Il recepimento della Bank Recovery and Resolution Directive nel Regno Unito
di Giulia Mele

Gen 21 2015
Il recepimento della Bank Recovery and Resolution Directive nel Regno Unito <small><small><I> di Giulia Mele </I></small></small>

Il Regno Unito ha pubblicato un explanatory memorandum (di seguito il “Memorandum“) avente ad oggetto l’implementazione della Direttiva 2014/59/EU (di seguito la “BRRD” o la “Direttiva“) che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, ovvero il Single Resolution Mechanism (di seguito il “SRM“). Il Memorandum sintetizza i provvedimenti adottati dalle autorità inglesi per il recepimento della BRRD il cui termine era fissato per il 1 gennaio 2015.

In questo articolo si intende riportare brevemente il contenuto della BRRD ed indicare i principali interventi del legislatore inglese anche al fine di evidenziare gli impatti delle nuove disposizioni sulla previgente disciplina.

Il SRM e i contenuti della BRRD

Come noto, il SRM, istituito dalla BRRD e dal Regolamento (UE) n. 806/2014 (di seguito il “Regolamento“), rappresenta il secondo pilastro dell’Unione Bancaria che istituisce un meccanismo armonizzato per la risoluzione delle crisi bancarie al fine di salvaguardare la stabilità del sistema finanziario riducendo al minimo l’impatto negativo della crisi sui depositanti e sui contribuenti.

C’è da dire, tuttavia, che mentre la Direttiva risulta applicabile a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, il regolamento si applica solo agli stati dell’euro-zona e a quelli che decidano di aderirvi. La criticità più evidente di questa impostazione è legata alla possibile disomogeneità dei contenuti della prima e del secondo e, conseguentemente, al rischio di trattamenti differenti tra le banche dell’euro-zona e le altre. Tale rischio è, tuttavia, neutralizzato dalla circostanza che i contenuti della BRDD sono speculari a quelli del Regolamento.

Come il Regolamento, anche la Direttiva distingue tre fasi nel processo di risoluzione e dota le autorità competenti di poteri specifici che, a seconda della gravità della crisi, diventano via via più penetranti. Le tre fasi sono:

  • pianificazione del risanamento (preparation and prevention);
  • intervento precoce (early intervention);
  • risoluzione delle crisi (“resolution” in senso stretto”)

Nella fase della pianificazione del risanamento la Direttiva prescrive di adottare piani di risoluzione (resolution plans) e piani di risanamento (recovery plans) che contengono misure preparatorie volte a prevenire ed a risolvere tempestivamente le crisi meno profonde. In particolare, i piani di risoluzione devono essere redatti direttamente dalle autorità di risoluzione nazionali e devono indicare soluzioni ai potenziali scenari di crisi anche attraverso l’indicazione degli strumenti che potrebbero essere utilizzati. I piani di risanamento, invece, debbono essere redatti direttamente dalla banca e devono contenere, anche in questo caso, una analitica descrizione degli strumenti approntati dalla stessa per il superamento della crisi ma anche un’analisi della capacità della banca di resistere ad una crisi finanziaria sistemica.

Nella fase di intervento precoce la Direttiva consente alle autorità nazionali di imporre all’ente in dissesto di attuare le misure contenute nei piani di risanamento e di risoluzione. Inoltre possono richiedere alla banca di convocare l’assemblea, di elaborare piani di ristrutturazione del debito, di modificare la strategia aziendale ed, infine, di apportare modifiche alla struttura dell’ente, ad esempio obbligandolo a cedere alcuni assets.

In situazioni di significativo deterioramento finanziario, la BRRD consente alle autorità nazionali anche il potere di licenziare i dirigenti e di nominare un amministratore provvisorio.

Infine, l’ultima fase è quella della resolution in senso stretto che attribuisce alle autorità nazionali poteri particolarmente invasivi. Per questo, la Direttiva impone che possano essere utilizzati solo nel caso in cui (i) l’ente sia “fail or likely to fail“; (ii) non esistano misure alternative, anche nel settore privato, che potrebbero, in tempi ragionevoli, evitare il fallimento e (iii) la resolution sia necessaria per l’interesse pubblico.

In ogni caso, anche la Direttiva stabilisce il principio del no creditor worse off (“NCWO“), in base al quale nessun creditore può ricevere da questa procedura meno di quello che avrebbe ricevuto se fossero state applicate le normali procedure di insolvenza nazionali.

In questa fase possono, altresì, essere utilizzati strumenti molto penetranti, si tratta: (a) della vendita dell’attività d’impresa; (b) del bridge institution (ente ponte); (c) della separazione delle attività; e (d) del bail in. In breve, la vendita dell’attività d’impresa consente di procedere alla vendita dell’ente nella sua totalità, o di una parte della sua attività, a condizioni di mercato, senza dover richiedere il consenso degli azionisti o soddisfare requisiti procedurali altrimenti applicabili. Il bridge institution permette di trasferire la totalità o parte dell’attività di un ente a un’entità controllata da poteri pubblici. La separazione delle attività consente di trasferire attività compromesse o problematiche a un veicolo di gestione. Il bail in, infine, consente alle autorità di risoluzione di ridurre i diritti dei creditori secondo un preciso ordine di priorità. La Direttiva, peraltro, stabilisce che non tutti i crediti possano essere assoggettati al bail-in (fra le esenzioni principali vi sono i “depositi garantiti” (ovvero quelli di importo inferiore ai 100.000 euro).

Dopo aver brevemente ripercorso i contenuti della BRRD risulta opportuno, anche al fine di comprendere quanto il suo recepimento abbia inciso sul sistema inglese, descrivere sinteticamente il regime delle crisi bancarie nel Regno Unito.

Il preesistente assetto del Regno Unito e il recepimento della BRRD

La crisi e l’eventuale fallimento di un ente bancario sono disciplinate dal Banking Act del 2009 con il quale è stato introdotto nel Regno Unito un regime speciale di risoluzione (Special Resolution Regime SRR“) per gli enti bancari.

Tale provvedimento attribuisce alla Prudential Regulation Authority (di seguito “PRA“), in consultazione con la Banca d’Inghilterra e il Ministero del Tesoro, il compito di decidere se porre un ente bancario under resolution.

Nell’ambito del SRR sono previsti poteri si stabilizzazione (stabilisation powers) che vengono esercitati attraverso stabilisation options. Si tratta di una vasta gamma di poteri che permettono di traghettare l’ente in dissesto fuori dalla crisi, in particolare:

  • il trasferimento di tutto o parte del business (azioni o proprietà, es. assets and liabilities) a un’altra banca compratrice;
  • il trasferimento di tutto o parte della proprietà della banca a una bridge bank (che può essere appositamente costituita della Banca di Inghilterra);
  • la nazionalizzazione temporanea  della banca;
  • la messa in liquidazione della banca con il conseguente trasferimento dei conti dei depositanti in una banca sana;
  • la richiesta di una procedura di amministrazione bancaria.

La scelta dello strumento deve essere guidata da alcuni principi: (i) la protezione della stabilità e della fiducia nel sistema finanziario del Regno Unito; (ii) la protezione dei depositanti e dei fondi pubblici; e (iii) la non violazione dei principi sui diritti di proprietà stabiliti dall’Human Rights Act.

Analisi empiriche hanno dimostrato che lo strumento, fino ad ora, più utilizzato per “salvare” le banche in dissesto è stato quello della nazionalizzazione.

In seguito all’introduzione del SRM, il legislatore inglese è stato costretto ad intervenire modificando la disciplina delle crisi bancarie al fine di renderla in linea con quanto disposto dalla BRRD.

L’assetto delineato in precedenza, in ogni caso, rende evidente come i poteri di risoluzione previsti dal Banking Act non siano molto diversi da quelli indicati dalla Direttiva. A riprova di tale assunto vi è pure la circostanza che il Regno Unito ha introdotto nel 2013, in seguito alla riforma del Banking Act, lo strumento del bail-in tra le stabilisation options prevedendone l’entrata in vigore il 1 gennaio 2015, quindi ben un anno prima rispetto a quanto disposto dalla Direttiva e dal Regolamento. Conseguentemente, tale strumento verrà applicato con anticipo anche rispetto agli Stati dell’euro-zona.

In ogni caso, l’obbligo di recepire la BRRD improcrastinabilmente entro il 1 gennaio 2015 ha imposto l’emanazione di provvedimenti finalizzati a tale scopo. Il più importante è il c.d. Bank Recovery and Resolution Order 2014 (SI 2014 No. 3329) con il quale sono state introdotte le novità più significative in tema di risoluzione delle crisi bancarie.

In particolare, il provvedimento in esame dota le autorità nazionali di nuovi poteri pre e post risoluzione e le obbliga ad utilizzare i poteri di stabilizzazione solo dopo il bail-in.

I nuovi poteri di stabilizzazione introdotti sono i seguenti: (i) sono stati previsti due giorni di tolleranza per i pagamenti dovuti da un ente under resolution; (ii) è stata prevista la sospensione temporanea dei diritti dei creditori garantiti e (iii) è stata prevista la sospensione temporanea del diritto di recesso da parte dei terzi.

Tali poteri, entrati in vigore il 1 gennaio scorso, si aggiungono a quelli precedentemente elencati e non si applicano alle controparti centrali, per le quali si potrà fare riferimento solo alla disciplina del Banking Act.

Sono stati emanati anche altri provvedimenti, comunque di portata inferiore rispetto al precedente, che (i) hanno ridisegnato l’ordine di preferenza dei depositari modificando l’Insolvency Act del 1986; (ii) hanno individuato le modalità di compensazione nel caso di violazione del principio del NCWO; e (iii) hanno stabilito i requisiti procedurali in materia di piani di risoluzione e risanamento.

Anche lo strumento del bail-in è stato rivisitato per renderlo aderente con la disciplina della Direttiva. Bisogna evidenziare, tuttavia, come il legislatore inglese abbia utilizzato (forse anche abusato) dei margini di discrezionalità lasciati dalla BRRD agli Stati nell’applicazione di tale strumento, prevedendo l’esenzione di un numero molto elevato di crediti dall’applicazione dello stesso.

Del resto la Direttiva consente agli Stati di non applicare il bail-in a categorie di crediti: (i) per i quali il calcolo, in tempi brevi, della perdita da infliggere sarebbe troppo complesso; (ii) che risultino necessari per assicurare la continuità delle funzioni critiche; (iii) qualora ciò fosse necessario per evitare che altre banche vengano contagiate dalla crisi (e quindi per scongiurare una crisi sistemica).

Conclusioni

Quanto fin qui esposto, permette di evidenziare come il recepimento della Direttiva nel Regno Unito non abbia inciso profondamente sul sistema di risoluzione delle crisi bancarie inglese.

Lo strumento del bail in, il quale più degli altri poteva incidere sugli interessi dei creditori è stato parzialmente neutralizzato grazie all’introduzione di un numero elevatissimo di esenzioni che ha ampliato il numero delle passività c.d. “secured”.

Tuttavia, l’introduzione del principio generale per cui tale strumento dovrà essere utilizzato con precedenza rispetto alle altre stabilisation option, sembra poter escludere che le autorità inglesi possano ricorrere con facilità  allo strumento della nazionalizzazione in passato fortemente utilizzato per risolvere le crisi bancarie.

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