Pubblicati ITS EBA sullo scambio di informazioni tra autorità di vigilanza in materia di partecipazioni qualificate

Set 27 2016

L’EBA ha pubblicato la versione finale degli ITS (Implementing Technical Standards) concernenti le procedure e gli strumenti che le Autorità Competenti europee dovranno utilizzare per lo scambio di informazioni riguardanti partecipazioni qualificate in istituzioni finanziarie. Obiettivo delle disposizioni è di snellire l’attività di comunicazione ed assicurare un efficace scambio di informazioni tra le Autorità coinvolte.

Gli ITS sono stati definiti in accordo con la Direttiva CRD IV (Capital Requirements Directive), la quale introduce il quadro di riferimento legale per la valutazione prudenziale delle acquisizioni (e successive modifiche) di partecipazioni qualificate in istituzioni finanziarie.

Comunicato stampa
ITS EBA su scambio di informazioni su partecipazioni qualificate

MiFIR: consultazione ESMA su obblighi di quotazione di derivati OTC

Set 27 2016

L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha pubblicato un documento di consultazione riguardante l’obbligo di quotazione su mercati regolamentati dei derivati OTC, come previso dal Regolamento MiFIR. In particolare, per le classi di strumenti derivati per le quali sia previsto l’obbligo di clearing centralizzato ai sensi della disciplina EMIR, l’ESMA è tenuta a determinare se tali strumenti (o parte di essi) debbano essere negoziati tramite una delle seguenti trading venue:

– Mercato Regolamentato;

– Multilateral Trading Facility;

– Organised Trading Facility;

– Sede di negoziazione equivalente in un paese terzo.

Obiettivo della consultazione è quello di raccogliere commenti sulle modalità proposte per l’implementazione dell’obbligo di quotazione e per la definizione degli strumenti soggetti a tale obbligo.

La consultazione avrà termine il 21 novembre 2016.

Comunicato stampa
Documento di consultazione

BASILEA IV: la fine dei modelli interni? – prima parte
di Marco Pavoni

Set 20 2016
BASILEA IV: la fine dei modelli interni? – prima parte   di Marco Pavoni

L’azione del Comitato di Basilea (Basel Committee on Banking Supervision o BCBS) nel corso degli ultimi due anni e segnatamente nei primi mesi del 2016, è stata chiaramente orientata ad indirizzare il tema della marcata Variabilità osservata degli Attivi Ponderati per il Rischio (Risk Weighted Assets o RWAs) tra le istituzioni bancarie delle diverse giurisdizioni e per conseguenza della ridotta Comparabilità degli stessi in relazione alle diverse tipologie di rischio (mercato, credito e controparte, operativo).

Individuata la causa principale di quella variabilità nelle diverse declinazioni degli approcci metodologici, la strada maestra indicata dal BCBS sembra essere quella di semplificare quegli stessi approcci promuovendo un ricorso crescente a quelli di tipo c.d. Standardizzato unitamente all’applicazione di soglie minime (floor) ai requisiti di capitale determinati attraverso l’utilizzo dei Modelli Interni.

In questo contesto è legittimo chiedersi se, nella prospettiva tracciata dal BCBS, vi sia ancora spazio in futuro (e quale) per i Modelli Interni e quali siano gli impatti potenziali di un loro drastico ridimensionamento.

E’ convinzione di chi scrive che i Modelli Interni non debbano essere accantonati e che possano invece ancora dare un importante contributo sia agli operatori di Risk Management che alle autorità di supervisione in termini di comprensione dei profili di rischio e dei relativi impatti sulla stabilità del sistema finanziario anche all’interno del nuovo quadro normativo che si sta definendo.

Allo stesso tempo gli elementi di incertezza ancora esistenti devono essere prontamente rimossi per consentire alle istituzioni di effettuare tutte le valutazioni ai fini di una chiara programmazione degli investimenti specie in tecnologia e di pianificazione ai fini di una corretta allocazione delle risorse nelle diverse aree di business.

La tendenza sopra citata si è concretizzata nel 2016 in una serie di interventi a carico di tutti i rischi finanziari; interventi che si tradurranno in un set di nuove regole, oggi comunemente qualificate dagli operatori come Basilea IV:

Rischio di Credito: a fine marzo il Comitato ha pubblicato un Consultation Paper che propone alcuni importanti cambiamenti all’approccio Advanced Internal Ratings-based (AIRB) tra cui:

– la rimozione della possibilità di applicare gli approcci IRB per certe esposizioni laddove è stato valutato che i parametri di modello non possono essere stimati con sufficiente affidabilità a fini regolamentari. Queste esposizioni riguardano tra le altre: banche e altre istituzioni finanziarie, le grandi aziende, i c.d. Large Corporates (con un totale attivi > 50 Mdi Euro) e le azioni;

– l’adozione a livello della singola esposizione di soglie minime dei parametri di modello così da assicurare un livello minimo prudenziale per quei portafogli per cui l’approccio IRB è ancora consentito.

Rischio di Controparte: nell’ambito del medesimo documento di consultazione il Comitato ha sostanzialmente proposto che l’adozione di modelli interni non sia più consentita per il calcolo del requisito di capitale connesso al Credit Value Adjustment (CVA). Il regolatore ha in parte giustificato questa decisione citando il crescente ricorso al Clearing Centralizzato (CC) e alla marginazione per le transazioni in derivati non assoggettate a CC. E’ singolare peraltro che tale decisione sia stata assunta dal Comitato mentre era ancora in corso il secondo QIS (Quantitative Impact Study) sui rischi di controparte e quindi ancor prima di avere preso visione dei risultati dello stesso.

Rischio Operativo: poche settimane prima il Comitato aveva pubblicato un documento di consultazione in cui veniva proposto un nuovo approccio Standardizzato (Standardised Measurement Approach o SMA) per il calcolo del requisito di capitale regolamentare per il Rischio Operativo (Operational Risk) mentre era stabilita la rimozione della possibilità di adottare a tal scopo qualsiasi Advanced Measurement Approach (AMA) ovvero di ricorso al Modello Interno.

Rischio di Mercato: a gennaio il Comitato ha pubblicato il documento che definisce il nuovo quadro normativo di applicazione per i rischi di mercato, anche noto come Fundamental Review of the Trading Book (FRTB). In questo contesto oltre ad una profonda revisione dell’approccio basato sui Modelli Interni (Internal Model Approach o IMA) viene tra l’altro rivisto in maniera estensiva l’approccio Standardizzato (Standardized Approach o SA); l’intento è di renderlo maggiormente sensibile alle misure di rischio così da un lato da consentirne il ricorso come credibile soluzione alternativa quando fosse revocata l’autorizzazione all’applicazione dell’IMA, ma dall’altro anche per definire una soglia minima per il requisito di capitale regolamentare determinato attraverso l’IMA (floor). L’ambito di applicazione (a livello di istituzione, di singolo desk o per asset class) nonché la misura della percentuale del requisito basato sullo SA che determinerà il floor sono ancora oggetto di valutazione da parte del BCBS, ma appare chiaro l’intento del regolatore di ridurre anche in questo ambito per quanto possibile l’incidenza dell’IMA, indicato come causa prima della variabilità dei RWA anche per i rischi di mercato.

Con particolare riferimento al Rischio di Mercato, allo scopo di collocare le successive considerazioni in un contesto ben circostanziato, è innanzitutto opportuno riportare gli esiti di un’analisi effettuata da ISDA, GFMA e IIF su un campione significativo di 21 banche e pubblicata il 18 aprile. Lo studio evidenzia in particolare che:

– qualora tutti i desk fossero autorizzati all’applicazione dell’IMA il requisito di capitale regolamentare che ne scaturirebbe sarebbe di 1.5 volte rispetto a quello attuale;

– all’opposto qualora tutti i desk invece dovessero applicare lo SA il requisito di capitale regolamentare che ne scaturirebbe sarebbe di 2.4 volte rispetto a quello attuale;

– l’impatto per le diverse asset class sarebbe molto diverso ma comunque rilevante con punte pari a 6.2 volte per il rischio Tasso di Cambio e a 4.1 volte per il rischio Azionario.

Questi risultati paiono chiaramente in contrasto con il proposito più volte reiterato dallo stesso Comitato di Basilea, di non voler perseguire attraverso la nuova normativa un significativo incremento dei requisiti patrimoniali.

Nondimeno lo stesso BCBS in sede di pubblicazione dei nuovi requisiti a Gen’16 ha stimato l’impatto dell’FRTB in termini di requisito di capitale regolamentare nella misura di un +40%.

In questo quadro è pertanto difficile negare che questa impostazione possa sollevare molti dubbi presso gli operatori in merito all’opportunità di preservare e sviluppare i Modelli Interni per il calcolo del capitale regolamentare necessario per sostenere i diversi rischi finanziari.

 

Bibliografia:

“Reducing variation in credit risk-weighted assets – constraints on the use of internal model approaches” – Consultation Paper – Basel Committee on Banking Supervision – 24 Mar’16

“Standardised Measurement Approach for Operational Risk” – Consultative Document – Basel Committee on Banking Supervision – 4 Mar’16

“Minimum Capital Requirements for Market Risk” – Final Document – Basel Committee on Banking Supervision – 14 Gen’16

Consob: recepiti gli orientamenti ESMA sulle pratiche di cross-selling

Set 20 2016

La Consob ha comunicato all’ESMA l’intenzione di conformarsi agli orientamenti in materia di cross-selling emanati dalla stessa Autorità europea in data 22 dicembre 2015. L’attuazione degli orientamenti nell’ordinamento nazionale avverrà mediante incorporazione nelle prassi di vigilanza Consob, nell’ambito del processo di trasposizione delle disposizioni della MiFID II e delle relative misure di implementazione.

Gli Orientamenti si applicano a partire dal 3 gennaio 2018.

Avviso Consob

Commissione Europea: nuove misure per accelerare il completamento della Capital Market Union

Set 20 2016

La Commissione Europea ha presentato una comunicazione che descrive le prossime misure volte a velocizzare il completamento della Capital Market Union (CMU).

Obiettivo della Commissione è far sì che la CMU abbia un impatto tangibile sull’economia reale nel più breve tempo possibile e, tal scopo, invita inoltre il Parlamento europeo e il Consiglio a finalizzare rapidamente la prima serie di proposte sulle seguenti tematiche:

– Rapida attuazione del pacchetto sulle cartolarizzazioni al fine di generare rapidamente finanziamenti aggiuntivi all’economia reale;

– Modernizzazione delle norme sul prospetto per migliorare l’accesso ai mercati dei capitali, in particolare per le imprese più piccole.

– Rafforzamento dei mercati del venture capital e degli investimenti sociali. Ciò consentirà di stimolare gli investimenti in venture capital e in progetti sociali e di rendere più facile per gli investitori finanziare le piccole e medie imprese innovative.

La Commissione intende, inoltre, procedere rapidamente verso la prossima fase, che prevede l’adozione di altre importanti misure riguardanti la CMU. In particolare:

– Formulazione di una proposta volta a superare le differenze tra i regimi di insolvenza nazionali, che hanno sempre costituito un ostacolo allo sviluppo dei mercati dei capitali nell’UE;

– Abbattimento delle barriere fiscali che limitano lo sviluppo dei mercati dei capitali. La Commissione è intenzionata ad incoraggiare gli Stati membri a eliminare gli ostacoli costituiti dalla ritenuta alla fonte e a favorire le migliori prassi fiscali per promuovere forme di finanziamento alternative, quali il venture capital. La Commissione intende presentare in novembre, nel contesto della proposta relativa alla base imponibile comune per le società (CCCTB), una proposta sulla diversità di trattamento tra debito e capitale proprio, ed invita il Consiglio ad adottarla il più rapidamente possibile;

– Entro la fine dell’anno la Commissione intende inoltre modificare la normativa bancaria e assicurativa, al fine di sbloccare gli investimenti privati nelle infrastrutture e nelle PMI.

La Commissione continuerà a monitorare gli sviluppi e individuerà ulteriori azioni necessarie per sviluppare l’Unione dei mercati dei capitali nel quadro del riesame intermedio 2017 dell’Unione dei mercati dei capitali che sarà avviato a breve.

Comunicato stampa
Comunicazione della Commissione Europea sulla CMU

Basilea 3: presentati i risultati dell’esercizio di monitoraggio

Set 20 2016

Il Comitato di Basilea ha pubblicato i risultati dell’ultimo esercizio di monitoraggio riguardante l’implementazione della disciplina di Basilea 3. L’analisi è stata svolta prendendo in considerazione i dati di bilancio al 31 dicembre 2015 di 228 banche suddivise in due gruppi (di cui il Gruppo 1 composto da 100 banche di grandi dimensioni attive a livello internazionale).

Dal punto di vista patrimoniale, tutte le banche del Gruppo 1 rispettano sia il requisito minimo di CET1 (Common Equity Tier 1) che il livello target del 7%, tenendo anche conto di eventuali requisiti addizionali per le istituzioni di importanza sistemica globale. Per le banche del Gruppo 2 non si hanno shortfall in relazione al livello minimo di CET1 del 4,5%. Per il raggiungimento del livello target del 7%, invece, lo shortfall di capitale risulta pari a 200 milioni di Euro, invariato rispetto alla prima metà del 2015.

L’esercizio di monitoraggio ha preso in considerazioneanche i dati relativi alla liquidità delle banche: la media ponderata del Liquidity Coverage Ratio (LCR) per le banche dei due gruppi è pari, rispettivamente, al 125,2% per il Gruppo 1 (123,6% nel semestre precedente) e 148,1% per il Gruppo 2 (+7% rispetto al primo semestre 2015). La maggior parte delle banche dei 2 gruppi, inoltre, presenta un LCR superiore al 100% mentre solo in due casi l’indicatore è risultato inferiore al livello del 60% (requisito minimo in vigore per il 2015).

L’analisi del Net Stable Funding Ratio (NSFR) riporta una media ponderata per il Gruppo 1 pari al 113,7% e per il Gruppo 2 del 115,9%. In ognuno dei due gruppi, oltre l’80% delle banche presenta un NSFR superiore al 100%

Come sottolineato dal Comitato di Basilea, i risultati riportati ipotizzano che il pacchetto di misure di Basilea 3 sia pienamente in vigore.

Presentati risultati EBA del monitoraggio CRD IV-CRR/Basilea 3 al 31 dicembre 2015

Set 20 2016

L’Autorità Bancaria Europea (EBA) ha pubblicato i risultati dell’esercizio di monitoraggio CRD IV-CRR/Basilea 3 compiuto sul sistema bancario europeo. Obiettivo del monitoraggio è di valutare l’impatto dell’implementazione delle discipline CRD IV-CRR e del framework NSFR di Basilea 3 sui bilanci delle banche. L’analisi, svolta in parallelo a quella condotta dal Comitato di Basilea a livello globale, prende in considerazione i dati sui requisiti patrimoniali (sia risk-based che non risk-based) e sugli indicatori di liquidità (Liquidity Coverage Ratio e Net Stable Funding Ratio) delle banche UE al 31 dicembre 2015.

I principali risultati del monitoraggio sono i seguenti:

– A livello sistemico si è assistito ad un ulteriore rafforzamento della situazione patrimoniale delle banche europee: il total average Common Equity Tier 1 ratio (CET1) è risultato pari al 12,7% ipotizzando la piena implementazione delle discipline CRD IV-CRR. La maggior parte delle banche, inoltre, rispetta ampiamente i requisiti patrimoniali mentre solo in un ristretto numero di casi si sono presentate situazioni di shortfall. Si riduce, però, l’ammontare di capitale necessario a far fronte agli shortfall (e rispettare il requisito minimo di CET1 al 7%), attestandosi sui 4 miliardi di Euro;

– In tema di liquidità, i dati mostrano un Liquidity Coverage Ratio (LCR) medio al 133,7%, con il 91% delle banche partecipanti al monitoraggio che mostra un indicatore superiore al 100% (che rappresenterà il valore minimo da rispettare a partire dal gennaio 2018);

– L’analisi del Net Stable Funding Ratio (NSFR), basata sull’impianto di Basilea 3, riporta un indicatore medio globale pari al 107%. Circa il 79% delle banche considerate soddisfa il requisito minimo di NSFR al 100%, con un incremento dovuto in particolare all’aumento del livello di provvista stabile (stable funding) disponibile.

Comunicato stampa
Report EBA monitoraggio CRD IV-CRR\Basilea 3 31/12/2015

CRD IV: Consultazione Banca d’Italia sulla disciplina della riserva di conservazione del capitale

Set 20 2016

La Banca d’Italia ha posto in consultazione alcune modifiche alla disciplina della riserva di conservazione del capitale per banche e SIM ai sensi della disciplina CRD IV.

In particolare, la Banca d’Italia comunica l’intenzione di ricondurre la disciplina transitoria della riserva di conservazione del capitale a quanto previsto, in via ordinaria, dalla direttiva CRD IV. Conseguentemente, le banche, a livello individuale e consolidato, sarebbero tenute ad applicare un coefficiente di riserva di capitale pari a:

– 1,25% dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2017;

– 1,875% dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2018;

– 2,5% a partire dal 1° gennaio 2019.

La modifica proposta si rende necessaria alla luce dell’evoluzione del quadro istituzionale e normativo, caratterizzato da processi di supervisione sempre più integrati all’interno dell’area dell’Euro, cui corrisponde l’esigenza di disporre di un corpo normativo omogeneo nei diversi paesi.

Scelte analoghe a quelle prospettate per le banche verranno effettuate, per ragioni di parità di trattamento, anche con riguardo alla Disciplina di vigilanza delle SIM e dei gruppi di SIM, che prevede l’applicazione della normativa della direttiva CRD IV in materia di riserve di capitale alle SIM autorizzate alla negoziazione per conto proprio e alla sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia.

La consultazione avrà termine il 28 settembre 2016.

Documento di consultazione

Nuovo Regolamento IVASS in materia di imprese di assicurazione locali

Set 20 2016

L’IVASS ha emanato il Regolamento N. 29/2016 recante disposizioni relative alle imprese di assicurazione locali. Il Regolamento è emanato in attuazione delll’art. 4 della direttiva Solvency II, il quale prevede che le imprese che rispondono a ridotti requisiti dimensionali e di complessità (definite “piccolissime imprese” dalla direttiva) siano escluse dall’applicazione del framework Solvency II. Il Codice delle Assicurazioni private, come modificato dal decreto legislativo di recepimento della direttiva, ha definito tali imprese come “locali”, dal momento che, se ricadono nel regime speciale, non possono avvalersi del passaporto europeo. A tali imprese escluse dal regime Solvency II, a meno che non abbiano fatto esplicita richiesta per esservi ricomprese, ogni Stato può applicare la disciplina che ritiene più opportuna.

Il Regolamento N. 29/2016 riporta il trattamento riservato a tali imprese di assicurazione locali, consistente nell’applicazione del regime Solvency I con taluni correttivi in alcune aree. A tal fine, nel Regolamento sono confluite – come in una sorta di Testo Unico – con gli opportuni adattamenti, le disposizioni codicistiche e regolamentari abrogate da Solvency II.

Regolamento IVASS N. 29/2016

Flow of funds, High Water Mark incentive fees and asset management
di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

Set 13 2016
Flow of funds, High Water Mark incentive fees and asset management  di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

In [1] we investigate the effect of flow of funds on an assets management problem when the manager is remunerated through a High Water Mark (HWM) and a management fee. More precisely, we assume that the assets under management (AUM) are characterized by in/outflow of funds as a function of the relative performance of the fund with respect to an exogenous benchmark (the sensitivity being η). The remuneration scheme is defined as a convex combination of a management and of a HWM fee. Both fees are defined as constant fractions: of the AUM (management fee) and of the HWM, i.e., the highest peak reached by AUM or by the performance of fund. Therefore, the remuneration in a small period (t,t+dt) is given by

                                                           (1-x)aW(t)dt+xkdH(t)                                                                           (1)

where W is the AUM, H is the HWM, and x, a and k are constants. If the AUM or the performance of the fund (depending on the specification of the HWM fee) does not reach a new peak in the period dt (dH(t)=0), then no HWM fee is due. This ensures that the manager is not remunerated in case of a poor performance.

We concentrate our attention on the role of the management and of the HWM fee on the optimal portfolio choice of the manager and in particular on its propension to take risk in excess with respect to the benchmark and to the optimal portfolio choice without flow of funds (a solution that has been identified in [2]). We show two main results.

First, we show that, independently of the specification of the HWM fee, increasing the importance of the HWM fee with respect to the management one (increasing x in (1)), the asset manager adopts a more aggressive optimal investment strategy. This result can be rationalized observing that the management fee is linear on the AUM, instead the HWM incentive fee is an option like component. As a consequence, when the latter component becomes more important with respect to the first one the asset manager tends to take more risk.

The practice in the hedge fund industry is to consider remuneration schemes with both a management fee and a HWM incentive fee. Our analysis shows that the design of the fee structure may induce more or less risk taking. It is well known that an investor is likely to consider the investment in a hedge fund as risky, so he/she may not in principle be against the fact that the asset manager takes risk in excess and/or a high leverage exposure. However, we may consider as “expected” risk exposure the risk taking level obtained without flow of funds, i.e., in the case the AUM is not characterized by in/outflows, and “unwanted” the extra risk taking exposure that comes from the flow of funds.

The analysis depends on the design of the remuneration scheme. We consider two types of HWM: one defined on the AUM, i.e., H(t)=max{W(s), s in [0,t]}, and the other defined on the AUM depurated by the in/outflow of funds, as it is in the habit of the hedge fund industry. In the latter case, the HWM is thus defined on the pure performance of the fund.

In the above picture, we show the optimal strategy, defined as the fraction of funds invested in the risky asset, varying η, i.e., the sensitivity with respect to the flow of funds. We recall that flow of funds is designed as a function of the relative performance of the fund with respect to an exogenous benchmark, which is a convex combination of parameter β of the risk-free and the risky asset; the benchmark coincides with the risk-free (risky) asset if β=0 (β=1). In the picture, three different values of β are considered.

As shown in the picture, a contract with a remuneration as in (1) with the HWM defined on the performance of the fund (θP in the picture) leads to excess risk taking with respect to the benchmark and to the optimal strategy assuming that the fund is not affected by flow of funds (η=0 in the picture). The effect is not observed in case of a HWM defined on the AUM (θAUM in the picture): in this case the optimal strategy is always intermediate between the benchmark and the optimal strategy obtained without flow of funds (η=0 in the picture).

So the flow of funds with a standard HWM induces excess risk taking with respect to the strategy of a manager without flow of funds. This is a negative result from the investor point of view because we may consider that the investor looking for an aggressive strategy by the hedge fund would like the manager to stick to the level of risk exposure obtained without flow of funds and may dislike the extra component that comes from the flow of funds.

Bibliography

[1] E.Barucci, D.Marazzina, Asset management, High Water Mark and flow of funds, Operations Research Letters 44 (2016) 607–611. http://authors.elsevier.com/a/1TRDdc7SoX-Cl

[2] S.Panageas, M.Westerfield, High-water marks: high risk appetites? Convex compensation, long horizons, and portfolio choice, Journal of Finance 64-1 (2009) 1–36.