Liquidity Stress Test: da utili a necessari
Roberto Ottolini, Enrico Ubaldi

Mag 05 2014
Liquidity Stress Test: da utili a necessari <small><small><I> Roberto Ottolini, Enrico Ubaldi </I></small></small>

L’introduzione dei due nuovi standard di liquidità (LCR e NSFR) previsti dalla normativa Basilea III non è sufficiente a valutare pienamente la posizione di liquidità di una banca. Lo stesso Comitato di Basilea suggerisce agli intermediari finanziari di mettere in pratica ulteriori verifiche allo scopo di ottenere una valutazione più precisa della situazione. Diventa quindi fondamentale sviluppare una metodologia interna di stress testing che integri il mero soddisfacimento dei due indicatori con un’analisi più accurata sotto condizioni critiche. Gli stress tests possono essere utilizzati anche per simulare l’andamento delle poste di bilancio e prevedere i valori futuri dell’LCR e dell’NSFR, applicando i parametri di haircut previsti dalla normativa negli scenari stressati.

Stato dell’arte e regolamentazione

Gli stress test sulla liquidità sono meno comuni rispetto ad altri stress tests effettuati dalle banche, quali ad esempio i solvency stress tests. Il motivo è che modellizzare il rischio di liquidità risulta essere un’impresa piuttosto complessa. Essa richiede infatti informazioni molto dettagliate sui bilanci bancari e dati monitorati con un’alta frequenza di osservazione. Inoltre, allo scopo di simulare l’impatto di shock significativi di liquidità, è necessario considerare il sistema interbancario nel suo complesso giungendo ad includere l’azione delle banche centrali.

Dopo la crisi finanziaria e la conseguente regolamentazione in tema di liquidità proposta da Basilea III ([3]), la necessità di effettuare uno stress test sulla posizione di liquidità è divenuta sempre più pressante. Del resto gli stessi indici di liquidità introdotti dalla regolamentazione (LCR e NSFR) non sono altro che degli indicatori circa la capacità di una banca di sopravvivere ad uno scenario di stress di liquidità. Sebbene non esistano norme che obblighino le banche a svolgere degli stress tests di liquidità, il Comitato di Basilea consiglia fortemente alle banche di eseguire analisi sempre più accurate in merito alla loro posizione di liquidità. Al riguardo ha promulgato anche alcune linee guida ([2]).

Come mostrato in un report della BCE ([7]), in cui vengono descritti i risultati raccolti tramite un’indagine svolta su un campione rappresentativo di banche europee con lo scopo di comprendere le modalità con cui vengono svolti gli stress test sulla liquidità, le tecniche utilizzate dalle banche risultano essere assai variegate. Le metodologie si differenziano sulla base dello scenario ipotizzato, della quantificazione dell’impatto sui cash flow, dell’orizzonte temporale e del perimetro coperto. Nel Gennaio 2012 il Fondo Monetario Internazionale (IMF) ha pubblicato un report ([8]) sulle analisi di liquidità effettuate da un gruppo di banche di diversi paesi. In tale documento viene stabilito un criterio per stabilire la severità dello scenario di stress. Come riferimento viene preso lo scenario a cui sono andate incontro diverse banche nei 30 giorni successivi alla bancarotta di Lehman Brothers, che viene convenzionalmente posto pari ad 1 (Scenario di Stress Severo) e descritto da specifici haircut da applicare alle varie poste di bilancio. Altri scenari più o meno severi si ottengono a partire da questo moltiplicando gli haircut per determinati coefficienti.

Le metodologie più interessanti

Uno dei modelli di Liquidity Stress Test che al momento appare essere tra i più avanzati è quello proposto da Jan Willem van den End della Nederlandsche Bank ([4]). La rilevanza di tale modello deriva dal fatto che esso tiene conto della normativa di Basilea III, in particolare degli indici di liquidità LCR e NSFR. Lo stress test consiste in un algoritmo a quattro passi. Esso modellizza il profilo di liquidità di una banca dopo un primo round di crisi di liquidità (t1), l’azione della banca per limitarne gli effetti (t2), un secondo round di crisi (t3) e infine la reazione della banca centrale (t4). Ad ogni passo, il modello calcola il valore raggiunto dall’indicatore LCR.

All’istante iniziale viene calcolato l’LCRt0 in base ai dati del bilancio e del cash flow della banca, andando dunque ad applicare ad ogni voce di bilancio i fattori previsti dalla regolamentazione. In t1 si simulano gli effetti del primo round di crisi, attraverso un metodo Monte Carlo, che permette di rappresentare i diversi scenari che si possono verificare. Gli shock si riflettono nell’aumento dei tagli wi che vengono applicati alle poste del bilancio e alle componenti del cash flow, consistentemente a quanto viene fatto per calcolare l’indicatore LCR. Dopo lo shock di liquidità e l’applicazione di questi pesi, l’indice diviene pari a LCRt1, nel caso esso sia sotto la soglia minima richiesta dalla regolamentazione, la banca è chiamata a reagire liquidando dei titoli (e dunque modificando il suo stato patrimoniale) allo scopo di alzare l’LCR, queste operazioni portano ad ottenere un nuovo valore dell’indice (LCRt2). Viene poi applicato un nuovo stress, che tiene conto sia di fattori sistematici che idiosincratici, giungendo ad un nuovo valore LCRt3. A questo punto, se si rende necessario, è previsto l’intervento della banca centrale, fonte ultima di riserva di liquidità per le banche. L’intervento porta ad un valore pari a LCRt4.

Un altro modello di Liquidity Stress Test è quello descritto da Wong e Hui (2011) ([5]). A differenza del modello di Van den End, esso cerca di studiare i collegamenti tra il rischio di liquidità, il rischio di mercato e il rischio di default delle banche. Il framework è composto da due parti principali:

  1. Applicazione di un metodo Monte Carlo per generare degli shock su differenti assets per simulare il rischio di mercato.
  2. Modellizzazione, tramite un sistema di equazioni che caratterizzano l’interazione tra i vari tipi di rischio, dell’effetto che gli shock avrebbero sulle varie voci di bilancio, cash flow, rischio di default e rischio di liquidità di singole banche.

Tramite il metodo Monte Carlo vengono simulati diversi fattori ritenuti rilevanti per il rischio di mercato. In ogni scenario di stress si suppone ci sia un periodo prolungato (i.e. un anno) di shock esogeni negativi nel valore di vari asset dei principali mercati finanziari (inclusi titoli di debito, azioni e titoli finanziari strutturati). Ogni scenario di stress può essere trattato come un prolungato periodo di fire sales di tali strumenti finanziari.

Problematiche e criticità emerse

Il rischio di liquidità assume spesso un ruolo secondario all’interno degli stress test più avanzati, in cui vengono considerati congiuntamente tutti i rischi a cui sono sottoposte le istituzioni finanziarie (rischio di credito, di mercato, etc.). L’European Banking Authority (EBA) ad esempio considera il rischio di liquidità solamente come un fattore di incremento del cost of funding, al quale  dedica un’intera sezione nella descrizione metodologica dello stress test in atto nel 2014 ([6]). Non c’è traccia invece di un’analisi approfondita riguardante le dimensioni e i contenuti dei buffers di liquidità delle istituzioni finanziarie.

Per sopperire a ingenti e improvvise uscite di cassa, le banche si tutelano con dei buffers di liquidità corrispondenti a diverse scadenze temporali. Nel paper del Comitato di Basilea del 2013 sugli stress test di liquidità ([2]) viene sottolineato come, nella recente crisi finanziaria, alcune banche abbiano sottostimato il rischio e la dimensione di uscite di cassa inaspettate, e quindi si siano ritrovate con buffers di liquidità di dimensioni insufficienti. Un altro punto critico ha riguardato la qualità di questi buffers, composti da asset che si sono rivelati non facilmente liquidabili in periodi di forte stress. A questo problema si è cercato di rispondere con l’introduzione dei requisiti sugli indicatori  LCR e NSFR, che richiedono asset di elevata qualità a copertura delle possibili uscite (HQLA). L’introduzione di questi nuovi standard avverrà però gradualmente a partire dal 2015 e dal 2018, è quindi importante condurre adeguati stress tests di liquidità nel periodo di transizione, anche per tenere in considerazione i rischi su orizzonti temporali diversi da quelli degli indicatori (1 mese e 1 anno, rispettivamente). Gli stress test permettono inoltre di analizzare diversi scenari con fattori di rischio specifici per una certa istituzione o per una certa area geografica.

Dall’analisi del Comitato di Basilea su alcuni case study rilevanti emerge come i principali punti critici riguardanti gli stress test di liquidità siano i seguenti: copertura dei depositi, eterogeneità dei prestiti, linee di liquidità irrevocabili concesse dalle banche centrali (committed facilities),  transazioni riguardanti contratti derivati. Al riguardo alcune osservazioni debbono essere tenute in considerazione per effettuare le analisi di stress in modo adeguato:

  • Le banche dovrebbero evitare di fare eccessivo affidamento sulle entrate di cassa previste. A tal proposito si devono calibrare adeguati fattori di haircut nel processo di definizione di uno stress test. Per quanto riguarda le uscite di cassa, emblematico è il caso di una banca americana che ha subito una perdita dell’8,5% dei depositi a vista in una sola settimana (11% in un mese). I depositi a vista sono una componente importante nell’analisi del rischio di liquidità.
  • Durante la crisi finanziaria i prestiti alle imprese non hanno giocato un ruolo rilevante nella perdita improvvisa di liquidità. Le entrate di cassa non realizzate non sono paragonabili al deterioramento sostanziale delle posizioni di liquidità delle banche causato dagli ABCP Conduits (Asset Backed Commercial Paper Conduits) e da altri strumenti finanziari di capital market.
  • Nella costruzione di uno stress test è consigliabile ipotizzare che le banche centrali si limitino al loro ruolo tradizionale, e non intervengano sistematicamente con linee di liquidità irrevocabili (Committed Liquidity Facilities) in soccorso delle banche in difficoltà.
  • Per quanto riguarda i derivati, i casi analizzati evidenziano come i fattori di haircut per le transazioni in contratti derivati vadano calibrati adeguatamente, l’esperienza recente non evidenzia una sottostima tale da giustificarne un’eccessiva penalizzazione.

Considerazioni di carattere più generale riguardano gli effetti di secondo ordine e sistemici negli stress test. Nella simulazione degli scenari di stress è importante tenere conto delle eventuali azioni delle banche principali volte a rimediare una situazione critica di liquidità. Tali azioni potrebbero infatti portare a un cambiamento ulteriore dello scenario (effetti di secondo ordine), a cambiamenti radicali della situazione di mercato a causa di ingenti movimenti di titoli, con effetti sistemici e di contagio. Un esempio di test all’avanguardia in questo campo è quello proposto da Van Den End ([4]) descritto sopra.

Prossimi passi

Entro Ottobre 2014 è prevista l’uscita di un documento in cui l’EBA analizzerà la situazione di un ampio campione di banche europee, con stress tests riguardanti tutti i rischi delle banche. Nel draft metodologico di Marzo 2014 il rischio di liquidità viene posto in secondo piano, come un semplice fattore per l’analisi del cost of funding. Si attende a breve un documento finale che chiarisca la metodologia che l’EBA sta utilizzando per eseguire questi stress test di tipo globale.

 

Bibliografia

[1] BCBS (2013). Basel III: The Liquidity Coverage Ratio and liquidity risk monitoring tools.

[2] BCBS (2013). Liquidity stress testing: a survey of theory, empirics and current industry and supervisory practices. BIS Working Paper No. 24.

[3] R. Ottolini, E. Ubaldi (2014). Il rischio di liquidità e Basilea III: LCR e NSFR.

[4] J. W. Van den End (2010). Liquidity Stress-Tester: Do Basel III and Unconventional Monetary Policy Work? DNB Working Papers, Netherlands Central Bank, Research Department.

[5] E. Wong, Cho-Hoi Hui (2011). A Liquidity Stress-Testing Framework with Interaction between Market and Credit Risks. Hong Kong Monetary Authority.

[6] EBA (2014). Methodology EUwide Stress Test 2014. Preliminary Draft.

[7] BCE (2008). EU Banks’ Liquidity Stress Testing and Contingency Funding Plans.

[8] IMF (2012). Next Generation System-Wide Liquidity Stress Testing.

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