Credito Deteriorato e nuovo Archivio delle Perdite richiesto da Banca d’Italia
di Michele Bonollo

Nov 26 2014
Credito Deteriorato e nuovo Archivio delle Perdite richiesto da Banca d’Italia <small><small><I> di Michele Bonollo </I></small></small>

Executive Summary

La Circolare 284 della Banca d’Italia richiede dal marzo 2015 l’invio di un flusso da parte delle banche, con cadenza annuale. Tale nuovo flusso è denominato Archivio delle Perdite o flusso LGD. In breve, contiene dati sui cicli di default  della banca e sui relativi dati di perdita e recupero sui crediti problematici. Il tema dei crediti deteriorati è particolarmente attuale per le banche italiane, sia perché determina importanti contributi negativi sul conto economico, sia per la recente fase di asset quality review. Al di là delle semplificazioni giornalistiche, spesso focalizzate principalmente sulla percentuale di credito deteriorato nei portafogli delle diverse banche, cercheremo in questo breve contributo di meglio chiarire la gestione del credito deteriorato nei suoi riflessi economici, patrimoniali e operativi. Inoltre forniremo alcuni maggiori dettagli sul nuovo archivio delle perdite e cercheremo di inquadrare il tutto all’interno del framework internazionale, sia nelle normative sulla solvibilità sia in quelle contabili.

1. Il credito deteriorato. Dinamiche, aspetti gestionali e operativi

L’accantonamento delle perdite presunte sui crediti è una fase tipica nell’ambito della costruzione del bilancio delle banche.

Ciò che è cambiato negli anni è le rilevanza di questa componente. Se il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi sino a 10 anni fa in molte banche era  sotto al 2%, oggi nella grande parte della banche italiane è oltre il 10%, con casi frequenti oltre il 15%.

Oltre alle sofferenze, stato peggiore del credito deteriorato, vi sono gli incagli, posizioni con evidenti segnali di mancanza di capacità restitutoria (mancato pagamento rate, sconfini ripetuti, ..).

Il credito deteriorato comprensivo di sofferenze e incagli in molte banche italiane supera il 20% dello stock di impieghi totali.

Se nella classificazione segnaletica (base Y, Central Rischi, ..) la tassonomia del credito anomalo è costituita in ordine di gravità da sofferenze, incagli, past due e ristrutturati, in ambito gestionale le banche hanno messo a punto categorie e processi i più vari. In alcune banche si parla di pre-incagli, incagli leggeri, in altre di posizioni sotto controllo, e varie altre terminologie.

La copertura del credito deteriorato va distinta tra due diversi punti di vista. Ex-ante, prima di manifestazioni di degrado, la copertura del rischio è rappresentata dalle garanzie, personali (fidejussioni, consorzi di garanzia, ..) o reali (ipoteche, titoli in pegno e garanzia, ..). In questo senso, un indicatore importante è la quota di crediti unsecured (detti anche in bianco) rispetto al totale degli impieghi.

Ex-post, o comunque durante la manifestazione del deterioramento del credito, la “copertura” è costituita dagli importi che tempo per tempo vengono accantonati nella fase di assestamento del conto economico, incrementando (o decrementando) gli appositi fondi di perdite presunte nel passivo dello stato patrimoniale. Tali importi confluiscono nella Voce 130 del conto economico.

A questo proposito, il coverage ratio, cioè la quota già accantonata, è un indicatore della prudenza (o rigore) della banca nella previsione di possibili perdite. Negli anni i benchmark si sono alzati verso coverage ratio sempre più prudenti, su richiesta delle autorità di vigilanza, delle normative e delle best practices.

Oggi pertanto, quantomeno sulle sofferenze, i coverage ratio di molte banche, compresa la più grande banca italiana, sono vicino al 60%, quando alcuni anni fa erano sotto il 50%. Per gli incagli molte banche esprimono coverage ratio superiori al 40%. Ovviamente tali coefficienti devono essere correlati con il set di garanzie di cui la banca dispone verso le controparti. Si usa infine il termine di Crediti Deteriorati Netti per indicare il credito deteriroato lordo meno gli accantonamenti, in termini percentuali (1 – Coverageratio).

A tale riguardo, un indicatore molto utilizzato da analisti, agenzie di rating, società di revisione, e anche in sede di AQR, è il rapporto DeterioratiNetti/Patrimonio.

Se tale rapporto è maggiore di 1, significa che nello scenario worst case, in cui tutte le perdite potenziali si materializzano, la banca non è in grado di assorbire le perdite con il proprio patrimonio, misurato ai diversi livelli.

Dati gli stock di credito deteriorato delle banche italiane, l’indicatore in questione supera l’unità, o comunque un valore di alert del  90%,  per una quota non marginale di banche italiane.

Il rilevante incremento osservato purtroppo nella consistenza dei crediti deteriorati ha avuto rilevanti impatti gestionali sulla organizzazione interna delle banche. Un primo elemento strategico riguarda la gestione interna/esterna delle attività vere e proprie di recupero del credito, o le soglie (di materialità, di qualità) oltre le quali affidarsi a strutture specializzate. Una alternativa più estrema è la cessione tout court dei crediti non performing ad altre entità, spesso esse stesse banche o promanate da banche. La cessione, anche per pochi punti percentuali, dei crediti NPL (non perfoming loans) può essere conveniente, tenendo conto degli importanti costi diretti e indiretti (soprattutto del personale) per le attività di recupero.

A prescindere dalla fase operativa di recupero, tutte le banche hanno dovuto creare o irrobustire delle strutture dedicate al controllo andamentale e al credit management.

Il primo dipartimento ha in carico la tempestiva classificazione dei credit da bonis verso altre categorie. Il credit management, quantomeno negli stati precedenti alla sofferenza conclamata, deve attivare con la clientela tentatiti di recupero o riscadenziamento.

Infine il 15° aggiornamento della circolare 263 richiede al Risk Management un controllo di II livello sulla qualità delle classificazioni e degli accantonamenti. Più precisamente “(Risk Mgt)verifica il corretto svolgimento del monitoraggio andamentale sulle singole esposizioni creditizie”.

Si veda in proposito [7].

2. Il credito deteriorato. Profili di vigilanza e segnaletici

Anche nella stampa specializzata viene talvolta trasmessa la percezione che la Vigilanza Europea in capo alla BCE abbia azzerato le discrezionalità o le specificità nazionali.

In realtà, nonostante siano entrati nell’uso i flussi di reporting di vigilanza e finanziari internazionali (cosiddetti COREP e FINREP), è tuttora in vigore un importante apparato di segnalazioni di vigilanza da parte della banche italiane verso la Banca d’Italia. Tali segnalazioni sono riportate in una sorta di testo unico, la circolare 154, si veda [2], distinguendo tra quelle standard europee, dette armonizzate, e quelle non armonizzate. La circolare si applica non solo alle banche ma a tutti gli enti vigilati (SGR,. SIM, ..).

Le segnalazioni, dette anche basi segnaletiche, sono molto più numerose di quanto non si ritenga, in quanto coprono, talora con ridondanza, tutti gli ambiti di operatività, tipi di transazione, e scopi del regulator nazionale stratificatisi negli anni.

Si va pertanto dalle basi statistiche, dette anche matrici (basi A1,A2,A3,A4), alle basi sui requisiti patrimoniali del framework di Basilea; base Y per le banche, base 1 per i gruppi, nuove basi LY e L1 per il rischio di liquidità (indicatori LCR e NSFR). Fino a baso molto più ad hoc, come la base EP sul rischio paese e le basi “Mx” e “W” su dati di bilancio e rischio tasso del banking book.

Rispetto a tali pluralità, il portafoglio dei crediti deteriorati è oggetto di analisi e scomposizione in numerosi flussi segnaletici. Ricordiamo i principali:

  • A livello statistico, i crediti deteriorati sono rappresentati nelle matrici statistiche di classe Ax, con una seria ampia di segmentazioni
  • Sopra una soglia di materialità, tutti i crediti, con lo status (bonis vs. sofferenza), sono segnalati anche in Centrale dei Rischi. Come flusso di ritorno, le banche esposte con una determinata controparte possono ottenere analisi sulla posizione globale nel sistema bancario del cliente, informazioni su sconfini (cioè un importo utilizzato maggiore di quello accordato), esistenza di altri istituti segnalanti a sofferenza, l’esposizione del cliente a sistema per macro forme tecniche.
  • Infine, gli impieghi segmentati per portafogli regolamentari sono segnalati anche mediante la base Y per il calcolo degli RWA. Qui particolarmente rilevante è la individuazione delle tipologie segnaletiche di “esposizioni con ponderazioni particolari”, cioè le esposizioni per le quali il calcolo dell’RWA viene effettuato con ponderazioni più elevate. Si distinguono in questo ambito con diverse voci le sofferenze, gli incagli, le esposizioni ristrutturate e i past due.

Tutte queste basi segnaletiche sono fruibili in modalità aggregata, ad uso di banche e studiosi, nella base dati statistica di Banca d’Italia (BDS), che consente di ottenere diverse analisi multidimensionali sui rischi di credito: analisi di composizione del credito deteriorato, tassi di decadimento (cioè nuovi flussi di sofferenze sul portafoglio), concentrazione del credito e molte altre, su cluster geografici, settoriali, dimensionali.

La presenza di possibili differenze semantiche tra le diverse basi segnaletiche, o normali problemi di data quality (anche da parte delle banche “mittenti”) non sempre permettono una facile “quadratura” tra gli aggregati statistici ottenuti secondo diversi percorsi di ricerca e navigazione. Questa problematica sarà oggetto di un prossimo paper.

All’impianto brevemente sintetizzato sopra si aggiunge dal 2015 l‘archivio delle perdite, base LD, descritto nel seguito.

2. Il nuovo Archivio delle Perdite.

2.1 A cosa serve e cosa cambia?

La nuova segnalazione ha (almeno) due obiettivi dichiarati anche nelle sue premesse:

  • Controllo di vigilanza per le banche che utilizzano modelli interni per il calcolo del requisito patrimoniale sul rischio di credito nella componente LGD.
  • Supporto, anche a livello internazionale, per il passaggio da un modello di accantonamenti di tipo “incurred losses” (cioè perdite accadute, osservate) ad un modello ex-ante di “expected losses” (di questo daremo qualche cenno nel paragrafo successivo).

Prima di illustrare nel dettaglio motivazioni e scopo, qualche elemento in più sul nuovo flusso:

  • Frequenza e time line. Invio entro 25 marzo di ogni anno, con riferimento all’anno precedente. Su base volontaria (cui le grandi banche in genere aderiscono) recupero anche di dati pregressi.
  • Perimetro. Vanno inviati i dati afferenti i cicli di default chiusi nell’anno precedente, dove default in senso lato comprende default e tutte le categorie più gravi di credito deteriorato ai sensi della matrice dei conti.  “Chiusi” va inteso nel senso di completamento della procedura di recupero. A questi si aggiungono i casi di incomplete workout, cioè quelli in cui la sofferenza è aperta da oltre 10 anni. Chiariamo meglio alcune fattispecie. Vanno segnalati quindi:
    • Tutti i casi di cancellazione della posizione (write off) per mancata prosecuzione dei tentativi di recupero. A livello contabile si è pertanto registrato un movimento di passaggio a perdite.
    • Tutti i casi di integrale recupero in funzione delle garanzie disponibili. Tali posizioni pertanto concorreranno ad abbassare, in quanto nulla, la LDG desumibile dai dati.
    • I casi di transizione verso il bonis sono alimentati mediante la riduzione della esposizione e in tale modo convenzionalmente catturati e gestiti dalla Banca d’Italia.
    • Tipi di dati. Nel flusso segnaletico debbono essere trasmessi secondo i formati previsti dati di diversa natura, quali:
      • Dati di controparte, con chiave il codice Centrale dei Rischi
      • Dati sulle esposizioni, tra cui le date di inizio-fine status con le variazioni della EAD occorse rispetto a ultima segnalazione
      • Dati sulle garanzie
      • Dati sui recuperi
      • Dati sui costi, diretti, indiretti, e quelli non ripartibili.
      • Per le sole banche con i modelli AIRB validati, le banche debbono anche provvedere a determinare delle grandezze di output intermedie, quindi applicare i tasso di attualizzazione ai diversi vettori di flussi (EAD, recuperi, costi) per fornire una propria LGD.

Ricordiamo infine che esiste una soglia di EAD, 1.500 euro, sotto la quale le posizioni non devono essere segnalate (100 euro per credito al consumo).

A che cosa serve questa segnalazione e quali punti di attenzione per le banche?

Per le banche con i modelli interni validati, il modello statistico di LGD, e la conseguente griglia di coefficienti, spesso segmentati per tipo controparte, tipo garanzia, tipo prodotto, ecc., consentiranno alla Banca d’Italia un monitoraggio e un benchmarking tra i coefficienti validati in fase di istruttoria del modello interno e quelli desumibili da fonti più prettamente contabili e ufficiali.

In questo ambito, le banche di dimensioni maggiori non hanno impatti operativi in termini di “produzione” della base LD, ma dovranno esse stesse sorvegliare l’evoluzione del processo di recupero del credito e la qualità dei propri modelli statistici, così da asseverare una adeguata convergenza tra esse.

Non solo. Le stesse banche hanno in generale già adottato un modello di accantonamenti sul credito di tipo expected losses, determinato cioè dalla coppia (PD,LGD) su cliente-esposizione. Le evidenze ricavabili dal flusso LGD vs. il modello interno validato consentiranno ulteriori verifiche sulla qualità/robustezza del conto economico.

Anche per le banche di dimensione minore ci sono effetti rilevanti. Spesso queste banche non hanno o non hanno ancora sviluppato propri modelli di LGD, principalmente a causa dell’impegno per il recupero dei dati, per l’imputazione dei costi, o la sensibilità al rischio non ancora del tutto formata.

Una volta messi a punto i nuovi flussi, dopo un normale periodo di fine tuning, gli accantonamenti di tipo collettivo, cioè quelli effettuati sulle posizioni in bonis, potranno con maggiore precisione essere effettuati sulla effettiva efficienza del recupero del credito della singola banca, invece di ricorrere a percentuali LGD di benchmarking, di letteratura, o suggerite da advisors e revisori.

Anzi, crediamo che per le banche con i modelli standard vi siano le maggiori opportunità. Anche se il calcolo di RWA prevede modelli standard ben più semplici, crediamo che la crescita di una cultura del rischio su LGD, insieme all’impulso per i modelli gestionali di calcolo del rischio richiesti nel RAF, infine la diffusione dei modelli di rating e PD anche nella filiera gestionale (pricing del credito, controllo di gestione, ..) possa per le banche medio piccole determinare un importante e utile salto culturale.

2.2 Integrazione tra normative

La premessa della circ.284 illustra come l’archivio delle perdite sia di supporto a una transizione dei principi internazionali di calcolo degli accantonamenti.

Lo IAS 39 “Financial Instruments: Recognition and Measurement” , noto documento sulla valutazione degli strumenti finanziari, è in corso di sostituzione in favore dello IFRS9 “Financial Instruments”.

Tale IFRS9 è un vero e proprio progetto articolato in più componenti/fasi, gestito da IASB (International Accounting Standard Board). Si veda [8].

La piena operatività di IFRS 9 è prevista dal 2018. Oltre al già citato passaggio da incurred losses a expected losses, con ruolo cardine dei modelli statistici di PD e LGD nella determinazione degli accantonamenti, un altro punto saliente è costituito dall’orizzonte temporale lungo il quale effettuare gli accantonamenti.

Rispetto ud una prassi generalizzata di accantonamenti su 12 mesi (e quindi sostanzialmente l’accantonamento è pari a EAD × PD × LGD), IFRS9 prevede una serie di criteri per discriminare tra 12 mesi e  “full life time credit expected losses”.

In relazione alla convergenza o coerenza tra normative sui rischi (Basilea) e contabili (IASB), va segnalato infine il documento di consultazione di Banca d’Italia di settembre 2014.

Esso tra spunto dagli ITS (Implementing technical standards) di EBA in riferimento alla segnalazioni di vigilanza consolidate armonizzate FINREP, alle definizioni di NPE (Non Performing Exposures) e di forbearance (esposizioni ristrutturate o oggetto di concessioni) introdotte in tali ITS.

Lo scopo ulteriore della consultazione della banca centrale è di estendere poi anche a banche non gruppi e SIM tali nozioni.

Nel documento viene puntualizzato che:

  • Sofferenze. Mantenute le attuali definizioni.
  • Incagli. Distinzione tra incaglio oggettivo e soggettivo (“unlikely to pay”). Soglie di materialità da definire
  • Default. Mantenuta la definizione e confermato, per le sole esposizioni al dettaglio, il possibile approccio di default per rapporto invece che per controparte.

Soprattutto, Banca d’Italia ribadisce a livello nazionale l’assoluta convergenza tra non performing loans e impairment della normativa contabile IAS/IFRS con le nozioni di NPE e default della CRR. In una epoca di ingente e forse eccessiva produzione di nuova regolamentazione, questo chiarimento di Banca d’Italia permette di evitare, nei processi e nei sistemi informativi, costosi e rischiosi “doppi binari”. Elemento questo auspicato anche da ESMA.

Riferimenti

[1] C. Brescia Morra e G. Mele (2014),  “Le nuove fonti della vigilanza prudenziale”,

[2] Banca d’Italia (2014), “Segnalazioni di vigilanza delle istituzioni creditizie e finanziarie”, Circ.154 55° aggiornamento.

[3] Banca d’Italia  (2013), “La nuova Vigilanza Prudenziale per le Banche”, Circ.263 15^ Aggiornamento.

[4] Banca d’Italia  (2013), “Disposizioni di vigilanza per le banche”, Circ.285.

[5] Banca ‘Italia (2013), “Istruzioni per la compilazione delle segnalazioni delle perdite storicamente registrate sulle posizioni in default”, Circ.284.

[6] Banca d’Italia (2014), “Aggiornamento delle definizione di attività deteriorate”, documento di consultazione.

[7] M.Bonollo e N.Andreis (2014), “Il sistema dei Controlli Interni nella nuova Circolare 263. Sintesi e Aspetti Critici”.

[8] IASB (2014), “IFRS 9 Financial Instruments

[9] Unione Europea (2013), “CRR – Capital Requirement Regulation”

Share

I commenti per questo post sono chiusi