Le partecipazioni di CDP nei fondi
di Stefano Corsaro

Set 10 2015
Le partecipazioni di CDP nei fondi <small><small><I> di Stefano Corsaro </I></small></small>

Una delle modalità con cui Cassa Depositi e Prestiti (CDP) offre sostegno all’economia sono i Fondi da essa partecipati o controllati. Ciò che differenzia l’attività così portata avanti dal resto della strategia di CDP (su cui ci siamo già soffermati, si veda Corsaro, 2015) è lo scopo perseguito. L’obiettivo di FRI, Export Banca e dei plafond è infatti ridurre la mancanza di credito (credit crunch); i Fondi, invece, tentano di affievolire la mancanza di capitale proprio (equity crunch).

Di seguito analizzeremo i casi del Fondo Italiano di Investimento (FII) e del Fondo Strategico Italiano (FSI).

IL FONDO ITALIANO DI INVESTIMENTO

Il Fondo Italiano di Investimento è un fondo mobiliare chiuso, creato nella seconda metà del 2010 e gestito da una SGR, le cui quote sono equamente suddivise tra CDP, MEF, Confindustria, ABI, Monte dei Paschi, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Istituto Centrale delle Banche Popolari – la quota di CDP è dunque del 12,5%. Nato con una patrimonializzazione di 1 miliardo di euro e con un obiettivo di 3 miliardi, il Fondo ha attualmente una dimensione di 1,2 miliardi (per poter entrare nel capitale dello stesso, l’investimento minimo è di 100 milioni). Non si tratta di uno strumento unico in Europa: esempi in tal senso sono Jeremie, gestito dallo European Investment Fund; il Fonds Stratégique d’Investissement francese, creato tra il 2008 e il 2009 e attivo per imprese di tutte le dimensioni; il Vækstfonden danese, incentrato principalmente su società di nuova costituzione e fondi di venture capital.
Il Fondo italiano è attivo per le piccole e medie imprese e ha il duplice obiettivo di favorire la patrimonializzazione delle Pmi e la loro aggregazione, così da creare un nucleo di ‘medi campioni nazionali’ capaci di competere sui mercati internazionali, senza perdere la flessibilità tipica delle aziende di minore dimensione. Gli investimenti durano 12 anni, 5 per l’investimento e 7 per il disinvestimento (i tempi sono prorogabili, rispettivamente, di 1 e 2 anni): si tratta di periodi più lunghi rispetto ai fondi di private equity.

Diverse modalità di intervento, suddivise in dirette e indirette, sono possibili.

Gli interventi diretti si strutturano in quattro linee:

  1. equity: il FII può entrare nel capitale sociale, con quote perlopiù di minoranza, di aziende con fatturato indicativamente compreso tra 10 e 250 milioni (all’apertura del Fondo, riferimento erano le imprese con fatturato tra 10 e 100 milioni), per un periodo di 5-7 anni. Al fine di garantire la patrimonializzazione delle aziende, senza ridurne il controllo da parte degli azionisti, possono essere acquistate azioni privilegiate, invece di titoli ordinari;
  2. mezzanine finance. In questo caso, FII acquisisce debito subordinato, il cui rimborso integrale avviene dopo il rimborso dei titoli senior, e un warrant (o opzione call), con cui l’ingresso in azienda è condizionato a un aumento pre-determinato del valore della stessa. Il vantaggio di questo strumento è la fornitura di equity senza aumentare nell’immediato il debito (nel caso di acquisizione di debito subordinato) o senza diluire le quote di partecipazione degli altri azionisti (nel caso di warrant o opzione call);
  3. obbligazioni convertibili o warrant: esse prevedono la possibilità di entrare nel capitale sociale dell’impresa non immediatamente, ma se avviene un aumento di valore dell’impresa stessa. I casi 2 e 3 sono adatti in caso di aziende fortemente indebitate;
  4. prestiti partecipativi: della durata di 5-10 anni, essi prevedono che parte del rendimento sia collegato ai risultati ottenuti dalla società finanziata. I prestiti partecipativi sono utilizzati per aziende con ambiziosi piani di crescita nel medio periodo – uno dei target principali del Fondo.

Gli investimenti indiretti prendono la forma di:

  1. coinvestimento, effettuato assieme ad altri fondi di private equity, con cui si concludono accordi al fine di diminuire i costi fissi;
  2. fondi di fondi: in questo caso, il FII fornisce equity, garanzie o prestiti ad altri fondi

In entrambi i casi, è necessaria una esplicita condivisione di obiettivi tra il FII e gli altri fondi partecipanti (CDP, 2015a; CDP, 2015b; FII, 2009; Bassanini, 2015).

Tra il 2010 e il 2014, il Fondo ha compiuto investimenti per un totale di 354 milioni in 32 società ed è entrato in 20 fondi per un ammontare di 408 milioni. Il numero di imprese in cui al 31 dicembre il FII ha interessi di qualunque natura è pari a 127. Lo scorso anno il Fondo ha anche allargato il suo perimetro di attività, con l’apertura del Fondo Venture Capital e del Fondo Minibond. La dimensione di tali fondi di fondi è di 50 e 250 milioni di euro; l’obiettivo è di raggiungere una dotazione di 200 e 500 milioni. Il primo si occuperà di favorire la nascita e l’espansione di start up innovative; il secondo aiuterà la creazione di fondi di minibond, per supportare le Pmi – oggetto dell’operazione sono circa 33000 aziende con ricavi tra 5 e 250 milioni (CDP, 2015b; CDP, 2015c).

IL FONDO STRATEGICO ITALIANO

Il FSI è stato creato nel 2011 con una dotazione di 4,4 miliardi di euro e con l’obiettivo di raccogliere 7 miliardi tramite l’ingresso di investitori istituzionali; è controllato all’80% da CDP (il 2,3% è detenuto dalla controllata Fintecna) e con una quota di minoranza del 20% di Banca d’Italia.  Il capitale attualmente disponibile per gli investimenti ammonta a 5,1 miliardi di euro: esso viene impiegato per acquisire quote in imprese in equilibrio economico-finanziario e che presentano potenzialità per competere in ambito internazionale, buone prospettive di sviluppo e per la creazione di ‘poli’ di eccellenza. L’investimento avviene preferibilmente in capitale primario; quando un aumento di capitale non è possibile, il Fondo investe in quote di azioni già esistenti. Le quote acquisite sono solitamente di minoranza (con possibili deroghe per aumentare la concorrenza e gestire squilibri temporanei) al fine di non alterare le dinamiche di mercato e di rimanere un ‘investitore non gestore’. L’importo minimo degli investimenti è fissato a 50 milioni di euro: sono previsti limiti di concentrazione per settore. Come la CDP, anche il FSI compie investimenti di lungo periodo (con l’obiettivo di ottenere rendimenti di mercato), così da completare i finanziamenti bancari di breve periodo e favorire lo sviluppo delle principali imprese nazionali.
Oggetto di interesse del Fondo sono le aziende di ‘rilevante interesse nazionale’, ovvero operanti in settori strategici: difesa, sicurezza, infrastrutture, trasporti, comunicazioni, energia, assicurazioni e intermediazione finanziaria, ricerca e innovazione ad alto contenuto tecnologico, pubblici servizi, turistico-alberghiero, agroalimentare e della distribuzione, gestione dei beni culturali e artistici. Il criterio settoriale può essere sostituito da un parametro dimensionale o di sistema: nel primo caso, sono considerate strategiche le società, attive in qualunque settore, con un fatturato non inferiore a 300 milioni e almeno 250 dipendenti; se, infine, le imprese presentano importanti indotto e esternalità positive, il fatturato e il numero di dipendenti minimi richiesti diminuiscono del 20%. Le aziende che soddisfano i requisiti suddetti sono 2186.

Il FSI sta acquisendo un ruolo di primaria importanza nelle attività di CDP e non solo. Esso ‘rappresenta oggi il principale veicolo di attrazione di capitali esteri da investire nel tessuto imprenditoriale italiano. FSI si pone, infatti, come catalizzatore di risorse finanziarie destinate alle imprese strategiche e in questo senso può essere considerato strumento di una nuova politica economica del Paese’ (CDP, 2015c, p. 21). Il Fondo ha sinora concluso accordi internazionali per circa 3 miliardi, garantendo nella maggior parte dei casi che il controllo dell’azienda rimanesse nel nostro paese. Tra il 2013 e il 2014, sono inoltre stati approvati 35 investimenti in aziende di grandi dimensioni, e sono entrate nel portafoglio del Fondo 10 aziende, per un esborso di 2,7 miliardi – sono tuttora parte delle attività del Fondo 8 aziende, per un investimento complessivo di 2,1 miliardi di euro.
Gli investimenti approvati hanno seguito nella maggioranza dei casi il criterio settoriale. I loro obiettivi sono stati molteplici: creazione di infrastrutture strategiche; potenziamento della filiera produttiva; innovazione; internazionalizzazione; quotazione in Borsa; aumento degli occupati. In alcuni casi, sono nati nuovi stabilimenti o ne sono stati acquisiti di esistenti all’estero.
Le 8 aziende in portafoglio di FSI hanno grande rilevanza da un punto di vista quantitativo (il loro indotto contribuisce allo 0,2% del valore aggiunto nazionale) e per la loro solidità. Analizzando, infatti, la crescita di MOL e ricavi delle aziende in cui il Fondo ha investito, emerge che, nel triennio 2011-2013, 7 delle 8 imprese partecipate dal FSI hanno avuto tassi di crescita di entrambi gli indicatori superiori al settore di appartenenza. Si stima, inoltre, che l’attività del Fondo abbia contribuito a un aumento dell’occupazione diretta e indiretta compreso tra il 9% e il 15%. Tra le principali finalità rimane da potenziare la capacità di aggregazione, al fine di favorire la competitività internazionale (CDP, 2015c; FSI, 2015a; FSI, 2015b; Bassanini, 2012; Bassanini, 2015).

RUOLO E POTENZIALITÀ DEI FONDI

La creazione di Fondi di investimento di proprietà pubblica ha rappresentato un notevole cambiamento nel ruolo dello Stato nell’economia: alla classica dicotomia tra lo Stato regolatore e lo Stato imprenditore si è infatti sostituito lo Stato investitore, che impiega i propri fondi per finalità pubbliche, ma non interviene nelle decisioni circa il loro impiego, lasciate a logiche private. Coerentemente con quanto detto, i Fondi non salvano imprese in difficoltà, ma le aiutano a svilupparsi – coerentemente, il FSI richiede che le aziende siano in equilibrio economico-finanziario ed entrambi hanno come obiettivo la creazione di un nucleo di ‘campioni nazionali’ (Corsaro, 2015; CDP, 2015c).
Le attività di FII e FSI sono parzialmente complementari, in quanto il primo si occupa di piccole e medie imprese, il secondo di aziende di grandi dimensioni. Potrebbe dunque essere utile semplificare gli strumenti normativi per i finanziamenti alle imprese – anche con riferimento ad altre forme di finanziamento pubblico -, diminuendo enti e norme preposte a tale obiettivo. I Fondi potrebbero inoltre essere ulteriormente capitalizzati (il Fonds Stratégique d’Investissement francese ha una dotazione di 20 miliardi di euro, FII e FSI si fermano a un terzo).

 BIBLIOGRAFIA

Bassanini, Franco. La Cassa Depositi e Prestiti nell’economia sociale di mercato. Cassa Depositi e Prestiti. 2012.

Bassanini, Franco. La politica industriale dopo la crisi: il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti. Astrid Rassegna, n.7. 2015.

Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Crescere per competere. Il caso del Fondo Strategico Italiano. Quaderni, n.1. 2015c.

Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Fondo Italiano di Investimento (FII). Imprese. 2015a.

Corsaro, Stefano. La nuova Cassa Depositi e Prestiti e il sostegno alle imprese. FinRiskAlert.it. 2015.

Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Relazione finanziaria annuale 2014. 2015b.

Fondo Italiano di Investimento (FII). Fondo Italiano di Investimento per le Piccole e Medie Imprese. 2009.

Fondo Strategico Italiano (FSI). Chi siamo. 2015a.

Fondo Strategico Italiano (FSI). Come operiamo. 2015b.

 

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