più rigide, gli spazi per intervenire si sono fatti più stretti.
Permangono tuttavia ancora delle possibilità (si veda Centro Europa Ricerche, 2015). I capitali per la costituzione di una bad bank potrebbero essere offerti dalla Cassa Depositi e Prestiti, recentemente oggetto di un cambio al vertice che prelude a un suo maggior attivismo, oltre che da investitori privati. Nel novero di questi ultimi potrebbero essere sollecitate a intervenire le Fondazioni bancarie, che potrebbero apportare parte delle loro quote di partecipazione nel capitale delle banche.
Riferimenti
Angeloni I. (2015). Scambio di opinioni su temi di vigilanza con la Commissione Finanze e Tesoro del Senato della Repubblica italiana.
Banca d’Italia (2015). Rapporto sulla stabilità finanziaria 1/2015.
Barucci E. e C. Milani (2015). L’infinito dibattito sulla bad bank. FinRiskAlert.it
Centro Europa Ricerche (2015). Rapporto Banche n.1/2015.
Fondo Monetario Internazionale (2015). Global Financial Stability Report, april.

Introduzione
La moderna gestione del collaterale è molto complessa e si discosta molto dalla tradizionale attività a cui usualmente in banca veniva attribuito lo stesso nome.
Cercheremo di dare una visione concisa, ma sufficientemente completa, della gestione del collaterale in una serie di due articoli.
Nella presente prima parte forniremo una panoramica sulle nuove tematiche facenti parte delle moderna gestione del collaterale, con uno sguardo anche alla normativa, e introdurremo le esigenze che ne derivano. Nel secondo articolo, analizzeremo più in dettaglio quella che definiamo come Gestione Integrata del Collaterale (GIC).
La Nuova Gestione del Collaterale
L’attuale quadro di riforme regolamentari, (accordo di Basilea, Dodd Frank ed EMIR) sta aumentando significativamente i costi legati alla gestione del collaterale attraverso la domanda di attività liquide di elevata qualità per ottemperare agli obblighi regolamentari.
Osserveremo pertanto a dei fenomeni di cambiamento sul mercato che avranno un impatto a livello di richiesta di maggiore collateralizzazione e di aumento dei volumi di margin call per l’attività di clearing. Inoltre le Banche dovranno saper gestire una maggior complessità nei fabbisogni di liquidità soprattutto a livello operativo. Le nuove regole imporranno altresì la marginazione anche all’attività bilaterale (calcolo e previsione dei margini iniziali) con un forte incremento di domanda di attività liquide e di qualità che si traducono in un inasprimento delle condizioni economiche per reperirle. L’incremento dei requisiti di capitale attraverso Basilea III avrà come effetto quello di drenare risorse considerate “eligible” per l’attività di collateralizzazione e il divieto di riutilizzo di collaterale già assorbito per l’attività di clearing avrà conseguenze operative non indifferenti.
La centralità del collaterale dovrà portare la banca a ripensare al ruolo organizzativo del “Collateral Manager” da funzione di supporto, che si occupa di gestire le riconciliazioni e le richieste di margine, a funzione centralizzata con la possibilità di divenire una vera e propria area di generazione di ricavi.
Appare evidente come gli attuali processi di gestione del collaterale non colgano correttamente tutte le sfide regolamentari in tema di derivati OTC.
Le maggiori inefficienze sono mostrate in Figura 1. Esse sono il risultato della sostanziale inadeguatezza dei sistemi esistenti rispetto alla complessità e l’importanza del collaterale nell’odierno contesto finanziario.
Le criticità si riverbano in modo più o meno accentuato sull’efficienza ed il contenimento dei costi, sulla misura corretta del profitto/perdita di singole operazioni o di portafogli, e sulla misurazione del rischio, sia controparte (o credito) che di liquidità.
Il Quadro Normativo
Le istituzioni bancarie europee devono fronteggiare attualmente un ammontare senza precedenti di riforme regolamentari che impattano significantemente il tema del collaterale (si veda la Tabella 1 di sotto).
Il quadro normativo definisce il collaterale come un insieme di garanzie costituite da attività liquide di massima qualità, come ad esempio contanti e titoli di debito di emittenti sovrani con elevato merito di credito, poiché essi rappresenterebbero la migliore assicurazione di poter realizzare pienamente il valore delle garanzie reali in periodi di tensione finanziaria. Inoltre titoli azionari e obbligazioni societarie liquide potranno essere considerate applicando adeguati scarti di valutazione ai fini dei margini di garanzia. Nel contesto di mercato attuale la domanda di asset liquidi deriva sostanzialmente dall’impianto normativo vigente:
- Basilea III – LCR: incrementerà la domanda di asset di qualità (HQA) con effetti importanti a livello di collaterale detenuto. Cash, Riserve presso la Banca Centrale, attività che hanno una ponderazione di rischio pari allo 0% in base al metodo standardizzato di Basilea 2, titoli negoziati in mercati PcT altamente liquidi;
- Obbligo di Clearing: l’ammontare di collaterale da versare è incerto nella sostanza e nella quantità e dipende dalle richieste della CCP. Il fabbisogno di titoli facilmente liquidabili drenerà ulteriormente le risorse disponibili per altri adempimenti normativi;
- Attività bilaterale: lo stanziamento di garanzie reali liquide di elevata qualità per soddisfare i requisiti di marginazione bilaterale di fatto obbligheranno le istituzioni finanziarie a procurarsi e impiegare risorse liquide addizionali, per soddisfare requisiti di margine superiori a quelli eventualmente applicate a livello di CCP, commisurate ai rischi di controparte che tali operazioni.
I Soggetti Che Utilizzano Collaterale: “Prenditori” vs “Contributori”
A fianco alle banche, i principali attori del nuovo contesto finanziario sostenuti dai cambiamenti normativi, per quanto attiene alla gestione del collaterale, sono le Banche Centrali (prenditori di collaterale), le Banche Custodi (ad es.: Euroclear, Clearstream, etc.; contributori di collaterale) e gli emittenti di debito sovrano (di rating elevato, ma non solo, e contributori di collaterale).
Esaminando in dettaglio come questi attori agiscono, possiamo dire che:
- Il ruolo delle Banche Centrali: le Banche Centrali negli ultimi anni sono state parte attiva nell’acquistare titoli di debito sovrano di qualità denominati in Euro come parte della loro strategia di gestione delle riserve. Ciò si traduce in un aumento di collaterale “eligible” nei bilanci delle più importanti banche centrali che detengono tra gli attivi titoli di qualità in cambio di Cash da immettere sul mercato (politiche di QE). L’attuale acquisto di Bond da parte dell’Autorità Centrale assorbe senza dubbio il migliore e più liquido collaterale disponibile nell’Eurozona in cambio di cash;
- “Custodian”: circa 14 trilioni di collaterale sono presso Banche Custodi. Euroclear e Clearstream sono i più grandi Hub di collaterale per l’Eurozona. Euroclear e Clearstream stanno collaborando con i depositari centrali in titoli (CSD) per offrire una piattaforma tecnica comune per il regolamento contestuale delle transazioni in titoli. Tale progetto, che prende il nome di TS2, consentirà:
- di regolare tutte le transazioni in titoli concluse sui mercati europei utilizzando un unico conto di regolamento, con netti benefici in termini di gestione della propria liquidità;
- a ridurre sensibilmente il costo di regolamento delle transazioni transfrontaliere – di gran lunga superiore a quello del post-trading in altri mercati, in particolare in quello statunitense – e renderlo uguale a quello delle transazioni domestiche;
- ad armonizzare le prassi operative e standardizzare i processi di regolamento, stimolando così la competizione tra depositari centrali – nonché tra questi e le grandi banche internazionali – nell’offerta di servizi a più elevato valore aggiunto.
Con T2S i depositari centrali affideranno all’Eurosistema la gestione tecnica di una parte delle funzioni che essi attualmente svolgono al loro interno. Ciò consentirà di alleviare i vincoli sul collaterale. Stime preliminari suggeriscono che forse fino a € 1 – € 1.5 trilioni delle garanzie AAA / AA qualità potrà essere sbloccato a medio termine tramite questo hub.
3. Emittenti di debito Sovrano: gli Stati con rating AAA/AA con un PIL di circa $25 trilioni e un Deficit di bilancio intorno al 4/5%, hanno una capacità di emettere titoli altamente “eligible” per 1 trilione di USD.
Verso una Gestione Integrata del Collaterale
L’esigenza di dover innalzare lo stato dell’arte del processo di trasferimento del collaterale alle richieste degli obblighi normativi e ai requisiti operativi, impone alle istituzioni finanziarie, e principalmente alle banche, di avere una approfondita consapevolezza della necessità di dotarsi di un’efficace e aggiornata struttura di Gestione Integrata del Collaterale (GIC).
Gli ambiti che sono coinvolti nel processo di attuazione della suddetta gestione integrata sono tre: sistemi e infrastruttura tecnologica, modelli e strumentazione di analisi e, infine, organizzazione. In figura 2 sono riassunti le principali criticità per ciascuno degli ambiti.
L’infrastruttura tecnologica dovrà essere in grado di avere connessione diretta alle Controparti Centrali (o Clearing Broker se la banca è un aderente indiretto) e, a tendere, con tutte le controparti con cui si hanno accordi di collateralizzazione. Questo è un prerequisisto per poter automatizzare:
- le chiamate al margine (attività di clearing) su base giornaliera;
- la riconciliazione delle variazioni di valore dei contratti collateralizzati;
- segregare, disporre e ricevere collaterale;
E’ evidente che questa automatizzazione presuppone l’integrazione dei sistemi di GIC con gli altri sistemi già esistenti in banca, da cui attingere le informazioni rilevanti. In particolare, la costituzione di repertori accentrati di contratti di collateralizzazione (ossia, dei termini contrattuali inerenti alle modalità con cui il collaterale deve in pratica essere scambiato) da un lato, e di repertori di attività elegibili a collaterale dall’altro, sono essenziali per impostare delle procedure robuste.
Strettamente legato all’ambito tecnologico è quello metodologico: senza modelli di valutazione corretti che permettano di stabilire in modo preciso le variazioni dei contratti soggetti a collateralizzazione, non sarà possibile né determinare, né tantomeno riconciliare, l’ammontare di collaterale da scambare con la controparte.
Inoltre, saranno introdotte metriche che tengano conto del collaterale. Oltre al più noto Counterparty Credit Adjustment (CVA), che misura le perdite attese legate al rischio di credito della controparte (tenendo conto anche della mitigazione dovuta al collaterale), misure quali il Liquidity Value Adjustment (LVA), che tiene conto dei differenziali tra rendimento del collaterale e tasso privo di rischio, e Funding Value Adjustment (FVA), che incorpora il costo di finanziamento della posizione in un contratto, incluso anche il collaterale, saranno le nuove fondamentali quantità per valutare correttamente contratti primari e derivati, e gestirne il rischio (Per una trattazione quantitativa di FVA e LVA nell’ambito della valutazione di derivati soggetti a collateralizzazione, si veda Castagna, Pricing of derivatives contracts under collater agreements: liquidity and funding value adjustments. Iason Research Paper. Disponibile su www.iasonltd.com).
Specularmente, qualora il collaterale sia costutito non solo da cassa, ma anche da titoli, è necessario disporre modelli che ne fissino il valore, anche prospetticamente, tenendo conto inoltre degli hair cut.
Entrambi gli aspetti, in un’ottica di gestione sofisticata del collaterale, andranno integrati al fine di produrre previsioni (attese o stressate) di esigenze di collaterale, così da permettere la definizione di strategie di approvvigionamento dello stesso. E’ necessaria dunque la creazione di strumenti di simulazione dei margini (iniziale e di variazione) sia per l’attività di clearing che per l’attività di marginazione bilaterale.
L’obiettivo è di ottimizzare il processo di collateralizzazione, soggetto ai vincoli dettati dalle principali variabili coinvolte (costo di finanziamento, hair cut, volatilità dei valore dell’attività, evoluzione dinamica della domanda di collaterale, etc.).
La capacità di utilizzare un ampio ventaglio di asset per la gestione della liquidità e per coprire i margini sui derivati, discende dagli obblighi di marginazione sia per le transazioni compensate presso la CCP che per l’attività bilaterale oltre agli oneri imposti dal quadro normativo di Basilea III. Molto probabilmente aumenteranno il valore delle attività detenute a garanzia per le transazioni in derivati OTC (JP Morgan stima un aumento del 50%). In questo scenario ci sarà una riduzione significativa della disponibilità di titoli “eligible” a fronte di un significativo aumento dei costi per reperirli.
Trasformare il collaterale sarà una chiave strategica per le banche. Di fatto, nell’operatività giornaliera, i Market Makers e i Clienti Istituzionali dovranno detenere un buffer significativo di garanzie reali a disposizione per incontrare le richieste di marginazione, sia come margine iniziale (IM) che come margine di variazione (VM).
Ne consegue che l’attività di ottimizzazione del collaterale diventerà un’attività strategica significativa. Poiché il costo del collaterale aumenterà, la gestione delle garanzie e l’ottimizzazione dei processi ad essa collegati sarà il criterio guida per l’efficienza. Coloro che potranno gestire in modo efficiente la marginazione in derivati compensati e bilaterali potranno godere di un significativo vantaggio competitivo.
A coronamento di questo profondo intervento negli ambiti tecnologico e metodologico, si pone la revisione dell’organizzazione della banca. In altre parole, bisognerà integrare i processi delle funzioni coinvolte nell’attività di gestione del collaterale quali Finanza e Tesoreria, Risk Control, Back Office e Legale.
E’ evidente che l’operatività in senso stretto sarà delegata al Front Office, attraverso il disegno di un modello organizzativo che ne individui la responsabilità. Si delineano qui due possibilità, peraltro non esclusivamente alternative e non esaustive:
- responsabilità in capo alla Tesoreria o al Repo Desk, in entrambi i casi estendendo i compiti già assegnati per adeguarli alle accresciute esigenze della GIC;
- creazione di un Collateral Desk, con compiti delimitati alla GIC, con una forte specializzazione delle competenze in esso presenti.
A favore della prima scelta giocano la possibilità di estendere rapidamente le attività già svolte dalle funzioni coinvolte, e la possibilità di sfruttare le innegabili interdipendenze che la GIC ha con la gestione della liquidità e del finanziamento, e con l’operatività in repo.
L’ESMA ha pubblicato, nell’ambito di MiFID II e MiFIR, un report su autorizzazioni e registrazioni di aziende di paesi terzi e sulla cooperazione tra le autorità. Il report è stato inviato alla Commissione europea, che entro tre mesi dovrà approvare gli standard contenuti.
L’ESMA ha aperto una consultazione sul processo di buy-in, facente parte del regolamento CSD.
La consultazione terminerà il 6 agosto.
Il Consiglio dell’UE ha confermato l’accordo col Parlamento europeo per la trasparenza nelle operazioni di vendita e ri-acquisto tramite titoli. L’accordo dovrà quindi essere approvato dal Parlamento in seduta plenaria e adottato dal Consiglio.