Banche, la sfida per politici e tecnici. Risparmio e stabilità è l’ora dell’equilibrio
di Emilio Barucci

Nov 18 2017
Banche, la sfida per politici e tecnici. Risparmio e stabilità è l’ora dell’equilibrio  di Emilio Barucci

Articolo pubblicato su Avvenire in data 10 novembre 2017

Come era facile prevedere, sono volati gli stracci ieri in Commissione d’inchiesta sulle banche. Non un bello spettacolo. Il motivo è molto semplice: la vigilanza sui mercati finanziari e sulle banche è una questione molto tecnica. Salvo errori o misfatti macroscopici è molto difficile stabilire in modo oggettivo chi ha ragione e chi ha torto. I documenti e gli atti parlano (spesso) in modo chiaro, ma qui non stiamo parlando di un omicidio, insomma è difficile trovare la pistola fumante.

Meno male che alla fine hanno almeno deciso di risparmiarci il confronto all’americana. Lo strumento è sbagliato, ma ciò non vuol dire che le autorità di vigilanza non debbano rendere conto alle autorità politiche del loro operato: succede in tutti i Paesi seri e questo non è stato fatto a sufficienza in passato in Italia. Usciamo dalle secche delle responsabilità su fatti specifici, che andrebbero contestualizzati ricordando che i fatti riguardano un periodo in cui le banche saltavano come birilli in giro per il mondo, e cerchiamo piuttosto di trarre qualche considerazione su ciò che non va. In primo luogo, è indubbio che le autorità di vigilanza non sono state efficaci nella loro azione.

Le autorità debbono prevenire le crisi e ciò non è successo, quindi sono per definizione responsabili (non necessariamente colpevoli). Dalle carte emerge che le autorità hanno difettato sia sui tempi di reazione, sia per le misure adottate. Di fronte a banche in cui regnava il caos organizzativo o in cui si compivano misfatti, l’autorità di vigilanza è stata incapace di mettere in atto un cambiamento tempestivo di management e di condotta: a distanza di mesi (se non di anni) i manager hanno continuato a fare come volevano.

Questo significa due cose: gli strumenti per intervenire erano inadeguati e/o la capacità persuasiva delle autorità (che pure è stata esercitata) era limitata. C’è ovviamente anche la possibilità che abbiano chiuso un occhio, comunque sia il loro prestigio ne esce ammaccato. La seconda considerazione è che le autorità troppo spesso si sono adagiate su una linea di difesa che non è più sostenibile: il fatto che le regole fossero soddisfatte.

È successo con i rendimenti delle obbligazioni bancarie fuori mercato, a condizione che i rischi fossero ben descritti nei prospetti informativi, è successo con l’approvazione della fusione Mps-Antonveneta che soddisfaceva i vincoli patrimoniali. Occorre che le autorità entrino nel merito assumendosi la responsabilità di scelte difficili, come di fatto sta facendo la Banca centrale europea sui crediti deteriorati. L’importante è che rispondano delle loro scelte (nelle forme dovute) a un’autorità politica come il Parlamento. La terza considerazione è più profonda e riguarda lo scontro ’’ideologico’’ tra Banca d’Italia e Consob. Il punto riguarda il confronto tra tutela del risparmiatore (e del mercato) e stabilità del sistema finanziario.

Facciamo un esempio: una banca è in difficoltà sul fronte della liquidità. Cosa conviene fare? L’autorità di vigilanza tiene la notizia riservata e cerca di sostenere la banca cercando un cavaliere bianco che la salvi, oppure comunica l’informazione ai risparmiatori? La risposta a prima vista potrebbe essere la seconda, così facendo però è assai probabile che avremmo una coda di risparmiatori che cercano di ritirare i loro depositi e la banca andrebbe a carte quarantotto. La riservatezza è un bene prezioso e i processi pubblici non risolvono i problemi. Il tema si è posto in Italia sulle obbligazioni bancarie: le banche avevano bisogno di collocare le loro obbligazioni sul mercato (e anche presso i risparmiatori) per risolvere i loro problemi sul fronte della liquidità.

Argomento più che corretto per garantire la stabilità del sistema, il problema è che lo hanno fatto a condizioni non di mercato. È indubbio che tra i due obiettivi, stabilità finanziaria e tutela del risparmiatore, si è data la precedenza per lungo tempo al primo. Ora però un nuovo e giusto equilibrio deve essere trovato su questo fronte. C’è solo da augurarsi che, passata la buriana della caccia ai responsabili, i nostri politici e i nostri tecnici si mettano seriamente all’opera.

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