Lo scenario macroeconomico avverso degli stress test europei: uno shock abbastanza severo?
Carlo Milani

Mag 05 2014
Lo scenario macroeconomico avverso degli stress test europei: uno shock abbastanza severo? <small><small><I> Carlo Milani </I></small></small>

Executive summary

BCE ed EBA hanno definito lo scenario macroeconomico avverso sulla base del quale verranno condotti gli stress test sui principali istituti di credito europei. Lo scenario ipotizza una recessione per l’Area euro per altri due anni, l’aumento della disoccupazione, il calo dei prezzi delle case e dei listini azionari per il 20 per cento. Le banche che non supereranno il test avranno 6 o 9 mesi, a seconda del mancato rispetto dei requisiti minimi previsti per lo scenario di base o per quello avverso, per mettere in atto tutte le azioni necessarie per riportare i coefficienti patrimoniali al di sopra dei livelli di guardia.

Lo scenario macroeconomico avverso

L’European Systemic Risk Board (ESRB), presieduto dal Governatore della Banca Centrale Europea (BCE) Mario Draghi, ha recentemente definito i dettagli dello scenario macroeconomico avverso sulla base del quale verranno condotti gli stress test (ST; per maggiori dettagli si veda Barucci, Corsaro e Milani, 2014) sulle 124 principali banche europee.

Tale scenario riflette i rischi sistemici che attualmente minacciano il sistema bancario europeo e che possono essere riassunti in quattro punti (ESRB, 2014a):

i)                    L’aumento dei rendimenti obbligazionari globali, specialmente per l’accresciuta volatilità dei mercati emergenti;

ii)                   Un ulteriore deterioramento della qualità del credito per i paesi che soffrono di un contesto macroeconomico caratterizzato da una bassa domanda interna;

iii)                 Il possibile stallo nell’implementazione delle riforme strutturali, con conseguente perdita di fiducia circa la sostenibilità dei conti pubblici;

iv)                 La mancata “pulizia” dei bilanci bancari, necessaria per rimettere in moto il normale meccanismo dei mercati interbancari. La volatilità sui mercati potrebbe  anche derivare dai dubbi circa la disponibilità di un backstop pubblico a supporto delle banche europee dopo che i risultati sull’Asset Quality Review (AQR) e sugli ST saranno diffusi.

Oltre allo scenario macroeconomico avverso è stato definito anche lo scenario di base, elaborato sulla base delle proiezioni della Commissione Europea (2014), che stabilisce l’andamento delle variabili macroeconomiche nell’ipotesi in cui gli shock esogeni non dovessero verificarsi.

Le differenze tra lo scenario di base e quello avverso per il tasso di crescita reale del Pil, che esprimono quindi la severità degli shock considerati dall’ESRB, sono riportati nella tabella 1. Mediamente lo shock ipotizzato dovrebbe implicare una perdita di prodotto nell’ordine dei 2,5 punti percentuali all’anno per l’intero triennio 2014-16. Nel precedente ST, condotto dall’European Banking Authority (EBA) nel 2011, la flessione ipotizzata del Pil si attestava intorno ai 2 punti all’anno per il biennio 2012-13 (EBA, 2011).

In termini cumulati lo shock dovrebbe portare ad una perdita complessiva di 6,6 punti di Pil per l’intera Area euro (grafico 1). L’Italia, la Francia e la Spagna conoscerebbero un impatto negativo meno pesante per circa mezzo punto percentuale, mentre Irlanda, Grecia, Portogallo e Germania subirebbero perdite più consistenti per 1/1,5 punti percentuali.

Tabella 1. Crescita del Pil reale – scarti tra lo scenario di base e lo scenario avverso
(in punti %)

2014

2015

2016

Italia

-1.5

-2.8

-2.0

Francia

-1.4

-2.8

-1.9

Germania

-2.7

-3.8

-1.5

Spagna

-1.3

-2.7

-2.1

Portogallo

-1.5

-3.8

-2.8

Irlanda

-3.0

-3.6

-1.9

Grecia

-2.2

-3.6

-2.5

Area euro

-1.9

-3.2

-1.8

Fonte: ESRB (2014a).

 

Grafico 1. Effetto cumulato dello stress test in termini di minore crescita reale del Pil
(livello di deviazione nel 2016 in %)

Milani 050514

Fonte: ESRB (2014a).

 

Il contesto macroeconomico avverso determinerebbe effetti negativi anche su altre variabili macroeconomiche. Alla fine del triennio, il tasso di disoccupazione presenterebbe un incremento di oltre 2 punti per l’intera Area euro. Maggiormente penalizzato risulterebbe essere il mercato del lavoro spagnolo (+3,9 punti di disoccupazione), mentre in Francia gli effetti sarebbero limitati a 1,3 punti. In questo quadro l’Italia presenterebbe un aumento del tasso di disoccupazione di circa 2,5 punti a fine 2016.

Sul fronte dei prezzi, l’inflazione registrerebbe un riduzione cumulata nel periodo 2014-16 per l’intera Area  euro di circa 2 punti percentuali. Particolarmente colpite sarebbero le quotazioni immobiliari, che per l’Area euro registrerebbero un calo tra il 7 e l’11 per cento nel triennio 2014-16. Più contenuto sarebbe invece l’effetto sui prezzi immobiliari in Italia (tra il -3 e il -5 per cento). Il mercato francese e quello tedesco sarebbero più penalizzati, con una flessione nel 2016 del 17 e del 13 per cento rispettivamente.

Lo scenario macroeconomico avverso offre poi diverse indicazioni sull’andamento di alcune importanti variabili finanziarie. I prezzi azionari, nel caso in cui si verificassero gli shock esogeni soprarichiamati, registrerebbe una flessione del 18 per cento nell’intera Area euro a fine 2016 (-20 per cento in Italia). Anche i tassi di interesse sui titoli obbligazionari governativi a lungo termine subirebbero un contraccolpo negativo. Nel complesso dell’Area euro l’incremento dei tassi sarebbe pari a 150 basis point (bp) nel 2014, per poi attestarsi a circa 110 bp nel successivo biennio 2015-16. In Italia l’aumento sarebbe leggermente più alto, nell’ordine di mezzo punto percentuale. Rispetto alla Germania i tassi italiani aumenterebbero invece di circa un punto percentuale nel 2014 e di 70 bp nel 2015-16. Tra i paesi più colpiti abbiamo la Grecia e il Portogallo.

Tabella 2. Tassi d’interesse sui titoli governativi a lungo termini – scarti tra lo scenario di base e lo scenario avverso  (in punti %)

Scarti rispetto allo scenario di base

Spread rispetto alla Germania

2014

2015

2016

2014

2015

2016

Italia

205

149

149

96

67

67

Francia

140

104

104

31

22

22

Germania

109

82

82

Spagna

191

139

139

82

57

57

Portogallo

231

168

168

122

86

86

Irlanda

148

109

109

39

27

27

Grecia

316

228

228

207

146

146

Area euro

152

112

112

43

30

30

Fonte: ESRB (2014a).

 

Per le variabili di natura finanziaria, l’ESRB e la BCE hanno anche predisposto un set dettagliato e articolato di fattori che incidono sul rischio di mercato (tassi d’interesse e volatilità delle principali valute, credit spread, haircut e volatilità sulle principali commodity, ecc.) al fine di avere delle proiezioni sulle posizioni finanziarie iscritte in bilancio e valutate al fair value (ESRB, 2014b).

Conclusioni e aspetti critici

Gli ST che verranno condotti nel corso del 2014 da BCE e EBA appaiono essere più severi e più completi di quelli effettuati tre anni fa. La limitata portata del ST del 2011 fu chiara quando, poco dopo la diffusione dei risultati, alcune banche irlandesi, che avevano superato i test senza segnalare evidenti problemi, furono nazionalizzate per evitare il default, così come fu necessario instituire una bad bank per ripulire i bilanci bancari dall’eccessivo peso dei crediti deteriorati (soprattutto nel comparto dei mutui immobiliari).

La maggiore severità e rigorosità è però forse ancora troppo contenuta se si vuole raggiungere l’obiettivo di riportare la fiducia sull’effettivo stato di salute delle banche europee e rimettere anche in moto il normale funzionamento dei mercati interbancari dell’Eurozona.

Prendendo ad esempio proprio l’Italia, lo scenario macroeconomico avverso  ipotizza una diminuzione cumulata del Pil nell’ordine dei 6 punti percentuali nel triennio 2014-16. Osservando alcune fasi storiche recenti si rileva però che il prodotto italiano ha subito flessioni ancora più consistenti in periodi di tempo più brevi. Dal 2007 al 2009, infatti, la flessione del Pil reale è stata del 6,6 per cento, mentre ha raggiunto gli 8,5 punti se si considera il periodo fino al 2013.
Anche sul fronte dei tassi governativi le ipotesi previste per l’Italia, e per gli altri paesi periferici, segnalano incrementi degli spread rispetto alla Germania ben più contenuti rispetto a quelli che la storia recente ci ha mostrato.

Probabilmente ECB e EBA avrebbero definito uno scenario avverso più negativo se il secondo pilastro dell’Unione Bancaria avesse previsto fin da subito la possibilità di mutualizzare i costi di ricapitalizzazione delle banche (Brescia Morra e Mele, 2014) che non supereranno l’AQR e gli ST, posto anche i tempi abbastanza ristretti (dai 6 ai 9 mesi) entro cui le banche dovranno attuare le opportune contromisure. A supporto di questa interpretazione si può rilevare come gli stress test in corso di implementazione da parte della Bank of England (2014) sono sotto molti aspetti più severi, prevedendo ad esempio un incremento della disoccupazione di 6 punti percentuali e una flessione dei prezzi delle abitazioni del 35%, variazioni tre volte più intense rispetto a quelle ipotizzate dall’ESRB.

Bibliografia

Bank of England, (2014), Stress testing the UK banking system: key elements of the 2014 stress test.

Barucci Emilio, Stefano Corsaro, Carlo Milani, (2014), Asset quality review e stress test. Cosa ci aspetta?, FinRiskAlert.it.

Brescia Morra, Concetta, Giulia Mele, (2014) Risoluzione delle banche: un compromesso importante in Europa. FinRiskAlert.it.

Commissione Europea, (2014), European Commission projections for the 2014 EU-wide stress tests baseline scenario.

EBA, (2011), 2011 EU-wide stress test aggregate report.

ESRB, (2014a), EBA/SSM stress test: The macroeconomic adverse scenario.

ESRB, (2014b), EU-wide Stress Test 2014 – Market Risk Scenarios.

EIOPA: iniziati stress test sul settore assicurativo

Mag 03 2014

L’EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority) ha lanciato gli stress test sul settore assicurativo. L’obiettivo è di analizzare la resistenza del settore sulla base di dati ipotetici e storici.
Il termine per fornire i dati richiesti alle autorità nazionali è l’11 luglio; per ulteriori informazioni e per i vari passaggi degli stress test, premere qui.

Bankitalia, pubblicato Rapporto sulla stabilità finanziaria

Mag 02 2014

La Banca d’Italia ha pubblicato in data odierna il Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 01/2014. Le informazioni sull’Italia evidenziano che:
– la ripresa degli indicatori macro è in progressione, ma ancora fragile;
– la valutazione delle banche italiane da parte del mercato è migliorata, avvicinandole al livello delle controparti europee;
– la situazione del credito ai privati migliora, mentre per le imprese la situazione è ancora difficile;
– rallenta il deterioramento della qualità dei prestiti, contemporaneamente aumentano i tassi di copertura;
– le banche stanno riducendo la quantità di titoli pubblici presenti nei propri portafogli;
– i rischi per il settore assicurativo sono modesti;
– la liquidità nel mercato finanziario italiana è migliorata.

Rapporto sulla stabilità finanziaria 01/2014

FED, prosegue il tapering: acquisti mensili a 45 miliardi

Mag 02 2014

Il Board della Federal Reserve ha approvato all’unanimità un’ulteriore diminuzione dell’acquisto di mutui e titoli di stato da 55 a 45 miliardi di dollari al mese. Il miglioramento dell’attività economica è alla base di questa decisione.
I 45 miliardi di acquisti saranno suddivisi tra acquisti di mutui (20 miliardi) e Treasury (25 miliardi).

Per ulteriori informazioni, premere qui.

Banca d’Italia: prestiti del sistema bancario nel primo trimestre

Apr 30 2014

I dati relativi al primo trimestre del 2014 pubblicati dalla Banca d’Italia mostrano come le condizioni per i prestiti alle imprese siano rimaste ‘leggermente restrittive’, in conseguenza delle incertezze sull’andamento dell’economia. Migliorano invece le condizioni di accesso al credito per le famiglie.
La domanda da parte dei privati è in aumento, mentre le richieste di prestiti da parte delle imprese, dopo un prolungato declino, si sono stabilizzate.

Per ulteriori informazioni, premere qui.

Inflazione ad aprile in aumento allo 0,7%

Apr 30 2014

Secondo i dati appena pubblicati da Eurostat, l’inflazione nell’eurozona nel mese di aprile dovrebbe attestarsi allo 0,7%. Le componenti di servizi ed energia sono in miglioramento, al contrario di cibo, alcol e tabacco e dei beni industriali non energetici.

Il dato è in aumento rispetto allo 0,5% di marzo, ma è minore dell’1% atteso dagli analisti.

I dati possono essere visionati qui.

Stabiliti i limiti temporali per le banche per colmare i deficit di capitale

Apr 30 2014

La BCE ha stabilito che le banche che, nell’ambito di Asset Quality Review e stress test, evidenzieranno deficit di capitale saranno chiamate a colmarli entro 6 mesi (per i deficit di AQR e dello scenario base) o 9 mesi (per i deficit dello scenario avverso).
Nel primo caso, il CET 1 dovrà coprire l’intero rafforzamento patrimoniale; nel secondo caso, potrà essere utilizzato anche l’Additional Tier 1, sebbene con delle limitazioni.

Per ulteriori informazioni, premere qui.

Pubblicati la metodologia e gli scenari macro per gli stress test

Apr 30 2014

La European Banking Authority (EBA) ha pubblicato ieri la metodologia comune e gli scenari macroeconomici per gli stress test di quest’anno.
Tra i temi trattati nella metodologia vi sono: i tipi di rischio da analizzare, l’ipotesi di bilancio statico, diversi tipi di possibili shock. Gli scenari macro ipotizzeranno 4 possibili avversità: stallo nei processi di riforma a livello nazionale; mancato rafforzamento dei bilanci bancari; deterioramento nella qualità del credito; aumento dei rendimenti dei titoli pubblici.

Per ulteriori informazioni, premere qui.
Nota metodologica.
Scenario macroeconomico avverso.

Quando il credito di un paese si ferma… al semaforo
di Roberto Baviera e Davide Lebovitz

Apr 24 2014
Quando il credito di un paese si ferma… al semaforo  <small><small><I> di Roberto Baviera e Davide Lebovitz  </I></small></small>

Come un qualsiasi debitore sa bene, ciò che a volte è rilevante, non è il costo del debito tout-court ma l’avere o meno un accesso al credito. La domanda tabù che sembra essere circolata sul mercato è: un paese come l’Italia può riuscire sempre a collocare il suo debito?

Ricordiamo ai non addetti ai lavori che lo stato italiano ha, in media, circa 200 miliardi di Euro di debito in scadenza ogni anno. Questo debito, come d’altra parte quello di tutti i paesi, viene finanziato con nuovo debito. Un costante accesso al mercato risulta cruciale per poter collocare circa 20 miliardi ogni mese di nuovo debito “semplicemente” in sostituzione del vecchio.

Chiaramente questa domanda può essere riformulata per un qualsiasi paese, ma nel caso di Italia e nell’area Euro della Spagna, viste le dimensioni del loro debito, risulta particolarmente rilevante per comprendere il comportamento del policy maker europeo ed in particolare le unconventional measures attuate dalla Banca Centrale Europea.

Una possibile risposta alla domanda

Nassim Taleb nel suo Dynamic Hedging [1] cita una regola non scritta dei mercati: “The market always tends to flow to simplicity“. Al fine di rispondere a questa domanda ci piacerebbe disporre di un indicatore semplice e diretto – nell’ottica di Taleb – dello stato di turbolenza del mercato per un emittente, cioè di un vero e proprio semaforo:

Rosso:  accesso al mercato bloccato;

Giallo:   accesso limitato e a rischio blocco;

Verde: accesso consentito (nei limiti dati dalla congiuntura…).

Non essendone disponibile uno soddisfacente per questo scopo ne abbiamo costruito uno ex-novo: sfortunatamente anche nel considerare un semplice semaforo, quando lo si vuole costruire si cade necessariamente (almeno un poco) nel tecnico.

L’elemento base è la curva di rendimenti relativi (spread) rispetto ad una curva di tassi d’interesse risk-free ovvero priva di rischio di credito.

Tecnicamente si considera la Curva dell’Asset-Swap-Spread verso OIS (chiamata nel seguito per semplicità: curve) dei titoli governativi di Italia e Spagna. Questa è “moralmente” equivalente al noto spread contro i titoli governativi tedeschi, titoli da cui si ottiene un’altra curva considerata risk-free dal mercato. La curva in questione è più semplice da costruire per la regolarità delle date negli swap OIS; inoltre non presenta il problema dovuto al cambio del titolo benchmark. Lo strumento è anche più generale, dal momento che può essere ottenuto per qualsiasi emittente e non è limitato al mercato delle obbligazioni governative. In Figura 1 viene mostrato ad esempio come appare la curve in una normale giornata di mercato per l’Italia e la Spagna.

Immagine Baviera 1Immagine Baviera 2

Figura 1: curve per il giorno 15 Marzo 2013 per l’Italia (a sinistra) e per la Spagna (a destra)

 

In Figura 1, si osserva che la curve è ben descritta da un gomito, ovvero da una retta spezzata in un punto, chiamato Time-to-Structural-Change (di seguito time), tipicamente collocato entro i 10 anni, i.e. nella zona di maggior liquidità della curva dei governativi. Dopo questo punto la curve risulta essere quasi costante o con una debole pendenza su orizzonti medio lunghi. Inoltre per un emittente governativo, è difficile che il mercato ritenga probabile un default sul brevissimo termine e quindi ci si attende che la curve tenda a valori molto bassi sul breve.

La presenza di un gomito netto è rilevante in un mercato di titoli liquidi come può essere quello dei governativi e rende possibile rappresentare la curve con altri due indicatori oltre allo spread a 10y, classica quantità oramai nota anche l’uomo della strada: il time e la pendenza sul primo tratto prima del gomito (slope). Con questi tre indicatori abbiamo una descrizione semplificata ma completa della curve, che abbiamo riportato in Figura 2.

Immagine Baviera 3

Figura 2: descrizione semplificata della curve e le due tipologie di profitto per un carry-trader

Mentre risulta oramai chiaro a chiunque il significato dello spread, ovvero il costo richiesto dal mercato in più rispetto ad un titolo risk-free per remunerare il rischio assunto nel detenere obbligazioni a 10 anni di quel dato emittente, bisogna spendere qualche parola in più sugli altri due indicatori. A questo fine risulta utile considerare il comportamento di un carry-trader in titoli governativi, tipico investitore in obbligazioni di paesi periferici dell’area Euro. Tale investitore, si immunizza dal rischio tasso d’interesse acquistando il titolo periferico e contemporaneamente sottoscrivendo un asset swap di pari scadenza (ovvero entra in quello che nel gergo è chiamato un asset swap package o semplicemente un package). Inoltre, il carry-trader costruisce la propria strategia d’investimento ragionando in uno scenario di curva di asset swap spread che non si modifica nel tempo. Chiaramente tra tutti i package relativi al paese d’interesse tenderà ad acquistare quello che massimizza la propria strategia d’investimento in un dato intervallo di tempo Immagine Baviera delta T (carry).  In Figura 2 viene mostrato il caso in cui l’investitore entra in un package con scadenza nel punto di structural change (punto A in figura). Se l’investitore detiene il package per un dato lasso di tempo Immagine Baviera delta T 2  (e quindi il package, trascorso Immagine Baviera delta T 3 , ha scadenza residua Immagine Baviera delta T 7  ) ha un duplice guadagno: da una parte si garantisce l’extra rendimento determinato dallo spread in asset swap pari a Immagine Baviera delta T 4 , dall’altro vende il package ad un prezzo maggiore. Infatti, nello scenario descritto, un nuovo package sul mercato garantisce uno spread Immagine Baviera delta T 8  inferiore a Immagine Baviera delta T 9  , e quindi dalla liquidazione del package in suo possesso il carry-trader incassa un prezzo maggiore di quello iniziale per un ammontare Immagine Baviera delta T 5 circa pari a Immagine Baviera delta T 6, cioè la scadenza residua del titolo moltiplicata per il guadagno in termini di spread. Risulta quindi evidente dalla figura che un carry-trader raggiunge il suo obiettivo di massimizzare la strategia d’investimento acquistando titoli con scadenza sul gomito.

Il time diventa quindi da una parte l’orizzonte temporale che è di particolare interesse per un tipico investitore, dall’altra l’orizzonte fino al quale è più semplice per un emittente collocare le proprie obbligazioni grazie alla presenza di una domanda sempre vivace. Infine, risulta utile mediare sul mese il time: ricordiamo che il nostro fine è quello di ottenere un indicatore dell’accesso al mercato non il singolo giorno ma su una finestra di interesse per il policy maker, i.e. il mese.

Prima di analizzare nel dettaglio la situazione forse è utile ricordare i principali market interventions da parte dei policy makers europei, che sono brevemente riassunti in Tabella 1.

Tabella 1: principali market interventions attuati dai policy makers europei

SIGLA

DESCRIZIONE

DATA

AMMONTARE

PROMOTORE

GLF

Prestito alla Grecia Maggio ’10 €110 miliardi

UE e FMI

SMP

Acquisto sul secondario titoli   Stato Maggio ’10, agosto ’11 €210 miliardi

BCE

LTRO

Long Term Repo Dicembre ’11 e feb. ’12 €1052 miliardi

BCE

ESM

Assistenza agli Stati membri Giugno ’12 (come EFSF) €40 miliardi

UE

OMT

Acquisto di titoli di Stato a   breve di Paesi in difficoltà economica Annunciato in luglio ‘12 Senza limiti, inutilizzato

BCE

 

L’ultima indicazione rilevante ci viene dalla slope. Quando diventa più pendente ci segnala che gli investitori richiedono un carry più elevato per remunerare il proprio rischio. Una slope invertita è indice di un blocco nell’accesso al credito: la percezione del mercato è di un emittente che sta per entrare in una ristrutturazione o un default sul debito.

 Qui di seguito vengono riportati i valori dei tre indicatori nel tempo per l’Italia (Figura 3).

Immagine Baviera 4

Figura 3: i tre indicatori considerati per l’Italia, sono state evidenziate le fasce di maggior percezione di difficoltà di collocamento del debito: fallimento Lehman, crisi greca e crisi italiana. Queste fasce sono caratterizzate non solo dall’allargamento dello spread ma anche dalla riduzione del time sotto il valore critico discusso nel testo

In Figura 3 si denotano tre zone principali, in cui il time scende addirittura sotto la soglia dei due anni: ricordiamo che l’anno, ovvero l’arco di tempo coperto da una finanziaria è l’intervallo di credibilità minimo per un paese. Notiamo, confrontando i grafici, che la slope e lo spread a 10y aumentano, con diversa intensità, nelle fasce evidenziate. Queste tre zone designano tre particolari avvenimenti che hanno condizionato l’accesso al credito dello Stato italiano. In un primo tempo il fallimento di Lehman, nel mese di Settembre 2008, ha posto dei dubbi sulla stabilità finanziaria mondiale. Successivamente la crisi greca ha mostrato l’insostenibilità del debito nel maggio 2010; in tale data assistiamo il simultaneo allargamento dello spread e del time sotto i 2 anni. Questa fase di incertezza si protrae fino alla fine dell’anno, con il time che supera i 2 anni solo a febbraio 2011. Il time scende sotto la soglia dei 2 anni nel mese di agosto 2011, di nuovo in concomitanza con l’allargamento dello spread: i policy maker europei decidono prontamente di estendere il programma SMP anche a Italia e Spagna. Osserviamo anche che a seguito dell’inversione della slope a novembre 2011, è stata attivata LTRO: la unconventional measure più rilevante almeno (ma come vedremo, non solo) in termini di volumi coinvolti.

Risultati analoghi a quelli descritti valgono per la Spagna.

Interessante osservare la curve il giorno in cui è avvenuta l’inversione della slope per l’Italia: gli investitori non comprano nuove obbligazioni anzi cercano di liberarsi di quelle in portafoglio percependo come immediata la possibilità del default. Immediatamente dopo l’inversione della slope viene attivata LTRO. Al contrario di quanto emerge da un’analisi condotta solo sullo spread, alla luce di questo studio risulta pienamente comprensibile il timing della misura e se ne evidenzia l’efficacia nello sbloccare l’accesso al mercato per Italia e Spagna.

Immagine Baviera 5

 Figura 4: curve delle obbligazioni italiane il 9 Novembre 2011, il giorno in cui è avvenuta l’inversione di pendenza

Il nostro semaforo è presto costituito. Nel caso in cui time diminuisce rapidamente tanto da scendere addirittura sotto 2 anni in concomitanza con l’allargamento dello spread, abbiamo un segnale di primo malessere (Giallo), quando il mercato è invertito con elevata pendenza in valore assoluto il mercato è bloccato per l’emittente (Rosso).

Immagine Baviera 6

Figura 5: zone di difficoltà di accesso al credito evidenziate dal semaforo proposto

In Figura 5 viene mostrato il funzionamento del semaforo proposto e viene messo in relazione agli interventi dei policy makers adottati. A parte la prima zona gialla dell’Italia che corrisponde al fallimento di Lehman, si nota che l’ingresso in una zona gialla comporta sempre l’intervento dei policy makers. In particolare l’ingresso nella zona rossa rende necessario l’attuazione di LTRO: la grave situazione di crisi giustifica pienamente la rilevanza della misura adottata.

Il semaforo descritto rientra sicuramente nei desiderata di Taleb – e forse del mercato – per semplicità ed immediatezza; inoltre, dal momento che questo strumento sembra individuare le condizioni di criticità del mercato che hanno determinano l’intervento dei policy makers europei, forse merita (almeno) una rapida occhiata.

[1] N. Taleb, Dynamic Hedging: Managing Vanilla & Exotic Options, Wiley (1997).

Il punto sulle politiche monetarie non convenzionali
di Emilio Barucci, Stefano Corsaro e Carlo Milani

Apr 24 2014
Il punto sulle politiche monetarie non convenzionali     <small><small><I> di Emilio Barucci, Stefano Corsaro e Carlo Milani </I></small></small>

EXECUTIVE SUMMARY

Sull’onda della crisi economico-finanziaria, la BCE e le banche centrali dei maggiori paesi sviluppati hanno implementato politiche monetarie non convenzionali di varia natura: dall’acquisto di titoli all’iniezione di liquidità nel sistema finanziario. La valutazione in merito alla loro efficacia è controversa: da un lato queste misure sembrano avere avuto un effetto sull’andamento di alcune grandezze finanziarie, dall’altro esse non sono state in grado di invertire l’andamento dei principali indicatori economici (almeno in Europa). Tali politiche presentano inoltre delle criticità e delle controindicazioni che non possono essere sottovalutate. Nelle pagine che seguono facciamo il punto sugli effetti delle misure adottate dalle BCE, con un particolare focus sull’Italia, e valutiamo la possibilità che la BCE attui ulteriori iniziative non convenzionali.

SMP E LTRO: COSA E’ STATO FATTO SINO AD ORA

Le politiche monetarie non convenzionali messe in atto (o annunciate) sino ad adesso dalla BCE sono il Securities Markets Programme (SMP), le Longer-Term Refinancing Operations (LTRO) e le Outright Monetary Transactions (OMT). Portate avanti con convinzione in particolar modo dall’attuale presidente Mario Draghi, tali politiche hanno avuto effetti non trascurabili sulle economie europee.

Il SMP prevedeva l’acquisto sui mercati secondari dei titoli di Stato accettati dalla BCE come collaterale nelle operazioni di rifinanziamento: il programma è stato attivato nel maggio 2010 per Grecia, Irlanda e Portogallo ed è stato esteso, nell’agosto 2011, a Spagna ed Italia. Gli ultimi acquisti compiuti sotto l’ombrello del SMP risalgono al settembre 2012; in totale sono stati impiegati 218 miliardi di euro, di cui 103 per l’acquisto di titoli di Stato italiani.

L’impatto del programma sugli spread dei titoli di Stato è stato immediato e significativo: durante il primo giorno di operatività, lo spread tra titoli di Stato greci e tedeschi calò di oltre 400 punti; all’atto della riattivazione nel 2011, gli spread spagnoli e italiani calarono di oltre 100 punti. Anche l’effetto di lungo periodo sui rendimenti è significativo ed è stimato in una diminuzione compresa tra 0,1 e 7 punti base per le obbligazioni a dieci anni per ogni 100 milioni di euro di titoli acquistati (rispettivamente, per Italia e Irlanda) (Ghysels et al., 2014). Simili risultati sono stati riscontrati per le obbligazioni italiane a cinque anni (diminuzione tra 1 e 2 punti base per ogni miliardo di titoli acquistati), per gli altri paesi i valori sono compresi tra i 3 e i 21 punti base. Si stima che circa i tre quarti di tali effetti abbiano natura permanente (Eser et al., 2013). Secondo alcune analisi gli effetti del SMP potrebbero addirittura attestarsi attorno ai 200 punti base sui titoli italiani a 2 e 10 anni (Casiraghi et al., 2013). Gli acquisti della BCE sembrano avere anche ridotto in misura significativa la volatilità delle obbligazioni governative (Ghysels et al., 2014).

Tramite le LTRO, le banche dell’eurozona hanno ottenuto circa 1.000 miliardi di euro dalla BCE ad un tasso dell’1%; un quarto dei fondi è andato alle banche italiane. Le due aste a tre anni, risalenti al dicembre 2011 e al febbraio 2012, hanno immesso nel sistema un ammontare di liquidità aggiuntiva pari a circa 523 miliardi. La possibilità di early repayment della liquidità ottenuta nelle aste a tre anni è stata ampiamente utilizzata soprattutto dalle banche non italiane; solo nei primi tre mesi del 2014 sono stati restituiti fondi per oltre 60 miliardi. A fine 2013, le banche italiane detenevano ancora 232 miliardi di fondi LTRO, con un tasso di restituzione del 15%, contro una media del 39% nell’area euro. Le banche italiane stanno comunque accelerando la restituzione dei fondi (BCE, 2014a; BCE, 2014b; Banca d’Italia, 2013).

Uno degli obiettivi principali del programma era quello di porre rimedio all’impasse che si era venuta a creare nel mercato interbancario a causa della crisi di fiducia reciproca riguardo alla solidità patrimoniale e di liquidità delle controparti. E’ stato stimato che le iniezioni di liquidità delle LTRO abbiano diminuito in modo permanente i tassi di interesse sul mercato interbancario di circa 70-100 punti base. Non c’è invece evidenza riguardo ad un loro effetto significativo sui rendimenti delle obbligazioni governative (Casiraghi et al., 2013).

Buona parte dei fondi che le banche italiane hanno ottenuto nell’ambito delle LTRO è stata utilizzata per comprare titoli di debito pubblico nostrani: tra il dicembre 2011 e il settembre 2013 gli acquisti netti sono stati pari a 150 miliardi di euro, portando il totale di obbligazioni pubbliche detenute a quota 386 miliardi. La quota di attività detenute dagli istituti di credito rappresentata dai titoli di Stato è passata dal 6 al 10%. Oltre l’80% di tali acquisti ha riguardato obbligazioni di durata pari o inferiore a 5 anni; conseguentemente, la durata residua media dei titoli pubblici è calata da 5,8 a 4,3 anni.

Le banche italiane mostrano un calo della raccolta pari al 3% nel periodo settembre 2012 – settembre 2013, soprattutto a causa della restituzione dei fondi della BCE e della diminuzione della raccolta all’ingrosso, che continua a mostrare andamenti altalenanti, principalmente ricollegabili ai tassi sulle obbligazioni governative; la contemporanea diminuzione dei prestiti ha portato ad una diminuzione del funding gap che è risultato essere  al 12,2% nel settembre 2013, in diminuzione di 7 punti rispetto al 2011, su livelli oramai non lontani dalla situazione pre-crisi. In vista dei futuri stress test, le banche italiane si presentano in buone condizioni, sebbene il ruolo dei fondi delle LTRO risulti essere ancora rilevante (Banca d’Italia, 2013; Barucci, Corsaro e Milani, 2014).

I LIMITI DELLE POLITICHE MONETARIE NON CONVENZIONALI

Oltre agli effetti positivi su rendimenti e volatilità, le politiche monetarie non convenzionali della BCE hanno apportato benefici alle economie nazionali dell’eurozona. Per valutare appieno queste operazioni occorre considerare anche alcune criticità del SMP e delle LTRO (nonché dell’ancora inutilizzato OMT) e i problemi ancora aperti.

La crisi economico-finanziaria ha duramente colpito gli investimenti nell’area euro, crollati di oltre il 15% dal picco del primo trimestre del 2008 al terzo trimestre del 2013. Tra marzo e settembre del 2013 si è assistito ad un lieve recupero (0,6%) che dovrebbe rafforzarsi nel prossimo triennio. L’inversione di rotta risulta essere debole a causa di una molteplicità di fattori, tra cui l’elevata incertezza, che incide negativamente sul livello di fiducia, le difficili condizioni di accesso al credito bancario e una domanda persistentemente debole (BCE, 2014a; BCE, 2014b).

I fondi ottenuti nell’alveo delle LTRO sono stati utilizzati dagli istituti italiani principalmente per acquistare titoli di stato nazionali. Non vi è comunque evidenza che l’acquisto di obbligazioni pubbliche sia legato alla diminuzione dei prestiti all’economia: la correlazione tra le due variabili a livello di singolo intermediario è infatti nulla (Banca d’Italia, 2013). La dinamica del credito nell’eurozona rimane debole: mentre i prestiti alle famiglie sono in leggero aumento, quelli a società non finanziarie presentano una diminuzione del 3,1% su base annua. Il dato appare allarmante una volta che si consideri che nell’economia statunitense e britannica è stata riscontrata una correlazione positiva tra la crescita del PIL e i flussi di credito a privati e società non finanziarie (BCE, 2014a; BCE, 2014b).

In Italia, a fine 2013, la diminuzione del credito nei confronti delle imprese non finanziarie risulta essere pari a circa il 6% su base annua, il dato è superiore rispetto al calo dei prestiti concessi alle famiglie (-1%). Le imprese e le famiglie del nostro paese devono inoltre sopportare tassi di interesse più elevati rispetto alla media dell’eurozona; nel corso del 2013, il differenziale tra Italia ed eurozona per le nuove erogazioni di credito è ulteriormente aumentato, attestandosi rispettivamente all’1% e allo 0,6%. (Banca d’Italia, 2013).

L’acquisto di obbligazioni pubbliche e i fondi forniti all’economia tramite le LTRO hanno più che raddoppiato il bilancio della BCE tra il 2007 e il 2013 (nello stesso lasso di tempo, il bilancio della FED è raddoppiato e quello della Banca d’Inghilterra è quadruplicato); tra il 2007 e il 2012, il rapporto tra titoli detenuti dalla BCE e PIL dell’eurozona è aumentato significativamente: da meno del 15% a più del 30%. La ripresa delle quotazioni ha portato benefici ai bilanci degli istituti centrali, ma l’aumento dei tassi di interesse potrebbe portare a perdite in futuro (Santor e Suchanek, 2013).

NUOVE MISURE NON CONVENZIONALI ALL’ORIZZONTE?

Nonostante la minore turbolenza dei mercati finanziari, le criticità dell’attuale congiuntura economica non permettono di escludere la possibilità che la BCE possa ricorrere a misure non convenzionali in futuro: anche a causa della mancanza di politiche fiscali e strutturali, la politica monetaria è chiamata ancora a svolgere un ruolo da supplente. Due sono in particolare i fattori che potrebbero spingere la BCE a promuovere politiche monetarie non convenzionali: il rischio di deflazione e la sopravvalutazione dell’euro.

Lo scenario della deflazione potrebbe non essere lontano. La media dell’inflazione, pari al 2,5% nel 2012, si è infatti dimezzata nel 2013; da novembre a marzo essa è ulteriormente diminuita, passando dallo 0,9% allo 0,5%. Sebbene le prospettive di medio periodo rimangano ancorate al 2%, le previsioni indicano che solo nel 2016 la crescita dei prezzi raggiungerà valori ‘‘inferiori ma vicini’’ all’obiettivo di lungo termine del 2%.

Le prospettive di ripresa economica sono oltretutto ostacolate dalla moneta unica, troppo forte rispetto ai principali concorrenti internazionali. Negli ultimi 12 mesi, l’euro si è apprezzato del 5,3% rispetto ai 20 principali partner commerciali dell’eurozona: gli aumenti maggiori hanno riguardato il tasso di cambio nominale tra euro e renminbi, dollaro statunitense e yen (quest’ultimo deprezzatosi in termini relativi di oltre il 19%) (BCE, 2014a; BCE, 2014b).

Queste considerazioni, unite ai punti critici illustrati nel precedente paragrafo, potrebbero aprire la strada a nuove misure non convenzionali. Il ventaglio delle opzioni a disposizione della BCE comprende:

a) Tassi di interesse negativi. I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono state recentemente confermate allo 0,25%, 0,75% e 0,00%. La strada dei tassi di interesse negativi, seguendo l’esempio danese in cui i tassi di interesse sui depositi sono negativi dalla metà del 2012, per molti analisti non porterebbe a benefici rilevanti, non riuscendo ad incidere sulle politiche creditizie in modo efficace(Banca di Danimarca, 2012 e 2013).

b) Iniezione di liquidità. Un’ulteriore tornata di LTRO potrebbe non essere la medicina giusta visto che gli istituti bancari stanno restituendo i precedenti prestiti.

c) Funding for lending. La BCE potrebbe valutare di seguire l’esperienza inglese del funding for lending, ove i prestiti della banca centrale vengono concessi agli intermediari creditizi a tassi più favorevoli se accompagnati da un aumento degli impieghi nei confronti di famiglie e imprese (Churm et al., 2012).

d) Quantitative easing. La BCE potrebbe sperimentare il programma di quantitative easing (QE) praticato assiduamente dalla FED negli ultimi anni con l’acquisto di titoli. Aperture verso questa ipotesi sono giunte da alcuni componenti del board della BCE, così come dei segni di disgelo sono giunti recentemente dalla Bundesbank, che si è detta favorevole alla mancata sterilizzazione dei 175 miliardi di euro di titoli di Stato di paesi dell’area euro acquistati dalla BCE nell’ambito del SMP. La discussione circa l’attuazione di un programma di QE da parte della BCE riguarda i criteri di ripartizione degli acquisti tra i diversi stati membri dell’area euro, onde evitare che alcuni paesi possano trarre un vantaggio superiore a quello di altri. Una delle ipotesi più accreditate è quella dell’acquisto di titoli sovrani in proporzione alle quote di capitale della BCE detenute dai vari paesi dell’area.

5) Cartolarizzazioni. Un’altra ipotesi caldeggiata è l’estensione dei tipi di cartolarizzazioni che la BCE potrebbe accettare come collaterale. Tale decisione faciliterebbe ulteriormente l’afflusso di liquidità dalla banca centrale alle banche, nella speranza che la stessa venga poi trasmessa all’economia reale. Il mercato europeo delle cartolarizzazioni sembra però di dimensioni troppo limitate affinché una tale decisione abbia effetti concreti.

 Torneremo a breve con un’analisi delle diverse misure che sono sul tavolo della BCE.

BIBLIOGRAFIA