Fundamental Review of the Trading Book I – Il nuovo metodo standard
di Alberto Capizzano, Massimiliano Toto, Nicola Boscolo Berto, Valentina Sandrone

Apr 08 2015
Fundamental Review of the Trading Book I – Il nuovo metodo standard <small><small><I> di Alberto Capizzano, Massimiliano Toto, Nicola Boscolo Berto, Valentina Sandrone </I></small></small>

A maggio del 2012, il Comitato di Basilea (BCBS) ha pubblicato la prima versione del documento consultativo “Fundamental Review of the Trading Book” (FRTB) con l’intento di riformare la normativa vigente in materia di valutazione dei rischi di mercato da parte del settore bancario europeo. Il presente lavoro riassume i principali punti di intervento della proposta di riforma, attualmente alla sua terza versione consultiva, con particolare riferimento al nuovo metodo standard Sensitivities-Based Approach (SBA).

1.        Introduzione e contesto

La crisi finanziaria globale, con conseguenze tutt’ora in evoluzione, ha di fatto minato la regolamentazione prudenziale in materia di requisiti patrimoniali minimi delle banche, costringendo il regolatore europeo ad intervenire a più riprese per rispondere velocemente ad esigenze congiunturali straordinarie. Già nel bel mezzo della crisi il Comitato di Basilea ha apportato alcune modifiche alla disciplina originaria del 1996 sui rischi di mercato (c.d. “Basilea 1,5”), introducendo nel 2009 il concetto di Stressed VaR (vedi [1]) e nel 2010 il requisito per il Credit Valuation Adjustment (CVA) (vedi [2]) La proposta di riforma FRTB si inserisce a valle di tali provvedimenti promulgati per rispondere velocemente alla crisi finanziaria. L’obbiettivo preposto è ridisegnare l’attuale framework normativo e garantire un livello adeguato di capitalizzazione delle banche rispetto ai rischi di mercato, risolvendo in tal modo alcune delle lacune della normativa vigente emerse dall’inizio della crisi finanziaria. La valutazione degli effetti di tale riforma, indirizzata a tutte le banche operanti nella giurisdizione europea, è attualmente inserita all’interno del monitoraggio per Basilea III. A tal fine sono stati condotti due Quantitative Impact Study (QIS) (vedi [3] e [4]) ed il prossimo è stato programmato, indicativamente, per settembre 2015.

2.     Fundamental Review of the Trading Book

Il documento normativo (vedi [5]) si sviluppa nelle seguenti tre sezioni:

  1. Revisione generale del contesto normativo relativo al rischio di mercato: vengono descritte le nuove indicazioni del BCBS per indirizzare i principali problemi evidenziati dalla recente crisi finanziaria. Particolare enfasi è data al confine tra trading e banking book che viene sostanziato in modo più oggettivo e meno permeabile;
  2. Nuovo metodo standard (Sensitivity-Based Approach, SBA): il BCBS ha rivisto in modo radicale l’approccio standard sulla base di alcuni capisaldi, quali la consistenza del modello e la sensibilità ai rischi di mercato;
  3. Modello interno rivisto (Internal Model Method, IMM): vengono illustrate le linee guida per la ridefinizione e l’implementazione dell’approccio interno basato su modelli avanzati, dettagliando i requisiti per l’eleggibilità dei trading desk capitalizzabili a modello interno.

Nel prosieguo del capitolo si porrà l’attenzione sulle prime due sezioni del documento normativo, descrivendo le nuove indicazioni del BCBS per delineare il confine tra trading e banking book e per il calcolo del requisito di capitale utilizzando il nuovo metodo standard Sensitivity-Based Approach.

2.1.               Trading/Banking Book boundary

La distinzione tra banking e trading book è il primo tema oggetto di revisione. Il BCBS intende ridurre il grado di discrezionalità nella definizione del perimetro per la misurazione del VaR tra i due book della banca. A tale scopo, il BCBS ha introdotto due misure correttive complementari tra loro:

  1. Un rafforzamento delle linee guida per la classificazione degli strumenti all’interno del trading e del banking book attraverso una definizione meno soggettiva;
  2. Specifici vincoli normativi finalizzati alla limitazione degli arbitraggi regolamentari. Alle banche sarà consentito di riallocare gli strumenti nei book in circostanze eccezionali e solo su approvazione da parte dall’Autorità di Vigilanza. Inoltre, dalla riallocazione non è consentito ottenere alcun beneficio in termini di minor requisito di capitale.

Relativamente alle linee guida per la classificazione degli strumenti, il BCBS ha identificato delle tipologie di prodotti che per assunzione vanno inserite a trading o a banking book. A seguito della classificazione di uno strumento in uno dei due book, il BSBC prevede i seguenti vincoli regolamentari per disciplinarne l’operatività:

  1. Ogni investimento deve essere collocato nel trading o banking book sulla base delle linee guida nel momento della sua sottoscrizione;
  2. Dopo la designazione iniziale, un’eventuale riallocazione dello strumento deve essere approvata dall’Autorità di Vigilanza ed è consentita solo in circostanze eccezionali e non dovute alle sole opportunità generate dalle contingenze di mercato;
  3. Anche qualora lo spostamento venga approvato e ne derivi una riduzione del capitale regolamentare, la differenza di RWA è comunque imposta alla banca sotto forma di requisito di capitale Pillar 1 addizionale (add-on) di cui bisogna dare pubblica evidenza;
  4. Una specifica informativa sulla classificazione degli strumenti in banking o trading book deve essere periodicamente fornita alle Autorità di Vigilanza.

Nella terza e attuale versione del consultative paper (vedi [6]) il BCBS ha ritenuto opportuno specificare meglio il trattamento delle coperture nel trading book di posizioni detenute nel banking book (Internal Risk Transfers, IRTs). A tal proposito, il Comitato considera gli IRTs riferiti al Credit ed Equity Risk alla stregua di una copertura posta in essere direttamente nel banking book; secondo questo principio, gli IRTs (e le external re-hedge nel trading book) vengono esclusi dal computo del requisito di capitale regolamentare. Le nuove linee guida introdotte dalla FRTB appaiono indubbiamente più stringenti nella definizione del perimetro del trading book, annullando di fatto ogni possibile vantaggio in termini di RWA.

2.2.                     Nuovo metodo standard (SBA)

Punto focale della normativa è la nuova metodologia standard per il calcolo del requisito di capitale in quanto il metodo standard attuale, seppure di facile implementazione, presenta diversi svantaggi:

  • Scarsa reattività alle condizioni di mercato (poco risk sensitive);
  • Limitato riconoscimento di diversificazione e copertura del rischio;
  • Incapacità di catturare adeguatamente i rischi derivanti da strumenti più complessi;
  • Produzione di risultati generalmente troppo conservativi.

Rispetto all’approccio standard attualmente in vigore (Basel II), il nuovo metodo SBA considera in maniera più analitica le condizioni di mercato nel computo del capitale regolamentare, al fine di ridurre la storica “distanza” rispetto al modello interno e rendere più concreta la possibilità di revoca di quest’ultimo. Gli obiettivi chiave che il BCBS si prefigge di raggiungere con il nuovo approccio standard sono:

  1. Fornire alle banche un metodo di calcolo semplice ed efficace che non richieda misurazioni del rischio particolarmente sofisticate, ma che, allo stesso tempo, sia sufficientemente reattivo alle condizioni di mercato;
  2. Costituire una soluzione di fallback nel caso in cui il modello interno venga considerato inadeguato ed il suo utilizzo venga revocato (includendo anche la possibilità di usare questo approccio come componente aggiuntiva o come livello minimo per il requisito a modello interno);
  3. Disporre di una reportistica consistente e comparabile tra banche operanti in giurisdizioni diverse.

La sostanziale differenza del nuovo metodo standard rispetto a quello attuale consiste nell’utilizzo delle “sensitivity”. Tale metrica consente di stimare la variazione di prezzo dello strumento che questo subirebbe a seguito di una variazione unitaria (shock) di ciascun fattore di rischio e permette, perciò, di aumentare il carattere “risk sensitive” dell’approccio standard. Di seguito viene indicata lo schema procedurale di calcolo del requisito di capitale definito dallo SBA:

  1. Scomposizione degli strumenti in base all’esposizione ai diversi fattori di rischio;
  2. Raggruppamento delle esposizioni a livello di fattore di rischio con compensazione perfetta solo tra strumenti contrattualmente identici (in caso di strumenti non contrattualmente identici, viene introdotto un fattore prudenziale minore di 1, detto “disallowance factor”, per considerare il rischio base sottostante);
  3. Applicazione di un fattore di ponderazione (risk weight) a tutte le posizioni assegnate ad un determinato fattore di rischio e introduzione di una matrice di correlazione tra fattori di rischio appartenenti allo stesso bucket;
  4. Aggregazione a livello di risk bucket delle posizioni e calcolo del requisito di capitale regolamentare per ciascuno di essi;
  5. Il totale del requisito di capitale a copertura del trading book è dato dall’aggregazione dei requisiti di capitale di ciascun bucket, considerando una matrice di correlazione definita dall’Autorità di Vigilanza.

Nella terza e attuale versione della FRTB, il metodo standard prevede tre componenti di capitale distinte (risk charge) per il computo del requisito totale, ciascuna delle quali dev’essere calcolata per ogni categoria di rischio definita dal Regolatore tramite l’utilizzo delle sensitivity:

  1. Linear Risk Charge”, che comprende al suo interno il requisito a copertura del c.d. Delta Risk (variazione del valore del portafoglio dovuta alla variazione dei fattori di rischio considerati) e Vega Risk (legato alla volatilità implicita del portafoglio);
  2. Curvature Risk Charge”, studiato per gli strumenti con caratteristiche di opzionalità (es. cap, floor), così da tener conto della non linearità del prezzo rispetto al movimento dei fattori di rischio sottostanti allo strumento;
  3. Default Risk” la cui metodologia di calcolo è basata sul c.d. Jump to Default (JtD). L’introduzione del JtD è stata concepita per tenere in considerazione la perdita derivante dal fallimento dell’emittente (o declassamento di rating) e, allo stesso tempo, evitare il double counting rispetto al rischio di variazione dello spread di credito.

L’approccio generale del nuovo metodo standard è, come detto, basato sul calcolo delle sensitivity. Tale approccio consente possibili effetti di compensazione (hedging) tra posizioni simili che insistono sulla stessa categoria di rischio attraverso l’utilizzo delle c.d. net sensitivity: queste si ottengono sommando algebricamente le sensitivity positive e negative aggregate per il medesimo risk factor, permettendo una compensazione quasi totale del rischio. Tale cambiamento ha l’esplicita finalità di consentire un maggior allineamento rispetto alla pratica gestionale bancaria e un maggior adattamento del capital charge alle condizioni di mercato e di portafoglio detenuto dalla società. Il documento normativo prevede che i requisiti di capitale sopra descritti (lineare e di curvatura) vengano calcolati per tutte le seguenti categorie di rischio: General Interest Rate Risk (GIRR), Foreign Exchange Risk (FX), Equity Risk, Commodity Risk, Credit Spread Risk (CSR, su strumenti cartolarizzati e non).

2.2.1.                Linear Risk Charge (Delta e Vega Risk)

La componente di capitale Linear Risk Charge ricomprende al suo interno sia il Delta Risk che il Vega Risk. Con il terzo consultative paper il BCBS propone di trattare il Delta Risk insieme al Vega Risk, in quanto ritiene che quest’ultimo sia prevalentemente lineare. Sotto questa assunzione, il calcolo del Linear Risk Charge si semplifica rispetto alla seconda versione del documento, dal momento che le posizioni esposte al Vega Risk sono trattate negli stessi bucket degli strumenti esposti al Delta Risk. Il processo di calcolo può essere riassunto in tre passaggi chiave (step):

  1. Per ciascun strumento viene calcolatala la derivata parziale del prezzo rispetto a ciascun fattore di rischio a cui è soggetto (sensitivity);
  2. Aggregazione tra fattori di rischio simili (c.d. risk bucket o semplicemente bucket);
  3. Calcolo del requisito per ciascuna componente di capitale considerata (risk charge).

Per determinare il requisito di capitale per il Linear Risk Charge va applicata una formula con diversi fattori di correlazione

Immagine

tra bucket:

Immagine7

       dove:

  • Kb è il requisito di capitale per bucket b, ottenuto aggregando le sensitivity ponderate relative ai vari fattori di rischio utilizzando le correlazioni fornite dall’Autorità di Vigilanza;
  • Sa è la sensitivity netta per il bucket a, calcolata come somma delle esposizione pesate per i fattori di rischio k del bucket k WSk);
  • Immagine è la matrice di correlazione tra i bucket b e c definita dall’Autorità di Vigilanza;
  • Kresidual è il requisito di capitale riferito alle posizioni non allocabili tra i bucket definiti per la particolare categoria di rischio considerata.

2.2.2.                Curvature Risk Charge

Per gli strumenti con caratteristiche di opzionalità, il metodo standard prevede di calcolare un requisito che tenga conto della non linearità del prezzo rispetto al movimento dei fattori di rischio. In particolare il BCBS prevede un aumento del requisito di capitale in riferimento alle esposizioni negativamente impattate dal movimento del fattore di rischio (“corte gamma”). Le posizioni “lunghe gamma” sono invece considerate nell’aggregazione per riconoscere un effetto di copertura, riducendo così il requisito di capitale corrispondente. Inoltre, con riferimento al calcolo del Curvature Risk Charge per il General Interest Rate Risk e per il Credit Spread Risk, il BCBS ha deciso di utilizzare un movimento parallelo di tutti i tenor della curva, ognuno pari al massimo delta risk weight. Il trattamento del curvature risk proposto dal Comitato sottende l’assunzione di normalità tra i due risk factor sottostanti. Per determinare il requisito di capitale per il Curvature Risk Charge, va applicata una formula con diversi fattori di correlazione

Immagine

tra bucket:

formula2

dove:

  • Kb è il requisito di capitale per bucket b, ottenuto aggregando le sensitivity relative ai fattori di rischio utilizzando le correlazioni fornite dall’Autorità di Vigilanza;
  • Sa è la sensitivity netta per il bucket a, calcolata come somma delle esposizione per i fattori di rischio k del bucket CVRk);
  • Immagine è la matrice di correlazione tra i bucket b e c definita dall’Autorità di Vigilanza;
  • Kresidual è il requisito di capitale riferito alle posizioni non allocabili tra i bucket definiti per la particolare categoria di rischio considerata.

2.2.3.                 Default Risk

Trattamento differenziato è stabilito per il Default Risk in quanto il rischio di default tende a misurare la perdita derivante dal fallimento dello strumento-emittente e, al contempo, deve limitare gli effetti di sovrastima rispetto al requisito di capitale definito per la credit spread sensitivity. Per tale motivo, la FRTB propone l’uso del metodo Jump to Default come base per la quantificazione.
Il calcolo si articola, per ciascuna categoria indicata dal Regolatore (corporate, sovereign, local government/municipality, securitisation), attraverso diversi passaggi che ricalcano quanto fatto per le altre tipologie di risk charge.
Viene determinato un ammontare denominato, appunto, “Jump to Default” (JTD) sulla base del vantaggio/svantaggio derivante dal fallimento dell’emittente dello strumento considerato. La posizione sarà long qualora il default implichi una perdita (ad esempio acquisto di un’obbligazione, vendita di un CDS etc.), short nel caso di guadagno.
Dati i valori dei Jump to Default (per ciascuna posizione e reference entity), è permesso il netting tra posizioni riferite allo stesso emittente, ma la posizione corta deve avere una seniority pari o minore rispetto alla posizione lunga.
Determinate quindi le quantità JtDlong e JtDshort, si procede al calcolo di un peso ottenuto sommando tra tutte le credit quality, basate sulle classe di rating, indicate dal Regolatore:

formula3

Per ciascuna delle categorie di rischio indicate inizialmente, si determina il requisito di capitale attraverso la seguente formula, in cui vengono utilizzati i pesi  associati al credit quality dell’emittente:

formula4

Il requisito di capitale per il Default Risk è la semplice somma dei valori calcolati sopra, senza però riconoscere hedging tra le diverse categorie di rischio.

3.        Conclusioni

L’attuale quadro normativo sui rischi di mercato è oggetto di un’integrale revisione da parte del Comitato di Basilea che, attraverso il documento consultativo FRTB, si pone l’obiettivo di garantire un livello di capitalizzazione delle banche sempre più adeguato nel fronteggiare periodi di incertezza e recessione. Il documento introduce diversi elementi di novità e propone delle soluzioni radicali per risolvere le principali issue normative emerse dall’inizio della crisi finanziaria. A riguardo, dal confronto tra la normativa vigente e la disciplina proposta dal BCBS, si conclude che:

  • L’aumento di oggettività nei criteri di separazione tra trading e banking book è efficacemente indirizzato tramite linee guida più stringenti che riducono drasticamente le possibilità di arbitraggio al fine di ottenere un risparmio di capitale;
  • Viene ridotta la storica “distanza” tra metodo standard e modello avanzato. Il nuovo approccio standard (SBA) offre alle banche un metodo di calcolo semplice e, allo stesso tempo, sufficientemente risk sensitive;
  • Per quanto riguarda l’utilizzo di modelli di valutazione inadeguati o poco prudenziali, il BCBS ha imposto il calcolo del requisito con il metodo standard per cartolarizzazioni e prodotti strutturati. Questo vincolo riduce significativamente la materialità di strumenti complessi capitalizzati a modello interno, riducendo quindi la discrezionalità in fase di pricing;
  • Con riferimento all’estrema difficoltà di revoca del modello interno in tempi brevi, l’FRTB impone il calcolo del requisito con il metodo standard a prescindere dall’utilizzo del modello interno, garantendo quindi un’immediata soluzione di fallback nel caso di inadeguatezza dell’IMM.

Valutando l’evoluzione della FTRB sulla base dei tre consultative paper che si sono susseguiti nella loro pubblicazione, si può ritenere che l’ultima versione tenda a mitigare i punti critici emersi dai due QIS che sono stati condotti fino ad oggi e a recepire buona parte delle osservazioni e delle perplessità sollevate dall’industry di riferimento (vedi [7]). In questo senso, la versione pubblicata a dicembre 2014 risulta più accomodante verso le richieste provenienti dal settore. Il Comitato ipotizza una prima applicazione della riforma normativa a gennaio del 2017 (tentative schedule).

Bibliografia

[1] “Revisions to the Basel II market risk framework” – BCBS, July 2009

[2] “A global regulatory framework for more resilient banks and banking systems” – BCBS, December 2010

[3] “Instructions for Basel III monitoring” – BCBS, July 2014

[4] “Instructions for Basel III monitoring” – BCBS, January 2014

[5] “Fundamental review of the trading book: a revised market risk framework” – BCBS, October 2013

[6] “Fundamental review of the trading book: outstanding issues” – BCBS, December 2014

[7] “Frequently asked questions on Basel III monitoring” – BCBS, September 2014

Gli autori ringraziano Vien Hoc Thong Loi, Maximilian Castellani, Edgardo Palombini e Giuseppe Mancusi per il prezioso contributo.

New Italian rules aimed at facilitating company financing
di Giulia Mele

Apr 08 2015
New Italian rules aimed at facilitating company financing <small><small><I> di Giulia Mele </I></small></small>

Recent amendments to the Italian regulatory framework have had a significant impact on the rules concerning the provision of financing activities and the entities to which such activities are reserved in Italy.

In Italy, the provision of financing activities to the public (i.e. towards third parties, on a professional basis) are generally reserved to banks and other authorised entities (i.e. financial intermediaries).

Financing activities include, inter alia, the activity of credit purchasing.

Non-Italian banks and financial intermediaries are entitled to carry out financing activities in Italy, including credit purchasing, subject to specific passporting, licensing and enrollment procedures.

As anticipated, the legislature has introduced certain new rules potentially affecting the above considerations.

In particular, the ‘Competitiveness Decree’ (Decreto competitività) (i.e. Law Decree no. 91 of 2014, as converted into Law no. 116 of  2014), which contains a number of measures aimed at addressing the various needs of the Italian economy, includes certain provisions aimed at facilitating access to new sources of financing for Italian companies.

According to these rules, the categories of entities entitled to carry out financing activities in Italy have been enlarged so as to include, subject to specific modalities and conditions, insurance companies and securitization vehicles. These entities are admitted to lend to companies to the extent that:

  • the borrower is identified by a bank or a duly enrolled financial intermediary; and
  • the bank or the financial intermediary identifying the borrower retains a “significant interest” in the financing transaction. For loans made by insurance companies, “significant interest” means an interest equal to at least five percent of the loan granted by the relevant insurance company. Banks and financial intermediaries will keep the significant interest for the entire life of the loan; unless they choose transfer the significant interest to other banks or financial intermediaries during the lifetime of the loan. Conversely, the law does not state which is the threshold for loans made by securitisation vehicles.

In the case of securitisation vehicles, the notes issued to fund financing granted by the securitization vehicle must be addressed to “qualified investors” only.

In the case of Italian insurance companies, such entities must also (i) have an adequate internal control and risk management systems; and (ii) be adequately capitalised.

To further support lending by insurance companies, the Decree has provided that financing granted by insurance companies falls within the assets that insurance companies may hold as investments for the purpose of complying with their technical provisions (riserve tecniche) requirements.

The Bank of Italy and IVASS (the Italian authority supervising the insurance market) must each issue implementing regulations setting forth the operational limits and the other details applicable to lending by, respectively, securitization vehicles and Italian insurance companies. In this sense, IVASS has already updated the Regulation no. 36 concerning the investments covering technical provisions (reserve tecniche) of the insurance companies.

In the same perspective, also the definition of undertakings for collective investments (“UCIs“) contained in the Legislative Decree No. 58 of 24 February 1998 has been amended. In particular, according to this amendment, UCIs, including non-Italian UCIs (irrespective of any passport/authorisation), may invest in receivables, including those arising from financing granted by the same fund.

Separate to the provisions concerning financing activities of insurance companies and securitisation vehicles, which expressly qualify as lenders and specify the modalities and conditions according to which they are entitled to grant loans, the above mentioned amendment of the Legislative Decree No. 58/1998 concerning the UCI’s definition is less clear and focuses on the investment activities undertaken.

It has been interpreted as seeking to allow UCIs’ financing activity, but secondary rules finalised to clarify and describe the modalities and conditions of this activity are still missing.

In addition, the aforesaid banking rules concerning the reservation of financing activities have not been amended or derogated. This implies, inter alia, that non-Italian banks and financial intermediaries are still subject to specific passporting, licensing and enrollment procedures in order to carry out financing activities with the public in Italy.

In light of the absence of any details on financing activity of UCIs, and the discrepancy between the above mentioned laws, it is reasonable to assume that a non-Italian UCI is entitled to purchase credits (vis-à-vis Italian borrowers) from an Italian bank, subject to specific limits and conditions.

In particular, the following structures may be considered.

A sub-participation structure involving Italian banks or financial intermediaries could be implemented, according to which (i) the UCI would enter into a relationship exclusively with Italian bank or intermediary selling the credit, without having any contact with the Italian borrowers and (ii) the UCI would have the right to obtain a reimbursement for the credit provided exclusively from the Italian bank or intermediary.

Alternatively, non-Italian UCIs may enter into a trilateral agreement with the Italian bank or intermediary selling the credits and the Italian borrowers according to which Italian borrowers would reimburse the credits directly in favor of the UCI, but the latter would not be entitled to manage the relationship for them (for example, it would be not entitled to carry out actions to force the Italian borrowers to pay, etc.).

These structures would appear to allow the purchase of Italian borrowers’ credit by non-Italian UCIs and to trigger the above described Italian regulatory scenario.

It is understood that secondary rules clarifying the scope and the application of the new rules enabling UCIs to lend to companies are needed in order to remove the uncertainties connected with it.

Misure per le controparti centrali

Apr 03 2015

In un documento congiunto, la BCE e la Banca d’Inghilterra hanno annunciato misure per garantire la stabilità finanziaria nei mercati centralmente compensati dell’UE. Le misure riguardano sia le controparti centrali britanniche con consistenti interessi nella valuta unica europea che le controparti centrali di entrambi i blocchi monetari (in riferimento alla fornitura di liquidità in più valute).

Comunicato stampa

Conflitto di interessi e indicatori finanziari

Apr 03 2015

Il Parlamento europeo (commissione economica) ha approvato una norma sul conflitto di interessi nell’impostazione degli indicatori finanziari di riferimento. Bisognerà adesso ottenere l’approvazione del Parlamento in seduta plenaria, prima delle discussioni con gli stati membri e la Commissione europea.

Comunicato stampa

 

L’infinito dibattito sulla bad bank
di Emilio Barucci e Carlo Milani

Apr 01 2015
L’infinito dibattito sulla bad bank  <small><small><I>di Emilio Barucci e Carlo Milani </I></small></small>

Il dibattito sull’opportunità o meno di costituire anche in Italia una bad bank è tornato nuovamente al centro dell’attenzione.

Continuano però a rincorrersi voci su accelerazioni e frenate su questo dossier. Le notizie di stampa paiono infatti contrastanti al riguardo. Se per Il Sole-24 Ore (Ferrando, 2015) il Ministero dell’Economia sta discutendo con Bruxelles la possibilità di costituire un veicolo che possa ottenere, sulle passività che emette, la garanzia dello Stato, per il Corriere della Sera di due giorni dopo l’idea di bad bank sembra oramai archiviata (Tamburini, 2015).

Poco propensa all’idea di bad bank appare anche l’industria bancaria. Per il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, il veicolo si è rilevato idoneo solo nei paesi che erano vicini al default del sistema bancario domestico, come l’Irlanda e la Spagna. Per l’Italia sarebbe più adatto valutare le seguenti possibili soluzioni (Sabatini, 2015):

  1. dedurre integralmente e immediatamente dal reddito fiscale le perdite derivanti dalla cessione dei portafogli di crediti deteriorati. Inoltre, dedurre in un solo anno le svalutazioni anche nelle ipotesi diverse dalla cessione del credito;
  2. accelerare le procedure per l’escussione delle garanzie, così come facilitare in generale i tempi di recupero dei crediti nelle procedure fallimentari;
  3. favorire lo sviluppo del mercato delle cartolarizzazioni, così come previsto dal progetto di Capital Market Union, permettendo ai veicoli che rilevano i portafogli di crediti di ottenere la garanzia dello Stato sulle passività emesse.

Alla base di queste tre proposte vi è la convinzione che lo smaltimento dei crediti problematici dai bilanci bancari sia oggi impedito dall’eccessivo divario tra i prezzi offerti dal mercato, considerati dall’Abi non fair, e i valori ai quali i crediti stessi sono caricati nei bilanci bancari.

 

La bad bank va effettivamente archiviata?

Tra le proposte avanzate da Sabatini (2015) va vista senz’altro con favore quella di permettere una più ampia deducibilità fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti. Condivisibile, anche se meno facilmente praticabile in tempi brevi, è anche la proposta di intervenire sulle procedure giudiziarie connesse con il recupero dei crediti, posto che le statistiche della World Bank ci pongono tra gli ultimi posti della classifica mondiale per quanto riguarda l’efficienza della giustizia civile.

Più discutibile appare invece l’idea di agevolare la semplice concessione di una garanzia statale sulle passività emesse dai veicoli che acquisiscono crediti deteriorati. L’idea sembra in parte mutuata dalla bad bank costituita in Slovenia, la Bank Assets Management Company (BAMC, DUTB in sloveno). Questo veicolo, che ha rilevato nel 2013 alcuni miliardi di euro di crediti in sofferenza dalle principali banche slovene, è stato infatti in grado di reperire risorse sul mercato grazie alla garanzia concessa dalla Repubblica Slovena sulle sue emissioni obbligazionarie.

Va però anche ricordato che il BAMC è una società interamente detenuta dallo Stato, aspetto che la distinguerebbe radicalmente dal veicolo pensato dall’Abi, che invece avrebbe natura privatistica. Inoltre, le banche che hanno potuto cedere crediti al BAMC sono quelle che hanno ricevuto iniezioni di capitale pubblico (nello specifico la NLB e la NKBM). Lo stesso è accaduto per la bad bank spagnola, SAREB, a cui hanno potuto conferire mutui immobiliari in default solo le banche che avevano ricevuto capitali pubblici. Nel caso di SAREB, però, il capitale è formato per più del 50% da azionisti privati, tra cui anche le stesse banche che hanno conferito i crediti in sofferenza, e per la restante parte da capitale pubblico. Ciò garantisce a SAREB la natura privata che evita il consolidamento del suo debito nell’ambito del bilancio pubblico, che avrebbe in caso contrario pesato ulteriormente sul debito pubblico spagnolo, già gravato dalla crisi.

La forma proposta dall’Abi sarebbe quindi un unicum in Europa, in quanto formata da capitale interamente privato, ma con la garanzia pubblica sul passivo.

Per evitare di incorrere in una sanzione da parte della Commissione Europea per aiuti di Stato fondamentale è la congruità del prezzo pagato dal veicolo per la garanzia pubblica. Nel caso di BAMC, ad esempio, il prezzo di trasferimento delle varie tranche di crediti, suddivisi per tipologia e settore economico, è fissato direttamente dalla Commissione. Per SAREB, invece, è stata la Banca di Spagna a valutare il prezzo di mercato dei mutui in sofferenza. La Commissione ha negli ultimi emanato una serie di linee guida per il sostegno al settore finanziario da parte degli Stati, tra queste è previsto che la garanzia sia commisurato al merito di credito dell’emittente. Per l’Italia il prezzo della garanzia dovrebbe quindi essere commisurato al valore di mercato dei crediti in sofferenza, un prezzo che le banche considerano essere non fair. Un costo troppo alto della garanzia farebbe venir meno l’interesse ad acquisire crediti in sofferenza, facendo così fallire il meccanismo. Un costo troppo basso ricadrebbe, invece, sui conti pubblici, collettivizzando delle perdite che sarebbero dovute ricadere in primis sugli azionisti bancari.

Per essere veramente efficace lo strumento della bad bank dovrebbe puntare, in primo luogo, a riportare in bonis crediti che erano in sofferenza, che poi è il motto operativo di BAMC (“from bad to good”). Per fare ciò è fondamentale costituire massa critica, ovvero creare un portafoglio di crediti sufficientemente ampio, in cui ad esempio siano presenti i vari debiti in sofferenza che un’impresa può avere in essere con più istituti di credito, posto anche il diffuso utilizzo in Italia del multiaffidamento. La bad bank dovrebbe poi avere un profilo d’investimento sufficientemente lungo. In una nostra precedente proposta (Barucci e Milani, 2014) indicavamo come periodo congruo quello tra i 5 e i 10 anni.

Pensare che il mercato da solo riesca a raggiungere questi obiettivi è probabilmente utopistico. Il rischio è, da un lato, di non riuscire a pulire velocemente i bilanci bancari troppo appesantiti dai crediti dubbi (la consistenza dei crediti deteriorati complessivi – ovvero sofferenze, incagli, ristrutturati e scaduti – è pari a oltre 300 miliardi di euro a settembre 2014; le sofferenze, al lordo degli accantonamenti, ammontano a gennaio 2015 a quasi 185 miliardi). L’altro pericolo, non meno importante, è quello di spostare semplicemente il rischio su veicoli al di fuori del bilancio bancario, quindi nell’ambito del cosiddetto shadow banking system, senza essere adeguatamente gestito e controllato.

L’unica soluzione, a nostro parere, è quindi quella di seguire le orme di Irlanda, Spagna e Slovenia, ovvero di costituire un veicolo nazionale con il supporto diretto o indiretto dello Stato, e la partecipazione maggioritaria dei privati. Per evitare che scatti la sanzione degli aiuti di Stato, che alla luce del Single Resolution Mechanism (SRM) (secondo pilastro della Banking Union) determinerebbe anche la compartecipazione alle perdite degli stakeholder bancari per l’applicazione della clausola del bail-in, il prezzo di trasferimento dovrebbe avvenire a prezzi di mercato. Le banche dovrebbero quindi essere pronte a sostenere delle ulteriori perdite sui rispettivi bilanci, con potenziali effetti anche sul loro capitale. I vantaggi derivanti dall’avvio del QE, che permetterà di capitalizzare importanti plusvalenze sull’ingente portafoglio di titoli di Stato in capo alle banche, dovrebbe permettere di seguire questa strada con sacrifici abbastanza contenuti.

L’alternativa, molto probabile, è che la BCE, avendo assunto la vigilanza sulle banche europee di grandi dimensione e potendo anche avocare il controllo su quelle minori qualora lo ritenesse opportuno, chieda un più ampio e profondo accantonamento di risorse a fronte dei rischi connessi con i crediti in sofferenza. Se ciò si dovesse verificare, in assenza di un veicolo di sistema pronto ad operare, le perdite gli istituti italiani potrebbero essere ancor più significative.

 

Conclusioni

In definitiva, cruciale è la forma di intervento dello Stato. La crisi finanziaria ha mostrato che interventi sotto forma di garanzie o sotto forma di debito sono conservativi per lo Stato (limitano le perdite) ma finiscono per ridursi ad un problema di valutazione/di prezzo il che rischia di tradursi in uno strozzamento del privato (come è successo nel caso dei bond al Monte dei Paschi, concessi a condizioni troppo onerose) o in sussidio implicito a carico della collettività. E’ importante invece che lo Stato partecipi anche all’eventuale upside che passa per una operazione di recupero delle posizioni deteriorate. Questo obiettivo lo si persegue ipotizzando una compartecipazione minoritaria dello Stato con al costituzione di un management indipendente e competente della bad bank. La presenza tra i soci di operatori specializzati nel settore potrebbe facilitare l’operazione.

 

 

Bibliografia

–          Barucci, E., Milani, C., Una proposta per la bad bank di sistema, nelmerito.com, 24 febbraio 2014.

–          Ferrando, M., Bad bank, si tratta con Bruxelles, Il Sole-24 Ore, 14 marzo 2015.

–          Sabatini, G., Indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano nella prospettiva della vigilanza europea, Audizione del Direttore generale dell’ABI presso il Senato della Repubblica, VI Commissione (Finanze e Tesoro), 10 marzo 2015.

–          Tamburini, F., Bad bank di Stato. Alla fine va in archivio: non piace a nessuno. Corriere della Sera, inserto Economia, 16 marzo 2015.