La scorsa settimana il Governo ha finalmente varato i criteri per gli indennizzi dei possessori di bond subordinati di Banca Etruria, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e di Chieti. I commentatori si sono divisi tra coloro che gridano allo scandalo in quanto non tutti i risparmiatori saranno indennizzati e coloro (tra questi il Presidente Renzi) che sostengono che si sia fatto il meglio possibile. Nonostante il ritardo accumulato, la ragione sta più con i secondi che con i primi. Vediamo perché.
Partiamo da una constatazione: è molto difficile distinguere il risparmiatore truffato da quello incauto o ignorante che ha investito non valutando pienamente i rischi puntando su un elevato rendimento. D’altro canto, mentre è giusto salvaguardare i primi, non sembra opportuno fare altrettanto per i secondi. Occorre infatti ricordare (cosa mai sottolineata) che ogni forma di salvaguardia dei possessori di obbligazioni è a carico della collettività o meglio del sistema bancario (che contribuisce al Fondo di solidarietà per gli indennizzi) che scaricherà i costi sull’azionista o sui clienti.
L’intervento del Governo va valutato nel merito circa la sua capacità di distinguere (grossolanamente) il grano (i truffati) dal loglio (gli incauti) essendo consci del fatto che qualunque regola sia stabilita ci sarà sempre un risparmiatore premiato o penalizzato aldilà dei suoi meriti.
La procedura di indennizzo è chiara:
- Rimborso automatico e forfettario per chi aveva sottoscritto (con la banca stessa) i bond subordinati delle quattro banche prima del 12 giugno 2014 (data di pubblicazione della direttiva Ue sulle risoluzioni bancarie) nel caso di un reddito non superiore ai 35 mila euro o di un patrimonio mobiliare inferiore ai 100.000 euro. Il rimborso sarà nella misura del 80% dell’investimento al netto di oneri e spese connessi all’acquisto e della differenza tra il rendimento ottenuto e un BTP benchmark.
- Per coloro che non rientrano nelle condizioni di cui sopra (acquisto successivo al 12 giugno 2014, acquisto sul mercato secondario, patrimonio superiore a 100.000 euro e reddito superiore a 35 mila euro) si apre la strada dell’arbitrato presso l’Autorità Nazione Anti Corruzione.
Le risorse per gli indennizzi vengono da un Fondo di solidarietà a livello di sistema bancario che non avrà un limite (inizialmente posto a 100 milioni) evitando così di salvaguardare solo chi farà domanda per primo.
Ricostruiamo la vicenda.
Circa 12.000 risparmiatori hanno investito in obbligazioni subordinate delle quattro banche avendo (di solito) sottoscritto un contratto e un questionario che doveva accertare la loro idoneità ad acquistare i titoli. Governo e Banca d’Italia sono intervenuti a fine 2015 per risolvere la crisi delle quattro banche applicando per la prima volta la procedura prevista a livello europeo di risoluzione di una banca che non è più in grado di andare avanti (il cosiddetto bail-in). Secondo questa procedura, si provvede nell’ordine all’azzeramento del valore delle azioni, dei bond subordinati, dei bond senior e infine dei depositi per la parte eccedente 100.000 euro. L’applicazione del bail-in alle quattro banche è stata soft: grazie all’intervento del sistema bancario, che ha messo in sicurezza un milione di correntisti e di obbligazionisti senior (per 12 miliardi di euro), soltanto 31 bond subordinati per un totale di circa 800 milioni sono stati azzerati: 10.559 clienti delle quattro banche, che hanno investito in queste obbligazioni (per 329 milioni), più 1.900 investitori, che li hanno acquistati sul mercato secondario (per 102 milioni), hanno visto il loro investimento andare in fumo.
I meriti dell’intervento sono indubbi ma c’è stata una leggerezza imperdonabile: sottovalutare le pratiche aggressive di collocamento adottate dalle banche. Quando c’è da collocare titoli della stessa banca, le pratiche commerciali entrano in una zona grigia. Si va dall’affidamento di un mutuo generoso a condizione che una parte venga destinata all’acquisto di bond alla artefatta rappresentazione dei rischi (di credito e di liquidità) senza esplicitare che la cedola dei bond sia ben inferiore a quella che la banca avrebbe dovuto corrispondere ad un investitore qualificato.
La risposta del Governo è tardata a lungo. Il problema è che la Commissione Europea storceva il naso verso indennizzi generalizzati. Occorreva un intervento selettivo che salvaguardasse i clienti effettivamente raggirati e non premiasse i clienti che hanno fatto un investimento consapevole (o meno) accettando un rischio elevato. Distinguere il grano dal loglio appunto.
Il raggiro con ogni probabilità ha riguardato i titoli collocati in emissione piuttosto che quelli acquistati sul mercato secondario. Si tratta di 10.559 clienti, di questi (fonte MEF):
- 1.010 clienti (per un controvalore di 27,4 milioni) avevano presso la banca un patrimonio finanziario inferiore a 100.000 euro, di cui più del 50% impegnato in obbligazioni subordinate
- 1.484 clienti (per un controvalore di 93,4 milioni) avevano presso la banca un patrimonio finanziario inferiore a 100.000 euro impegnato in obbligazioni subordinate per una quota variabile tra il 30 e il 50%, oppure avevano un patrimonio finanziario superiore a 100.000 euro impegnato in obbligazioni subordinate per una quota superiore al 30%
- 8.065 clienti (per un controvalore di 208,4 milioni) avevano presso la banca un patrimonio finanziario superiore a 100.000 euro impegnato in obbligazioni subordinate per una quota fino al 30%.
Le stime del MEF riportano che circa la metà dei risparmiatori potranno accedere al rimborso automatico mentre l’altra metà potrà battere la strada dell’arbitrato. Alla luce dei dati di cui sopra (manca un’informazione sul reddito) la stima non convince del tutto in quanto la maggior parte dei risparmiatori ha un patrimonio superiore a 100.000 euro.
Secondo gli studi di finanza, si può presumere che un investitore sia tanto più consapevole ed esperto quanto più ha studiato e quanto più è facoltoso (per ricchezza o per reddito), inoltre un investimento diversificato risponde maggiormente alla logica di un investimento oculato.
Alla luce di queste considerazioni, cosa possiamo dire dei criteri individuati dal Governo per l’indennizzo automatico? In primo luogo, quello di salvaguardare gli obbligazionisti che hanno sottoscritto i titoli in sede di primario ha una sua logica in quanto gli investimenti effettuati sul mercato secondario sono con minore probabilità oggetto di ‘’truffa’’. Quanto ai limiti sul reddito o sulla ricchezza essi vanno nella giusta direzione nella presunzione che il risparmiatore che si colloca sotto le soglie sia poco esperto di finanza. Senza scordare che un arbitrato è costoso e quindi può essere più facilmente sostenuto da parte di chi ha un patrimonio significativo. Discriminare a seconda del titolo di studio non era possibile, piuttosto sarebbe stato corretto introdurre anche una soglia sulla diversificazione dell’investimento che premiasse i portafogli diversificati.
Se le stime sui risparmiatori indennizzati in automatico rispondono al vero si può ben dire che l’intervento del Governo appare equilibrato, la perdita del 20% sull’investimento appare come un costo forfettario che tutti i risparmiatori debbono sostenere per il loro comportamento incauto (che comunque c’è stato). Si corre piuttosto il rischio di premiare non solo i raggirati ma anche chi è stato avventato. Per gli altri rimane aperta la strada dell’arbitrato, molto peggio è andata agli azionisti che hanno perso tutto senza appello.
In definitiva la logica deve essere che si tutela il risparmiatore che è stato truffato e non semplicemente chi ha perso del denaro.