L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.
Significato degli indicatori
Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.
I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔ indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.
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Based on our regular economic and monetary analyses, we have conducted a thorough assessment of the economic and inflation outlook, also taking into account the latest staff macroeconomic projections for the euro area.
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A seguito di
inchieste condotte dalla magistratura, nei mesi scorsi gli organi di
informazione hanno dato ampio risalto al tema dell’antiriciclaggio. Tali
inchieste hanno evidenziato aspetti di mala
gestio, negligenza nei processi di controllo, inefficienza e, nei casi più
gravi, anche la presenza di elementi di dolo nella condotta di alcuni
intermediari. Senza entrare nel merito di tali vicende, in questo breve
commento si cerca di esaminare come, ancora oggi, l´applicazione concreta di
alcuni aspetti della normativa antiriciclaggio non sia affatto semplice,
sebbene siano trascorsi diversi anni dalla sua entrata in vigore.
Gli
eventi recenti
Come anticipato in
premessa, denunce, inchieste della magistratura e sanzioni irrogate dall´Autorità
di Vigilanza in merito alla non adeguatezza dei controlli in materia di
antiriciclaggio nei confronti di alcuni intermediari hanno avuto vasta
rilevanza negli organi d´informazione sia tradizionali che via web. Si pensi ad
esempio (i) al risalto mediatico
subito dalla succursale italiana di ING Bank[1],
successivo alle verifiche ispettive condotte dall´Autorità di Vigilanza e (ii) alle “significative carenze in tutti i comparti rilevanti a fini
antiriciclaggio” ed alle “falle nel
sistema informatico Gianos[2]”
riferibili a Ubi Banca, che sarebbero emerse a seguito di indagini ispettive
mirate da parte dell´Autorità di Vigilanza di settore.
Va detto altresì
che, negli ultimi anni, generali carenze nell´applicazione della normativa
antiriciclaggio e nell´adeguatezza dei controlli in materia di antiriciclaggio
hanno dato luogo a sanzioni erogate dalla Banca d´Italia nei confronti di
numerosi intermediari, anche di piccole e medie dimensioni.
Appare quindi
spontaneo chiedersi come mai vi sia una così frequente e generalizzata non
ottemperanza alla normativa antiriciclaggio da parte degli intermediari e se
sia veramente cosi, considerata la crescente attenzione posta dalle banche sui
temi di compliance che peraltro hanno
generato e generano importanti costi. Si tratterebbe dunque di carenze
soggettive da trattare caso per caso? O potrebbero ravvisarsi anche difficoltà
sistemiche oggettive? Sarebbero quindi possibili margini di miglioramento?
Le
operazioni c.d. anomale e la difficoltà della loro individuazione.
Senza alcuna
pretesa di riuscire a rispondere esaustivamente a domande così complesse,
cerchiamo di partire da alcuni dati statistici pubblicati dalla stessa Autorità
di Vigilanza e relativi alle segnalazioni di operazioni sospette (S.o.s.), pervenute
dal sistema bancario italiano e non, all´Unità di informazione finanziaria
(UIF). Si comprenderà sin da subito che, a livello sistemico, i numeri in
questione sono rilevantissimi.
Alcuni dati
essenziali. Nel corso del 2017 sono pervenute alla UIF n. 93.217 segnalazioni
di operazioni sospette (numeriche che hanno rappresentato un forte trend di crescita rispetto al passato.
Si pensi ad esempio che nel 2013 la UIF aveva registrato circa 64.000
segnalazioni). Di queste oltre 93.000 segnalazioni, la UIF ha trasmesso agli
Organi investigativi oltre 47.000 evidenze, pari quindi al 51% di quelle
ricevute. Di seguito un cartogramma con
la densità di segnalazioni, tratto dai quaderni
di antiriciclaggio riferiti al 2017 pubblicati da Banca d’Italia.
Proprio di
recente, anche con riferimento a queste tematiche, è stato pubblicato un
documento dalla Uif intitolato “l’impatto
delle ispezioni antiriciclaggio sull’attività di segnalazione di operazioni
sospette da parte delle banche: un’analisi empirica del caso italiano”[3]da
cui è possibile dedurre alcune considerazioni. Un documento che se da un lato
ha rappresentato fatti già noti al sistema bancario, dall´altro ha avuto il
pregio di consolidare tali considerazioni estendendone la portata ad un
pubblico più vasto. In questa valutazione empirica si rappresenta infatti che (i) le ispezioni inducono un aumento
delle segnalazioni di operazioni sospette inviate dalle banche nel trimestre
successivo all´ispezione e che (ii) l´impianto
normativo antiriciclaggio (principalmente con riferimento alla fonte
legislativa di livello primario) porta con sé un´asimmetria del sistema
sanzionatorio riferibile al fatto che le sanzioni possono colpire l´eventuale
omissione di segnalazione di operazione sospetta ma non l´invio eccessivo di
report infondati. Tale circostanza potrebbe favorire, almeno in astratto, una
interpretazione da parte delle banche (e dei soggetti obbligati in generale) che
porterebbe a sovra segnalare a scopo cautelativo (generando così il c.d.
effetto “al lupo al lupo”). Ciò
rappresenta chiaramente una minaccia all´efficacia del sistema.
In questa ottica,
se da un lato va considerato che la segnalazione di operazione sospetta è di
per sé affetta da un margine di discrezionalità del segnalante (che cerca di
essere minimizzato anche grazie all´emanazione dei puntuali indicatori e schemi
di anomalia dalle Autorità di Vigilanza), dall´altro la questione della
segnalazione c.d. a scopo cautelativo ha a che fare con tematiche di alto livello
come principi etici, costi aziendali e sociali, insomma le logiche di tradeoff.
Sempre in tale
ambito vanno considerati anche i sistemi di detection delle operazioni anomale di cui deve dotarsi ogni
intermediario. Si tratta, in estrema sintesi, di processi strutturati che
iniziano con la raccolta e la messa in evidenza di tutte quelle operazioni
della clientela che per importo, caratteristiche del cliente, frequenza,
controparte, paese della controparte (etc…) possono, almeno in astratto, determinare
un rischio potenziale di riciclaggio più elevato[4].
Di fronte a tali
evidenze, la Banca (o l´intermediario in generale) è costretta a domandarsi se
l´operazione rilevata[5]
debba confluire o meno in una segnalazione di operazione sospetta. Ne deriva
che anche tali sistemi di detection,
a seconda di come essi vengono tarati, possono far parte delle cause per cui il
numero delle segnalazioni di operazioni sospette (cautelative o meno) continua
a crescere.
Nei processi delle
banche e/o nei software da queste utilizzate, sembra riscontrarsi una mera replica della lista degli indicatori
di anomalia tradotti in algoritmi statici, senza uno sforzo per un framework globale e robusto.
Ma allora, come
fare a generare meno evidenze (siano esse interne all´intermediario e al suo
sistema di detection o che sfocino in
vere e proprie segnalazioni di operazioni sospette indirizzate alla Uif) e di
maggiore qualità?
Per affrontare il
problema cerchiamo di fare un parallelismo con quello che ancora oggi é il corebusiness
del settore bancario tradizionale: la concessione del credito.
In particolare, se
la banca ha un sistema di rating su
scala 1 a 10 (con 1 la classe di rating migliore) a quale livello di rating va
rifiutata la richiesta di nuova erogazione?Se un cliente ha rating non buono, supponiamo 7, si gestisce il tutto nel pricing (o aumentando le richieste di
garanzia), cioè applicando un tasso elevato al prestito, o meglio rifiutare,
con il rischio di perdere buoni margini? Certamente, in questo ambito, le
risposte dipendono dal risk profile,
ma nell´antiriciclaggio, al di là degli aspetti di compliance normativa, c’è un problema in più che appare
insormontabile e cioè la difficoltà (o forse l´impossibilità) di condurre un backtesting. Ci spieghiamo meglio:
Nell’ambito del rischio di credito, ad esempio, il backtesting consiste nel confrontare i rating (e le PD) a 1 anno con i tassi di
ingresso in default o in sofferenza dei
clienti dopo 1 anno dalla misura del rating. Così facendo si ottiene una
verifica ex-post della qualità dei
modelli, ed ex-ante i modelli vengono
calibrati per la migliore predittività possibile;
Nell´ambito del rischio di mercato, quando si calcola
il VaR di un portafoglio con orizzonte
1 giorno, lo si confronta con le perdite e i profitti di giornata, cioè se le
perdite superano la massima perdita espressa dal VaR supponiamo al livello 99%. Ci si aspetta quindi che su una
opportuna lunga finestra temporale le perdite siano superiori al VaR con frequenza non troppo lontana da
1%. Come utile esempio, la normativa di Basilea sui rischi di mercato e i
modelli interni di misurazione, considera ottimo un modello che su 250 giornate
abbia, al più, 4 eventi di perdita maggiore del VaR.
In antiriciclaggio,
queste fasi ci sembrano di difficile applicazione. Non c’è né un evento ex-post contro cui effettuare il backtesting, né la possibilità di calibrazione
dei modelli. Molto spesso, infatti, l´avvio di indagini da parte della
magistratura, l´esecuzione di sequestri o provvedimenti di altro genere,
divengono noti all´intermediario solo dopo diverso tempo (senza considerare che
si tratta di eventi non così frequenti per cui risulta ancor più difficile
affidare alla statistica la costruzione di robusti modelli). Ad esempio, con
riferimento ai dati richiamati dalla stessa UIF si riscontrano 661 acquisizioni
di SOS su 47.000 nel II semestre 2017 da parte della magistratura. Ciò equivale
ad un tasso di circa 1.25% che
rappresenta un evento raro, paragonabile al tasso di default. Il problema è che
a differenza dell’ambito del credito per ovvie ragioni la banca stessa che
dovrebbe calibrare i modelli innestati nei sistemi informatici non sa quali
siano questi eventi, se non appunto in casi conclamati pubblici, per cui ogni backtesting, appare, in sostanza,
precluso.
Ed allora cosa fanno
quindi la maggior parte degli intermediari nelle prassi riscontrate dalla Uif?
Un po’ per i rischi sanzionatori e reputazionali a carico degli organi
aziendali, dei delegati alla segnalazione di operazioni sospette e dei responsabili
di primo livello, si attengono ai talvolta rigidi processi interni, alla mera
applicazione dei vari schemi di anomalia, e con una buona dose di prudenza sommergono
la Uif di segnalazioni, anche quando palesemente riscontrano un rischio bassissimo
o nullo.
Qualità dei
software in uso agli intermediari. Big Data & Analytics
Riprendiamo il tema
delle “falle” nei sistemi informativi descritti in premessa. Un primo punto da
ricordare è che le proprietà che un software
dovrebbe soddisfare son ormai ben note, e sono per esempio declinate in modo
organico anche in alcuni framework
normativi, quali il cosiddetto RDARR, risk
data aggregation and risk reporting.
Tra tali auspicate proprietà, si ricorda:
profilazione, cioè assegnazione di grants ben diversificate agli utenti, in
modo che non sia facile, grazie a un meccanismo di contrapposizione di
interessi, che via siano “super utenti” fuori controllo;
auditability, cioè la tracciatura di tutte le
attività effettuate sui dati (ad esempio: inserimento, modifica, cancellazione).
Questo si ottiene se il sistema consente di gestire i “log” e anche impostarne
il livello di dettaglio, (cosiddetta verbosity).
Così facendo si può per esempio “versionare” gli stati del dato, cioè
memorizzarne tutti i valori assunti (chi lo ha modificato e quando lo ha fatto);
roll back, cioè potere ripristinare i sistemi
a una data passata per potere rieseguire i processi in quella stessa data;
providing e deproviding, un processo di
assegnazione delle utenze e dei profili efficace, e la cessazione delle utenze
o modifica a seguito, ad esempio, di cambio di ruolo o di ufficio dell´utente;
intermediazione nell’accesso ai dati. Si
tratta cioè di porre tra l’utente e i dati (tabelle del database) le opportune
interfacce e maschere grafiche (dette GUI), così da impedire che si possa con
strumenti informatici quali le query
accedere direttamente alle tabelle per effettuare modifiche e cancellazioni.
Riguardo agli
eventi richiamati nel primo paragrafo, non si può certo dire in questa sede
cosa sia avvenuto. Di certo sembra che i sistemi software utilizzati non avessero all’epoca tutte le necessarie
proprietà ed è altrettanto vero che in caso di collusioni di un numero alto di
soggetti con logiche fraudolente il sistema informatico non può essere
resiliente a qualunque manipolazione.
Ma il vero problema
è a nostro parere un altro, se pensiamo alle sfide poste dalle attività di antiriciclaggio
nell’intercettare potenziali operazioni sospette. All’avvio degli obblighi
normativi, il sistema bancario italiano si è adagiato in modo forse eccessivamente
rigido su pochi o forse su un solo sistema software quando, al contrario, una
più aperta concorrenza avrebbe stimolato una più rapida ed efficace evoluzione
degli strumenti. Basti pensare che anche in altri elementi vitali del sistema
informativo delle banche italiane, come a puro titolo di esempio i sistemi di position keeping della finanza o i
sistemi di predisposizione dei flussi di
vigilanza, vi sono almeno 3-4 soluzioni di mercato in forte competizione che
determinano miglioramenti continui[6].
Invece un po’ per
questo motivo e anche per le ragioni illustrate nella sezione precedente ci si
è adagiati sulla mera ripetizione degli schemi di anomalia, trasformati in “warning” del sistema informatico.
A pensarci bene l´AUI
(archivio unico informatico), database core
dell´antiriciclaggio, è un archivio multidimensionale che contempla
numerosissimi dati riferibili alle operazioni, al cliente ed alla sua controparte,
al settore di attività della clientela e a quello geografico. Visti nel tempo,
si tratta di serie storiche caratterizzate da intensità, frequenza, ecc. per un
totale di molte decine di variabili
(“campi”). Il flusso AUI di una banca, in pratica, costituisce da solo un
esempio di big data nella sua
moltiplicazione di casi (operazioni) e variabili.
Ecco, senza mettere
in gioco termini abusati quali machine
learning e artificial intelligence,
riteniamo che la strada corretta possa essere quella di investire in logiche e
strumenti di data mining e discovery, cioè strumenti con efficaci funzioni
algoritmiche e di visualizzazione che consentono una rapida e più efficace esplorazione
dei dati stessi, una costruzione più dinamica e meno spoglia di semafori di warning, nonché una maggiore aggregazione
di dati in modo da consentire analisi e ricerca di potenziali fenomeni
“nascosti” nei dati.
Sembra che, negli
ultimi 3-4 anni, alcune realtà di grandi dimensioni si siano finalmente mosse
in questa direzione. Certo serve anche una evoluzione di prospettiva e/o di skills anche nelle funzioni di compliance e antiriciclaggio, spesso
abituate a un approccio istruttorio sui singoli casi e meno ad un´analisi massiva
dei dati. Questa prospettiva potrebbe, anzi, dovrebbe, coesistere con un
approccio orientato all´analisi dei singoli casi. Se ciò mancasse del tutto
probabilmente si perderebbe quella parte della visione logico/giuridica dei
fenomeni sottostanti e delle finalità a cui tende la normativa.
Si auspica,
insomma, che queste due anime analitiche possano coesistere e lavorare sempre
più a stretto contatto, poiché ad oggi a giudicare dai numeri pubblicati dalla
Uif, il sistema delle segnalazioni sembra migliorabile.
Riferimenti
i) Banca d’Italia (2017), Quaderni dell’antiriciclaggio dell’Unità di
Informazione Finanziaria;
iii) Borzi N. (2019), “Il software Gianos e le falle nel sistema
antiriciclaggio UBI”;
iv) BCBS
(2013), “risk data aggregation and reporting”, paper 239;
v) Pierpaolo Fratangelo, Maria Pia Peluso, Banca d´Italia, Le nuove norme
antiriciclaggio: i presidi aziendali alla prova del rischio di riciclaggio. Bancaria
Editrice 3-2019;
vi) Marco Stellin, La nuova sfida della funzione antiriciclaggio: il
collegamento fra rischio di riciclaggio e Risk Appetite Framework;
vii) Luciano Murtas, Intermediari assicurativi di fronte
a nuovi adempimenti antiriciclaggio (Diritto24.it);
[3] Lo studio della UIF
pubblicato sulla pagina web: http://uif.bancaditalia.it/pubblicazioni/quaderni/2019/quaderno-12-2019/Effetto_ispezioni_estratto_in_italiano_web.pdf utilizza i dati delle ispezioni
antiriciclaggio svolte dalla Vigilanza e dalla UIF nel biennio 2012-2013,
incrociati con i flussi di segnalazioni di operazioni sospette trasmessi dalle
singole banche (ispezionate e non) e con le statistiche sull’attività operativa
degli intermediari fornite dai dati antiriciclaggio ‘aggregati’ (SARA).
[4] I fattori che vengono
presi in considerazione per la determinazione di una c.d. operazione anomala (che dovrà poi essere
evidenziata alla banca) fanno riferimento, tra le altre cose, ai comportamenti
enucleati all´interno dei singoli schemi di anomalia pubblicati tempo per tempo
dalla UIF nonché al Provvedimento n. 616 del 24 agosto 2010 emanato dalla Banca
d`Italia.
[5] Che certamente deve essere corroborata da un
ragionamento complesso e deve dar luogo ad un´analisi approfondita che unisca
tutti i necessari elementi soggettivi e oggettivi.
[6] “Le nuove tecnologie possono rendere più efficienti ed
efficaci i controlli tanto nella fase di acquisizione del cliente che in quella
di monitoraggio. Strumenti di controllo biometrico, tecniche di elaborazione
massiva dei dati o sistemi di intelligenza artificiale possono, infatti,
garantire una piú estesa capacità di captazione delle informazioni rilevanti,
ma anche una migliore reattività agli stimoli che possono derivare dalla
valutazione di queste attività” (cfr.
Pierpaolo Fratangelo, Maria Pia Peluso in Le
nuove norme antiriciclaggio: i presidi aziendali alla prova del rischio di
riciclaggio. Bancaria editrice 3/2019)
L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.
Significato degli indicatori
Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.
I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔ indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.
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