La proporzionalità nella definizione del requisito di capitale regolamentare per i rischi di mercato
di Marco Pavoni

Lug 13 2016
La proporzionalità nella definizione del requisito di capitale regolamentare per i rischi di mercato  di Marco Pavoni

Il tema del Documento di Consultazione su cui intendiamo focalizzare l’attenzione è quello della Proporzionalità, per le istituzioni finanziarie di minori dimensioni o meno complesse, in relazione all’applicazione dei Nuovi Standard per il calcolo del requisito di capitale regolamentare derivante dai rischi di Mercato, noto anche come Fundamental Review of the Trading Book (FRTB).

I nuovi standard, come noto, riguardano non solo il Modello Interno (IMA o Internal Model Approach), ma anche l’Approccio Standardizzato (SA o Standardized Approach); quest’ultimo è stato anch’esso oggetto di una profonda revisione, sia nelle metodologie e metriche di riferimento che nelle finalità assolte.

Il quadro normativo attualmente in vigore (Regolamentazione EU No. 575/2013 nota anche come CRR o Capital Requirement Regulation), già stabilisce alcuni elementi di proporzionalità, tra cui in particolare la Deroga per le banche che svolgono attività di negoziazione di modeste dimensioni (art. 94 della CRR) che consente di sostituire il requisito di capitale per i rischi di mercato con quello per i rischi di credito.

Per essere eleggibile per la Deroga un’istituzione deve rispettare due soglie, una connessa alla dimensione assoluta delle sue attività di trading e una invece dipendente dalla dimensione relativa di dette attività rispetto al totale delle attività stesse.

Il documento in discussione propone alcune riflessioni e chiede agli operatori commenti sulla eventuale revisione dei termini di quella deroga e in ultima analisi sull’opportunità di qualificare un nuovo approccio standardizzato c.d. “semplificato” (SSA o Simplified Standardized Approach).

Il nuovo SA definito dal Comitato di Basilea per la Supervisione Bancaria (BCBS) nel più ampio contesto del citato FRTB, introduce significative modifiche a quello ancora in vigore con l’obiettivo di renderlo più sensibile alle effettive dimensioni del rischio di mercato e più adatto a descrivere strumenti finanziari complessi.

Mentre infatti l’approccio attuale utilizza per il calcolo del requisito di capitale regolamentare dati input prontamente disponibili quali il tipo di strumento, la scadenza o il rating associato alla posizione, il nuovo SA in particolare si basa su dati di sensitività ai principali fattori di rischio (es. il c.d. delta al rischio di tasso d’interesse che misura la variazione di valore di mercato di uno strumento finanziario allo spostamento parallelo di 1 basis point della curva dei tassi di interesse, tipicamente la curva dei tassi swap in EUR) che derivano dai modelli di pricing e valutazione in uso presso le istituzioni.

Allo stesso modo il nuovo SA richiede sicuramente un maggiore sforzo computazionale soprattutto in relazione alla metodologia applicata per il calcolo dell’effetto di diversificazione allorché le diverse posizioni sono variamente aggregate.

Per queste ragioni sono stati sollevati dubbi da alcuni in merito all’applicabilità del nuovo contesto normativo in specie per le istituzioni di minori dimensioni o meno complesse.

Le alternative proposte per queste entità sono:

– mantenere l’approccio standardizzato attuale eventualmente con soglie dimensionali più ampie, integrato con taluni necessari chiarimenti e aggiustamenti con riferimento al significato di certe formulazioni (ad es. il termine “normalmente”) o al calcolo della dimensione delle attività di negoziazione per renderlo più omogeneo o ancora in relazione all’applicazione del requisito per i rischi di credito a talune attività, ad es. i derivati o le operazioni di pronti contro termine.

– implementare un nuovo approccio standardizzato “semplificato”

– definire una combinazione dei due detti approcci con potenzialmente differenti soglie di applicazione.

Il mantenimento dell’attuale approccio standardizzato sembra discutibile; esso ha infatti il vantaggio di non richiedere costi di implementazione per le istituzioni che fossero titolate a chiedere la deroga, ma allo stesso tempo presenta molteplici svantaggi:

– non è coerente con il razionale del nuovo quadro normativo di riferimento

– è disincentivante rispetto all’applicazione del nuovo SA (per non dire del modello interno) anche perché genererebbe, in caso di passaggio al nuovo requisito, un subitaneo significativo incremento dello stesso (c.d. cliff effect)

– non supporta la diffusione di una solida comprensione dei rischi finanziari anche nelle istituzioni di minori dimensioni.

In questo contesto, l’innalzamento delle soglie di esenzione dall’applicazione del requisito di capitale regolamentare per i rischi di mercato è da valutare con molta cautela.

Certamente gli esiti dell’analisi che EBA sta conducendo sulle istituzioni che operano in regime di deroga aiuterà a trarre considerazioni su basi di maggiore consapevolezza sugli impatti che le alternative poste potrebbero avere. Tra l’altro aiuterà senz’altro a fare luce sulla valenza relativa delle condizioni per l’applicabilità del regime in deroga.

I chiarimenti in particolare sull’applicazione delle logiche del rischio di credito alle diverse tipologie di esposizioni di trading in particolare ai derivati, nelle more dell’introduzione del nuovo quadro normativo, è senz’altro auspicabile in quanto consentirebbe una migrazione più graduale a quello e ridurrebbe almeno in parte i citati cliff effects.

In tal senso la revisione delle soglie potrebbe in ultima analisi essere necessaria per tenere conto dell’ampliamento delle attività/strumenti ricompresi.

La combinazione del nuovo e dell’attuale SA, per di più secondo un’articolazione delle soglie di esenzione, allo stesso appare discutibile per due motivi:

– erediterebbe in qualche misura le limitazioni dell’attuale SA

– sarebbe soggetta a inevitabili elementi di arbitrarietà nella qualificazione delle soglie di esenzione con possibile alterazione delle condizioni competitive soprattutto per le istituzioni collocate immediatamente sotto e sopra i livelli soglia.

L’applicazione del nuovo SA, eventualmente semplificato, parrebbe in definitiva da preferire, possibilmente corroborata da una più approfondita valutazione dei costi di implementazione dello stesso in relazione ai potenziali benefici da apprezzarsi estensivamente, in una prospettiva cioè non solo puramente monetaria (costi/benefici quantificabili).

I vantaggi sono molteplici, in parte speculari agli svantaggi sopra elencati per il mantenimento dell’attuale approccio standardizzato:

– è coerente con il nuovo contesto normativo delineato dall’FRTB

– incentiva e agevola la transizione al nuovo approccio standardizzato e possibilmente al modello interno

– è altresì da inquadrare nella analoga medesima prospettiva di mercato che vede una crescente spinta del regolatore al “clearing” centralizzato anche per i derivati per tutte le categorie (dimensioni) di operatori e una prassi sempre più diffusa di rivalutazione giornaliera dei margini scambiati come collaterale a fronte delle posizioni in derivati negoziate bilateralmente (non regolate attraverso una cassa di compensazione)

– la centralità delle sensitivities non può che stimolare una più profonda comprensione degli strumenti finanziari negoziati ed in ultima analisi un loro utilizzo più consapevole ai fini della gestione del profilo di rischio dell’istituzione, nonché una capacità di negoziare alle condizioni di prezzo più competitive

– infine collocherebbe naturalmente la responsabilità delle segnalazioni di vigilanza nella funzione di Risk Management che specificamente si occupa del monitoraggio di tutti rischi, inclusi quelli finanziari.

Lo svantaggio principale è senza dubbio quello connesso ai costi di implementazione che possono talora richiedere un adeguamento dei sistemi informativi di pricing e gestione dei rischi.

In tal senso è però da aggiungere che, in considerazione della relativa modesta complessità delle strategie di copertura dei rischi, l’eventuale investimento in tecnologia dovrebbe essere sostenibile anche a motivo della forte competizione tra i diversi fornitori di soluzioni IT. Infatti le istituzioni di minori dimensioni normalmente pongono in essere, attraverso la negoziazione di Interest Rate Swaps, strategie operative “plain vanilla” di trading/hedging primariamente del rischio tasso di interesse e di cambio; le metodologie di pricing, di rivalutazione e di gestione/reporting di questi strumenti è ormai ampiamente consolidata.

Infine, nella misura in cui una semplificazione dello SA fosse perseguibile, certamente questo renderebbe l’implementazione meno complessa e ne ridurrebbe così i relativi costi.

Certamente la più appropriata declinazione di questo approccio nei termini di quali aspetti semplificare e come semplificarli costituirà per il regolatore un esercizio non agevole e richiederà una condivisione con le istituzioni coinvolte, ragionevolmente attraverso le associazioni di categoria che dovrebbero supportare un’analisi di impatto.

Allo stesso modo il passaggio allo SA “pieno” potrebbe essere opportunamente incentivato dal regolatore particolarmente in invarianza del modello di business e delle strategie di copertura, in termini di relativi minori assorbimenti di capitale regolamentare.

Bibliografia:

Consultation Document: “Proportionality in the future market risk capital requirements and the review of the original exposure method”
European Commission Directorate General for Financial Stability, Financial Services and Capital Markets Union – 26 Maggio 2016

Regolamento UE No. 575/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento – 26 Giugno 2013

Standards – Minimum capital requirements for market risk
Basel Committee on Banking Supervision – 14 Gennaio 2016

CRR: pubblicati nuovi documenti EBA sugli strumenti Additional Tier 1

Lug 13 2016

L’EBA ha pubblicato un aggiornamento preliminare del proprio report sul monitoraggio degli strumenti di capitale rientranti nella categoria Additional Tier 1 (AT1). La nuova versione del report verte sull’analisi di 33 emissioni di strumenti AT1 da parte di banche europee nel periodo agosto 2013 – dicembre 2015, per un valore totale di 35,5 miliardi di euro.

L’autorità di vigilanza ha, inoltre, pubblicato una bozza di template standardizzati per l’emissione di nuovi strumenti AT1. I template non sono vincolanti da un punto di vista regolamentare, ma sono proposti alle istituzioni finanziarie in modalità “opt-in”.

Comunicato stampa
Aggiornamento preliminare report strumenti AT1
Template standardizzati nuove emissioni strumenti AT1

Cartolarizzazioni STC: il Comitato di Basilea aggiorna il trattamento patrimoniale

Lug 13 2016

Il Comitato di Basilea ha pubblicato un nuovo standard per il trattamento patrimoniale delle esposizioni in cartolarizzazioni. In particolare, l’aggiornamento introduce uno specifico trattamento per le cosiddette cartolarizzazioni STC (dall’inglese “simple, transparent and comparable”). Le novità vanno a modificare il perimetro regolamentare in materia di cartolarizzazioni emanato nel 2014.

Le nuove disposizioni definiscono criteri addizionali al fine di evitare che esposizioni con attivi sottostanti ad alto rischio ricevano lo stesso trattamento patrimoniale delle cartolarizzazioni STC.

Il Comitato, inoltre, sta valutando l’introduzione di misure analoghe per le cartolarizzazioni STC a breve termine. Entro la fine dell’anno dovrebbe essere avviata una consultazione sul tema.

Comunicato stampa
Standard aggiornati per cartolarizzazioni STC

UCITS V: consultazione Banca d’Italia-Consob per il recepimento delle norme in materia di remunerazioni

Lug 13 2016

Banca d’Italia e Consob hanno avviato una consultazione pubblica riguardante la modifica al “Regolamento congiunto Banca d’Italia – Consob” in materia di organizzazione e controlli degli intermediari che prestano servizi di investimento e di gestione collettiva, per il recepimento delle regole in materia di remunerazioni contenute nella direttiva 2014/91/UE (c.d. “UCITS V”). Le modifiche proposte nel documento sono volte a:

–  Recepire le norme della direttiva UCITS V sui gestori di OICVM, tenendo altresì conto degli orientamenti al riguardo emanati dall’ESMA (Guidelines on sound remuneration policies under the UCITS Directive and AIFMD);

– Realizzare un quadro normativo organico e coerente per tutto il settore del risparmio gestito;

– Favorire il level playing field, tenuto conto delle diverse   discipline   di   settore attualmente.

La consultazione avrà termine il 5 settembre 2016

Nuovo aggiornamento del Risk Dashboard EBA

Lug 13 2016

L’Autorità Bancaria Europea (EBA) ha pubblicato l’aggiornamento trimestrale del documento “Risk Dashboard” che identifica i rischi principali e le vulnerabilità del settore bancario europeo. L’analisi verte su una gamma di Indicatori di Rischio calcolati sulla base dei dati consolidati relativi al primo trimestre del 2016 e rappresentativi di un paniere di 158 banche. I risultati principali dello studio sono i seguenti:

– Nel trimestre di riferimento il CET1 ratio delle banche europee è stato pari al 13.4% (-0.2% rispetto al Q4 2015). La variazione può essere spiegata da una riduzione del livello di patrimonializzazione non bilanciato da una contrazione degli attivi ponderati per il rischio, attribuibile alla graduale transizione verso la completa applicazione del framework regolamentare previsto dalla disciplina CRR-CRD IV;

– I crediti deteriorati (o NPLs, Non Performing Loans) si attestano al 5.7% con una riduzione di 10 punti base rispetto al dato precedente. Malgrado il miglioramento, la qualità dei portafogli crediti continua a destare preoccupazione;

– La redditività delle banche europee risulta ancora sotto pressione, con un ROE medio pari al 5.8% rispettivamente -1.1% e +1.1% rispetto al primo e all’ultimo trimestre 2015);

– Contrariamente ai 3 precedenti trimestri, il rapporto loan-to-deposit è salito al 121.6% (+0.4% rispetto al dato di fine 2015.

Per la prima volta, inoltre, l’EBA ha pubblicato i risultati del Risk Assessment Questionnaire rivolto a banche e analisti di mercato che va a completare le informazioni contenute nel Risk Dashboard.

Comunicato stampa
Risk Dashboard EBA Q1 2016

Pubblicato Parere EIOPA sulle prospettive di un mercato unico europeo dei prodotti previdenziali

Lug 13 2016

L’EIOPA ha pubblicato la versione finale del Parere in cui esprime la propria posizione sui prossimi passi da seguire per l’istituzione di un mercato unico europeo dei prodotti previdenziali (Personal Pension Products o PPP). Il documento, formulato in risposta alla richiesta avanzata dalla Commissione Europea, segnala l’elevata diversificazione dei mercati di prodotti pensionistici e previdenziali all’interno dell’Unione Europea e solleva delle criticità sull’istituzione di un mercato unico europeo tramite armonizzazione regolamentare.
In linea con il parere fornito lo scorso febbraio, l’EIOPA ritiene che l’adozione del cosiddetto “secondo regime” (opzionale rispetto ai singoli regimi nazionali) per la regolamentazione dei prodotti PEPP (Pan-European Personal Pension Product) possa rappresentare la scelta migliore per rafforzare il quadro normativo e aumentare la tutela dei risparmiatori.

Comunicato stampa
Advice EIOPA sulle prospettive del mercato unico dei PPP

Assicurazioni unit-linked: l’EIOPA si appresta a lanciare una thematic review sulla condotta degli operatori di mercato

Lug 13 2016

L’EIOPA ha annunciato l’avvio di una thematic review a livello europeo della condotta dei partecipanti al mercato dei prodotti assicurativi di tipo unit-linked. Obiettivo dell’analisi è di indentificare potenziali fonti di rischio e di danno per i possessori delle polizze in virtù dei rapporti esistenti tra assicuratori e asset managers. In particolare, l’EIOPA intende analizzare l’impatto delle remunerazioni pagate dagli asset managers sulle scelte di investimento delle società di assicurazioni e gli effetti di tali scelte sui possessori delle polizze. Lo studio verterà su 3 aspetti chiave:

– Peculiarità degli incentivi monetari e delle forme di remunerazione;

– Gestione degli conflitti di interesse da parte degli assicuratori;

– Processo di strutturazione dei prodotti assicurativi unit-linked.

La review sarà condotta in stretta collaborazione con le autorità nazionali competenti che identificheranno le imprese assicurative che parteciperanno all’analisi e raccoglieranno i dati relativi al mercato di riferimento. Le imprese di assicurazione selezionate comunicheranno le informazioni richieste entro il mese di settembre 2016 e i risultati saranno pubblicati nella prima metà del 2017.

Il problema delle banche in Italia: ‘‘too little, too late’’
di Emilio Barucci e Carlo Milani

Lug 07 2016
Il problema delle banche in Italia: ‘‘too little, too late’’   di Emilio Barucci e Carlo Milani

La messa in sicurezza del sistema bancario italiano è oramai un tema inamovibile dell’agenda dei governi che si sono succeduti dallo scoppio della crisi finanziaria. L’accordo con la Commissione Europea in merito alla garanzia pubblica sulle emissioni di obbligazioni bancarie e il prospettato intervento pubblico in sede di aumento di capitale per salvare il Monte dei Paschi rappresentano gli ultimi episodi di una lunga saga.

Anche a causa della difficile situazione sul fronte del debito pubblico, i governi Monti e Letta non hanno brillato per prontezza e lungimiranza (basta ricordare l’ostinazione nel non voler fare la bad bank quando ancora le regole sugli aiuti di Stato lo permettevano). Complice la più dura recessione che l’Italia unita abbia vissuto, la ‘‘nuttata’’ non è passata.

Il Governo Renzi è stato più attivo, ma ancora l’azione appare essere in ritardo (sempre a rincorrere l’ultima emergenza) e troppo timida. Il Governo e il Parlamento hanno agito principalmente su due fronti. Da un lato, hanno cercato di modificare la governance e la struttura proprietaria delle banche italiane, non più al passo con il mutato contesto finanziario. Al riguardo, il governo è intervenuto sulla forma societaria delle banche popolari, inducendone la trasformazione in società di capitali nel caso di istituti di dimensione rilevante, nonché sulle banche di credito cooperativo, favorendo la creazione di una banca capofila. Da segnalare anche l’accordo con l’ACRI che prevede un limite alla concentrazione del portafoglio delle fondazioni bancarie onde evitare il controllo surrettizio delle banche. Nel complesso questi interventi vanno nella giusta direzione e sono destinati a produrre effetti positivi, ma, ahimè, non immediati.

Gli interventi sul fronte della solidità degli istituti di credito, ed in particolare sullo smaltimento delle sofferenze bancarie, sono stati meno efficaci. Il governo ha in primo luogo agito per snellire le procedure necessarie per il recupero del credito da parte delle banche in sede giudiziaria. Le misure avranno sicuramente un effetto positivo, anche qui purtroppo non sarà immediato in quanto riguardano soprattutto i nuovi rapporti di finanziamento e non lo stock di crediti che rappresenta il vero problema.

Le difficoltà dell’industria bancaria italiana sono evidenti se si osserva l’andamento dell’indice azionario del settore bancario (grafico 1). Tra i principali paesi europei, l’Italia è quella che ha visto l’indice perdere più terreno da inizio anno, con un calo superiore al 50 per cento. In Germania si è registrata una perdita del 40 per cento circa, in Francia e Spagna del 25 per cento circa, nel Regno Unito del 22 per cento. Come si osserva dal grafico la flessione ha avuto un’accelerazione dopo l’esito del referendum sulla Brexit.

Grafico 1. Indici azionari del settore bancario dei principali paesi europei
(base 100=1/1/2016)

Il tema della bad bank è stato ripreso dal governo Renzi ed è stato oggetto di un confronto improduttivo con la Commissione Europea. E’ emerso che oramai siamo fuori tempo massimo, le regole sugli aiuti di Stato non lo permettono più. Il confronto ha prodotto un topolino. Per cercare di ridurre il gap esistente tra la valutazione dei crediti in sofferenza iscritta nel bilancio delle banche e quella di mercato, e quindi per favorire il loro smaltimento via cartolarizzazione, è stata introdotta la Garanzia (pubblica ma onerosa) sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS). Come descritto in un nostro precedente intervento (Barucci e Milani, 2016a), questo strumento non ha caratteristiche tali da permettere un’effettiva soluzione del problema delle sofferenze.  A riprova di questa affermazione abbiamo che allo stato attuale solo una banca (Popolare di Bari) risulta avere avviato tutte le pratiche necessarie per l’ottenimento della GACS.

Non sono mancate le sperimentazioni non proprio riuscite: Cassa di Risparmio di Teramo, Banca Popolare dell’Etruria, Banca delle Marche. Appurata l’impossibilità di utilizzare soldi pubblici e il Fondo di Tutela dei Depositi, si sono architettate complesse operazioni di sistema che hanno dispiegato i loro effetti quando le crisi erano oramai in stato di putrefazione. Il risultato è che non saranno i cittadini a pagare i salvataggi direttamente ma soltanto i clienti e gli azionisti delle banche sane. La differenza non appare apprezzabile!

Essendo evidenti i limiti della GACS, il Ministero dell’Economia ha ‘‘caldeggiato’’ la nascita del Fondo Atlante, che inizierà (si spera) a svolgere la funzione di bad bank di sistema nel corso di questa estate (si veda al riguardo Barucci e Milani, 2016b). Anche in questo caso un’operazione di sistema con i soldi di banche, compagnie di assicurazioni, fondazioni e CDP. Al momento il suo ruolo appare ben limitato: dopo il salvataggio di Banca Popolare di Vincenza e Veneto Banca, le risorse da destinare allo smaltimento delle sofferenze sono ben poca cosa. Si parla di un potenziamento del Fondo Atlante per soccorrere il Monte dei Paschi di Siena e smaltire le sofferenze. Bene, staremo a vedere.

Questi ultimi episodi portano con sé una grande lezione. Le crisi bancarie vanno tamponate il prima possibile con un’immissione ingente di capitale e, spesso, solo lo Stato è in grado di farlo (come fece Londra con RBS, Lloyds e Northern Rock). L’idea che il nuovo sistema europeo di risoluzione delle crisi bancarie non preveda un ruolo dello Stato si è rilevata una chimera. Anche solo nel caso di una banca media come Veneto Banca non possiamo permetterci di applicare il bail-in tout court senza incorrere in un rischio sistemico. La flessibilità prevista dal bail-in, che permette l’utilizzo di risorse pubbliche nel caso di rischio di crisi sistemica (come la situazione attuale), andrebbe utilizzata prontamente ma con una visione strategica più ampia, altrimenti il rischio è di rincorrere le crisi e di invocare lo stato di crisi ad ogni piè sospinto. Non ci si può limitare a questo, qualche riflessione in più andrebbe fatta sulla qualità del management bancario, sulle strategie di medio-lungo termine e sul ruolo dell’autorità di vigilanza.

Nel tentativo di tranquillizzare i mercati, il Governo italiano ha raggiunto un accordo con la Commissione Europea che prevede la possibilità di concedere, entro il 2016, delle garanzie, fino a un massimo di 150 miliardi di euro, sulle emissioni obbligazionarie senior delle banche italiane senza far scattare la sanzione di aiuti di Stato e la conseguente applicazione del bail-in. Questo strumento straordinario potrà essere utilizzato esclusivamente dalle banche che ne facciano richiesta e che comunque non siano in una situazione di dissesto finanziario. In altri termini, questo intervento potrà risolvere potenziali problemi di liquidità che le banche italiane potrebbero avere nella seconda metà del 2016 per gli effetti della Brexit.

Dal grafico 2 si può osservare come lo strumento delle garanzie pubbliche concesse sulle emissioni obbligazionarie sia stato ampiamente utilizzato in Europa subito dopo il default di Lehman Brothers del settembre 2008. Nel corso del tempo questo strumento emergenziale ha via via perso di rilevanza nel contesto europeo. In Italia si è osservato un andamento in controtendenza. Secondo gli ultimi dati disponibili, relativi al 2013, in Italia le garanzie pesano per circa il 5 per cento del Pil (80 miliardi di euro in valore assoluto). Occorre anche osservare che il maggiore attivismo della Banca Centrale Europea, che con il quantitative easing e le TLTRO II sta iniettando grandi quantità di moneta nel mercato europeo, ha ridotto le tensioni legate alla liquidità.

In definitiva, quest’ultimo intervento volto ad offrire una garanzia alle obbligazioni bancarie, difficilmente verrà attivato, sia per la disponibilità di liquidità (anche eccezionale) erogata dalla BCE sia perché le banche che dovessero farne richiesta segnalerebbero ai mercati le loro difficoltà. Sicuramente questo ulteriore intervento non potrà far nulla sul fronte delle sofferenze. Insomma non siamo davvero di fronte all’ennesima annunciata svolta.

Grafico 2. Garanzie pubbliche erogate a favore delle banche (in % del Pil)

Bibliografia

Barucci E., Milani C. (2016a), GACS: solo un piccolo passo verso la pulizia dei bilanci bancari, FinRiskAlert.it.

Barucci E., Milani C. (2016b) Finalmente il fondo Atlante: sarà piccolo ma è pur sempre una bad bank, FinRiskAlert.

EBA: annunciati i dettagli dell’esercizio di trasparenza 2016

Lug 07 2016

L’EBA ha reso noto che condurrà un esercizio di trasparenza nel mese di dicembre 2016 su un campione composto da più di 100 banche europee. Obiettivo dell’analisi è di fornire informazioni sui bilanci delle banche sulla base dei dati comunicati alle autorità di vigilanza. Sebbene costituisca uno strumento indipendente, l’esercizio di trasparenza 2016 andrà ad affiancare lo stress test appena condotto così da integrare le informazioni disponibili.
L’esercizio, che avrà ad oggetto i bilanci delle banche nel periodo dicembre 2015 – giugno 2016, sarà avviato nel mese di settembre e i risultati saranno pubblicati ad inizio dicembre, congiuntamente con la pubblicazione del Risk Assessment Report.

Comunicato stampa

MPS: parere positivo dell’ESMA al divieto di vendite allo scoperto disposto dalla Consob

Lug 07 2016

L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha espresso, tramite la pubblicazione di un parere ufficiale, il suo accordo sul divieto temporaneo di posizioni nette corte sul titolo Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS), disposto dalla Consob ai sensi del Regolamento comunitario in materia di short selling.
Tale misura di emergenza, in vigore dal 7 luglio al 5 ottobre 2016, proibisce le vendite allo scoperto di azioni MPS e le operazioni ribassiste compiute tramite strumenti finanziari derivati che abbiano come sottostante le azioni MPS. Il divieto si applica, inoltre, indipendentemente dalle modalità di negoziazione (mercati italiani, esteri e OTC) e riguarda anche agli operatori market maker. Sono esenti dal divieto le operazioni su strumenti finanziari che abbiano come sottostante indici di cui MPS faccia parte.

Alla luce delle circostanze attuali e dei potenziali rischi alla stabilità del sistema finanziario italiano, l’ESMA considera appropriata la misura adottata dalla Consob.

Comunicato stampa
Parere ESMA