Come le banche pagheranno i (loro) futuri salvataggi?
di Emilio Barucci

Nov 20 2014
Come le banche pagheranno i (loro) futuri salvataggi? <small><small><I>di Emilio Barucci </I></small></small>

La direttiva 2014/59 prevede che le banche contribuiscano ad un national resolution fund al fine di  costituire le risorse necessarie per fronteggiare il bail-in di istituti in crisi senza gravare sulle finanze pubbliche. Nel caso dei paesi appartenenti alla banking union, questi fondi saranno progressivamente uniti. In ottobre la Commissione Europea ha stabilito i criteri dettagliati per i contributi che le banche dovranno versare a partire dal 2015.

Occorre fare una piccola premessa in merito al ruolo che questi fondi dovrebbero svolgere. Guardando al caso dell’area euro, ci si accorge che questi fondi non dovrebbero permettere una copertura rispetto all’insorgere di una crisi sistemica quanto piuttosto facilitare il bail-in di una (singola) banca in difficoltà (quindi tra claim holders della banca) senza ricorrere a fondi pubblici. Nel caso del fondo previsto dalla banking union questo dato emerge riflettendo su tre aspetti: la portata del fondo è assai limitata (pari a 55 miliardi di euro, l’1% dei covered deposits), il coinvolgimento del fondo nel salvataggio di una banca non può eccedere il 5% delle liabilities della banca, l’impiego del fondo è soggetto a numerosi vincoli.

La fee che le banche saranno chiamate a versare a partire dal 2015 si compone di due parti: una proporzionale alle liabilities, che potrebbero essere oggetto di bail-in, e una componente aggiustata per il rischio. A parità di dimensione, le banche più rischiose sarebbero chiamate a versare un contributo maggiorato del 50%, quelle meno rischiose a versare un contributo ridotto del 20%.

Secondo le stime della Commissione, adottando i criteri proposti, le banche di dimensione maggiore nell’area euro (quelle che rappresentano l’85% degli assets complessivi) contribuiranno per circa il 90% del totale. Le banche di elevata dimensione (con più di 500 miliardi di liabilities) avranno un contributo medio di 300 milioni.

Il criterio di proporzionalità (alleviare i costi di questa nuova regolamentazione sulle banche piccole) ha portato ad introdurre un trattamento differenziato per le piccole banche piccole (meno di 300 milioni di liabilities esclusi gli own funds e i depositi garantiti, meno di un miliardo di total assets). Queste banche, che nell’area Euro rappresentano il 56% del totale, l’1.7% degli assets e l’1% delle liabilities, avranno una fee costante a seconda della dimensione che sarà compresa tra 1.000 e 50.000 euro (con sei scaglioni) beneficiando di una riduzione in media del 70% rispetto all’applicazione delle regole che valgono per le altre banche. Il loro contributo sarà pari allo 0.3% del totale. Lo sconto in capo alle piccole banche porterà ad un aggravio minimo per le altre banche (+0.7% per l’area euro).

I punti di attenzione appaiono essere i seguenti: indicatore di dimensione utilizzato, trattamento differenziato per le piccole banche, indicatori per la componente risk adjusted, aggiustamento per il rischio, ripartizione del contributo per dimensione delle banche. Vediamo di comprendere le ragioni e  le criticità delle scelte della Commissione.

  1. L’indicatore rispetto a cui calcolare la componente proporzionale è rappresentato dai fondi totali esclusi i depositi garantiti e gli own funds. L’idea è di mettere in relazione la fee pagata da ciascuna banca con i fondi della stessa che potrebbero essere oggetto di bail-in (depositi non garantiti, obbligazioni, esposizioni sul mercato interbancario). Sulla carta la proposta è convincente in quanto la fee è calcolata sulla massa totale dell’eventuale salvataggio. Un problema potrebbe sorgere riguardo all’incentivo per le banche ad espandere la quota di raccolta garantita. La cosa di per sé sarebbe positiva in quanto questa forma di raccolta ha il pregio di essere più stabile rispetto a quella che proviene dal mercato. Il problema è rappresentato dal fatto che un vero sistema di garanzia dei depositi (costituito ex ante) nazionale o a livello dia area euro non si intravede ancora. Si rammenta che ad oggi questa è la parte dalla banking union ancora da costruire.
  2. Trattamento differenziato per le piccole banche piccole. Il motivo per avere un trattamento differenziato per le banche piccole è duplice. Da un lato queste banche sono meno rischiose, almeno in chiave sistemica, e quindi sono meno suscettibili di intervento da parte del fondo a causa dell’assenza di interesse pubblico nel salvataggio, in secondo luogo il costo per il computo della componente aggiustata per il rischio potrebbe essere troppo elevato per queste banche. Il meccanismo appare adeguato, le cifre coinvolte sono limitate, si può solo osservare che lo sconto concesso a queste banche appare essere molto significativo: queste banche rappresentano l’1,7% degli assets e verseranno contributi pari allo 0,3% del totale. Inoltre lo sconto potrebbe indurre le banche piccole ad intraprendere strategie/modelli di business rischiosi, il monitoraggio che dovrebbe essere intrapreso su questo punto appare di difficile implementazione.
  3. Misura di rischiosità delle imprese. Il risk adjustment della fee si basa su quattro pilastri (tra parentesi indichiamo il relativo peso): risk exposure (50%), funding (20%), institution’s importance (10%), additional risk factors lasciati alla discrezione della national resolution authority (20%). Al momento il quarto indicatore non è stato definito in quanto le autorità nazionali non hanno ancora adempiuto alle loro prerogative e quindi le simulazioni sono state svolte con i pesi per i primi tre pilastri ricalibrati (62.5%, 25%, 12,5%). La risk exposure si basa su quattro indicatori equipesati: RWA/total assets, leverage ratio, common equity tier 1 capial ratio, own funds e liabilities in eccesso dell’8% disponibili per il bail-in della banca (indicatore ancora non operativo); l’indicatore di funding a regime dovrebbe essere articolato su LCR e NSFR al momento la proxy utilizzata è il loan to deposit ratio; l’indicatore sull’importanza della banca è fornito dalla quota delle esposizioni complessive verso altre banche. Gli ulteriori fattori di rischio dovrebbero riguardare le trading activities, off balance sheet exposures, esposizione in derivati e complessità della banca, public finance support. Gli indicatori considerati sono sicuramente capaci di catturare la rischiosità delle attività di una banca. Positivo è il riferimento ad una molteplicità di indicatori di bilancio che dovrebbe evitare esercizi di manipolazione. Da valutare se l’esposizione verso le altre banche offra una corretta rappresentazione dell’importanza della banca nel sistema.
  4. L’aggiustamento per il rischio rispetto alla fee calcolata sulla base della dimensione dovrebbe essere in un range pari a 0,8-1,5. Questo aggiustamento sembra essere significativo ma forse non del tutto aderente alla variabilità della rischiosità riscontrata nei bilanci delle banche. A conferma del punto 2 si osserva che il coefficiente implicito di risk adjustment per le banche piccole sarebbe pari a 0,3. Dalle simulazioni si evince che le banche di maggiori dimensione hanno un aggiustamento per il rischio di portata comunque limitata.
  5. Alla luce della necessità di fronteggiare soprattutto il rischio sistemico, è doveroso domandarsi se il rapporto 85% degli assets-90% dei contributi per le banche dell’area euro sia adeguato o se le banche maggiori non dovrebbero coprire una quota superiore. Questo 5% aggiuntivo è dovuto alla quota proporzionale (3%) e all’aggiustamento per il rischio (2%), questa seconda componente appare limitata. L’introduzione del quarto pilastro nell’aggiustamento per il rischio dovrebbe comunque aumentare questa componente.
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