Il punto su Basilea 3
di Emilio Barucci e Stefano Corsaro

Mar 25 2014
Il punto su Basilea 3 <small><small><I> di Emilio Barucci e Stefano Corsaro</I></small></small>

Executive Summary

Il Comitato di Basilea e l’EBA (Comitato di Basilea, 2014; EBA, 2014a) hanno pubblicato monitoring report/exercise sull’applicazione di Basilea III da parte delle banche di maggiore dimensione. I risultati mostrano come il deficit di capitale a livello di sistema continui a diminuire, soddisfare i requisiti minimi di capitale non desta particolari preoccupazioni, mentre più complicato è soddisfare il livello di capital ratio in vigore a regime. Lo standard di liquidità di breve termine (LCR) presenta pochi motivi di preoccupazione, l’indice di leva finanziario è al di sopra dei requisiti minimi, sebbene siano presenti alcune criticità, soprattutto in Europa.

1.     Nota metodologica

Facendo seguito al Quantitative Impact Study del dicembre 2010, il Comitato di Basilea (a livello internazionale) e l’Autorità bancaria europea (EBA, a livello europeo) hanno prodotto i loro rapporti in merito all’applicazione di Basilea 3 da parte delle banche di maggiore dimensione con riferimento ai dati di bilancio del 30 giugno 2013. Oggetto dell’indagine sono i seguenti ambiti:

  • coefficienti patrimoniali e shortfall di capitale,
  • impatto sul capitale e sui risk weighted assets
  • indice di leva finanziaria,
  • standard di liquidità.

Il campione dell’analisi BIS comprende 227 banche: di queste, 102 appartenenti al Gruppo 1 (Tier 1 in eccesso superiore a 3 miliardi di euro, banche attive internazionalmente) e 125 al Gruppo 2. A livello europeo, 174 istituti bancari hanno fornito i dati richiesti, di cui 43 facenti parte del Gruppo 1 e i restanti 131 del Gruppo 2 (13 istituti italiani, di cui 2 nel Gruppo 1). L’analisi è stata effettuata facendo due ipotesi: l’assetto patrimoniale è preso alla data del 30 giugno 2013 senza considerare le operazioni programmate dalle banche; l’analisi è effettuata comparando la posizione della banca nell’ipotesi di piena applicazione di Basilea III (fully phased in senza considerare i processi di transizione e le esenzioni) con quella attuale e facendo riferimento alla regolamentazione implementata dalla autorità nazionale di vigilanza.

2.     Requisiti di capitale

Basilea 3 ha al contempo innalzato i requisiti di capitale per il Common Equity Tier 1 (CET1), che ha preso il posto del core Tier 1, Tier 1 e total capital, aumentato la qualità degli strumenti computabili per l’additional Tier 1 e Tier 2 e cambiato i criteri alla base del computo delle attività ponderate per il rischio (risk weighted assets).

Tali modifiche normative hanno avuto importanti ripercussioni sui bilanci degli istituti finanziari. La nuova regolamentazione prevede un livello minimo di CET1 pari al 4,5% (dal 2015, al 7% dal 2019 per l’aggiunta di un cuscinetto di conservazione del capitale), del 6% per il capitale Tier 1 (dal 2015, 8,5% dal 2019 per il cuscinetto di conservazione del capitale) e dell’8% (dal 2015, 10,5% dal 2019 per il cuscinetto di conservazione del capitale) per il capitale totale. Vale la pena osservare che il requisito dell’8% sul capitale totale era già in vigore prima dell’introduzione di Basilea 3.

L’analisi mostra risultati tranquillizzanti rispetto ai minimi requisiti di capitale, problemi emergono invece nel rispettare il target complessivo in vigore a partire dal 2019 (cuscinetto di conservazione del capitale e capital surcharges per le 29 banche rilevanti a livello sistemico). Al 30 giugno 2013, passando dall’attuale regime a Basilea 3, l’analisi della BIS mostra una diminuzione dall’11% al 9,5% del capital ratio medio per il CET1 per le banche del Gruppo 1 e dall’11,3% al 9,5% per gli istituti del Gruppo 2. Il capital ratio medio per il Tier 1 diminuisce dal 12% al 9,7%, il capital ratio per il capitale totale cala dal 14,6% all’11,1%. Risultati simili si osservano per le banche del Gruppo 2. L’analisi proposta dall’EBA per le banche europee porta a considerazioni simili: i dati aggregati a livello europeo evidenziano come il capital ratio CET1 delle banche del Gruppo 1 risulta in calo dall’11,9% al 9,1%, dal 12,4% all’8,8% per il Gruppo 2. Il ratio per il Tier 1 per le banche maggiori declina dal 13,4% al 9,2%. In generale, il campione delle banche europee si presenta in media con un più elevato livello di capitalizzazione rispetto alla normativa vigente e subisce una diminuzione del ratio patrimoniale di maggiore entità con il passaggio a Basilea 3, giungendo a livelli inferiori rispetto al campione BIS.

Le analisi mostrano livelli medi aggregati degli indicatori di capitale superiori ai minimi richiesti da Basilea 3. La grande maggioranza delle banche ha riserve di capitale più che sufficienti per soddisfare i limiti. Tra gli istituti del Gruppo 1, il 98% ha un CET1 ratio pari ad almeno il 4,5% e il 95% supera la soglia del 7%. Il 95% e l’88% delle banche del Gruppo 2 superano le medesime soglie. Le banche di medie dimensioni presentano comunque una maggiore dispersione nei capital ratios rispetto alle banche grandi. Nel panorama europeo, le banche del Gruppo 1 in grado di raggiungere le due soglie sono il 95% e l’82%. Un dato che conferma il fatto che le banche europee al momento soffrono di più per il passaggio a Basilea 3. Il deficit di capitale delle banche europee riguarda il Tier 1 e il capitale totale piuttosto che il capitale CET1 .

Questa analisi si riflette sul deficit aggregato di capitale degli istituti finanziari che non raggiungono i minimi richiesti. Il deficit di CET1 è limitato: per le banche del Gruppo 1 (Gruppo 2) ammonta a 3,3 (12,4) miliardi di euro con riferimento al requisito del 4,5% e a 57,5 (27,7) miliardi con riferimento al 7%. Le banche europee del Gruppo 1 (Gruppo 2) presentano un deficit di 2,4 (13,3) miliardi rispetto al 4,5% e 36,3 (29,1) miliardi rispetto al 7%. L’ammontare del deficit di capitale diviene significativo se si passa a considerare i requisiti sul capitale complessivo: per le banche del Gruppo 1 (Gruppo 2) ammonta a 28,8 (23,7) miliardi con riferimento al requisito minimo e a 305,7 (47,4) miliardi con riferimento al target in vigore a partire dal 2019. Le banche europee del Gruppo 1 (Gruppo 2) presentano un deficit per 16,9 (24,8) miliardi rispetto al minimo e 164,8 (46,7) miliardi rispetto al target.

Il deficit in termini di CET1 risulta dunque  contenuto rispetto ai requisiti in vigore di qui a breve, il deficit rispetto ai requisiti in vigore a partire dal 2019 è più elevato, soprattutto con riferimento alle banche grandi, ma appare comunque limitato. Le banche medie non presentano invece neppure un elevato deficit in termini di capitale complessivo. Il deficit significativo riguarda il capitale complessivo delle grandi banche rispetto al target in vigore a partire dal 2019. Su questo fronte  i problemi sono dovuti soprattutto alle 29 banche di rilevanza sistemica, cui sono attribuibili 231 miliardi dei 305,7 di deficit.

L’andamento nel tempo del deficit di capitale a livello di sistema segue strade divergenti a seconda della dimensione delle banche. Prendendo a riferimento i requisiti in vigore a partire dal 2019, secondo l’analisi dell’EBA e della BIS, le banche del Gruppo 1 hanno compiuto grandi sforzi che hanno portato a diminuire di 2/3 il deficit in termini di capitale complessivo a livello di sistema rispetto ai livelli di giugno 2011. In termini di CET1 la diminuzione è addirittura dell’80%. Le banche del Gruppo 2, pur presentando un deficit a livello di sistema limitato, hanno conosciuto un lieve aumento del deficit negli ultimi tre anni. L’entità del deficit è comunque limitata e quindi il fenomeno non sembra destare preoccupazioni.

Per cogliere il punto: rispetto a Basilea 3, le banche del Gruppo 1 sono passate dal 7.1% nel giugno 2011 al 9.5% in termini di capital ratio CET1, dall’8.6% nel giugno 2011 all’11.1% in termini di ratio di capitale complessivo, le banche del Gruppo 2 sono passate dall’8.8% nel giugno 2011 al 9.2% in termini di ratio CET1, dall’11.1% nel giugno 2011 all’11.4% in termini di ratio di capitale complessivo. Dunque, il miglioramento è stato significativo per le banche di grandi dimensioni, quello delle banche medie è minimo ma il punto di arrivo è simile.

Le banche hanno promosso importanti operazioni di rafforzamento del capitale negli ultimi anni: tra il giugno 2011 e il giugno 2013, il capitale complessivo delle banche del Gruppo 1 è aumentato del 23% (28% in termini di CET1); per le banche del Gruppo 2 l’aumento del capitale è stato del 10%. L’incremento del capitale delle grandi banche è ascrivibile in larga misura alle banche di importanza sistemica: pur rappresentando un terzo del campione, nel primo semestre del 2013 esse hanno apportato più della metà dell’aumento di CET1.

Alcune differenze tra le banche di grandi e medie dimensioni si riscontrano, infine, soffermandosi sulla qualità del capitale detenuto. Secondo l’indagine della BIS le banche del Gruppo 1 detengono un ammontare di CET1 pari all’85,9% del capitale totale e 2/3 di essere superano la soglia del 90%; le banche del Gruppo 2 si attestano invece all’80,7%, con una conseguente maggiore quantità di capitale additional Tier 1 e Tier 2. Il dato è confermato a livello europeo. La differenza di qualità del capitale è spiegabile principalmente con i maggiori sforzi compiuti negli ultimi anni dalle banche di grande dimensione per soddisfare i requisiti di Basilea 3.

3.     Impatto su capitale e risk weighted assets

Passando dalla normativa vigente a Basilea 3 si assiste ad una diminuzione dei capital ratios che è conseguenza di tre fattori: piena applicazione delle nuove norme in materia di capitale eligible, deduzioni che non venivano applicate al CET1, aumento del RWA.

Il capitale risente in misura significativa delle nuove norme per l’idoneità degli strumenti: per questa ragione, a livello europeo, il capitale complessivo risulta essere in diminuzione del 26% per le grandi banche e del 21,9% per le banche di media grandezza, il CET diminuisce rispettivamente del 16.1% e del 21.8%. Il dato mostra che per le grandi banche le deduzioni dal CET1 sono meno ‘‘stringenti’’ delle nuove condizioni per gli strumenti che possono essere inclusi nel capitale Tier 1 e Tier 2.

L’effetto delle deduzioni è simile. La diminuzione del livello di capitale conseguente alla applicazione delle nuove deduzioni è pari al 30% a livello europeo, senza una differenza significativa a seconda della dimensione delle banche, mentre secondo l’indagine BIS il valore sarebbe pari al 23%. La composizione della diminuzione è diversa a seconda della dimensione delle banche: per le grandi banche circa la metà è attribuibile agli avviamenti; per le banche del Gruppo 2, le deduzioni dovute agli avviamenti rappresentano circa un quarto della diminuzione, la stessa percentuale è ricollegabile a partecipazioni in altre società finanziarie.

Gli aumenti dei RWA riguardano principalmente i paesi che non avevano alla data del 30 giugno 2013 applicato la normativa di Basilea 3. Tale aumento ha riguardato in particolare le banche con alti livelli di attività di trading e di rischio di credito/controparte. L’aumento del RWA dovuto all’applicazione di Basilea 3 è pari al 9,1% per le banche di dimensioni maggiori e al 7,1% per gli istituti del Gruppo 2. Gli aumenti nel panorama europeo sono pari al 9,9% e al 10,4%. L’incremento del credit value adjustment (CVA) e del trading book è responsabile della maggior parte dell’aumento dei RWA per le banche del Gruppo 1, rispettivamente 2,6% (4.2% per le banche europee) e 3.6%; in quanto meno esposti al rischio di controparte e al rischio di mercato, gli istituti del Gruppo 2 risentono meno del CVA. L’aumento dei RWA di queste ultime è principalmente dovuto alle deduzioni applicate secondo Basilea 2 e non più possibili all’interno di Basilea 3 (3,7%, 5,1% in Europa). Nel complesso, gli effetti delle nuove valutazioni del rischio di controparte e del rischio di mercato non sembrano essere troppo significativi. Le variazioni nel RWA complessive possono comunque essere molto elevate, giungendo ad essere pari al 50% nei casi estremi presenti nel campione. Dalle analisi aggregate sembra di poter dedurre che l’utilizzo di modelli interni porterà un vantaggio in termini di RWA rispetto ai modelli standard.

4.     Leverage ratio

L’introduzione di un requisito in termini di leva finanziaria (leverage ratio, LR) rappresenta, nelle intenzioni dei regolatori, il naturale complemento rispetto a requisiti basati sul rischio. Rispetto a una previsione normativa che vede nel 3% il rapporto minimo tra il patrimonio Tier 1 e le esposizioni totali, il LR delle banche del Gruppo 1 si attestava, a giugno 2013, al 4,0% (3.7% per le banche di rilevanza sistemica), quello degli istituti minori al 4,6%. 19 istituti del Gruppo 1 e 25 del Gruppo 2 non raggiungono ad oggi la soglia del 3%. Come nel caso dei capital ratios, l’indice per le banche nel Gruppo 1 è in lenta crescita, mentre il livello di leva finanziaria della banche medie è rimasto costante ad un livello superiore al 4%. Anche in questo caso siamo in presenza di una elevata dispersione: il livello più basso del LR per ambedue in gruppi di banche è pari a 0.8%.

Per il campione di banche europee il livello del LR è del 3% (Gruppo 1) e del 3,6% (Gruppo 2), cui corrisponde un deficit di capitale Tier 1 pari a 100,5 e 27,3 miliardi. Motivi di preoccupazione provengono, dunque, dal fronte del LR delle banche europee: le 43 banche europee di maggiori dimensioni presentano un livello di LR a stento sufficiente per superare i requisiti minimi di Basilea 3 e oltre un terzo delle banche del campione non raggiunge attualmente il 3%.

L’indice della LR è di recente andato incontro a piccoli cambiamenti: tra gli altri, è stata prevista la possibilità di compensare crediti e debiti detenuti nei confronti di una specifica controparte e si è stabilito che l’esposizione massima relativa a written credit derivatives da calcolare nell’indice sia pari alla massima perdita potenziale. Tali modifiche non hanno trovato applicazione nell’attuale monitoraggio, poiché entrate in vigore a gennaio di quest’anno. Se le nuove definizioni fossero state applicate, i valori degli indici di leva finanziaria riportati nell’analisi della BIS sarebbero passati al 3,7% e 4,4%. Possiamo dedurne che le recenti modifiche dovrebbero rendere l’indicatore più stringente.    

Le analisi dell’EBA e della BIS mostrano che soddisfare il vincolo sul LR è problematico soprattutto per le banche di maggiori dimensioni. Il LR delle grandi banche è influenzato fortemente dal ruolo dei derivati, dei titoli di finanziamento e degli assets fuori bilancio, che rappresentano il 33% dell’esposizione delle banche del Gruppo 1 a livello europeo contro il 15% dell’esposizione delle banche del Gruppo 2.

L’indice di leva finanziaria si articola in tre componenti: Tier 1, RWA, leverage ratio exposure. I rafforzamenti patrimoniali imposti da Basilea 3 hanno portato ad un aumento del capitale Tier 1 per tutte le banche (26% per la banche del Gruppo 1, 13% per le banche del Gruppo 2); il grado di leverage è aumentato per tutte le banche (8% per la banche del Gruppo 1, 6% per le banche del Gruppo 2); i RWA sono aumentati per le banche di media grandezza e diminuiti per le banche maggiori. Le banche maggiori hanno dunque messo in atto un processo di de-risking e/o hanno beneficiato dell’adozione di modelli interni.

E’ interessante comprendere l’interazione tra i rapporti patrimoniali risk-sensitive e l’indicatore del sul leverage. Secondo l’analisi della BIS, nell’ipotesi in cui le banche abbiano già raggiunto il livello target del Tier 1, soltanto il 14% degli istituti sarebbe vincolato dal LR. Per il 73% delle banche del campione, ottemperare alle previsioni di Basilea 3 in tema di risk-sensitive capital ratios è più difficile che raggiungere il livello richiesto di LR. Questa analisi implica che i requisiti basati sul rischio sono più stringenti di quello sul leverage ratio. L’analisi del panorama europeo presenta più criticità sul fronte del LR: ben il 24% delle banche del Gruppo 1 e il 17% delle banche del Gruppo 2 sarebbero sotto il livello del 3%. Soddisfare il LR è dunque un problema soprattutto per le banche europee.

5.     Standard di Liquidità

Il Comitato di Basilea ha introdotto due indici di liquidità, Liquidity Coverage Ratio (LCR) e Net Stable Funding Ratio (NFSR), al fine di garantire che le banche detengano un adeguato ammontare di liquidità di alta qualità per fronteggiare situazioni di stress lungo un arco temporale di 30 giorni (LCR) e di un anno (NSFR). Tali indici vengono calcolati rapportando gli asset di alta qualità alla differenza tra gli influssi e i deflussi di cassa(Ottolini e Ubaldi, 2014).

Il LCR entrerà in vigore nel 2015 e il requisito minimo sarà pari al 60%. Alla fine del periodo di transizione il summenzionato rapporto dovrà essere superiore al 100%. Le banche analizzate presentano valori aggiornati a giugno 2013 del 114% (Gruppo 1) e 132% (Gruppo 2), rispetto al 119% e 126% del precedente report. Il 72% delle banche supera il valore del 100%, oltre nove su dieci si situano al di sopra del 60%. Le banche europee presentano valori leggermente inferiori: i rispettivi LCR sono infatti pari al 104% e 132%. Circa due terzi degli istituti presenta un LCR pari al 100%, l’86% del campione raggiunge almeno il 60%. Suddividendo le banche secondo le loro dimensioni, si nota come la dispersione delle banche europee del Gruppo 2 sia superiore rispetto a quella del Gruppo 1.

I deficit di capitale per soddisfare il vincolo sull’LCR non destano preoccupazioni, fermandosi allo 0,3% degli asset se si considera il riferimento del 60%, e allo 0,9% rispetto al 100% (0,8% in Europa). Entrambi i valori risultato in diminuzione rispetto al report di dicembre 2012.

E’ interessante notare come la composizione degli assets che compongono il numeratore dell’LCR sia mutata nell’ultimo semestre. Pur rimanendo in massima parte all’interno degli asset di Livello 1, dunque di maggiore qualità, si osserva una diminuzione di denaro liquido e delle riserve presso la banca centrale e un aumento di titoli sovrani.

6.     Punti di attenzione

L’analisi della BIS e dell’EBA evidenzia i seguenti risultati di rilievo:

  • Problemi limitati a livello di sistema nel rispettare i requisiti minimi dei capital ratios.
  • Deficit di capitale significativo a livello di sistema rispetto al target complessivo di capitale (in vigore dal 2019) per le banche di grandi dimensioni a rilevanza sistemica.
  •  Le banche medie presentano una maggiore dispersione, alcune presentano un deficit di capitale  significativo.
  • Il deficit di sistema è in diminuzione grazie soprattutto agli aumenti di capitale apportati dalle grandi banche, ed in particolare da parte delle banche sistemiche. Le banche di media dimensione sono invece meno attive nella riduzione di eventuali deficit di capitale.  
  • La qualità del capitale delle grandi banche è superiore a quella delle medie.
  • Il vincolo sul leverage ratio è meno stringente di quello sul RWA, le banche più grandi e quelle europee potrebbero essere in posizione di maggiore criticità.
  • La piena applicazione delle nuove norme in materia di capitale idoneo e le deduzioni che non venivano applicate al CET1 hanno portato ad una diminuzione significativa del capitale, l’aumento del RWA è invece limitato, anche se ci sono dei casi in cui l’effetto è significativo.
  • Il LCR non sembra rappresentare un problema per le banche.
  • I requisiti risk sensistive sembrano essere più stringenti di quelli sul leverage e sulla liquidità.

RIFERIMENTI

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