La proporzionalità nella definizione del requisito di capitale regolamentare per i rischi di mercato
di Marco Pavoni

Lug 13 2016
La proporzionalità nella definizione del requisito di capitale regolamentare per i rischi di mercato  di Marco Pavoni

Il tema del Documento di Consultazione su cui intendiamo focalizzare l’attenzione è quello della Proporzionalità, per le istituzioni finanziarie di minori dimensioni o meno complesse, in relazione all’applicazione dei Nuovi Standard per il calcolo del requisito di capitale regolamentare derivante dai rischi di Mercato, noto anche come Fundamental Review of the Trading Book (FRTB).

I nuovi standard, come noto, riguardano non solo il Modello Interno (IMA o Internal Model Approach), ma anche l’Approccio Standardizzato (SA o Standardized Approach); quest’ultimo è stato anch’esso oggetto di una profonda revisione, sia nelle metodologie e metriche di riferimento che nelle finalità assolte.

Il quadro normativo attualmente in vigore (Regolamentazione EU No. 575/2013 nota anche come CRR o Capital Requirement Regulation), già stabilisce alcuni elementi di proporzionalità, tra cui in particolare la Deroga per le banche che svolgono attività di negoziazione di modeste dimensioni (art. 94 della CRR) che consente di sostituire il requisito di capitale per i rischi di mercato con quello per i rischi di credito.

Per essere eleggibile per la Deroga un’istituzione deve rispettare due soglie, una connessa alla dimensione assoluta delle sue attività di trading e una invece dipendente dalla dimensione relativa di dette attività rispetto al totale delle attività stesse.

Il documento in discussione propone alcune riflessioni e chiede agli operatori commenti sulla eventuale revisione dei termini di quella deroga e in ultima analisi sull’opportunità di qualificare un nuovo approccio standardizzato c.d. “semplificato” (SSA o Simplified Standardized Approach).

Il nuovo SA definito dal Comitato di Basilea per la Supervisione Bancaria (BCBS) nel più ampio contesto del citato FRTB, introduce significative modifiche a quello ancora in vigore con l’obiettivo di renderlo più sensibile alle effettive dimensioni del rischio di mercato e più adatto a descrivere strumenti finanziari complessi.

Mentre infatti l’approccio attuale utilizza per il calcolo del requisito di capitale regolamentare dati input prontamente disponibili quali il tipo di strumento, la scadenza o il rating associato alla posizione, il nuovo SA in particolare si basa su dati di sensitività ai principali fattori di rischio (es. il c.d. delta al rischio di tasso d’interesse che misura la variazione di valore di mercato di uno strumento finanziario allo spostamento parallelo di 1 basis point della curva dei tassi di interesse, tipicamente la curva dei tassi swap in EUR) che derivano dai modelli di pricing e valutazione in uso presso le istituzioni.

Allo stesso modo il nuovo SA richiede sicuramente un maggiore sforzo computazionale soprattutto in relazione alla metodologia applicata per il calcolo dell’effetto di diversificazione allorché le diverse posizioni sono variamente aggregate.

Per queste ragioni sono stati sollevati dubbi da alcuni in merito all’applicabilità del nuovo contesto normativo in specie per le istituzioni di minori dimensioni o meno complesse.

Le alternative proposte per queste entità sono:

– mantenere l’approccio standardizzato attuale eventualmente con soglie dimensionali più ampie, integrato con taluni necessari chiarimenti e aggiustamenti con riferimento al significato di certe formulazioni (ad es. il termine “normalmente”) o al calcolo della dimensione delle attività di negoziazione per renderlo più omogeneo o ancora in relazione all’applicazione del requisito per i rischi di credito a talune attività, ad es. i derivati o le operazioni di pronti contro termine.

– implementare un nuovo approccio standardizzato “semplificato”

– definire una combinazione dei due detti approcci con potenzialmente differenti soglie di applicazione.

Il mantenimento dell’attuale approccio standardizzato sembra discutibile; esso ha infatti il vantaggio di non richiedere costi di implementazione per le istituzioni che fossero titolate a chiedere la deroga, ma allo stesso tempo presenta molteplici svantaggi:

– non è coerente con il razionale del nuovo quadro normativo di riferimento

– è disincentivante rispetto all’applicazione del nuovo SA (per non dire del modello interno) anche perché genererebbe, in caso di passaggio al nuovo requisito, un subitaneo significativo incremento dello stesso (c.d. cliff effect)

– non supporta la diffusione di una solida comprensione dei rischi finanziari anche nelle istituzioni di minori dimensioni.

In questo contesto, l’innalzamento delle soglie di esenzione dall’applicazione del requisito di capitale regolamentare per i rischi di mercato è da valutare con molta cautela.

Certamente gli esiti dell’analisi che EBA sta conducendo sulle istituzioni che operano in regime di deroga aiuterà a trarre considerazioni su basi di maggiore consapevolezza sugli impatti che le alternative poste potrebbero avere. Tra l’altro aiuterà senz’altro a fare luce sulla valenza relativa delle condizioni per l’applicabilità del regime in deroga.

I chiarimenti in particolare sull’applicazione delle logiche del rischio di credito alle diverse tipologie di esposizioni di trading in particolare ai derivati, nelle more dell’introduzione del nuovo quadro normativo, è senz’altro auspicabile in quanto consentirebbe una migrazione più graduale a quello e ridurrebbe almeno in parte i citati cliff effects.

In tal senso la revisione delle soglie potrebbe in ultima analisi essere necessaria per tenere conto dell’ampliamento delle attività/strumenti ricompresi.

La combinazione del nuovo e dell’attuale SA, per di più secondo un’articolazione delle soglie di esenzione, allo stesso appare discutibile per due motivi:

– erediterebbe in qualche misura le limitazioni dell’attuale SA

– sarebbe soggetta a inevitabili elementi di arbitrarietà nella qualificazione delle soglie di esenzione con possibile alterazione delle condizioni competitive soprattutto per le istituzioni collocate immediatamente sotto e sopra i livelli soglia.

L’applicazione del nuovo SA, eventualmente semplificato, parrebbe in definitiva da preferire, possibilmente corroborata da una più approfondita valutazione dei costi di implementazione dello stesso in relazione ai potenziali benefici da apprezzarsi estensivamente, in una prospettiva cioè non solo puramente monetaria (costi/benefici quantificabili).

I vantaggi sono molteplici, in parte speculari agli svantaggi sopra elencati per il mantenimento dell’attuale approccio standardizzato:

– è coerente con il nuovo contesto normativo delineato dall’FRTB

– incentiva e agevola la transizione al nuovo approccio standardizzato e possibilmente al modello interno

– è altresì da inquadrare nella analoga medesima prospettiva di mercato che vede una crescente spinta del regolatore al “clearing” centralizzato anche per i derivati per tutte le categorie (dimensioni) di operatori e una prassi sempre più diffusa di rivalutazione giornaliera dei margini scambiati come collaterale a fronte delle posizioni in derivati negoziate bilateralmente (non regolate attraverso una cassa di compensazione)

– la centralità delle sensitivities non può che stimolare una più profonda comprensione degli strumenti finanziari negoziati ed in ultima analisi un loro utilizzo più consapevole ai fini della gestione del profilo di rischio dell’istituzione, nonché una capacità di negoziare alle condizioni di prezzo più competitive

– infine collocherebbe naturalmente la responsabilità delle segnalazioni di vigilanza nella funzione di Risk Management che specificamente si occupa del monitoraggio di tutti rischi, inclusi quelli finanziari.

Lo svantaggio principale è senza dubbio quello connesso ai costi di implementazione che possono talora richiedere un adeguamento dei sistemi informativi di pricing e gestione dei rischi.

In tal senso è però da aggiungere che, in considerazione della relativa modesta complessità delle strategie di copertura dei rischi, l’eventuale investimento in tecnologia dovrebbe essere sostenibile anche a motivo della forte competizione tra i diversi fornitori di soluzioni IT. Infatti le istituzioni di minori dimensioni normalmente pongono in essere, attraverso la negoziazione di Interest Rate Swaps, strategie operative “plain vanilla” di trading/hedging primariamente del rischio tasso di interesse e di cambio; le metodologie di pricing, di rivalutazione e di gestione/reporting di questi strumenti è ormai ampiamente consolidata.

Infine, nella misura in cui una semplificazione dello SA fosse perseguibile, certamente questo renderebbe l’implementazione meno complessa e ne ridurrebbe così i relativi costi.

Certamente la più appropriata declinazione di questo approccio nei termini di quali aspetti semplificare e come semplificarli costituirà per il regolatore un esercizio non agevole e richiederà una condivisione con le istituzioni coinvolte, ragionevolmente attraverso le associazioni di categoria che dovrebbero supportare un’analisi di impatto.

Allo stesso modo il passaggio allo SA “pieno” potrebbe essere opportunamente incentivato dal regolatore particolarmente in invarianza del modello di business e delle strategie di copertura, in termini di relativi minori assorbimenti di capitale regolamentare.

Bibliografia:

Consultation Document: “Proportionality in the future market risk capital requirements and the review of the original exposure method”
European Commission Directorate General for Financial Stability, Financial Services and Capital Markets Union – 26 Maggio 2016

Regolamento UE No. 575/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento – 26 Giugno 2013

Standards – Minimum capital requirements for market risk
Basel Committee on Banking Supervision – 14 Gennaio 2016

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