E la nano moneta colpì duro
di Emilio Barucci

Feb 19 2018

La notizia non è una sorpresa nel mondo delle criptovalute: un furto di ben 17 milioni di Nano monete, del valore di circa 160 milioni di euro. Il furto (via rete) sarebbe avvenuto presso la società di exchange BitGrail. Gli investitori coinvolti dovrebbero essere circa centomila.

Nano moneta è una criptovaluta, una valuta virtuale sorta sulla scia del successo di bitcoin. BitGrail è un cambia valute moderno che fornisce un servizio di cambio tra le valute correnti (dollari o euro) e le criptovalute. L’unica differenza con quelli che troviamo per strada è che questi exchange svolgono il loro servizio su internet e che le criptovalute possono essere lasciate su un loro conto.

Le criptovalute possono essere utilizzate come mezzo di pagamento con trasferimenti effettuati su una piattaforma digitale. Nel caso più famoso, bitcoin, la piattaforma è blockchain. Per avere accesso a questo circuito occorre cambiare gli euro in criptovalute. Le transazioni di criptovaluta vengono confermate (validate) dai nodi della piattaforma che, risolvendo un complicato problema matematico, certificano la loro validità registrando il trasferimento sulla blockchain. Così facendo il trasferimento di criptovaluta ‘‘entra nella storia’’ e non può essere modificato se non riscrivendo, con l’accordo di una larga fetta di nodi della rete, il registro delle transazioni a partire da quella che si vuole modificare. Tutto avviene sotto condizione di anonimato dei soggetti coinvolti che vengono identificati con un codice.

I furti di moneta, così come la scoperta di bugs nei protocolli utilizzati, rappresentano il punto debole delle criptovalute in quanto la loro credibilità, e il loro successo, dipendono dall’integrità della piattaforma e dalla sicurezza che le transazioni effettuate non possano essere colpite da parte di un hacker. Il problema è che porre rimedio ad un furto è molto difficile (occorre riscrivere il libro mastro della piattaforma) e rintracciare l’autore del furto rischia di essere impresa ancora più ardua. L’unica raccomandazione che può essere fatta a chi vuole avventurarsi in questo mondo è di non lasciare le criptovalute su un exchange ma di trasferirle su un wallet protetto crittograficamente.

E’ un po’ curioso che mentre si discute delle ‘‘sole’’ rifilate dalle banche ai risparmiatori, la vicenda delle criptovalute venga vista con indulgenza. Il fenomeno in realtà è serio. Basta pensare che i possessori di obbligazioni delle banche popolari erano solo 10.000 e che le obbligazioni valevano 330 milioni. L’amministratore di BitGrail ha detto ‘‘Un exchange non è una banca, non è un luogo sicuro. Non c’è lo Stato o l’Europa che rimborsa o risarcisce chi opera nelle criptovalute…” ha ragione mi auguro soltanto che gli investitori fossero stati adeguatamente informati di ciò. Il problema è che siamo in mondo grigio e che il livello di protezione dei risparmiatori è purtroppo molto basso.

 

(pubblicato su Repubblica edizione di Firenze, 15.2.2018)

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