Robo-for-advisor: il ritorno degli ottimizzatori poco ottimizzanti
di Raffaele Zenti

Feb 01 2019
Robo-for-advisor: il ritorno degli ottimizzatori poco ottimizzanti  di Raffaele Zenti

Tra le “buzzword” del momento, troviamo certamente “robo-for-advisor”. Ovvero strumenti d’analisi e costruzione di portafoglio in dotazione ai relationship manager. È tecnologia a supporto del professionista: lo potenzia, a tutto beneficio di produttività e qualità del servizio al cliente. Sembra essere il connubio uomo-tecnologia ottimale, visto che i roboadvisor puri sono relegati a una nicchia di mercato destinata a rimanere tale per un po’ e visto che “the human touch” sembrerebbe ineliminabile, almeno per ora.

Bello, in teoria.

In pratica, però, ho notato che svariate istituzioni finanziarie sono rimaste un filo indietro. E così sono corse ai ripari, magari sulla spinta delle reti, dotando in fretta e furia i loro relationship manager – ossia private banker, consulenti finanziari dipendenti e indipendenti, operatori di filiale – di strumenti di portfolio construction. Ne ho visto diversi, buoni e meno buoni. Molti soffrono di un (antico) problema sul quale mi sento di condividere alcune riflessioni.

Un antico tormentone

Il problema, che riemerge periodicamente (accadde già con la prima ondata di roboadvisor), è che gran parte di questi sistemi di robo-for-advisor si basano sull’applicazione naïve della Modern Portfolio Theory di Markowitz, in breve naïve-Markowitz.

È inquietante osservare come, a sprezzo di circa trent’anni di ricerca accademica, l’Homo sapiens riesca ad essere così superficiale da trasformare in pattume pseudoscientifico un’idea illuminante e geniale – in questo caso quella seminale di Harry Markowitz, che consisteva nel ricercare esplicitamente il trade-off tra rischio e rendimento, facendo tesoro di tecniche di programmazione matematica. Purtroppo, il naïve-Markowitz è invece metodologicamente agghiacciante, nonché praticamente pericoloso per i clienti, per i professionisti e per la reputazione delle azienda. Vediamo perché.

L’inghippo è che il processo naïve-Markowitz è semplice, ma dall’apparenza scientifica: si definisce l’universo investibile (asset class, fondi, etf, ecc), si prende qualche anno di serie storiche, se ne ignora bellamente la distribuzione di probabilità empirica, ipotizzando invece che sia gaussiana, poi si stimano a massima verosimiglianza dalla storia i parametri (matrice di covarianza e vettore delle medie), si sbatte tutto in un risolutore per problemi di programmazione quadratica, infine si pigia il bottone. Et voilà! S’ottiene la mitica frontiera efficiente dei portafogli, con tanto di curva scenografica e rendimenti attesi specificati al secondo numero decimale, magari anche al terzo, a seconda del software.

C’è però un problema: quei portafogli non hanno senso. Se non per caso. Letteralmente: i pesi di portafoglio sono de facto casuali.

Questo perché l’errore di stima dei parametri è tipicamente di tipo “monster[1]”. Inoltre i portafogli si fondano su una storia che probabilmente non si verificherà più. Infine, le ipotesi sottostanti sono lontane dalla realtà (i rendimenti arcinotoriamente non seguono affatto una distribuzione gaussiana e i parametri del “data generation process” non restano costanti nel tempo) – ma questo, lasciatemi dire, è il minore dei mali.

È intuitivo che, là fuori nel mondo reale, siffatti portafogli qualche problema siano destinati ad averlo. Così, alle prime legnate prese dai mercati, tutto sembrerà assai meno scientifico, tra le belluine proteste di clienti e le lamentele dei consulenti (“il sistema di robo-for-advisor non funziona”).

Sospetto che molti di voi ritengano che mi stia arrovellando intorno a una sottile questione tecnica, irrilevante nella pratica. Niente di più sbagliato: è sì una questione tecnica, ma tra poco, numeri alla mano, vi mostrerò la vastità del problema nella pratica. Cioè gli impatti di business.

In ogni caso, alla radice del problema non c’è la sfortuna dell’investitore e del suo consulente, bensì il “butterfly effect, cioè l’effetto farfalla, ben noto a priori se uno .

The butterfly effect

Si tratta di un rimarchevole concetto nativo della teoria del caos e dei sistemi complessi. L’idea, che probabilmente conoscete, è espressa coereograficamente così: un batter d’ali di una farfalla in Brasile può causare una catena di eventi nell’atmosfera tali da provocare un tornado in Texas. Generalizzando, piccole variazioni nelle variabili di un sistema possono arrivare a causare grandi effetti.

È proprio ciò che capita con i modelli naïve-Markowitz: gli errori nella stima degli input si fanno strada negli algoritmi che portano all’asset allocation finale, crescono e finiscono con avere un impatto enorme, tale da inficiare del tutto la validità dell’output. Tanto che l’applicazione del naïve Markowitz è nota come “maximization error model”. Siccome l’idea è un po’ cerebrale, tocchiamola con mano grazie ad un esempietto numerico.

Immaginate di essere il dio dei mercati finanziari. Considerate 25 asset class, per le quali bonariamente imponete che la distribuzione di probabilità dei log-rendimenti mensili sia gaussiana, con volatilità crescente da 1% a 25% e Sharpe ratio pari a 0.3 per tutte le asset class, matrice di covarianza a correlazione costante (ipotesi utili per  creare un esempio ragionevole e comprensibile, nient’altro).

In queste condizioni, per un profilo di rischio medio, un portafoglio “ottimo” long-only secondo il modello naïve Markowitz ha i pesi delle varie asset class (ordinate in funzione della volatilità) mostrati nella figura seguente.

Già ad occhio il portafoglio sembra piuttosto ragionevole: i pesi sono ben distribuiti, le attività meno rischiose pesano di più (rammento che è un portafoglio a rischio medio), circa il 50% del portafoglio, mentre gli attivi più volatili cubano per un 20% circa. L’indice di diversificazione è 96%, altissimo.

In questo mondo immaginario questa è la verità assoluta, perché non c’è alcun errore di specificazione, legato alla scelta del modello, né errore di misura (stima) dei parametri: siamo di fronte al “vero” portafoglio ottimo.

Ora cambiamo prospettiva: siete un sistema di robo-for-advisory al quale viene dato in pasto un campione di cinque anni di dati generati dalla distribuzione di probabilità di cui sopra, quella del dio del mercato. Date le ipotesi, si può dimostrare come l’errore di specificazione del modello sia pari a zero. C’è solo errore di misura, puro errore campionario. Calcolate di nuovo i pesi ottimali secondo naïve Markowitz e li mettete da parte.

Poi, come in preda a un rewind temporale, vi vengono forniti altri 5 anni di dati generati sempre dalla stessa distribuzione multivariata. Un altro campione. Un altro “mondo possibile”. E così ripetete l’esercizio.

E ancora, per 10mila volte, 10mila scenari possibili.

Ora vediamo nel grafico seguente quanto si scostano i pesi di portafoglio stimati da quelli veri: per ogni asset class riporto l’intervallo che contiene gli estremi di variazione degli scostamenti. L’errore commesso rispetto al portafoglio “del dio” varia allegramente dal -12% a poco meno del 90%. L’indice di diversificazione di questi portafiogli ha valore mediano pari a 35% (rammneto che quello “vero” è 96%), il che vuol dire che l’idea stessa di diversificazione è largamente compromessa.

Se consideriamo per esempio l’asset 2 (a basso rischio, con volatilità 2% e rendimento atteso 0.6%), nel portafoglio ottimo “vero” il peso è 12%. Guardate invece come oscilla nelle varie ottimizzazioni fatte dal robo-for-advisor: assume sovente valore 0%, e qualsiasi valore ammissibile, arrivando anche a dominare il portafoglio. Non stupisce che la diversificazione vada gambe all’aria.

Penso vi sia chiara la madornale portata dell’errore associato al naïve Markowitz e la ragione dell’appellativo “maximization error model”: l’errore di stima genera portafogli casuali come quelli che potrebbe generare una scimmia. Non si tratta di mancanza di finezza matematico-statistica. No. Si tratta di risultati casuali e instabili (per chi è matematicamente orientato, per avere un’idea analitica dell’instabilità basta dare un’occhiata alla matrice jacobiana contenente tutte le derivate parziali dei pesi ottimi nella soluzione in forma chiusa di Markowitz, cioè w*, rispetto al rendimento atteso m, ossia ∂w*/∂m). Numeri spesso lontanissimi dalla vera soluzione ottima e quindi praticamente privi di valore. Classico “garbage-in, garbage-out”.

E considerate che la realtà è ben peggiore di così: nell’esempio c’è solo e soltanto l’errore legato alla stima campionaria, mentre nella pratica c’è anche un sostanzioso errore legato alla specificazione del modello, al quale s’aggiunge il fatto che i parametri di mercato cambiano di continuo.

Spero sia ora evidente quale immensa idiozia siano quelle belle frontiere efficienti e quei rendimenti attesi specificati al secondo decimale.

Utilizzare naïve Markowitz così – proprio ciò che stanno facendo con entusiasmo molti consulenti finanziari e private banker – alla fine della fiera porterà a una sola cosa: una disastro, per di più non facilmente spiegabile al cliente.

E quando si verificheranno i disastri, di chi sarà la colpa? Del roboadvisor/motore di portfolio construction in primis, in solido con il consulente che ci mette la faccia e con la casa madre che ha messo in piedi il baraccone. Un bel rischio operativo.

Soluzioni?

C’è una buona notizia: si può evitare di sprecare budget in una raffinata macchina per produrre spazzatura finanziaria e dare invece qualche strumento agli advisor.

I meta-ingredienti occorrenti sono due:

  • una metodologia, che non può essere un singolo modello one-size-fits-all, bensì una “ricetta d’investimento” fatta di una combinazione di metodi di portfolio construction e stimatori robusti, inseriti in un processo d’investimento razionale, disciplinato e finanziariamente ben fondato, con uno storytelling chiaro nel confronti del cliente;
  • un governo centrale e competente del processo, che parta dalla casa madre. Senza un metodo solido e un presidio forte sulla costruzione dei portafogli è inevitabile che qualche consulente finanziario o private banker con l’indole del Warren Buffet della Brianza o del Ray Dalio della Ciociaria prima o poi combinerà qualche disastro.

Non è difficile fare le cose per bene. Occorre solo conoscenza di processo e un po’ di know-how teorico-pratico di modellizzazione statistica e finanziaria che vada oltre Markowitz e uno scolastico Black-Litterman. Sfortunatamente, sembra che non poche organizzazioni ne siano sprovviste.


[1] Questo problema è ampiamente riconosciuto e studiato, sia teoricamente che empiricamente; si vedano, tra i molti,  Best e Grauer (1991), “On the Sensitivity of Mean Variance Efficient Portfolios to Changes in Asset Means: Some Analytical and Computational Results”, Review of Financial Studies, nonché Chopra e Ziemba (19939, “The Effects of Errors in Means, Variances and Covariances on Optimal Portfolio Choice”, Journal of Portfolio Management.

ECB: Results of the December 2018 survey on credit terms and conditions in euro-denominated securities financing and over-the-counter derivatives markets (SESFOD)

Feb 01 2019

31 January 2019

  • Credit terms tightened for all counterparts, but non-price terms offered to hedge funds remained stable
  • Banks and dealers increased resources and attention dedicated to managing concentrated credit exposures
  • Liquidity and general trading conditions for underlying collateral deteriorated slightly, following improvement recorded in previous survey
  • Reduction in market-making activities was particularly visible for other government, sub-national and supra-national bonds, high-quality financial corporate bonds and derivatives

Credit terms offered to almost all counterparties, both in the provision of finance collateralised by euro-denominated securities and in over-the-counter (OTC) derivatives markets, became somewhat less favourable between September 2018 and November 2018. Non-price terms for hedge funds were the only component that remained stable. Looking ahead, a small net percentage of respondents now expect price terms to ease for most counterparty types. Non-price terms are expected to remain stable, although some tightening is expected for insurance companies, non-financial corporations and investment funds. Survey respondents further increased the resources and attention they dedicate to managing concentrated credit exposures both to central counterparties and to banks and dealers.

https://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2019/html/ecb.pr190131~24b0735baa.en.html

Swiss Startup to Produce ‘Banknotes’ for Marshall Islands’ Official Cryptocurrency

Feb 01 2019

Switzerland-based crypto hardware wallet maker Tangem says it has been selected by the Republic of the Marshall Islands to produce the “physical blockchain notes” for the nation’s planned national digital currency.

Tangem announced the news Monday, saying the blockchain notes will be used to store the republic’s Sovereign (SOV) digital currency, which is being launched as an alternative legal tender in the country. Once issued, the SOV will be officially accepted alongside the U.S. dollar.

https://www.coindesk.com/swiss-startup-to-produce-banknotes-for-marshall-islands-official-cryptocurrency

Il termometro dei mercati finanziari (25 gennaio 2019)
a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

Gen 26 2019
Il termometro dei mercati finanziari (25 gennaio 2019)  a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.

Significato degli indicatori

  • Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
  • Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
  • Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
  • CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
  • Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
  • Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
  • Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
  • Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
  • Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
  • Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
  • Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
  • Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
  • Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
  • Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
  • Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
  • Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.

I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔  indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.

Disclaimer: Le informazioni contenute in questa pagina sono esclusivamente a scopo informativo e per uso personale. Le informazioni possono essere modificate da finriskalert.it in qualsiasi momento e senza preavviso. Finriskalert.it non può fornire alcuna garanzia in merito all’affidabilità, completezza, esattezza ed attualità dei dati riportati e, pertanto, non assume alcuna responsabilità per qualsiasi danno legato all’uso, proprio o improprio delle informazioni contenute in questa pagina. I contenuti presenti in questa pagina non devono in alcun modo essere intesi come consigli finanziari, economici, giuridici, fiscali o di altra natura e nessuna decisione d’investimento o qualsiasi altra decisione deve essere presa unicamente sulla base di questi dati.

BIS: Establishing viable capital markets

Gen 26 2019

Developed and deep capital markets can play a key role in financing economic growth as well as influencing financial stability and the transmission of monetary policy. As economies develop and investment projects become larger and more complex, efficient resource allocation and risk-sharing are facilitated by the information aggregation activity and variety of financial claims provided by capital markets. Moreover, capital markets have played an important role in financing the recovery from the Great Financial Crisis (GFC), a reminder of their “spare tyre” role in the financial system.

Consistent with the mandate of the Committee on the Global Financial System to further the understanding of financial markets’ underpinnings and promote improvements to their functioning and stability, this report assesses recent trends in capital market development and identifies both key drivers in the enabling environment and other factors more specific to capital market functions. It concludes by providing policy recommendations that aim to enhance the effectiveness of capital markets in serving the real economy. The breadth of the recommendations reflects the broader role of central banks in promoting capital market development in addition to their direct regulatory responsibilities.

There still remain significant differences in the size of capital markets across economies. Indicatively, the largest equity, government bond and corporate bond markets relative to GDP in advanced economies (AEs) are approximately twice the size of those at the 75th percentile, which in turn are twice the size of those at the 25th percentile. A similar pattern holds across markets in emerging market economies (EMEs).

Fixed income markets have seen strong growth over the past two decades, bringing current amounts outstanding closer to equity market capitalisation. In terms of market functioning, market participants report the least concerns about government securities markets and the greatest concerns about markets for corporate bonds, with equities somewhere in between.

EME capital markets are catching up, but a gap relative to AE markets remains. In EME government securities markets, the instrument mix and liquidity have improved. At the same time, EME corporate securities markets have experienced a broad deepening. However, they remain on average smaller than those in AEs and their growth has been somewhat flattered by issuances from state-owned firms and companies with large insider holdings. Moreover, EME corporates still have less access to longer-maturity, local currency debt securities; and compared with AEs, fewer small firms access EME equity markets. Overall, EME markets still appear less resilient to volatility than AE markets.

This diversity in capital market development across AEs and EMEs and capital markets’ evolution over time is explained by a number of factors. Underlying much of the heterogeneity in capital market development are differences in the strength of the enabling environment. An environment of low and stable inflation and sustainable fiscal management contributes to lowering the costs of capital market finance for both public and private sector issuers. Market autonomy to determine allocations, free from repressive policies such as excessive requirements to hold government securities or paternalistic management of stock prices through initial public offering (IPO) quotas, facilitates information creation and investor base diversity.

A supportive legal environment ensures the efficient and fair enforcement of arm’s length financial contracts and transactions, while efficient and predictable insolvency regimes provide greater assurance about the recovery value of distressed assets. Finally, independent regulators with well defined objectives, adequate resources and credible enforcement powers are better able to protect investors, lower issuance costs and ensure that capital markets are fair, effective and transparent.

Beyond the enabling environment, there are other drivers which are more closely linked to capital market-specific functions. High quality and timely information is the lifeblood of effective and viable capital markets. Thus, the provision of high-quality information at low cost through well developed disclosure regimes gives investors the means to value securities. A broad and diversified investor base provides a source of stable demand that supports liquidity, depth and stability. Greater bi-directional openness to international investors and issuers expands the pool of savings and investment products as well as promoting implementation of international best practices and standards.

But openness may also increase the sensitivity of domestic capital markets to global spillovers. Deeper complementary markets such as those for derivative, repo and securities lending spur liquidity and broader participation by facilitating the hedging and funding of capital market positions. Finally, robust and efficient market infrastructures with fair and open access boost liquidity by making it safer and cheaper to trade, hold and value capital market securities.

The report concludes with six broad policy recommendations. The relevance of these policy takeaways varies by economy, and some of them fall outside direct central bank control. Nevertheless, they impact the vibrancy of capital markets and central banks’ ability to meet their objectives. The broad range of drivers identified also suggests that comprehensive initiatives that take into account the range of dimensions identified are likely to prove more successful in developing viable capital markets.

First, greater market autonomy would enhance capital market pricing and funding allocations. In particular, policymakers need to address vestiges of financially repressive policies and fix market failures. These include policies that create preferential financing terms for the public sector as well as paternalistic policies that override private allocations. In many cases, repressive measures exacerbate market volatility by reducing investor diversity and suppressing securities issuance.

Second, capital market development can be placed on firmer foundations by strengthening legal and judicial systems for investor protection. Policies that ease access to legal recourse lower the cost of private contract enforcement and sanctioning breaches of duty. In addition, raising the efficiency, consistency and fairness of legal proceedings, eg through the creation of specialised financial courts, could usefully boost investor protection, as would policies that raise the predictability and efficiency of insolvency procedures.

Third, enhancing regulatory independence and effectiveness is a key factor in striking a balance between investor protection and issuer costs. Clear and well focused objectives and strong governance frameworks for regulators strengthen operational autonomy, thereby protecting against unwarranted influence. Enhancing investigative powers as well as ensuring the adequacy of resources would facilitate effective enforcement of regulations and timely diagnosis of market failures and vulnerabilities. Regulators can also strengthen investor protection by raising accounting and disclosure standards, and promoting best practices in corporate governance. In addition, authorities can supplement regulatory efforts by encouraging the private sector to develop standards and codes that may help market practices keep pace with evolving market innovations.

Fourth, many economies have scope to increase the depth and diversity of the domestic institutional investor base. Policies to promote greater penetration on the part of institutional investors such as pension funds and insurance companies can dampen volatility as well as create a domestic constituency that raises corporate governance standards and the broader efficiency of capital markets. Achieving greater financialisation of household savings by facilitating cost-effective, transparent and well regulated collective investment products and fostering greater financial literacy would further boost capital market development.

Fifth, a broad and bi-directional opening of capital markets can exert a general positive influence on domestic capital market development. But to reap the benefits, policymakers need to actively engage with potential market entrants and prepare for spillover risks. Calibrating the pace and sequencing of opening and creating macro policy buffers can help contain the associated risks and provide margins for coping with volatility.

Finally, enhancing market ecosystems by developing deep complementary markets for derivative, repo and securities lending requires a coordinated effort along multiple dimensions. These include a supportive legal and regulatory environment, regulatory coordination to broaden the investor base in these markets, and robust and efficient market infrastructures such as central counterparties and trade repositories to manage potential financial stability risks.

ECB: Results of the Q1 2019 Survey of Professional Forecasters

Gen 26 2019

Respondents to the ECB Survey of Professional Forecasters (SPF) for the first quarter of 2019 reported point forecasts for annual HICP inflation averaging 1.5%, 1.6% and 1.7% for 2019, 2020 and 2021, respectively. These results represent downward revisions of 0.2 percentage point (p.p.) for 2019 and 0.1 p.p. for 2020 compared with the previous (Q4 2018) survey round. Average longer-term inflation expectations (which, like all other longer-term expectations in this SPF, refer to 2023) were revised down to 1.8%, from 1.9% in the previous survey.

SPF respondents’ expectations for growth in euro area real GDP averaged 1.5%, 1.5% and 1.4% for 2019, 2020 and 2021, respectively. This represents downward revisions of 0.3 p.p. for 2019 and 0.1 p.p. for 2020. Average longer-term expectations for real GDP growth were revised down to 1.5%, from 1.6% in the previous survey.

Average unemployment rate expectations were broadly unchanged. At 7.8%, 7.6% and 7.5% for 2019, 2020 and 2021, respectively, the latest expectations continued to point to further falls in the unemployment rate over the next three years. Expectations for the unemployment rate in the longer term remained at 7.5%.

Source: European Central Bank

IOSCO: the importance of disclosing ESG matters

Gen 26 2019

The International Organization of Securities Commissions (IOSCO) is today publishing a statement setting out the importance for issuers of considering the inclusion of environmental, social and governance (ESG) matters when disclosing information material to investors’ decisions.

Disclosure of ESG information in the market has increased in recent years. Examples of ESG matters that issuers are disclosing include environmental factors related to sustainability and climate change, social factors including labor practices and diversity, and general governance- related factors that have a material impact on the issuer’s business.

IOSCO monitors and discusses current developments regarding disclosure of ESG information and the perspectives of different market participants, including investors, issuers, and other stakeholders.

Investor perspectives

Today, investors’ interest in ESG disclosure is growing and some investors already significantly value ESG matters in their investment strategy. They highlight that such disclosures are necessary to supplement their investment and voting decisions. Such information includes how ESG matters affect the issuer’s approach to long-term value creation, the nature of strategic and financial risks, and the way the issuer intends to manage them. They also ask issuers to report on the impacts (either potential or realized) resulting from ESG matters. ESG matters may represent material risks and opportunities to an issuer or may, under certain circumstances, pose serious threats to the sustained viability of an issuer.

At the same time, some investors have expressed the desire for enhanced reliability and comparability of ESG information and disclosures, in order to facilitate a more accurate assessment of risk and, accordingly, more informed investment decisions.

Issuer perspectives

IOSCO has observed that some issuers are increasingly disclosing ESG information, either on a voluntary basis or as a result of compulsory requirements at a local level. This trend has resulted in an increase in the overall level of disclosure of ESG information in some industries. However, IOSCO also observes that disclosure practices remain varied among issuers. The type of information disclosed, as well as the quality of information, may differ in and between markets, depending, for example and among other reasons, on the disclosure frameworks used, the disclosure requirements and definitions of materiality imposed by jurisdictions, or the materiality of specific ESG matters to a particular issuer.

Voluntary disclosure frameworks

There are various interest groups and private sector bodies that are active in the area of disclosures related to environment, carbon emissions, climate, social or governance related matters. They have developed various disclosure frameworks that issuers may consider on a voluntary basis when disclosing ESG information. Such frameworks often aim at facilitating and guiding the disclosure of ESG information and attempt to enhance the comparability of such disclosures for investors. Amongst the different frameworks available to issuers in the field of climate change are the disclosure recommendations and methodology developed by the industry-led Financial Stability Board’s Task Force on Climate-Related Financial Disclosures (TCFD).

The TCFD has developed climate-related financial risk disclosure recommendations that may be used by companies to provide information to investors, lenders, insurers, and other stakeholders. The objective of this guidance is to facilitate more consistent disclosure practices and encourage firms to align their disclosures with investors’ needs. Similarly, there are other reporting frameworks that have been developed to include ESG matters, including, but not limited to, the Carbon Disclosure Project (CDP), the Global Reporting Initiative (GRI), and Integrated Reporting (IR).

BIS: “proof-of-work” in cryptocurrencies

Gen 25 2019

The Bank for International Settlement (BIS) published a paper focusing on how Bitcoin and related cryptocurrencies verify that payments are final, that is, irreversible once written into the blockchain. It points to the high costs of achieving such finality via “proof-of-work”. It then weighs the outlook for cryptocurrencies based on this kind of algorithm, and looks at possible future avenues for progress.

The paper shows that two economic limitations affect the outlook of cryptocurrencies modelled on proof-of-work. The first lies in the extreme costs of ensuring payment finality in a reasonable space of time. The second is that these systems will not be able to generate transaction fees that are adequate to guarantee payment security in future. The paper shows that the future of Bitcoin and related cryptocurrencies is crucially affected by the interplay of these two limitations.

After surveying the market for transactions and the way fees are determined, the paper finds that the liquidity of cryptocurrencies is set to shrink. In this light, the paper then asks how technical progress might raise the efficiency of Bitcoin-type payments. So-called second-layer solutions such as the Lightning Network could help. Or methods other than proof-of-work could be used to achieve payment finality. But these might require coordination mechanisms, implying support from a central institution. Thus, the current technology seems unlikely to replace the current monetary and financial infrastructure. Instead, the question is rather how the technology might complement existing arrangements.

The paper discusses the economics of how Bitcoin achieves data immutability, and thus payment finality, via costly computations, ie “proof-of-work”. Further, it explores what the future might hold for cryptocurrencies modelled on this type of consensus algorithm. The conclusions are, first, that Bitcoin counterfeiting via “double-spending” attacks is inherently profitable, making payment finality based on proof-of-work extremely expensive. Second, the transaction market cannot generate an adequate level of “mining” income via fees as users free-ride on the fees of other transactions in a block and in the subsequent blockchain. Instead, newly minted bitcoins, known as block rewards, have made up the bulk of mining income to date. Looking ahead, these two limitations imply that liquidity is set to fall dramatically as these block rewards are phased out. Simple calculations suggest that once block rewards are zero, it could take months before a Bitcoin payment is final, unless new technologies are deployed to speed up payment finality. Second-layer solutions such as the Lightning Network might help, but the only fundamental remedy would be to depart from proof-of-work, which would probably require some form of social coordination or institutionalisation.

https://www.bis.org/publ/work765.pdf

Nuovi tassi benchmark
Commissione AIFIRM Rischi di Mercato

Gen 25 2019
Nuovi tassi benchmark  Commissione AIFIRM Rischi di Mercato

I tassi IBOR svolgono un ruolo fondamentale nei mercati finanziari: in particolare il LIBOR è il tasso di interesse predominante per i contratti (ad esempio interest rate swap, mutui, obbligazioni a tasso variabile) nelle valute USD, GBP, CHF e JPY, mentre l’EURIBOR è il tasso più diffuso per i contratti dell’area Euro (cfr. Figure 1).

A seguito della crisi finanziaria, tuttavia, la loro affidabilità e coerenza sono state messe in discussione per le acclarate manipolazioni e per il calo della liquidità del mercato interbancario. La crisi ha inoltre determinato una esplosione delle basi quotate fra tassi che differiscono per divisa o tenor, con conseguente moltiplicazione delle curve di tasso necessarie per valutare a mercato gli strumenti finanziari, e la necessità di gestire il corrispondente basis risk [1]. Tali basi sono la conseguenza del meccanismo di fixing dei tassi, riferiti a depositi interbancari a termine unsecured, e riflettono essenzialmente il rischio di credito e liquidità delle banche partecipanti (IBOR panel banks).

A partire dal 2009, le autorità e gli operatori del mercato hanno intrapreso una serie di iniziative per rinnovare la governance dei principali tassi d’interesse di riferimento e per individuare nuovi tassi basati su transazioni reali in mercati di riferimento stabili e liquidi. In particolare, i “Principles for Financial Benchmarks” emanati da IOSCO nel 2013 stabiliscono 4 aspetti principali per la determinazione dei tassi benchmark: Governance, Quality of Benchmark, Quality of Methodology ed Accountability. Tali principi sono stati accolti nell’area Euro dalla Benchmark Regulation (BMR), che dichiara i tassi EURIBOR ed EONIA come “critical benchmark” ed impone quindi, entro due anni dall’entrata in vigore (ovvero entro il 1 gennaio 2020), una loro revisione per renderli aderenti oppure una loro sostituzione.

Il Financial Stability Board (FSB) ha raccomandato di rafforzare tali tassi di interesse, ancorandoli a transazioni osservabili, consigliando lo sviluppo di nuovi tassi risk free (RFR). A questo fine sono stati predisposti cinque Working Group per le principali valute, che hanno individuato i rispettivi RFR alternativi: in tutti i casi si tratta di tassi overnight (secured per alcune divise ovvero unsecured per altre). Per la divisa USD è stato scelto il tasso SOFR (Secured Overnight Financing Rate), mentre per EUR è praticamente definito il nuovo tasso ESTER (Euro Short Term Rate, unsecured). I tassi overnight, specialmente secured, non sono strettamente tassi privi di rischio, ma possono essere considerati come buone approssimazioni in tal senso.

Nel luglio 2018 AFME, ICMA, ISDA, SIFMA e SIFMA AMG hanno pubblicato l’esito della consultazione rivolta agli operatori di mercato, nella quale vengono identificati i punti di attenzione della riforma dell’IBOR e le raccomandazioni sugli step da effettuare per prepararsi al passaggio ai nuovi RFR e dalla quale è emerso che esistono carenze sostanziali circa la consapevolezza della tematica e gli step finora intrapresi per gestire la transizione.

Transizione

I nuovi contratti conclusi dopo la scadenza BMR (1° gennaio 2020) dovranno essere riferiti ai nuovi RFR. I contratti pre-esistenti (legacy contracts) potranno essere re-indicizzati ai nuovi RFR oppure, se continueranno ad essere pubblicati, contare ancora sui vecchi tassi IBOR. In entrambi i casi sarà necessaria una modalità di transizione (“fallback”) verso i nuovi RFR.

Un passaggio molto importante in tale transizione sarà la costruzione di una struttura a termine per i tassi RFR, sostitutiva dell’analoga struttura a termine oggi quotata per i tassi IBOR sotto forma di tassi di deposito, Futures, FRA (Forward Rate Agreement), e Swap. I nuovi RFR, non disponendo di una struttura a termine con diverse scadenze, richiedono la definizione di una regola per costruire dei tassi a termine. Ad esempio il tasso a 3 mesi può essere costruito come composizione semplice dei tassi overnight sul periodo. Questo tipo di indicizzazione è già ad oggi utilizzata per gli strumenti di tipo OIS (Overnight Indexed Swap) scambiati sul mercato OTC. Sarà poi necessario lo sviluppo di un mercato OTC liquido per tali strumenti finanziari.

L’ISDA ha avviato un’iniziativa a livello internazionale per identificare regole di fallback condivise per gli strumenti derivati, le quali entreranno in vigore nel momento dell’interruzione permanente nella contribuzione degli attuali benchmark. La soluzione di fallback si basa sull’individuazione di un term adjustment e di uno spread adjustment da applicare al RFR individuato. A luglio 2018, l’ISDA ha lanciato una prima consultazione con la proposta di 4 metodologie alternative per il calcolo del term adjustment e 3 metodologie per il calcolo dello spread adjustment, per le divise GBP, CHF, JPY, i cui risultati sono attesi entro dicembre 2018. Una successiva consultazione verrà lanciata per USD ed EUR nel 2019.

Tale metodologia, una volta definita e condivisa, sarà tuttavia applicabile per i soli derivati stipulati sotto ISDA agreement, mentre per gli altri strumenti (e.g. derivati non-ISDA, mutui, titoli) la conversione dovrà essere stabilita e non necessariamente avrà luogo con metodi analoghi, con il rischio di far emergere possibili basis mismatch e conseguenti conflitti contrattuali.

Area Euro

La normativa BMR ha sancito la fine dei tassi EONIA ed EURIBOR così come li conosciamo. L’European Money Markets Institute (EMMI), amministratore di entrambi i tassi, sta effettuando una revisione delle metodologie attuali.

Per quanto riguarda l’EONIA, dopo una fase di studio, l’EMMI ha ritenuto che la liquidità di mercato alla base del meccanismo di formazione dell’EONIA non sia sufficiente per renderlo conforme alla BMR, e si è resa quindi necessaria l’identificazione di un nuovo RFR in sua sostituzione. A tal proposito l’European Central Bank (ECB) ha instituito il Working Group sull’Euro Risk Free Rate, che il 13 settembre 2018 ha suggerito l’ESTER (European Short Term Rate) quale nuovo RFR per l’Euro. Mentre l’EONIA è un tasso di lending basato su depositi interbancari overnight effettuati sulla piattaforma Real Time Gross Settlement (RTGS) operata dall’ECB, ESTER è un tasso borrowing basato delle transazioni riportate dalle banche tramite il Money Market Statistical Reporting (MMSR), e viene calcolato come media ponderata sui volumi superiori al milione di euro, escludendo il primo 25% e l’ultimo 25% della distribuzione dei tassi. L’ESTER, sviluppato dall’ECB stessa, sarà ufficialmente pubblicato a partire da ottobre 2019; nel frattempo, viene pubblicato un tasso pre-ESTER (osservazioni giornaliere a partire dal marzo 2017 con la medesima metodologia di calcolo utilizzata a tendere) allo scopo di familiarizzare con il nuovo tasso. I dati finora pubblicati dimostrano che pre-ESTER è inferiore all’EONIA di circa 8-9 bps e maggiormente stabile (minore volatilità storica e minori spike).

Per quanto riguarda l’EURIBOR, EMMI ha definito una metodologia ibrida, attualmente in consultazione, che mira a superare le problematiche dell’attuale metodologia di calcolo con lo scopo di ottenere un tasso che minimizzi le possibilità di manipolazione e risulti ancorato a transazioni osservabili e resistente agli stress del mercato. Nel caso in cui tale metodologia venisse accettata dai regolatori come aderente ai principi IOSCO e la BMR (scadenza 1° gennaio 2020), il nuovo EURIBOR potrebbe presumibilmente essere il naturale successore dell’EURIBOR attuale. Nel caso in cui, invece, l’EURIBOR subisse la medesima sorte del LIBOR, anche l’area Euro si troverà ad affrontare le medesime problematiche delle altre principali divise. Al riguardo, nello stesso documento in cui veniva sancita la scelta dell’ESTER come nuova tasso risk free, il Working Group sull’Euro RFR ha suggerito di utilizzare l’ESTER come base di partenza per costruire un nuovo tasso benchmark in sostituzione dell’EURIBOR.

Impatti

A seguito della riforma, che avrà un impatto trasversale a tutti i mercati, le aree in cui si possono individuate gli effetti più importanti riguardano la liquidità degli strumenti di mercato indicizzati ai nuovi tassi, la costruzione di nuove curve di tasso e superfici di volatilità, la modifica delle metodologie di pricing, delle coperture, e il calcolo dei rischi. Saranno inoltre di primaria importanza gli aspetti legali, con una possibile revisione di tutti i contratti indicizzati ai tassi oggetto di transizione, e la gestione della clientela per gestire possibili effetti di mismatching e di litigation. Inoltre, si porrà la necessità di effettuare modifiche ai processi aziendali ed alle infrastrutture IT. Al riguardo, sarà necessario porre molta attenzione sulla governance complessiva del processo di transizione, al fine di assicurare la coerenza tra gli impatti dei cambiamenti imposti dalla riforma e di gestire i relativi rischi.

In particolare, per quanto riguarda i rischi di mercato, si posso identificare i seguenti temi più rilevanti.

  • Contribuzioni tassi benchmark: le banche coinvolte nella contribuzione dei tassi benchmark dovranno gestire la transizione verso la contribuzione dei nuovi tassi secondo le nuove regole stabilite dagli organismi di riferimento (ECB per ESTER e prevedibilmente EMMI per EURIBOR per l’area Euro).
  • Dati di mercato: andrà gestita la transizione verso i nuovi tassi benchmark utilizzati come fixing per la valutazione dei contratti ed i relativi strumenti di mercato indicizzati a tali tassi. Andranno inoltre gestite le corrispondenti serie storiche per finalità di risk management (cfr. oltre).
  • Curve e volatilità tasso: utilizzando i nuovi strumenti di mercato indicizzati ai nuovi tassi benchmark, andranno inoltre costruite le curve di tasso e superfici di volatilità, gestendo i probabili problemi di liquidità nel caso in cui il mercato dei nuovi derivati indicizzati a RFR non sia abbastanza liquido e/o i dati non presentino una appropriata granularità. Inoltre è prevedibile un periodo di transizione in cui sarà necessario mantenere sia le vecchie curve e volatilità IBOR-based che le nuove curve e volatilità basate sui nuovi RFR.
  • Collateral management: in caso di revisione dei tassi di interesse utilizzati per la remunerazione del collaterale, andrà gestita la transizione verso i nuovi tassi di marginazione con conseguente revisione di tutti gli accordi di collateralizzazione.
  • Metodologie di pricing: le revisioni di dati di mercato, curve e volatilità tasso ed accordi di collaterale porterà probabilmente ad una conseguente revisione delle metodologie di pricing degli strumenti finanziari, che si articolano sotto vari aspetti come segue.
    • La revisione dei tassi di remunerazione del collaterale implicherà un adeguamento delle curve di scontro utilizzate per l’attualizzazione dei flussi futuri, con conseguenti impatti di sensitivity e P&L.
    • Un ulteriore impatto può determinarsi negli aggiustamenti valutativi, in particolare nelle misure di credit/debt/funding value adjustment (CVA/DVA/FVA) relative alle operazioni non soggette a collateralizzazione, dovuto all’impatto sulle esposizioni future e allo spread di finanziamento.
    • Possibili fasi di illiquidità e di passaggio di curve e volatilità tasso potranno determinare problemi di calibrazione dei modelli di pricing e conseguenti instabilità di prezzi, sensitivity e P&L.
    • In caso di dismissione dei tassi IBOR in favore di tassi risk free si avrà una semplificazione nel numero delle curve e volatilità di tasso necessarie per valutare gli strumenti, ed una semplificazione delle corrispondenti sensitivity (delta e vega in particolare). Di conseguenza si potrà determinare anche una semplificazione dei modelli di pricing, con un ritorno di fatto al mondo mono-curva risalente al periodo pre-crisi 2007.
  • Scenari storici: le nuove curve e volatilità tasso potrebbero non avere, dapprincipio, sufficiente profondità storica per costruire degli scenari storici, con conseguente impatto sulle metriche di rischio che si basano sui dati di mercato storici (e.g. historical VaR).
  • Trading vs Banking Book: date le diverse composizioni e metriche di rischio, si avranno impatti diversi: in particolare, per il Trading Book si rileverà un impatto su VaR, sensitivity, CCR e CVA, mentre per il Banking Book la transizione avrà effetti sulle masse di Bond, Loan e altri strumenti di cartolarizzazione, sia in termini di liquidità che in termini di rischio di tasso di interesse.
  • Basis risk: nel caso in cui l’adozione dei nuovi RFR avvenga a velocità diverse, ad es. più velocemente per i derivati e più lentamente per gli strumenti cash, anche in funzione della divisa, sarà necessario gestire una situazione ibrida con diverse asset class esposte a diversi tassi ed il conseguente rischio base.
  • Impatti sul capitale: la transizione verso i nuovi tassi benchmark richiederà l’identificazione dei possibili impatti sulle metriche di assorbimento di capitale; ad esempio, la mancanza di dati storici sui nuovi RFR potrebbe avere degli impatti alla luce della nuova regolamentazione per il Trading Book (FRTB), dove un punto cruciale per il calcolo delle metriche è la distinzione fra “modellable” e “non-modellable risk factors”.
  • Modelli Interni di Rischio: le eventuali variazioni di modello andranno gestite nell’ambito delle regole vigenti per i modelli interni (cfr. EBA RTS 2016/07 e manuale TRIM).

Figure 1: Notional outstanding balances by reference rate, order of magnitude US$ Trillion as of Dec 2017. Source: Oliver Wyman, Jun.2018

Note

[1] Ad esempio, per gestire i derivati di tasso in divisa EUR il mercato utilizza 5 curve (OIS, EURIBOR 1M, 3M, 6M, 12M) e almeno 6 superfici di volatilità (Cap/Floor EURIBOR 1M, 3M, 6M, 12M, Swaption EURIBOR 3M, 6M). Molte altre curve sono necessarie per gestire derivati e/o collateral cross currency.

Il termometro dei mercati finanziari (18 gennaio 2019)
a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

Gen 19 2019
Il termometro dei mercati finanziari (18 gennaio 2019)  a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.

Significato degli indicatori

  • Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
  • Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
  • Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
  • CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
  • Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
  • Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
  • Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
  • Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
  • Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
  • Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
  • Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
  • Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
  • Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
  • Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
  • Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
  • Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.

I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔  indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.

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