Articolo uscito anche per il sito www.huffingtonpost.it
Nel suo primo intervento pubblico, il neo Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ha subito mostrato che ‘‘dirà pane al pane e vino al vino’’. L’occasione si è presentata questa settimana: una conferenza a Francoforte sull’euro digitale. Un appuntamento per gli addetti ai lavori, eredità del suo precedente ruolo all’interno del comitato esecutivo della BCE, dove ha appunto seguito le fasi preliminari che hanno portato la banca centrale a decidere di andare avanti nella fase preparatoria per l’emissione dell’euro digitale.
Già il titolo prometteva che non le avrebbe mandate a dire: ‘‘il costo di non mettere l’euro digitale’’. Leggendo l’intervento, scopriamo che il Governatore fa i nomi e i cognomi dei ‘‘cattivi’’, di coloro che l’euro digitale è chiamato a contrastare: Apple, X, Amazon, Tencent, Paypal, i giganti tecnologici che, pur non essendo banche, stanno assumendo un ruolo sempre maggiore nel mondo dei sistemi dei pagamenti al dettaglio. Una prospettiva che Panetta vede come una minaccia formidabile per il ruolo delle banche centrali e per la stabilità finanziaria.
Il discorso mette le cose in chiaro: l’euro digitale è il campo di gioco su cui si svolgerà la partita della sopravvivenza delle banche centrali e della moneta come espressione di un’autorità statale. Qualcuno potrebbe sostenere che le banche centrali siano una istituzione destinata a scomparire, un accidente della storia, ma se condividiamo questa opinione dobbiamo anche prepararci a scenari che, secondo il Governatore, potrebbero non essere rose e fiori. Per questo motivo la BCE deve emettere l’euro digitale.
L’euro digitale è un tema che divide tra chi lo vede come un destino ineluttabile, con proprietà quasi taumaturgiche, e si lamenta dell’eccessiva cautela della BCE, e chi non ne vede l’esigenza. Una polarizzazione che in alcuni paesi ha assunto connotati politici come negli Stati Uniti dove gli esponenti del partito repubblicano osteggiano il dollaro digitale, sostenendo che il sistema dei pagamenti è in mano perlopiù ai privati e non c’è l’esigenza di averne uno basato su una moneta di banca centrale, e gli esponenti del partito democratico che invece si sono mostrati molto più possibilisti. Il candidato alla Casa Bianca Ron De Santis è giunto ad approvare una legge contro l’uso di un futuribile dollaro digitale in Florida e ha promesso che con lui Presidente il dollaro digitale non troverebbe spazio.
L’intervento del Governatore è una rivendicazione della centralità della moneta di banca centrale e della necessità che questa interpreti i nuovi tempi emettendo una moneta digitale, verbatim: ‘‘Inoltre, non è chiaro per quale motivo le banche centrali, con l’obbligo di adempiere il proprio mandato, debbano rimanere inattive di fronte alla digitalizzazione. I cambiamenti che riguardano la moneta e i pagamenti sono al centro dei compiti delle banche centrali. Nel panorama tecnologico odierno esse non possono limitarsi a fornire soltanto moneta cartacea. Hanno la responsabilità di soddisfare le esigenze dei cittadini, che preferiscono sempre di più i pagamenti digitali al contante fisico.’’
Affermazioni su cui non si può che convenire: di fronte a tutti coloro che osteggiano una moneta di banca centrale digitale temendo un’invasione del pubblico nell’ambito del sistema finanziario privato, la banca centrale, che ha da sempre emesso moneta avente corso legale e ha come obiettivo quello di garantire la sua stabilità assieme a quella del sistema finanziario, può decidere di rimanere inerme circa il fatto che l’unica moneta che è una sua passività e quindi pienamente supportata, possa perdere di centralità grazie alla crescita dei pagamenti digitali?
Coloro che osteggiano l’euro digitale (e più in generale una moneta di banca centrale digitale) muovono da un dato incontrovertibile: i pagamenti digitali al dettaglio sono in mano ai privati da sempre, se io voglio utilizzare i miei euro per fare un pagamento digitale debbo depositarli in banca e poi posso fare un trasferimento bancario oppure usare una carta di credito. Il meccanismo funziona abbastanza bene. La banca centrale non ha più il pieno controllo della quantità di moneta, la moneta commerciale, quella che consiste nei depositi bancari, oramai è un multiplo molto significativo del contante utilizzato (6-7 volte in Italia). Questo significa che larga parte della moneta utilizzata per fare i pagamenti non è una passività diretta della banca centrale ma di un soggetto privato (intermediario) e in quanto tale non è ‘‘sicura’’ come è successo quando hanno impedito i prelievi al bancomat al culmine della crisi greca.
Le banche centrali e le banche commerciali hanno dimostrato di saper convivere: nonostante la crescita della moneta commerciale, la banca centrale ha gli strumenti sia per garantire la stabilità dei prezzi che del sistema finanziario. Compiti che rappresentano il suo mandato, quindi la sua ragione di esistere.
Le cose stanno però cambiando rapidamente e a farne le spese potrebbero essere i cittadini, le banche e la banca centrale. Le grandi piattaforme di gestione dei pagamenti al dettaglio e, soprattutto, le piattaforme tecnologiche e i social network stanno entrando nel settore dei pagamenti sfruttando tutta una serie di prerogative (enormi banche dati di soggetti profilati, tecnologia proprietaria, dimensione sovranazionale, assenza di regolazione, sovvenzioni incrociati tra servizi). Uno scenario che potrebbe comportare costi più alti per il cittadino, nocumento sul fronte della privacy, nascita di monete sovranazionali che minano la trasmissione della politica monetaria, erosione del ruolo delle banche.
Uno scenario completamente diverso da quello che consociamo oggi in cui potrebbe essere molto difficile prevedere uno sviluppo ordinato del sistema finanziario. Per cogliere il punto: non andremmo verso un sistema con moneta privata di stampo libertario, come auspicavano i fautori di Bitcoin, il rischio è piuttosto di cadere nelle mani di un insieme ristretto di società che niente hanno a che vedere con l’interesse pubblico.
La sfida è come disegnare l’euro digitale rendendo un servizio al cittadino e rendendo le banche partecipi del processo. L’euro digitale dovrà essere adottato senza disturbare in modo eccessivo l’attuale sistema dei pagamenti digitali al dettaglio che ha natura privata. Questo è il vero problema e non è per niente un’impresa semplice. L’intervento di Panetta ha reso in qualche modo esplicito chi dovrà fare le spese di questa avanzata del pubblico nel sistema dei pagamenti: le grandi piattaforme tecnologiche. Prepariamoci, sarà una battaglia lunga e complessa, speriamo solo che il cittadino abbia da guadagnarci.