Pubblicate le linee guida finale sugli indicatori di recupero e dei piani di risoluzione degli istituti di credito. Le linee guida forniscono la lista minima di indicatori qualitativi e quantitativi che le istituzioni devono includere nei propri piani; entreranno in vigore il 31 luglio.
L’ESMA ha pubblicato su MiFID I le linee guida finali sul tema dei derivati delle commodities. L’obiettivo è l’impostazione di una definizione unica e largamente accettata.
Le linee guida entreranno in vigore il 7 agosto.
L’EBA ha aggiornato la bozza del proprio report sugli strumenti di capitale rientranti nell’Additional Tier 1. Entro la fine di maggio il documento sarà terminato e pubblicato.
L’ESA ha pubblicato il quinto report sui rischi del sistema finanziario europeo. Negli ultimi sei mesi, i rischi non sono qualitativamente cambiati, ma sono aumentati.

Il Fondo Centrale di Garanzia (di seguito, semplicemente ‘Fondo’ o FCG) è il più importante strumento pubblico di garanzia per i finanziamenti alle imprese. Creato per favorire prestiti alle PMI e per specifiche tipologie di operazioni, si è recentemente aperto alla garanzia su mini-bond e alle operazioni di microcredito.
Una panoramica sul FCG
Il Fondo è stato istituito con la legge 662/1996, art. 2, comma 100, lettera a: ‘misure di razionalizzazione della finanza pubblica’. Da allora, si sono susseguite numerose modifiche, tra cui le decisioni delle regioni Toscana e Lazio di limitare l’operatività del Fondo all’attività di controgaranzia; l’approvazione, nel 2008, della garanzia statale sugli interventi del FCG (che ha di fatto reso la ponderazione per le attività interessate pari a zero); la possibilità, a partire dal 2013, di garantire non solo singole operazioni, ma interi portafogli di finanziamenti (FCG, 2014a; Gai e Ielasi, 2014).
Il FCG agisce secondo tre modalità di intervento: garanzia diretta, controgaranzia, cogaranzia. Nel primo caso, la garanzia è ‘esplicita, incondizionata, irrevocabile’; i soggetti autorizzati a richiedere l’intervento pubblico diretto sono: banche, intermediari finanziari, società finanziarie per l’innovazione e lo sviluppo (SFIS), SGR e società di gestione armonizzate – queste ultime con operatività limitata alle ‘operazioni di rischio’. Nel caso in cui i suddetti istituti si siano rivolti a confidi e altri fondi di garanzia, questi ultimi possono richiedere una “garanzia di secondo livello”, c.d. controgaranzia. Essa può essere ‘a prima richiesta’, se i confidi e altri fondi rispondono con il proprio patrimonio, o ‘sussidiaria’, se l’operatività del Fondo agisce nei limiti della singola operazione. Di importanza marginale è, infine, la cogaranzia, concessa a banche e altri istituti unitamente da confidi e Fondo.
La richiesta di intervento al Fondo deve giungere entro sei mesi dalla concessione dei fondi (o della garanzia, nel caso di richiesta di controgaranzia); è possibile una richiesta preventiva, da completare entro tre mesi dal perfezionamento dell’operazione. L’accesso alla garanzia pubblica è subordinato al pagamento di una commissione, compresa tra 0,25% e 3% del capitale assicurato, variabile in funzione del tipo di operazione e del richiedente. Le imprese con sede nel Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna), imprese femminili e le operazioni di rischio sono però esentate dal versamento della commissione. In caso di inadempimento del debitore, la garanzia diretta può essere attivata solo se, entro 3 mesi dall’inottemperanza (12 mesi se l’operazione ha durata superiore a 18 mesi e/o è stato presentato un piano di ammortamento), il soggetto creditore ha avviato le procedure di recupero, mediante un’intimazione di pagamento. La richiesta di attivazione al Fondo può essere compiuta dopo 60-120 giorni dall’intimazione al soggetto beneficiario inadempiente; il Comitato del Fondo approva la richiesta di liquidazione entro 90 giorni. Nel caso di controgaranzia a prima richiesta, trascorsi 120 giorni dall’intimazione al debitore, il garante di primo livello può rivolgersi al Fondo; nel caso di controgaranzia sussidiaria, infine, le procedure di recupero nei confronti del soggetto beneficiario inadempiente devono iniziare entro 18 mesi dal mancato rispetto degli accordi.
Obiettivo del Fondo è quello di fornire garanzie o controgaranzie su prestiti connessi all’attività di impresa (con poche eccezioni). Tra le operazioni passibili di garanzia vi sono, a titolo di esempio: finanziamenti per investimenti (materiali e immateriali), per liquidità, operazioni di anticipazione sui crediti verso la PA e operazioni di rischio; operazioni di finanziamento alle esportazioni e necessarie per il pagamento di tasse e contributi sono invece escluse.
La percentuale di copertura offerta dal Fondo è variabile. Nel caso della garanzia diretta, imprese con sede nel Mezzogiorno, imprese femminili, piccole imprese attive nell’indotto di un’azienda in amministrazione straordinaria da almeno cinque anni possono ricevere una copertura sino all’80%. Le operazioni di anticipazione crediti verso la PA possono essere garantite al 70%; quelle sul capitale di rischio sino al 50%; le operazioni di consolidamento di passività a breve sino al 30%. Per tutte le altre operazioni, il limite statutario è del 60%. La controgaranzia vale sino all’80%, se la garanzia di primo livello non ha superato l’80% del finanziamento concesso, per le imprese femminili e per le imprese del Mezzogiorno, se le operazioni concernono piccole imprese attive nell’indotto di un’azienda in amministrazione straordinaria da almeno cinque anni, operazioni di anticipazione crediti verso la PA, operazioni con durata superiore a tre anni. Nel caso di operazioni sul capitale di rischio, la garanzia di primo livello non può aver ecceduto il 60%. Per le operazioni di consolidamento di passività a breve, sia la garanzia di primo che quella di secondo livello non possono superare il 60%. L’intervento di altri operatori, tra cui banche, enti pubblici, SACE, Fondo Europeo degli Investimenti, permette l’aumento della copertura sino all’80%.
Le operazioni pubbliche sottostanno anche a una limitazione quantitativa, indipendente dalle percentuali summenzionate e non correlata al profilo del beneficiario: nel caso di operazioni sul capitale di rischio, anticipazione crediti verso la PA, operazioni con durata superiore a tre anni il tetto è pari a 2,5 milioni; se la garanzia si rivolge alle altre operazioni finanziarie, il tetto cala a 1,5 milioni. Le coperture ricevute sono cumulabili con altre garanzie, interne o esterne al Fondo, sino al raggiungimento delle soglie previste per legge; in caso di intervento pubblico, nessun’altra garanzia reale, assicurativa e bancaria può essere richiesta sulla quota su cui ha agito il Fondo.
Le attività del Fondo sono dirette a imprese (definite ‘soggetti beneficiari finali’) che rientrano nelle categorie di micro, piccola o media impresa. Applicando la normativa comunitaria, sono definite micro imprese le PMI con meno di 10 dipendenti e bilancio o fatturato inferiore a 2 milioni; piccole imprese le aziende con meno di 50 dipendenti e un bilancio (o fatturato) inferiore ai 10 milioni; medie imprese le società con non più di 250 occupati e un bilancio non superiore a 43 milioni (o un fatturato non superiore a 50 milioni). In tutti i casi, i requisiti devono essere posseduti contemporaneamente. Le PMI devono, inoltre, essere situate sul territorio nazionale, non avere pendenze non sanate – e soggette a procedure di recupero o allungamento – col Fondo, appartenere a uno dei settori ammessi dalla normativa. I settori ‘sensibili’ definiti dall’UE, tra cui agricoltura, pesca, industria automobilistica, autotrasporti, siderurgia, attività finanziarie sono infatti esclusi (eccezioni sono peraltro previste anche in tali campi) (FCG, 2014a; FCG, 2014b; FCG, 2013).
Le recenti aperture a microcredito e mini-bond
Tra le modifiche normative di recente apportate al FCG, particolare rilevanza assumono le decisioni di garantire anche l’acquisto di mini-bond e le operazioni di microcredito.
La fornitura di garanzia sui mini-bond era stata prevista dal legislatore col decreto c.d. ‘Destinazione Italia’ (DL 145/2013), perfezionata a giugno 2014 ed entrata in vigore a novembre. I mini-bond devono: provenire da aziende con rating minimo B- (valutazione di Standard & Poor’s); avere durata compresa tra 36 e 120 mesi (non sono accettabili titoli senza durata e/o scadenza certa); avere come scopo il finanziamento dell’attività di impresa; non essere utilizzati per sostituire linee di credito; non essere già coperti da altre garanzie. È prevista una commissione dell’1% sull’ammontare garantito da banche e intermediari (sono escluse le SFIS).
I fondi previsti per questi interventi ammontano a 50 milioni, incrementabili a 100 in caso di necessità; il 40% spetta a operazioni di garanzia su singole emissioni, il 60% assicura portafogli di emissioni. Nel primo caso, la copertura non può superare il 50%, in caso di rimborso del mini-bond a rate, o il 30%, nel caso di rimborso a scadenza; è stabilito un tetto di 1,5 milioni. L’assicurazione sui portafogli di mini-bond può aver luogo solo se gli stessi siano compresi tra 50 e 300 milioni e ogni titolo al loro interno non valga oltre il 3% dell’intero portafoglio. La garanzia può coprire sino all’80% della tranche junior del portafoglio, senza eccedere l’8% del valore nominale dello stesso. L’intervento di altri enti permette il superamento sia del limite quantitativo che di quello qualitativo (permettendo dunque la garanzia su tranche mezzanine). In caso di inadempienza del soggetto beneficiario statale, il gestore pubblico propone la liquidazione delle perdita entro 40 giorni, in deroga ai 90 giorni previsti nei casi ordinari (Carzaniga, 2014; FCG, 2014a).
La possibilità per il Fondo di garantire operazioni di microimprenditorialità risale al 2011 (DL 201/2011); solo a dicembre 2014 sono state però approvate le modalità operative (pubblicate inoltre in Gazzetta Ufficiale soltanto il 3 febbraio 2015), con la conseguenza che l’intervento, sebbene in procinto di essere attivato, rimanga ancora sul piano teorico.
I fondi per il microcredito ammontano a 30 milioni, derivanti dalle risorse ordinarie del FCG, a cui vanno aggiunte le donazioni di enti, privati, società o associazioni, attualmente pari a 7,4 milioni. Potranno beneficiare della garanzia: imprese e professionisti con partita IVA, in attività da non più di 5 anni, con un massimo di 5 dipendenti (10 per SRL semplificate, società di persone, cooperative), attivo patrimoniale non superiore a 300.000 € e ricavi lordi non superiori a 200.000 €. La copertura pubblica non prevede il pagamento di commissioni né la previa valutazione economico-finanziaria del soggetto beneficiario finale (sull’argomento ci soffermeremo in un prossimo articolo); deve riguardare finanziamenti direttamente collegati all’attività di impresa e avere durata massima di 7 anni. I limiti percentuali previsti sono i massimi attuabili dal Fondo: 80% del finanziamento nel caso di garanzia diretta, 80% della garanzia dei confidi, se quest’ultima non ha superato l’80% del valore del finanziamento, nel caso della controgaranzia. È stabilito un tetto di 25.000 € (innalzabili a 35.000 in caso di erogazione in più tranches) (MISE, 2015; FCG, 2015a; FCG, 2015b).
BIBLIOGRAFIA
Carzaniga, Chiara. La garanzia del Fondo Centrale. I mini bond. Istruzioni per l’uso. Consorzio camerale per il credito e la finanza. 2014.
Fondo Centrale di Garanzia (FCG). Cos’è la garanzia pubblica e cosa fare per ottenerla. 2014b.
Fondo Centrale di Garanzia (FCG). Disposizioni operative. 2014a.
Fondo Centrale di Garanzia (FCG). Il fondo di garanzia per le PMI si apre al microcredito. Notizie. 4 febbraio. 2015a.
Fondo Centrale di Garanzia (FCG). L’intervento del fondo sulle operazioni di microcredito. 2015b.
Fondo Centrale di Garanzia (FCG). Scheda di sintesi. Edizione maggio 2013. 2013.
Gai Lorenzo e Federica Ielasi. L’accesso al credito delle PMI: un’analisi dei criteri allocativi del Fondo Centrale di Garanzia. Banca Impresa Società. Anno XXXIII n.2. 2014.
MISE. Decreto 18 marzo 2015. 2015.

Executive Summary
In the last December, 2014, the Basel Committee issued a new consultative paper, for a relevant revision of the credit risk “standard” model. This is just a piece of a global strategy for the revision of the standard models. In fact also the market risk and the counterparty risk, with some recent ongoing processes, are deeply changing in the standard calculation mechanisms. The paper shortly reviews the current situation and points out the main innovations, along with some issues that must be better defined.
1 The Current Credit risk capital requirement taxonomy
The Basel III framework, started on 2014, January 1st, focused mainly on:
- New capital charges building-blocks, such as the CVA for the counterparty risk and the systemic risk for the SIFIs banks
- New constraint classes, such as the liquidity and the leverage indicators.
The “classical” credit risk of the banking book was not changed in an effective way. Among the EU (CRDIV) specific updates to the general framework, we recall the “SME supporting factor”, that allows to apply a smaller risk weight coefficient to the counterparties where the revenues are less than 1.5 mln €.
Hence also the current regulatory set-up for the credit risk may be referred to the Basel II rules.
We recall the capital requirement calculation strategies.
The capital requirement may be calculated according to two different approaches, the standard approach (we observe that in the Basel II naming often the term “standard” is used, while “standardised” is preferred in the new revisions) and the internal rating approach (IRB). More explicitly:
- In the standardized approach the capital requirement is given by K = EAD × CCF × RW × 8%, where CCF = credit conversion factor and RW = risk weight. In the most of cases CCF = 100%. We have some differences e,g. in the personal facilities where CCF = 0.5. RW strongly depends form the rating of the counterparties and from the reliability of the rating agency. The RW may be 0%, 20%, 50% … 1250% as a grid depending form the Basel portfolio (sovereign, banks, corporates, retails, high risk exposures) to which the counterparty/transaction belong and from the rating agency. Some specific encouraging coefficients are given for the mortgages, for the residential real estate we have (CCF × RW) = 35%, while for the commercial real estate it grows to 50%. Finally, if the bank does not adopt any rating agency and/or for the unrated counterparties, RW = 100%.
- In the IRB approach one has K = EAD × LGD × f (PD,ρ,M). PD is the default probability of the debtor, M the maturity of the exposure (with some cap and floor level, not actually used for all exposures), r the correlation coefficient assigned by the Basel committee to each portfolio. The function f( ) is well known as the risk weighting function and it wants to mimic a 99.9% 1 year CreditVaR under some simple assumptions. See [7]. More specifically, we have the basic approach, where the bank can estimate only the PD coefficient (LGD and EAD being assigned by heuristic rules), and the advanced approach, AIRB, where the bank can develop its own models also for the exposure and the loss given default values.
2 The Basel Accord and the rationale for the new standardised models
The consultative paper for the new credit risk standardised model follows and comes along with the previous relevant revisions of the market risk (paper 265) and counterparty risk (paper 279).
This general evolution comes from some evident drawbacks of the Basel 2.5 and Basel 3 reforms, namely:
- The internal models with these reforms implied some double counting effects, such as in the Stressed VaR measure and in the IRC capital charge.
- On the other hand, the standardized model did not have significant increases in the capital requirement, except than some update in the coefficient for the specific mark risk.
See [1], [4], [5] and [6] for a complete review.
Due to the above reasons in the market one can observe an evident paradox, i.e. the capital requirement for the banks that have invested a lot for the internal model validation often shows figures higher than the simple standard models.
Hence the Basel committee is trying to arrange this inconsistency. Moreover, the general goal is that the standardised new models must be more risk sensitive (i.e. correlated to the effective risk drivers) and more granular, i.e. more flexible in being adapted to the specific bank exposures/portfolios.
These revisions should satisfy (at least) two different technical issues: 1) a tradeoff between accuracy and simplicity. The small banks have not the budgets or the know-how for too sophisticated approaches. 2) a robust calibration rules set, in order to level the playfield (with respect to the internal models) and to update the coefficients when needed.
3 The new standardised credit risk model
3.1 The general principles
As stated in the paper 305, the review want to math several purposes, that is:
- reconsider the design of the standardised approach to ensure its continued suitability for calculating the capital requirements for credit risk exposures;
- ensure that the standardised approach is appropriately calibrated to reflect to a reasonable extent the riskiness of exposures;
- increase comparability of capital requirements under the standardised approach and the internal ratings-based (IRB) approach by aligning definitions and taxonomy, where possible;
- increase comparability of capital requirements between banks using the standardised approach by reducing national discretions, where feasible; and
- reduce reliance on external credit assessments by providing alternative measures for risk assessment, where possible.
The above purposes are stated in some more detailed seven principles. The reliance from the external ratings is one of the most innovative principles. At a first level, one can doubt about its applicability, because of the current “propagation” of the (external) rating logics into the whole financial market participants.
Generally speaking, all the new proposals aim to define in a clear way the risk drivers underlying the exposures. The availability of practical guidelines about the risk driver makes it possible to satisfy the risk sensitivity approach.
3.2 Some details
Let us classify the main new proposals according to the different exposures categories:
Exposures to the Banks
Currently the standard model gives two options. 1) to apply the risk weight depending from the sovereign rating of the country of the bank 2) to apply the risk weight related to the bank rating.
The new proposal suggest as risk drivers the following:
- the bank capital adequacy, e.g. as measured by the CET1, common equity tier1. Another choice could be the Tier1 or the leverage ratio
- the asset quality of the bank. The asset quality might be considered a good default predictor. The indicator is called NPA
Finally, some rules to include the “securities firms” in the bank exposures portfolio are given.
Exposures to the Corporates
As a main risk drivers, the committee indicates the revenues of the firms.
The rationale is that any profitability measure could create some misaligned incentives and introduce excessive procyclicality.
The second risk driver is the balance sheet leverage.
The risk weight could range from 60% to 300% of a suitable combination of the risk drivers.
Retail Portfolio
The current standard model assigns a 75% preferential coefficient to the retail exposures. The consultative paper enhances the criteria to qualify for the preferential treatment in the retail category.
These criteria can be sketched in the following points:
- Orientation criterion;
2. Product criterion;
3. Low value of individual exposure criterion
4. Granularity criterion.
The committee will evaluate if maintain the unique 75% risk weight or to apply a diversified table, as a function of concentration and maturity.
3.3 Issues and Criticism
Many banks and banking association have given feedbacks to the consultative papers. We cannot give an exhaustive review, but let us summarize as an example the perspectives of some very different players:
- The French Banking Association. The main skepticism is related to the parameters of the calibration that could increase the capital charge for bank exposures in the 20-30% range and the corporate exposures in the 40-60% range. Moreover, a set of multiple QIS is asked, as the calibration can not be point-in-time. Furthermore the external ratings are suggested not to be removed, since they can be used as a complementary risk driver for the banks and large corporate exposures.
- The Italian Federation of Co-operative Credit Banks (FederCasse). The main remark is related to the possible increase in the capital charge. This is motivated by the proposed factors and parameters and by the credit portfolio features of the small banks, i.e SME s and retail portfolios. A “local” calibration process is suggested, within a set of well stated rules. Moreover, the use of external ratings should not to be removed, as they have shown an acceptable reliability. Finally, a proper time horizon for the QIS and phase-in period is claimed.
- Deutsche Bank. The arguments are very similar to the previous ones. More time is requested for the QIS and calibration exercise. DB doubts that a simple 2-risk drivers model can be more sensitive than the external ratings. Hence the request is not to remove their usage. Finally it is pointed out that the new capital charge need an extensive set of data, that typically is not available for the banks without internal model. The data lack could imply a too punitive risk weight, e.g. 300%.
The debate in the banking sector is still in progress, and the timeline for the revision process could be extended. We agree with the most of the above remarks. Furthermore we believe that the revenues variable (for the corporates) without a high-granularity clustering (sector and geography) process could be uninformative. Hence we expect a substantial improvement of the quite fragile risk drivers set up for the corporates.
References
[1] Basel Committee on Banking Supervision (2014), “Revisions to the Standardised Approach for credit risk”, paper 307.
[2] Basel Committee on Banking Supervision (2014), “Fundamental review of the trading book: outstanding issues”, paper 305.
[3] Basel Committee on Banking Supervision (2014), “Guidance on accounting for expected credit losses”, paper 311.
[4] Basel Committee on Banking Supervision (2013), “The standardised approach for measuring counterparty credit risk exposures”, paper 279.
[5] Bonollo M., Marazzina D. (2014), “Lo Standardized Approach per Credit Counterparyt Risk”
[6] Bonollo M. (2014), “The Fundamental Review of Trading Book (FRTB) Revolution o (R)-Evolution? Innovazioni e Impatti”
[7] Gordy M.B. (2002), “A Risk-Factor Model Foundation for Ratings-Based Bank Capital Rules”.
L’EBA ha aperto una consultazione per aggiornare i dati per identificare le G-SIIs, che durerà sino al 20 maggio.
La BCE ha reso noto il proprio punto di vista circa la proposta di regolamento di Parlamento e Consiglio volta ad aumentare la resistenza del sistema bancario europeo.
E’ stato pubblicato l’ottavo report sull’adozione delle norme di Basilea 2, 2.5, 3, aggiornato a marzo. Il documento si occupa dei processi portati avanti per adottare le nuove regole a livello nazionale.
L’ESMA ha pubblicato il tredicesimo aggiornamento delle Q&A sul regolamento EMIR. Il focus dell’aggiornamento è sulle regole che i Trade Repositories devono applicare al fine di garantire che i propri report rispettino le norme previste da EMIR.