CET ratio, LCR, Leverage: servono davvero a prevenire una crisi bancaria?
a cura di Emilio Barucci per Huffington Post

Mar 26 2023
CET ratio, LCR, Leverage: servono davvero a prevenire una crisi bancaria?a cura di Emilio Barucci per Huffington Post

E’ un mese di passione per il mondo della finanza, ed ancora non è finito. Come al solito le crisi bancarie si consumano nel weekend, quando i mercati sono chiusi e le persone hanno più difficoltà a ritirare i loro denari. Oramai sono tre i fine settimana che viviamo con il fiato sospeso: prima SVB Bank e First Republic, poi Credit Suisse e adesso Deutsche Bank.

Il prossimo weekend sarà nel nuovo mese, vediamo cosa ci aspetta. La domanda che si pongono gli addetti ai lavori è siamo di fronte ad un fatto isolato o ad una slavina che potrebbe innescare una valanga?

E’ difficile dare una risposta. La ragione è che capire la solidità di una banca (e in qualche misura degli altri intermediari finanziari) non è impresa agevole. Capire se una azienda industriale è solida o meno è abbastanza facile, in larga misura il suo conto economico (se fa utili o meno) e il grado di indebitamento forniscono indicatori esaustivi. La solidità di una banca dipende invece dalla qualità/composizione delle sue attività e delle sue passività nello stato patrimoniale. Comprendere la natura dello stato patrimoniale di una banca è cosa non facile in quanto siamo in presenza di una pluralità di poste, alcune sono valutate a valori di mercato, altre no, e comprendere i loro rischi non è affatto semplice. La questione è talmente complicata che tutti i paesi hanno una autorità dedicata alla vigilanza bancaria. Una struttura dotata di competenze di altissimo livello e di strumenti molto invasivi nella gestione delle banche.

Le crisi bancarie ci sono sempre state e sempre ci saranno, quello che nessuno si sarebbe aspettato era di rivivere una situazione così critica ad appena quindici anni di distanza dalla grande crisi finanziaria. Una crisi per di più senza una ragione apparente. Questa volta, la miccia che avrebbe innescato la crisi non sarebbe una diavoleria inventata dal mondo della finanza (i derivati) ma un normale (seppur violento) innalzamento dei tassi di interesse.

La risposta, più o meno meditata, di molti commentatori è stata ‘‘serve più regolazione’’. Di fronte a questa presa di posizione si rimane allibiti. Forse ignorano che dopo la crisi del 2008 abbiamo avuto un forte inasprimento della regolazione? Basilea III e Basilea IV (per non parlare di altre misure) constano di migliaia di pagine con un innalzamento del carico regolamentare per le banche senza precedenti.

Se invochiamo più regolamentazione dopo tutto quello che è stato fatto, forse dobbiamo provare a parlare di ‘‘fallimento della regolazione’’. Forse non abbiamo bisogno di più regolamentazione quanto piuttosto di una regolamentazione diversa che deve nascere da una riflessione attenta sulla natura dell’attività bancaria, sul ruolo che deve avere nell’economia e sui limiti dell’attuale assetto.

Partiamo da qualche dato di fatto. Se consideriamo le diciotto banche americane e europee di maggiore dimensione, scopriamo che Credit Suisse non aveva indicatori di bilancio peggiori delle altre, anzi appariva più solida: aveva il secondo livello di leverage più basso (capitale su attività), il nono ratio di capitale (capitale rapportato agli attivi pesati per il rischio), il sesto liquidity coverage ratio (rapporto tra attività facilmente liquidabili e flusso di cassa netto a trenta giorni).

Eppure è ‘’fallita’’ o meglio è stata salvata dalle autorità tramite una finta operazione di mercato che ha lasciato stupiti i puristi. Perché? Giustamente è stato osservato che la banca veniva da anni di cattiva gestione con operazioni spericolate e perdite significative. Non c’è dubbio su questo, ma la domanda che dobbiamo porci è se i tre indicatori siano davvero capaci di impedire una crisi bancaria e di limitarne gli effetti.

La risposta è no per due motivi. In primo luogo, la regolamentazione, e l’autorità di vigilanza  di conseguenza, punta quasi tutta l’attenzione sul ratio di capitale che può essere manipolato dalle banche aggiustando il peso per il rischio delle attività (denominatore). L’asticella su questo fronte è stata alzata in misura significativa dopo la crisi del 2008, questo ha portato ad un minore livello di leverage (in media dal 3,7% al 6% per le banche europee) ma la diminuzione non è stata molto significativa. Per capirsi: a fronte di 100 euro di prestiti o di investimenti in titoli da parte delle banche ci sono appena 6 euro di capitale per attutire eventuali perdite. SVB Bank è stata spazzata via da una minusvalenza sull’investimento in titoli (causa rialzo dei tassi) che era superiore al capitale della banca. 

In secondo luogo, a differenza  del ratio di capitale, non c’è un vincolo stringente sul grado di leverage per le banche e, in generale, le autorità di vigilanza lo guardano con minore attenzione. Il liquidity coverage ratio di una banca è invece monitorato con più attenzione. Se è superiore a 100 dovrebbe garantire la capacità della banca di sopperire ad un eventuale deflusso di liquidità. Il punto qui è che questo indicatore, per come costruito, non morde abbastanza e non è in grado di misurare davvero l’esposizione della banca ad un forte deflusso di liquidità: nel caso di una crisi le fuoriuscite di liquidità sarebbero ben maggiori e la liquidabilità degli asset nel mercato non è catturata adeguatamente.

Andrea Enria, il presidente della vigilanza BCE, in audizione al Parlamento Europeo ha avanzato la proposta di espandere la valutazione a mercato dei titoli pubblici, che adesso sono classificati come held to maturity, nei bilanci bancari. Questo permetterebbe di far emergere le minusvalenze nascoste nei bilanci bancari rendendo trasparenti i loro bilanci. Si tratta di una proposta ragionevole che probabilmente avrebbe impedito il fallimento di SVB Bank. Sarebbe una misura in continuità con l’attuale assetto di regolamentazione che si fonda in modo cruciale sul ruolo del mercato che dovrebbe guidare le valutazioni del bilancio bancario.

Il punto è capire se non sarebbe altro che l’ennesima toppa ad una falla dell’attuale sistema che ha dimostrato di non funzionare. Sarebbe sufficiente per mettere davvero in sicurezza il sistema bancario? Probabilmente no, la sensazione è che occorrano misure più incisive con un ripensamento dell’attuale assetto di regolamentazione. Non si tornerà indietro dall’impostazione di Basilea ma l’assetto deve dimostrare di essere in grado di rendere compatibile un minore grado di leva finanziaria con la redditività richiesta dagli investitori e una forma di sussidio pubblico (garanzia sui depositi). Tre richieste che sono davvero difficili da conciliare. 

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