Il nuovo Standardised Approach for Counterparty Credit Risk (SA-CCR)
di Edgardo Palombini e Michael Zottarel

Apr 06 2016
Il nuovo Standardised Approach for Counterparty Credit Risk (SA-CCR)  di Edgardo Palombini e Michael Zottarel

Nell’ambito degli interventi finalizzati ad accrescere l’affidabilità e la comparabilità degli RWA delle banche, il Comitato di Basilea ha avviato la revisione delle metodologie standard di calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte dei rischi del primo pilastro. Le nuove metodologie standard sono più risk-sensitive rispetto a quelle attuali, sono obbligatorie per tutte le banche (comprese quelle con modelli interni validati) e possono essere utilizzate per determinare un floor regolamentare agli RWA.

Il nuovo Standardised Approach per il rischio di controparte (SA-CCR) entrerà in vigore il 1° gennaio 2017 e sostituirà il metodo del valore corrente e il metodo standardizzato per la determinazione dell’EAD.

Il presente articolo si propone di analizzare alcune caratteristiche della nuova metodologia, evidenziandone i benefici e le potenziali incongruenze.

 1. Il SA-CCR e i suoi impatti

Il SA-CCR mantiene l’impostazione generale dell’attuale normativa, secondo cui l’EAD di un netting set è funzione del suo costo di sostituzione (replacement cost – RC) e di una componente che ne approssima la Potential Future Exposure (PFE), ma introduce alcune novità sostanziali.

Il costo di sostituzione dipende dall’esposizione corrente verso la controparte e dalle caratteristiche dell’eventuale CSA (threshold, minimum transfer amount e independent amount).

La metodologia di calcolo della PFE è incentrata sulla definizione di “Hedging Set”, inteso come insieme di deal per i quali è ammessa una compensazione del rischio totale o parziale, e presenta specifiche varianti. In particolare:

  • Add-on: i nuovi coefficienti sono calcolati tramite una simulazione «IMM-style» calibrata su un periodo di stress e, di conseguenza, risultano generalmente più conservativi rispetto all’attuale metodo CEM;
  • Netting: è riconosciuta una mitigazione del rischio che, a differenza del CEM, può essere totale, ma solo all’interno dello stesso hedging set;
  • Esposizioni marginate: il Margin Period of Risk (10 giorni) impatta sulla PFE attraverso la riduzione dei maturity factor dei singoli trade e, indirettamente, il calcolo del multiplier;
  • Mark-to-market negativi e over-collateral: entrambi consentono un abbattimento del rischio, in quanto fattori di riduzione del moltiplicatore, con un potenziale beneficio sulla PFE fino al 95%.

La somma tra RC e PFE è moltiplicata per un coefficiente alpha pari a 1,4, introdotto per tenere conto del wrong-way risk, in analogia con il metodo dei modelli interni.

Il potenziale impatto del SA-CCR sugli RWA delle banche dipende dalla tipologia di operazioni alle quali è applicato. Per l’operatività con clientela corporate e retail, in assenza di ISDA, l’assorbimento patrimoniale dovrebbe aumentare, in quanto i nuovi Add-on sono più elevati rispetto agli attuali. Per l’operatività con controparti istituzionali e clearing house, il trattamento più favorevole del netting e la riduzione della PFE per le esposizioni marginate dovrebbero ridurre gli RWA, ma tale effetto potrebbe essere compensato, almeno parzialmente, dall’applicazione del coefficiente alpha in presenza di grandezze rilevanti quali i margini iniziali.

2. Utilizzo gestionale del SA-CCR

Il SA-CCR rappresenta una metodologia di misurazione del rischio di controparte più avanzata rispetto alle prassi in uso presso molte banche italiane che non hanno sviluppato modelli interni di tipo EPE. L’introduzione del SA-CCR a fini segnaletici offre quindi l’opportunità di adottare anche in ambito gestionale un approccio risk-sensitive, con una contestuale rivisitazione dei principali processi di gestione del rischio di controparte. La metrica di rischio, infatti, svolge un ruolo fondamentale nella concessione/revisione delle linee di credito, oltre che in fase di origination delle operazioni, per la verifica della capienza della linea (pre-deal check).

In ottica gestionale, il SA-CCR si presta ad essere parametrizzato in modo diverso rispetto alla normativa, in funzione del risk appetite e delle scelte metodologiche di ciascuna banca. Gli Add-on del SA-CCR, ad esempio, sono stimati in modo da approssimare l’esposizione attesa futura, ma possono essere ricalibrati in modo da riflettere livelli di confidenza più elevati (eg 95%), secondo la prassi più diffusa per il calcolo delle misure gestionali del rischio di controparte. Il SA-CCR, inoltre, pone alcuni limiti ai benefici della diversificazione, su tutti quelli connessi a posizioni lunghe e corte su tassi di interesse in valute diverse, ma tali vincoli possono essere modificati a livello gestionale in modo da riflettere la correlazione storica tra i fattori di rischio.

E’ opportuno sottolineare, inoltre, che il SA-CCR recepisce le regole per la definizione del Margin Period of Risk definite in ambito IMM. Tutte le banche dovranno quindi adottare una definizione e un processo di monitoraggio delle dispute con le controparti, della liquidità dei deal in portafoglio e della liquidità del collateral scambiato.

3. Esempi di calcolo

La Fig. 1 mostra la EAD CEM e la EAD SA-CCR (con e senza collateral) di un ATM FX forward (per una qualunque coppia di valute) espresse in funzione della durata residua. Il SA-CCR è molto penalizzante rispetto al CEM per durate residue inferiori ad un anno, i due approcci producono risultati vicini tra uno e cinque anni, dopodiché la EAD CEM diventa maggiore. Si noti come la EAD SA-CCR sia costante oltre l’anno, mentre la rischiosità di un FX forward dovrebbe essere crescente rispetto alla sua durata residua. L’eventuale presenza di accordi di marginazione (giornaliera) riduce drasticamente la EAD SA-CCR mentre non ha impatto su quella CEM.

La Fig. 2 mostra la EAD CEM e la EAD SA-CCR (con e senza collateral) di un ATM IRS (per una qualunque valuta) espresse in funzione della durata residua. La EAD SA-CCR è significativamente più elevata, soprattutto per scadenze medio-lunghe. Anche in questo caso, un eventuale accordo di marginazione (giornaliera) abbatte notevolmente la EAD SA-CCR, riportandola in linea con quella CEM, che invece non risente della presenza del collateral.

4. Limiti del SA-CCR

Il SA-CCR non coglie il rischio base derivante da posizioni su curve con tenor diversi. Si consideri, ad esempio, un portafoglio composto da due 10Y IRS plain vanilla, uno fisso vs EURIBOR 3M e l’altro EURIBOR 6M vs fisso. Nell’ipotesi di mark-to-market nullo, tale portafoglio è caratterizzato dal rischio di movimenti della base EURIBOR 3M/6M. Al contrario, la EAD SA-CCR è nulla, in quanto è ammessa una compensazione totale della componente PFE, rispetto ad una EAD CEM pari allo 0,6% del nozionale.

Il SA-CCR non riconosce alcune situazioni di perfect hedge tra trade diversi. Si aggiunga al precedente portafoglio un 10Y Basis swap EURIBOR 3M vs EURIBOR 6M. Nell’ipotesi di mark-to-market nullo, il nuovo portafoglio non dovrebbe originare rischio di controparte, infatti un modello interno genererebbe EPE nulla. Al contrario, la EAD SA-CCR è pari allo 0,9% del nozionale, a causa del trattamento separato dei basis trades (con supervisory factor pari allo 0,25% da applicare all’Add-on dell’Hedging Set separato), rispetto ad una EAD CEM ancora pari allo 0,6% del nozionale.

Il SA-CCR non coglie adeguatamente il rischio delle posizioni FX. La PFE non riflette le differenze nella volatilità dei tassi di cambio, in quanto la EAD di un derivato sul cambio EUR/USD è uguale a quella di un identico derivato sul cambio EUR/JPY. Inoltre, dati tre derivati identici su tre diverse coppie di valute che annullano il rischio (eg EUR/USD, JPY/EUR e USD/JPY), nel SA-CCR un portafoglio così composto determina un’esposizione pari alla somma delle esposizioni dei singoli trades.

Il SA-CCR non considera la correlazione tra alcuni fattori di rischio. Si considerino, ad esempio, un portafoglio composto da un IRS fisso vs variabile in euro e da un IRS identico in dollari. A tale portafoglio il SA-CCR attribuisce una PFE uguale a quella di un portafoglio dove la posizione in dollari ha segno opposto rispetto a quella in euro. In altri termini il SA-CCR assume che vi sia correlazione nulla tra i tassi di interesse in euro e in dollari. Tale trattamento contrasta con quanto previsto dalla Fundamental Review del Trading Book (FRTB) dove, all’interno del sensitivities-based method, è prevista una correlazione positiva tra tassi di interesse in valute diverse, ai fini del calcolo del General Interest Rate Risk.

5. Conclusioni

Il nuovo metodo standard per il CCR, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2017, costituisce una modalità di misurazione del rischio di controparte più evoluta rispetto all’attuale metodo CEM, nonché rispetto alle prassi in uso presso la maggior parte delle banche italiane. Allo stato attuale la normativa lascia spazio a differenti interpretazioni in merito al trattamento di alcuni payoff, che potrebbero essere gestiti in modo diverso da banca a banca, con l’obiettivo di ridurne l’impatto in termini di RWA.

L’introduzione del SA-CCR offre l’opportunità di adottare un approccio risk-sensitive sia a fini segnaletici sia in ambito gestionale, con una contestuale rivisitazione dei principali processi di gestione del rischio di controparte. Il SA-CCR si presta ad essere parametrizzato in modo diverso rispetto alla normativa, in funzione del risk appetite e delle scelte metodologiche di ciascuna banca. A tal fine, gli Add-on possono essere ricalibrati in modo da riflettere livelli di confidenza più elevati, inoltre è possibile eliminare alcuni vincoli normativi alla diversificazione del rischio tra posizioni diverse.

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