Gli Assetti proprietari delle società quotate italiane dopo la crisi
a cura di Emilio Barucci e Davide Stocco

Ott 22 2021
Gli Assetti proprietari delle società quotate italiane dopo la crisi a cura di Emilio Barucci e Davide Stocco

Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad una ricomposizione degli assetti proprietari delle società quotate italiane che è andata in diverse direzioni:​

  • Aumento della quota del primo azionista (soprattutto nel caso di SPA e persone fisiche);
  • Diminuzione del numero degli azionisti rilevanti (ossia gli azionisti dichiaranti – con quota superiore al 2% – diversi dal primo);
  • Aumento della quota di mercato (azionisti non rilevanti).

Vediamo nel dettaglio come sono cambiati gli assetti proprietari.

La quota media detenuta dai primi azionisti cresce dal 2008 al 2019, passando dal 46,8% al 48,0% (+1,2%). Al contempo, la media della quota di azioni senza diritto di voto del primo azionista rimane pressoché invariata (l’analisi è presentata senza considerare i patti di sindacato ma la loro inclusione non cambia in misura significativa il quadro).

In modo similare, le quote di azioni detenute da azionisti non rilevanti (ossia coloro che non sono tenuti a dichiarare le proprie quote) aumenta dal 2008 al 2019 passando dal 34,0% al 39,1%.

Due dinamiche in controtendenza: la prima porta ad una maggiore concentrazione con un rafforzamento del primo azionista, la seconda ad una maggiore diffusione dell’azionariato.

Passiamo ad analizzare le forme societarie dei primi azionisti. Le forme societarie più presenti sono rappresentate da Persone Fisiche e SPA, mentre quelle meno rappresentate sono Assicurazioni, Fondazioni e Cooperative.  Le forme societarie del primo azionista con quote più elevate nel 2008 erano rappresentate da Assicurazioni e Cooperative. Queste mostrano una costante diminuzione nelle quote medie detenute. Le Fondazioni, invece, registrano un aumento della quota media nel 2012, per poi conoscere una drastica riduzione. Si deve tenere conto, comunque, che si tratta di un dato poco significativo in quanto le società con il primo azionista caratterizzato da queste forme societarie sono in numero limitato. I Fondi (comuni di investimento, pensione, private equity) detengono mediamente quote stabili quando sono il primo azionista (attorno al 35% circa) durante tutto l’intervallo temporale considerato. Persone Fisiche e SPA conoscono invece un aumento della quota media detenuta, diventando le forme societarie dei primi azionisti con quote medie più elevate nel 2019.

Un altro dato interessante riguarda le quote dei primi azionisti e le quote di mercato per segmento di mercato. La quota media del primo azionista è più elevata per le società Mid-, Small-cap e per le società appartenenti al segmento STAR. Nel caso del FTSE-MIB essa aumenta dal 2016 al 2019, mentre subisce una diminuzione nel segmento delle Mid-cap. Al contrario, la quota media detenuta dal primo azionista nelle Small-cap e nel segmento STAR è pressoché costante durante tutto l’intervallo di tempo considerato.

La quota media di mercato più elevata si osserva per il segmento FTSE-MIB per l’intero periodo analizzato: dopo un incremento fino al 2016 assistiamo ad una sua diminuzione nel 2019 che torna ad essere pari a quella del 2008. Le quote di mercato medie relative agli altri tre segmenti subiscono invece una crescita dal 2012 in avanti. In particolare, la quota di mercato media relativa alle Mid-cap subisce la crescita percentuale più elevata arrivando al 45,2% di quota di mercato media nel 2019.

Per quanto riguarda gli azionisti rilevanti diversi dal primo, notiamo una diminuzione nel numero di dichiaranti. Si passa infatti da una media di 3,4 azionisti dichiaranti per società nel 2008 a 1,4 nel 2019. Le quote medie detenute dagli azionisti rilevanti subiscono una debole crescita. Se consideriamo la forma societaria degli azionisti rilevanti, abbiamo che la quota media del capitale degli azionisti rilevanti diversi dal primo di Fondazioni e Assicurazioni rimane pressoché invariata durante il periodo 2008-2019. Al contempo, Cooperative e Fondi aumentano le proprie quote medie nel 2016, per poi diminuire nuovamente nel 2019. Infine, la quota media detenuta da SPA e Persone Fisiche aumenta nel periodo considerato nell’analisi.

Sia nel caso del primo azionista che di azionisti rilevanti diversi dal primo, la percentuale di azionisti italiani diminuisce nel tempo, lasciando maggiore spazio a quelli stranieri. Nel caso dei primi azionisti, la percentuale di italiani passa dall’87,1% all’82,0%. In modo similare, per quanto riguarda gli azionisti rilevanti diversi dal primo, la diminuzione della loro presenza è attribuibile in larga misura agli azionisti italiani: la quota di società con almeno un azionista rilevante escluso il primo di nazionalità italiana passa dal 56% al 38%, mentre la quota di società con almeno un azionista straniero escluso il primo passa dal 36% al 31%.

Possiamo concludere che il mercato azionario italiano ha visto un rafforzamento della figura del primo azionista e un ampliamento della base di quota di mercato, a discapito degli azionisti rilevanti non di controllo. Al contempo, gli azionisti stranieri hanno assunto maggiore spazio.

In sintesi due dati emergono:

  • un rafforzamento della quota del primo azionista (di controllo) che fa il paio con un aumento dei piccoli azionisti
  • una diminuzione del ruolo degli azionisti rilevanti diversi dal primo azionista.

Questi dati destano attenzione in quanto abbiamo un aumento del ruolo del primo azionista e dei piccoli azionisti che difficilmente esercitano la loro ‘’voce’’ mentre gli azionisti che dovrebbero svolgere un ruolo di monitoraggio (in quanto più esposti nel capitale) sono meno presenti.

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