Le nuove fonti della vigilanza prudenziale
di Concetta Brescia Morra e Giulia Mele

Mag 12 2014
Le nuove fonti della vigilanza prudenziale   <small><small><I> di Concetta Brescia Morra e Giulia Mele </I></small></small>

Dall’inizio di quest’anno il quadro delle regole di vigilanza prudenziale è cambiato profondamente per adeguare il nostro ordinamento agli standard regolamentari di Basilea III. In quest’articolo cerchiamo di chiarire la portata delle novità e di individuare i nuovi testi normativi di riferimento.

Il 19 dicembre 2013 la Banca d’Italia ha pubblicato le nuove disposizioni di vigilanza per le banche e le imprese di investimento, circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 entrata in vigore il 1 gennaio 2014.

La circolare n.285 recepisce il pacchetto normativo, noto come “CRD IV Package”, contenente regole tese a rafforzare i requisiti patrimoniali e la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento dell’Unione europea. Il CRD IV Package, approvato il 20 giugno 2013 dal Consiglio dell’Unione Europea a maggioranza qualificata con il solo voto contrario della Gran Bretagna, è costituito dalla direttiva 2013/36/UE del 26 giugno 2013, la CRD-Capital Requirements Directive, e dal regolamento UE n.575/2013 del 26 giugno 2013, il CRR-Capital Requirements Regulation.

La Direttiva e il Regolamento recepiscono gli standard definiti dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (c.d. framework Basilea III) e abrogano le precedenti Direttive in materia, 2006/48/CE e 2006/49/CE (le quali riproducevano le articolate disposizioni di Basilea II).

 

1.      La situazione precedente la riforma

Prima dell’emanazione della circolare n.285/2013 la disciplina prudenziale per le banche e i gruppi bancari era contenuta nella circolare n.263 del 27 dicembre 2006. Questa circolare recepiva le norme comunitarie sull’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio e sull’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, in attuazione degli indirizzi stabiliti con gli accordi di Basilea II.

La struttura della vigilanza prudenziale, delineata in questa circolare, è basata su “tre pilastri”. In particolare il primo pilastro ha rivisto i requisiti patrimoniali, introdotti nel 1987 con l’accordo di Basilea I, per fronteggiare i rischi tipici dell’attività bancaria e finanziaria  (di credito, di controparte, di mercato e operativi); a tal fine sono previste metodologie alternative di calcolo dei requisiti patrimoniali caratterizzate da diversi livelli di complessità nella misurazione dei rischi e nei requisiti organizzativi e di controllo. Il secondo pilastro ha previsto l’obbligo per le banche di dotarsi di una strategia e di un processo di controllo dell’adeguatezza patrimoniale, attuale e prospettica, rimettendo all’Autorità di vigilanza il compito di verificare l’affidabilità e la coerenza dei relativi risultati e di adottare, ove la situazione lo richieda, le opportune misure correttive. Il terzo pilastro ha introdotto obblighi di informativa al pubblico riguardanti l’adeguatezza patrimoniale, l’esposizione ai rischi e le caratteristiche generali dei relativi sistemi di gestione e controllo, al fine di rafforzare il controllo del mercato sull’attività delle banche.

La nuova circolare n. 285/2013 rivede ed aggiorna le diposizioni in tema di vigilanza prudenziale; in particolare, dalla data di entrata in vigore della nuova circolare, alle banche e ai gruppi bancari si applicano solo i seguenti capitoli della Circolare 263/2006:

Governo e gestione del rischio di liquidità (Titolo V, Capitolo 2);

Obbligazioni bancarie garantite (Titolo V, Capitolo 3);

Attività di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati (Titolo V, Capitolo 5);

Banca depositaria di OICR e fondi pensione (Titolo V, Capitolo 6);

Sistema dei controlli interni (Titolo V, Capitolo 7);

Sistema informativo (Titolo V, Capitolo 8);

Continuità operativa (Titolo V, Capitolo 9.

 

Ad esclusione delle parti succitate, quindi, la circolare n. 285/2013 abroga, per le banche e i gruppi bancari, la circolare 263/2006 che continua ad essere applicata nella sua interezza solo alle SGR, gli IMEL, agli istituti di pagamento e agli intermediari finanziari ex art. 107 del Testo Unico Bancario (TUB), relativamente ai riferimenti a essa contenuti nelle rispettive disposizioni di vigilanza.

Come anticipato infine, la Circolare n. 285/2013 recepisce anche la direttiva in materia di accesso all’attività degli enti creditizi introducendo nuove diposizioni in materia di autorizzazione all’attività bancaria, attività esercitata in Europa attraverso succursali e libera prestazione di servizi da parte di banche e società finanziarie operanti in Italia e negli Stati comunitari. In definitiva, la disciplina dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, inizialmente contenuta nella circolare 229/1999 e recentemente inserita nella circolare 263/2006[1], è oggi contenuta nella circolare 285/2013.

 

2.      La nuova vigilanza prudenziale per le banche: la circolare n. 285/2013

Le nuove “Disposizioni di vigilanza per le banche” sono volte a rafforzare la capacità delle banche di assorbire shock derivanti da tensioni finanziarie ed economiche, a migliorare la gestione del rischio e la governance e a rafforzare la trasparenza e l’informativa delle banche, tenendo conto degli insegnamenti della crisi finanziaria. Il Comitato di Basilea ha mantenuto l’approccio basato sui tre pilastri, alla base del precedente accordo del 2004 (Basilea II), integrandolo e rafforzandolo per accrescere quantità e qualità della dotazione di capitale degli intermediari, introdurre strumenti di vigilanza anticiclici e norme sulla gestione del rischio di liquidità.

Le riforme sono di due ordini: microprudenziali, ossia concernenti la regolamentazione a livello delle singole banche; macroprudenziali, ovvero riguardanti i rischi a livello di sistema che possono accumularsi nel settore bancario, nonché l’amplificazione prociclica di tali rischi nel tempo.

La scelta dello strumento normativo del regolamento, a fianco della direttiva, si spiega alla luce dell’obiettivo delle istituzioni comunitarie di creare un insieme di regole vincolanti uniformi a livello europeo (single rulebook). Lo strumento del regolamento, direttamente applicabile negli Stati membri senza necessità di atti di recepimento, pone le premesse per realizzare l’armonizzazione massima di determinate aree della disciplina prudenziale, riducendo corrispondentemente le aree di discrezionalità nazionali. Nonostante questo, è necessario sottolineare come non solo la direttiva ma anche il regolamento lasci alle autorità nazionali, nel caso italiano alla Banca d’Italia, la possibilità di esercitare alcune discrezionalità al fine di tener conto delle specificità delle diverse giurisdizioni.

 

2.1. Le principali novità nella vigilanza prudenziale

 

Il nuovo framework normativo europeo introduce importanti elementi di novità sul piano dei contenuti rispetto alla precedente normativa prudenziale.

Il primo pilastro, in particolare, è stato rafforzato attraverso una definizione maggiormente armonizzata del capitale e più elevati requisiti di patrimonio. Si è provveduto ad accrescere sia la qualità sia il livello minimo regolamentare del patrimonio di vigilanza nell’ambito di un quadro complessivo di maggiore armonizzazione degli aggregati patrimoniali.

 

In particolare, per quanto riguarda la qualità del capitale è stata delineata la nozione di common equity tier 1 corrispondente di fatto alle azioni ordinarie e alle riserve provenienti da utili.

Inoltre sono state imposte riserve addizionali in funzione di conservazione del capitale, in funzione anticiclica e per le istituzioni a rilevanza sistemica. In particolare:

 

a)      la riserva di conservazione del capitale è volta a preservare il livello minimo di capitale regolamentare nei momenti di tensione del mercato;

b)      la riserva di capitale anticiclica ha lo scopo di proteggere il settore bancario nelle fasi di eccessiva crescita del credito;

c)      le riserve di capitale per gli enti a rilevanza sistemica globale (G-SII buffer) e quelle per gli altri enti a rilevanza sistemica (O-SII buffer), richiedono risorse patrimoniali aggiuntive a quei soggetti che proprio per la loro rilevanza sistemica, globale o domestica, pongono rischi maggiori per il sistema finanziario.

 

L’imposizione di riserve di capitale aggiuntive ha l’obiettivo di dotare le banche di mezzi patrimoniali di elevata qualità da utilizzare nei momenti di tensione del mercato per prevenire disfunzioni del sistema bancario ed evitare interruzioni nel processo di erogazione del credito nonché per far fronte ai rischi derivanti dalla rilevanza sistemica a livello globale o domestico di talune banche.

Infine, in aggiunta al sistema di requisiti patrimoniali volti a fronteggiare i rischi di credito, controparte, mercato e operativo, è stata prevista l’introduzione di un limite alla leva finanziaria (incluse le esposizioni fuori bilancio) per contenere la crescita della leva a livello di sistema. Questo strumento entrerà completamente in vigore solo nel 2018; fino a questo momento le banche potranno calcolare l’indice di leva in maniera semplificata.

Basilea III prevede, altresì, nuovi requisiti e sistemi di supervisione del rischio di liquidità, incentrati su un requisito di liquidità a breve termine (Liquidity Coverage Ratio – LCR) e su una regola di equilibrio strutturale a più lungo termine (Net Stable Funding Ratio – NSFR), oltre che su principi per la gestione e supervisione del rischio di liquidità a livello di singola istituzione e di sistema.

In relazione all’indicatore di breve termine (“requisito di copertura della liquidità” nella terminologia del Regolamento), la Commissione europea dovrà emanare un apposito atto normativo (detto “atto allegato”) entro giugno 2014. Il requisito entrerà in vigore gradualmente iniziando con una percentuale del 60% a gennaio 2015. Per quanto riguarda, invece, l’introduzione del NSFR (“requisito di finanziamento stabile”), la Commissione europea è chiamata a presentare entro dicembre 2016 una proposta legislativa, dando così avvio all’ordinaria procedura di co-decisione, destinata a entrare in vigore nel 2018.

Per quanto riguarda il secondo pilastro – il quale richiede alle banche di dotarsi di un processo di controllo dell’adeguatezza patrimoniale, rimettendo all’autorità di vigilanza il compito di verificarne l’affidabilità – crescente importanza è attribuita agli assetti di governo societario e al sistema dei controlli interni degli intermediari come fattore determinante per la stabilità delle singole istituzioni e del sistema finanziario nel suo insieme. In quest’area sono stati rafforzati i requisiti regolamentari concernenti il ruolo, la qualificazione e la composizione degli organi di vertice; la consapevolezza da parte di tali organi e dell’alta direzione circa l’assetto organizzativo e i rischi della banca e del gruppo bancario; le funzioni aziendali di controllo, con particolare riferimento all’indipendenza dei responsabili della funzione, alla rilevazione dei rischi delle attività fuori bilancio e delle cartolarizzazioni, alla valutazione delle attività e alle prove di stress; i sistemi di remunerazione e di incentivazione. Le nuove norme in questa materia, già pubblicate per consultazione alcuni mesi fa, sono entrate in vigore, da pochi giorni, il 6 maggio 2014, con un primo aggiornamento della Circolare n. 285/2013.

Infine il terzo Pilastro, – riguardante gli obblighi di informativa al pubblico sull’adeguatezza patrimoniale, sull’esposizione ai rischi e sulle caratteristiche generali dei relativi sistemi di gestione e controllo, al fine di favorire la disciplina di mercato – è stato rivisto per introdurre, fra l’altro, requisiti di trasparenza concernenti le esposizioni verso cartolarizzazioni, maggiori informazioni sulla composizione del capitale regolamentare e sulle modalità con cui la banca calcola i ratios patrimoniali.

Sono, inoltre, previsti obblighi di disclosure, con frequenza annuale, con riferimento alle informazioni relative all’utile/perdita prima delle imposte, all’ammontare delle imposte stesse sull’utile/perdita e ai contributi pubblici ricevuti. È previsto, infine, un ulteriore obbligo di disclosure del coefficiente di leva finanziaria.

 

2.2. Esercizio delle discrezionalità nazionali

Come anticipato il regolamento, al fine di tenere conto delle diverse specificità delle giurisdizioni destinatarie del regolamento, prevede alcune discrezionalità nazionali che possono essere esercitate dagli Stati membri e dalla Autorità di vigilanza. Va evidenziato, tuttavia, come il numero di tali discrezionalità siano di gran lunga inferiori rispetto a quelle previste dalla normativa precedente. Alcune delle discrezionalità previste dal regolamento erano già contenute nelle Direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE. In questi casi, la Banca d’Italia, autorità incaricata di esercitare le discrezionalità, ha confermato le scelte normative già effettuate. Diversamente, per quanto riguarda le discrezionalità nazionali di nuova introduzione, la Banca d’Italia le ha esercitate tenendo conto dell’attuale impianto normativo e degli orientamenti e delle best practices di vigilanza maturati negli ultimi anni a livello internazionale, nonché tenendo conto in considerazione le peculiarità del mercato italiano nel contesto europeo.

La Banca d’Italia ha esercitato discrezionalità nelle seguenti materie (cfr. documento di consultazione pubblicato nell’agosto 2013, Applicazione in Italia del reg. UE n. 575/2013 e della dir. 2013/36/UE):

partecipazioni assicurative;

esposizioni infragruppo;

disposizioni transitorie per le banche che utilizzano i sistemi IRB o i metodi AMA (floor);

concentrazione dei rischi;

disciplina della liquidità applicabile livello individuale (waiver);

ponderazione del rischio e proibizione delle partecipazioni qualificate al di fuori del settore finanziario.

Esistono, infine, alcune discrezionalità sulla quale la Banca d’Italia ha “sospeso il giudizio” rinviando la valutazione ad un successivo e separato documento di consultazione.

 

            4. Conclusioni

L’analisi svolta mostra che sul piano delle fonti della vigilanza prudenziale le nuove regole presentino aree di sovrapposizione con le precedenti circolari, generando incertezze applicative. In particolare, mentre in ambito comunitario la vecchia normativa, contenuta nelle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, è stata interamente abrogata con l’emanazione del CDR IV Package, in Italia l’entrata in vigore della nuova circolare 285/13 non ha coinciso con l’abrogazione dei precedenti riferimenti normativi. Rimangono tuttora in vigore, ad eccezione di alcune parti, la circolare n. 263/2006 e n. 229/1999. Ciò complica il compito delle banche di individuare la disciplina in concreto applicabile.

Un nuovo intervento regolatore capace di porre rimedio alla scarsa organicità dell’impianto normativo attuale, attraverso l’emanazione di una circolare che recepisca il nuovo assetto regolamentare, sostituendo completamente le precedenti disposizioni in materia di vigilanza prudenziale, potrebbe essere di ausilio agli operatori, in un’ottica di semplificazione e chiarezza del dettato normativo.



[1]Le disposizioni in materia di autorizzazione all’attività bancaria erano inizialmente contenute nel Titolo I, Capitolo 1 della circolare 229/1999; nel 2013, a seguito di un aggiornamento della disciplina, è stato abrogato il Titolo 1, Cap. 1, della Circolare 229 e le nuove norme in materia di autorizzazione all’attività bancaria sono state inserite nella Circolare 263/2006 (Titolo I, Capitolo 3). Infine, l’entrata in vigore della circolare 285/2013 ha abrogato, anche per questa materia, le norme contenute nella circolare 263/2006.

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