Come l’esperienza tedesca può aiutare il varo della bad bank
di Carlo Milani

Set 18 2015
Come l’esperienza tedesca può aiutare il varo della bad bank <small><small><I> di Carlo Milani </I></small></small>

Executive summary
Dopo molti mesi di dialogo tra le autorità italiane e quelle europee l’accordo per il varo della bad bank non è stato ancora trovato. Prendendo spunto dal meccanismo ideato in Germania nel 2009 si potrebbe superare questa impasse.

 Nonostante i molteplici incontri tra Ministero dell’Economia, Banca d’Italia e gli uffici della Commissione Europea, e in particolare quelli della commissaria danese alla concorrenza  Margrethe Vestager, il progetto della bad bank, ovvero del veicolo finanziario incaricato di acquistare dalle banche i crediti non più esigibili, stenta ancora a partire. Lo scontro riguarda in particolare la valutazione delle sofferenze: se valutate a prezzo di mercato la bad bank non avrebbe alcuna utilità, va quindi definito un algoritmo di calcolo per stabilire un prezzo fair. Per la Commissione la differenza tra questo prezzo e quello di mercato costituisce un aiuto di Stato, che pertanto richiederebbe prima la partecipazione alle perdite dei creditori bancari (azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre il limite dei 100 mila euro). Non sembrano funzionare gli sforzi italiani per far comprendere che l’intervento avrebbe la funzione di rimettere in moto il mercato dei crediti cartolarizzati (pressoché scomparso dall’inizio della crisi) e non tanto quello di sostenere i bilanci delle banche. Il ritardo con cui i Governi succedutisi negli ultimi anni hanno abbracciato questa iniziativa, la ritrosia con cui le banche hanno ammesso l’esistenza di un problema sistemico sulla qualità dei finanziamenti (Barucci e Milani, 2015) e il non brillante giudizio ottenuto dagli istituti di credito domestici in occasione degli ultimi stress test, spingono probabilmente la Commissione a non credere pienamente in questa tesi.

L’esperienza tedesca

Un’ipotetica strada potrebbe essere quella di ricalcare l’intervento attuato dalla Germania quando, nel 2009, varò un veicolo finanziario destinato ad acquisire dalle banche tedesche private (per le banche pubbliche tedesche si è invece adottato un meccanismo simile a quello poi utilizzato in Irlanda e Spagna, con l’acquisto da parte della società veicolo dei titoli a prezzi concordati) i cosiddetti titoli “spazzatura”, costituiti per lo più da crediti cartolarizzati (si veda per maggiori dettagli Deutsche Bundesbank, 2009, e Freshfields Bryckhaus Deringer, 2009). Per evitare che il contribuente tedesco sostenesse il costo di questa operazione il meccanismo che è stato ideato prevede che la società veicolo acquisisca i titoli spazzatura al prezzo iscritto in bilancio, a cui eventualmente applicare uno sconto del 10%, emettendo in cambio obbligazioni garantite dallo Stato. Queste obbligazioni sono però senza scadenza e vengono interamente rimborsate solo quando la società veicolo avrà recuperato per intero il valore dei titoli ricevuti in gestione, eventualmente reinvestendo le somme recuperate in altre attività finanziarie.

Il vantaggio per gli istituti di credito è quello di sostituire un asset illiquido, come le sofferenze, con obbligazioni del veicolo che, avendo la garanzia statale, possono essere utilizzate come collaterale presso la BCE per ricevere liquidità all’occorrenza. Inoltre, per i criteri sui requisiti patrimoniali le sofferenze determinano un alto assorbimento di capitale, stante la loro elevata rischiosità. Sostituendoli con i titoli del veicolo si liberano capitali che possono essere utilizzati per incrementare l’attività creditizia e sostenere imprese e famiglie meritevoli di finanziamento.

Applicazione all’Italia

In Italia un simile meccanismo potrebbe essere proficuamente adottato per il tramite della Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Supportata da società specializzate nel recupero di crediti, la CDP potrebbe integrare le attività della bad bank con quelle del Fondo Italiano di Investimento, la cui finalità è favorire la patrimonializzazione delle piccole e medie imprese e la loro aggregazione (Corsaro, 2015). Immettendo capitali freschi nelle PMI aventi buone prospettive di crescita, ma in difficoltà per aver subito l’effetto congiunto della peggiore recessione della storia italiana e del credit crunch, queste potrebbero tornare in salute, con vantaggio per l’intera economia e per la stessa bad bank, che recupererebbe più velocemente il valore delle attività gestite.

La banca che decida di partecipare a questo schema dovrebbe però pagare annualmente il costo della garanzia statale. In aggiunta, e ipotizzando che il recupero del valore di cessione delle sofferenze avvenga in un lasso di tempo molto lungo (anche 20 anni), gli istituti di credito dovrebbero accantonare riserve attingendo ai dividendi. L’ammontare da accantonare potrebbe essere stimato dalla Banca d’Italia valutando la differenza tra il valore di cessione e il valore di recupero atteso. Trascorsi 20 anni, se la società veicolo non avrà ancora recuperato il valore di acquisto, e le riserve costituite non saranno sufficienti, si utilizzeranno gli utili prodotti negli anni successi per coprire interamente la differenza.

La partecipazione al meccanismo dovrebbe essere volontaria, come anche sottolineato recentemente dal Governatore della Banca d’Italia (Visco, 2015). Utilizzando la sua moral suasion, la Banca d’Italia dovrebbe comunque spingere tutte le principali banche ad aderire, portando in questo modo a una veloce pulizia dei bilanci bancari. La “minaccia” per chi decidesse di mantenere le sofferenze potrebbe essere quella di esigere un più rapido aggiustamento dei valori iscritti in bilancio ai prezzi di mercato.

Conclusioni

Lo schema proposto in questo articolo risolverebbe l’attuale impasse con la Commissione. Infatti, per i contribuenti non ci sarebbe alcun costo, anzi sarebbero più evidenti i vantaggi in termini di minori oneri economici e sociali derivanti dal poter riportare in bonis PMI in momentanea difficoltà.

Riferimenti

Barucci E., Milani C., 2015, L’infinito dibattito sulla bad bank, FinRiskAlert.it.

Corsaro S., 2015, Le partecipazioni di CDP nei fondi, FinRiskAlert.it.

Deutsche Bundesbank, 2009, The German government’s “bad bank” model, Monthly Report.

Freshfields Bryckhaus Deringer, 2009, German Bad Bank Act in Force.

Visco I., 2015, Advancing European financial integration, Euromoney – The Italy Conference.

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