La lunga strada per regolare il mondo delle criptovalute prima che si autodistrugga
a cura di Emilio Barucci per Huffington Post

Feb 25 2023
La lunga strada per regolare il mondo delle criptovalute prima che si autodistruggaa cura di Emilio Barucci per Huffington Post

Il mondo delle criptovalute non conosce pace.

Nonostante Bitcoin sia rimbalzato nel nuovo anno, quasi +50% sul minimo raggiunto nel 2022, le magagne continuano a venire a galla coinvolgendo perlopiù l’anello debole rappresentato dagli Exchange (dove si scambiano euro con criptovalute): dopo FTX su scala globale è il turno della piattaforma italiana The Rock Trading a sospendere le operazioni per problemi di liquidità.

E’ di questi giorni la notizia che la SEC (l’autorità americana di controllo sui mercati) ha accusato Terraform Labs PTE Ltd e il suo fondatore Do Kwon di aver orchestrato una frode multimiliardaria legata alla stablecoin algoritmica Terra-Luna che è andata in crash lo scorso maggio. Si trattava della quarta stablecoin, con una capitalizzazione di 18 miliardi di dollari che si sono volatilizzati nel giro di una settimana.

Non si tratta qui di stare a discutere se Bitcoin abbia valore o meno, è indubbio che la moneta digitale per eccellenza abbia mostrato una salute inaspettata. Chi si aspettava che il 2022 sarebbe stato l’inizio della fine è stato smentito per il momento. Il problema è rappresentato dall’industria che ci sta dietro che sfugge alla regolazione e, in molti casi, si fonda su un vero e proprio schema Ponzi come quello messo in piedi, in tempi recenti, nella finanza tradizionale da Bernie Madoff che ha coinvolto oltre 37000 risparmiatori causando perdite per oltre 60 miliardi.

In sintesi lo schema funziona così: attrarre investitori promettendo rendimenti elevati, onorare gli impegni contando di ricevere nuovi fondi, da altri investitori, o sul fatto che il valore dell’investimento cresca. Facendola breve, le promesse nei confronti degli investitori vengono mantenute con i fondi ottenuti da altri investitori o dalla crescita degli asset su cui sono investiti i loro denari. Tutto funziona se il numero di investitori continua a crescere e il mercato cresce, se uno di questi due ingredienti viene meno, il giochino si inceppa.  

Gli Exchange sfruttano questo schema permettendo agli investitori di operare a leva, cioè a dire prendendo le criptovalute a prestito da altri investitori, il livello di leva in alcuni casi è superiore anche di 100 volte al capitale investito. Per alimentare questo processo, che porta ad un incremento del prezzo delle criptovalute, gli Exchange propongono ai loro clienti di non trasferire gli asset digitali presso i loro wallet sulla blockchain ma di lasciarli in deposito presso di loro, e in cambio promettono loro un elevato rendimento.

E’ un po’ quello che succede quando lasciamo i nostri soldi in deposito presso una banca. Di fatto gli Exchange sono una banca, ma c’è una differenza importante: non sono sottoposti alla vigilanza delle autorità. E’ una differenza non da poco: se la banca fallisce siamo garantiti fino a 100.000 euro di ricevere i nostri denari indietro e la Banca Centrale Europea e la Banca d’Italia vigilano sulla solidità dell’intermediario, se l’Exchange fallisce non abbiamo alcuna garanzia di ricevere i nostri denari indietro e nessuno ci dice se l’Exchange sia solido o meno. Senza dimenticare che molti Exchange o società che stanno dietro alle criptovalute hanno sede in paesi lontani, Barbados nel caso FTX e Singapore nel caso Terra-Luna, rendendo molto difficile la possibilità di farsi valere.     

Anche il crash della stablecoin Terra-Luna affonda le sue radici in questo meccanismo, il protocollo Anchor (che è l’oggetto delle attenzioni della SEC) prometteva il 20% di rendimento su base annua a chi permetteva che i propri tokens Terra fossero utilizzati per operazioni a leva. L’ammontare di asset destinati a questo scopo è cresciuto del 3000% ne giro di un anno ed è giunto ad essere il 75% della totalità dei tokens Terra in circolazione. Il gioco ha funzionato finché le criptovalute sono cresciute, nel momento in cui sono scese il giochino si è rotto da sé o, forse, è stato oggetto di una attacco concertato speculativo.

Le autorità di regolazione si stanno muovendo con un ritardo che è sotto gli occhi di tutti. Non si contano negli ultimi anni gli appelli per una maggiore regolazione del mondo delle criptovalute. Passare dalle parole ai fatti è stato difficile e sta richiedendo tempi biblici. Anche nell’immediato non sembra che cambierà molto.

La regolazione promossa a livello europeo su Mercati in cripto assets entrerà in vigore nel 2023 ma ci vorrà del tempo per la sua implementazione. La regolazione introduce regole per gli operatori di piattaforme basate su tecnologie blockchain che permettono la negoziazione di asset digitali, introduce l’obbligo di richiedere l’autorizzazione ad operare, un regime di sorveglianza per gli emittenti di stablecoin, regola l’emissione di assets digitali e la fornitura di servizi relativi a cripto assets. Negli Stati Uniti la regolazione è ancora più indietro anche a causa dell’intensa attività di lobby del mondo delle criptovalute. Il Financial Stability Board ha promosso una consultazione per la regolamentazione di questi mercati e intende definire una serie di raccomandazioni nel 2023 secondo il principio ‘‘same risk, same regulation’’. Il Comitato di Basilea ha promosso una serie di raccomandazioni per la supervisione degli intermediari circa le loro esposizioni in cripto assets. La richiesta è che le banche soddisfino dei requisiti prudenziali in linea con l’impostazione di Basilea riguardo ai loro investimenti in criptovalute, l’implementazione delle misure dovrebbe avvenire entro il 2025. Il Financial Stability Board ha infine definito una serie di raccomandazioni per la regolazione delle stablecoin globali, toccherà adesso ai diversi paesi legiferare in materia.

Nel vuoto della regolazione il mondo dei cripto assets si è fatto male da solo. C’è chi sostiene che questo faccia parte di un cinico disegno delle autorità di vigilanza che, nell’incapacità di agire in modo efficace, hanno ben pensato di farlo scoppiare da solo, come successe nel diciassettesimo secolo nel caso della bolla dei bulbi di tulipano.

Il problema è serio, gli strumenti di tutela sono inadeguati e lo saranno ancora nel futuro prossimo, per il momento possiamo fare appello soltanto agli investitori, che imparino ad orientarsi nel mondo delle criptovalute comprendendo bene i rischi. A questo proposito, il consiglio è di stare attenti quando si vedono proposte fuori mercato: il 20% in un contesto in cui i titoli di stato italiani rendono l’1% non può essere privo di rischio, anzi è sicuramente molto molto rischioso e chi partecipa se ne assume i rischi. Vale il vecchio adagio che in finanza non c’è un pasto gratis: non si può mangiare senza rischiare.

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