La nuova vigilanza prudenziale sui gruppi bancari
di Giulia Mele

Set 18 2014
La nuova vigilanza prudenziale sui gruppi bancari <small><small><I>di Giulia Mele </I></small></small>

Il 21 maggio 2014 la Banca d’Italia ha pubblicato il secondo aggiornamento della Circolare 285/2013 del 17 dicembre 2013, “Disposizioni di vigilanza per le banche”, al fine di aggiornare le disposizioni di vigilanza prudenziale in materia di gruppi bancari.

In particolare, sono stati inseriti all’interno del Titolo I della circolare due nuovi capitoli: il numero 2 rubricato “gruppi bancari” e il numero 4 rubricato “albo delle banche e dei gruppi bancari”. L’aggiornamento, entrato in vigore il 22 maggio 2014, ha determinato l’abrogazione dei capitoli 2 e 3, Titolo I, della Circolare 229/1999.

La revisione delle disposizioni è giustificata dalle novità introdotte dalla direttiva 2013/36/UE sulla vigilanza prudenziale delle banche (c.d. CRDIV) e dalla direttiva 2011/89/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE riguardante la vigilanza supplementare dei conglomerati finanziari (FICOD1), soprattutto per quanto riguarda la disciplina delle società a partecipazione finanziaria mista  (SPFM). Inoltre, le nuove norme danno attuazione alle disposizioni del Testo Unico Bancario (TUB) recentemente novellate (d.lgs. 4 marzo 2014 n.53 e dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze n. 167, del 5 maggio 2014).

L’obiettivo che le nuove norme si pongono è quello di rafforzare la vigilanza sui gruppi bancari tenendo anche conto dei più avanzati standard internazionali di vigilanza (“Core Principles for Effective Banking Supervision del Comitato di Basilea) e del dibattito internazionale in tema di c.d. “shadow banking”.

Le principali novità -contenute nei due nuovi capitoli della circolare 285/13 e che passeremo in rassegna in questo articolo- riguardano:

  • l’estensione dell’ambito della vigilanza consolidata anche alle società di partecipazione finanziaria mista che potranno assumere la qualifica di “capogruppo”;
  • la modifica del criterio della c.d. “rilevanza determinante”;
  • l’eliminazione del riferimento alla “bancarietà”;

L’estensione della vigilanza consolidata alle società di partecipazione finanziaria

Il nuovo quadro normativo prevede l’estensione della vigilanza consolidata anche alle SPFM. Con tale locuzione ci si riferisce a quelle società che, detenendo partecipazioni sia nel settore assicurativo sia nel settore bancario, erano soggette, fino al 20 maggio 2014, alla vigilanza supplementare di cui al D.Lgs. n.142/2005.

L’attuale assetto normativo prevede che anche quest’ultime società siano sottoposte a vigilanza consolidata, con la conseguenza che le stesse saranno soggette a disposizioni specifiche e più stringenti in tema di adeguatezza patrimoniale, partecipazioni detenibili, controlli interni e sistemi di remunerazione ed incentivazione, assetto di governo societario, di organizzazione amministrativa e contabile ed, infine, all’attività ispettiva della Banca d’Italia.

La ratio della nuove disposizioni deve essere rintracciata nella necessità di evitare che la meno pervasiva disciplina della vigilanza supplementare possa incentivare il fenomeno dello “shadow banking” prima attuato anche attraverso le SFPM.

Ulteriore importante conseguenza delle nuove norme consiste nel fatto che le SFPM potranno rivestire il ruolo di capogruppo di un gruppo bancario. In particolare, mentre in passato tale ruolo poteva essere assegnato solo alle banche italiane e alle società finanziarie aventi sede in Italia, adesso anche le SFPM, con sede italiana, potranno rivestire tale ruolo a condizione che:

–          la società controlli almeno una banca italiana e non sia controllata da altra banca o società finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista che possa essere considerata capogruppo;

–          la società sia costituita sotto forma di società di capitali;

–          nell’ambito delle società partecipate dalla SPFM abbiano “rilevanza determinante” quelle esercenti attività bancaria, finanziaria e strumentale;

–          la società sia a capo di un conglomerato finanziario identificato ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 142/2005 (non rileva a tal fine che il conglomerato finanziario identificato sia stato eventualmente esonerato dalla vigilanza supplementare).

La modifica del criterio della “rilevanza determinante”

Come evidenziato in precedenza, affinché la società finanziaria o la SFPM possa essere considerata capogruppo occorre, fra l’altro, che nell’insieme delle società da essa partecipate abbiano “rilevanza determinante” quelle bancarie, finanziarie e strumentali. In passato, la rilevanza determinante sussisteva allorquando la sommatoria degli attivi di bilancio delle società e degli enti esercenti attività diversa da quella bancaria, finanziaria e strumentali controllati dalla capogruppo non ecceda il 15% del totale degli attivi di bilancio della capogruppo e di tutte le società ed enti da essa controllati. Al Consiglio di amministrazione della capogruppo, sentito il collegio sindacale, veniva assegnato il compito di verificare, con cadenza annuale, il rispetto di tale condizione.

L’attuale quadro normativo ha modificato anche la condizione della “rilevanza determinante” che, ad oggi, risulta soddisfatta se il rapporto tra il totale dell’attivo di bilancio delle banche, delle società finanziarie e delle società strumentali partecipate e il totale dell’attivo di bilancio della capogruppo e di tutte le società ed enti da essa partecipati è superiore al 40%.  Anche in questo caso l’organo con funzione di gestione della capogruppo, sentito l’organo con funzione di controllo, provvederà, con cadenza annuale, a verificare il rispetto di tale condizione.

Nella formulazione attuale, in buona sostanza, il criterio della “rilevanza determinante” non dovrà più tener conto delle sole società controllate, ma dovrà includere anche le società partecipate.

La modifica del criterio di calcolo della rilevanza determinante ha comportato anche la modifica della definizione di attivo di bilancio. In particolare, si definisce “attivo di bilancio”:

–          per le banche, le società finanziarie, le società strumentali e le imprese di assicurazione, l’ammontare complessivo degli elementi dell’attivo dell’ultimo bilancio annuale approvato;

–          per le imprese non finanziarie, un valore convenzionale pari al fatturato totale risultante dall’ultimo bilancio annuale approvato, moltiplicato per un fattore correttivo pari a 10; le società di partecipazioni non finanziarie includono nel fatturato i dividendi e i proventi finanziari delle partecipazioni detenute.

Nella formulazione precedente, con la locuzione “attivo di bilancio” si intendeva:

–          per le banche, per le società finanziarie e per le società strumentali, l’ammontare complessivo degli elementi dell’attivo dell’ultimo bilancio approvato, esclusi i conti d’ordine ed inclusi gli impegni ad erogare fondi, le garanzie rilasciate e le altre operazioni fuori bilancio. In particolare di seguito, per gli acquisti e le vendite a termine di titoli e valute va considerato il valore maggiore tra il totale degli acquisti e il totale delle vendite. Per i contratti derivati va convenzionalmente considerato il 10% del maggiore importo tra il valore nozionale totale dei contratti di acquisto e quello dei contratti di vendita;

–          per le imprese di assicurazione, un valore convenzionale pari all’ammontare dei premi incassati nell’ultimo esercizio per un fattore correttivo pari a 10;

–          per le società industriali, un valore convenzionale pari al fatturato totale dell’ultimo esercizio moltiplicato per un fattore correttivo pari a 10.

Infine , nei casi in cui l’attivo di bilancio risulti poco rappresentativo dell’operatività aziendale, la capogruppo può utilizzare criteri alternativi, ad esempio basati sulle grandezze reddituali (margine d’intermediazione per le società bancarie e finanziarie, premi per le imprese di assicurazione, margine operativo per le imprese industriali), oppure aggiungere all’attivo di bilancio altra grandezze, quali le attività fuori bilancio. In ogni caso, l’utilizzo di tali indicatori alternativi o aggiuntivi dovrà essere motivato alla Banca d’Italia la quale, tra l’altro, può disporre, al fine di garantire la stabilità al regime di vigilanza, che una società finanziaria o una SPFM avente le caratteristiche per essere considerata capogruppo non sia iscritta nell’albo dei gruppi bancari se la soglia di “rilevanza determinante” non è stata superata per due esercizi consecutivi.

Eliminazione del riferimento alla “bancarietà”

Nell’elenco dei requisiti necessari affinché una società finanziaria o una SPFM possa ricoprire la qualifica della capogruppo, è stato eliminato quello riferito alla “bancarietà” del gruppo.

In passato, tale requisito sussisteva allorquando:

a)      la quota di mercato nazionale detenuta dalle anche controllate dalla società finanziaria capogruppo è pari almeno all’1% dei deposti della clientela o degli impieghi con la clientela. Ai fini del calcolo della quota di mercato sono utilizzati:

–       per il numeratore, i dati segnalati dalla matrice dei conti con riferimento all’ultimo 31    dicembre;

–       per il denominatore, i dati del Bollettino statistico pubblicato dalla Banca d’Italia riferiti all’ultimo 31 dicembre dello stesso anno;

b)      la somma degli attivi di bilancio delle banche e delle società da queste controllate, esercenti attività bancaria, finanziaria e strumentale ,è almeno pari al 50% dell’attivo di bilancio del gruppo.

Come anticipato, la condizione della “bancarietà” del gruppo è stata eliminata. Ad oggi, pertanto, è “bancario” il gruppo facente capo ad una SPFM o ad una società finanziaria, avente sede in Italia, e composto da società bancarie, finanziarie e strumentali, con sede in Italia o all’estero, da queste controllate quando fra le società controllate vi sia almeno una banca italiana, indipendentemente dalle sue dimensioni, e sia rispettata la condizione di rilevanza determinante.

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