Si è chiusa nei giorni scorsi la consultazione avviata da Consob per raccogliere osservazioni e suggerimenti dalla comunità finanziaria sulla regolamentazione dell’Equity Crowdfunding in Italia, a più di un anno dall’entrata in vigore delle norme specifiche che hanno introdotto tale opportunità per le start-up innovative, in deroga alla disciplina sulle offerte pubbliche. Un anno durante il quale il mercato è partito molto lentamente, e senza clamore.
L’Equity Crowdfunding consente alle imprese di raccogliere capitale finanziario attraverso Internet, offrendo in cambio quote della proprietà dell’impresa, e quindi la possibilità di compartecipare agli utili e alla creazione di valore nel lungo termine. Tipicamente la campagna di raccolta viene veicolata attraverso piattaforme specializzate, dove gli imprenditori possono presentare l’opportunità e raccogliere le adesioni.
Il meccanismo è molto semplice: l’impresa elabora un business plan e stabilisce la quota del capitale che si intende offrire agli investitori. Una corretta valutazione potrà basarsi sull’attualizzazione del valore prospettico dell’impresa (utilizzando un tasso di rendimento atteso adeguato, che tenga conto dell’elevato rischio dell’attività) o sull’utilizzo di multipli comparabili, ricavati da campagne di equity crowdfunding già condotte con successo da altre imprese. L’offerta viene pubblicata su un portale autorizzato da Consob, il quale chiede tipicamente una commissione sul capitale raccolto in caso di successo della campagna (che va in genere dal 4% al 7%). Sarà poi necessario procedere con gli adempimenti legali e statutari, approvando un aumento di capitale, espressamente riservato. L’aumento di capitale sarà inscindibile fino all’importo minimo che si intende raccogliere, e potrà prevedere un’ulteriore porzione scindibile, fino all’importo massimo desiderato. Va da sé che se la campagna non raggiungerà l’importo minimo definito, sarà destinata a fallire. Il sovrapprezzo delle quote offerte sarà in funzione della valutazione definita nella fase precedente. Sarà possibile offrire quote ordinarie, o con diritto di voto nullo o limitato, e/o diritti particolari, come il privilegio in caso di liquidazione della società o di pagamento del dividendo in futuro. Un’altra opportunità è quella di differenziare l’offerta in funzione dell’importo sottoscritto, riservando particolari diritti o condizioni aggiuntive di favore a chi finanzierà con importi maggiori. Andrà poi fissato l’importo minimo che è possibile sottoscrivere.
La ‘folla’ di Internet può analizzare le singole proposte, e aderire on-line attraverso le procedure previste (sotto o sopra la soglia prima definita dalle procedure Mifid). L’offerta dovrà prevedere una scadenza, ovvero un termine ultimo per la raccolta. Al termine, sarà comunque possibile una proroga.
Il crowdfunding è una modalità di finanziamento ancora relativamente poco diffusa per le imprese, ma in rapida crescita. Secondo il report pubblicato dalla società di consulenza Massolution nel 2015, esistono nel mondo ben 236 portali specializzati nel pubblicare offerte di equity crowdfunding, attraverso le quali sono stati raccolti ben 1,11 miliardi di dollari nel 2014, con una stima di un flusso pari a 2,56 miliardi di dollari nel 2015. Vale comunque la pena ricordare che l’equity crowdfunding è solo una delle modalità attraverso le quali un’impresa innovativa può raccogliere capitale. Esiste infatti la possibilità di chiedere il supporto della ‘folla’ di Internet offrendo in cambio una ricompensa di natura non monetaria (‘reward crowdfunding’) o una pre-vendita del prodotto/servizio che verrà realizzato grazie alla campagna di raccolta (‘pre-selling crowdfunding’) o promettendo il rimborso e la remunerazione del capitale attraverso un tasso di interesse (‘lending crowdfunding’). Negli anni recenti, sono migliaia le imprese che attraverso queste forme di finanziamento hanno potuto raccogliere capitale e realizzare prodotti innovativi. Alcuni fra i casi più noti sono le campagne organizzate da Pebble Watch e Pebble Time sulla piattaforma americana Kickstarter (che hanno raccolto rispettivamente oltre 10 e oltre 20 milioni di dollari), quella organizzata per il videogioco Star Citizen sempre su Kickstarter (oltre 80 milioni di dollari) e quella per il frigorifero da picnic Coolest Cooler (oltre 13 milioni di dollari su Kickstarter).
Il tema dell’equity crowdfunding sta riscuotendo in questo periodo un grande interesse dal mondo finanziario, per almeno tre motivi. Il primo è l’ormai cronica riduzione dell’offerta di capitale per le imprese, in particolare di piccola dimensione, da parte del sistema bancario. Ciò spinge gli imprenditori a ricercare fonti alternative di finanziamento. Il secondo è la popolarità del modello del ‘crowdsourcing’, che consiste nella ricerca attiva del coinvolgimento della ‘folla’ di Internet per le strategie di marketing e di sviluppo dei nuovi prodotti da parte delle aziende, e ora anche per la raccolta di risorse finanziarie, destinate a finanziare sia progetti innovativi, sia campagne di donazione o di mecenatismo. Il terzo motivo è la scelta da parte dei diversi Stati di introdurre norme specifiche sul tema del crowdfunding, sull’onda del ‘Jobs Act’ lanciato dal presidente Barack Obama, che ha introdotto negli USA l’equity crowdfunding (entrato in vigore prima per gli investitori ‘accreditati’ e solo dal 2015 per il pubblico dei piccoli investitori). Persino l’Unione Europea nel 2014 ha ritenuto opportuno pubblicare un documento specifico dal titolo eloquente: “Unleashing the potential of Crowdfunding in the European Union”.
La normativa in vigore
In Italia l’equity crowdfunding è stato introdotto, in deroga alla disciplina sulle offerte pubbliche di sottoscrizione, dal D.L. 179/2012 (‘Decreto Sviluppo’), che ne ha però limitato l’accesso alle imprese qualificate come ‘start-up innovative’ (o ai veicoli che investono nel capitale di queste imprese). Il successivo D.L. 3/2015 (‘Decreto Investment Compact’) ha esteso l’accesso alle ‘PMI innovative’. La legge ha dato mandato alla Consob di redigere un regolamento attuativo, pubblicato con delibera n. 18592 il 26 giugno 2013 dopo un periodo di consultazione, e che probabilmente sarà rivisto nei prossimi giorni sulla base della consultazione appena conclusa.
Le offerte di equity crowdfunding devono essere veicolate obbligatoriamente attraverso dei portali autorizzati, la cui gestione è riservata alle imprese di investimento e alle banche autorizzate ai relativi servizi di investimento nonché ai soggetti iscritti in un apposito registro pubblico tenuto dalla Consob, a condizione che questi ultimi trasmettano gli ordini riguardanti la sottoscrizione e la compravendita di strumenti finanziari rappresentativi di capitale esclusivamente a banche e imprese di investimento. La raccolta massima non può superare l’importo di € 5 milioni, e gli strumenti finanziari offerti devono essere necessariamente titoli equity (non è possibile collocare titoli di debito come obbligazioni). Sono anche fissate delle soglie massime d’investimento: in particolare, le persone fisiche possono investire fino ad un massimo di € 500 per ogni transazione e fino a € 999 annuali (riferiti a tutti gli investimenti in equity crowdfunding effettuati), mentre le persone giuridiche possono investire fino ad un massimo di € 5.000 per ogni transazione e fino a € 10.000 annuali (riferiti a tutti gli investimenti). Per investimenti superiori alle soglie riportate, sarà viceversa necessario seguire la consueta procedura di profilatura MIFID presso un istituto bancario. In questo ultimo caso l’adesione via Internet dovrà quindi essere completata nei giorni successivi attraverso la profilatura da parte di una banca o di una SIM.
Vale la pena ricordare che chi aderisce ad una campagna di equity crowdfunding potrà accedere ai benefici fiscali validi per chi sottoscrive quote del capitale di rischio di una qualsiasi start-up innovativa, attraverso una detrazione fiscale (per le persone fisiche) o un credito d’imposta (per le persone giuridiche).
Per essere valida, una campagna di equity crowdfunding deve essere sottoscritta per almeno il 5% dell’importo da investitori ‘professionali’ quali banche, fondi di investimento, incubatori certificati e fondazioni. Nelle intenzioni del regolatore, questo serve per ridurre le asimmetrie informative e dare un segnale positivo ai possibili investitori. Non va dimenticato infatti che l’investimento nelle campagne di equity crowdfunding è estremamente rischioso, trattandosi della sottoscrizione di quote di capitale di start-up innovative, non quotate in Borsa e che certamente non distribuiranno dividendi nel breve termine. Si deve dunque evitare le truffe e determinare un buon equilibrio fra la protezione dei risparmiatori sul mercato e la possibilità per imprese promettenti e virtuose di raccogliere risorse finanziarie sul mercato, che consentano loro di crescere, creare lavoro e innovazione.
Le norme italiane prevedono anche una clausola di diritto di recesso dalla società ovvero il diritto di co-vendita delle proprie partecipazioni, nel caso di cambiamenti del controllo dell’impresa che ha chiuso con successo un’operazione di equity crowdfunding. Tale clausola, se non già presente, deve dunque essere inserita a Statuto.
L’AIEC, l’Associazione Italiana dei portali di Equity Crowdfunding, ha accolto con favore la consultazione di Consob, e ha chiesto alcune modifiche alla normativa, per aumentare la soglia di investimento rilevante ai fini della MIFID, consentire ai portali stessi di equity crowdfunding di procedere con la profilatura del cliente (senza ricorrere a banche o SIM), e ampliare il novero degli ‘investitori professionali’ titolati a sottoscrivere almeno il 5% dell’offerta loro riservata.
La situazione del mercato in Italia
Le prime due piattaforme Internet di equity crowdfunding in Italia, autorizzate da Consob, sono quelle di StarsUp e di Unica Seed. I portali sono stati iscritti rispettivamente alla sezione speciale e alla sezione ordinaria del registro ufficiale. Il primo progetto è stato ‘lanciato’ il 31 dicembre 2013 dalla piattaforma Unica Seed, ed è l’offerta effettuata dalla Diaman Tech srl di Marcon (Venezia), società che offre servizi informatici nel campo del risparmio gestito.
L’osservatorio sul crowdfunding della School of Management del Politecnico di Milano a fine luglio 2015 aveva censito 25 campagne di equity crowdfunding presentate su 6 portali autorizzati da Consob. Fra queste, 7 avevano raggiunto il target di raccolta (raccogliendo nel complesso € 2,31 milioni, con una media di adesioni per ogni campagna di 34 investitori), mentre 14 avevano fallito l’obiettivo. Interessante notare che molte di queste ultime hanno ottenuto un commitment in termini di offerte rispetto al target di raccolta inferiore a 1%. È quindi veramente fondamentale costruire una campagna di marketing efficace ed evitare valutazioni eccessivamente ottimistiche, che scoraggino gli investitori dal partecipare.
L’importo medio del collocamento è pari a € 341.839 (con un valore minimo di € 80.000 e un valore massimo di € 750.000). In media la quota del capitale offerto è pari al 23,74% (valore minimo 0,95%, massimo 86,67%). Dai numeri si evince che la valutazione implicita delle start-up innovative che hanno tentato la strada dell’equity crowdfunding è in alcuni casi molto elevata. Sono ben 5 le start-up che hanno proposto una valutazione pre-money (ovvero senza considerare il capitale da raccogliere nella campagna) superiore a € 2 milioni. Non a caso hanno fallito l’obiettivo di raccolta nei tempi previsti.
Conclusioni
L’avvio dell’equity crowdfunding in Italia è stato lento e faticoso (con numeri non paragonabili rispetto ad altri paesi come USA e UK), ma ha comunque introdotto un’innovazione potenzialmente dirompente. Il Paese sconta una scarsa predisposizione (soprattutto fra le fasce di popolazione più mature, che oggi godono anche della maggiore disponibilità di denaro) verso l’investimento nel capitale di rischio e verso l’uso di Internet quale piattaforma di transazione finanziaria.
Nel breve termine certamente ci saranno degli ‘aggiustamenti’ normativi, maturati sulla base dell’esperienza condotta (in particolare rispetto alla complessità delle normative MIFID per la gestione dei flussi di denaro). La recente estensione dell’opportunità alle PMI innovative potrebbe ulteriormente rilanciare il flusso della raccolta. Sarà necessario ridurre i costi di transazione relativi alla successiva cessione dei titoli sottoscritti. Allo stesso tempo è probabile che si assista ad una concentrazione fra i gestori di portali (molti di quelli autorizzati dopo mesi non hanno ancora pubblicato campagne) e all’ingresso sul mercato di player importanti dall’estero, che possano investire pesantemente sullo sviluppo di questa nuova industria. Sarà interessante analizzare se l’equity crowdfunding contribuirà effettivamente a ridurre i vincoli finanziari per le società start-up innovative, e a generare sinergie con altri canali di finanziamento come i business angels e il venture capital. Inoltre si dovranno trovare soluzioni efficienti per la gestione di un azionariato numeroso e frammentato per piccole società non dotate di strutture organizzative. Così come si dovrà strutturare un mercato ‘secondario’ per le quote azionarie sottoscritte.
Soprattutto siamo in attesa dell’arrivo di start-up innovative che propongano prodotti e servizi originali in grado di stimolare l’entusiasmo della ‘folla’ di Internet e scatenare un’attenzione virale fra gli investitori, che non sia limitata a pochi addetti ai lavori.