We are happy to announce the Bruti Liberati Prize 2017.
Theses defended in 2016 and 2017 can be submitted this time. Application deadline is 31 January 2018. You find all the necessary information on https://www.mate.polimi.it/brutiliberatiprize/
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L’ESMA ha presentato il suo Work Programme per il 2018 che definisce le priorità e le aree di intervento a sostegno della missione per il miglioramento della protezione degli investitori e la promozione della stabilità dei mercati finanziari.
Il programma, stilato in accordo al piano strategico 2016-2020 ESMA, riflette lo spostamento delle priorità di lavoro dell’Autorità Europea dalla costruzione del Single Rulebook verso due attività chiave: i) convergenza delle politiche di vigilanza e ii) valutazione dei rischi.
Per il 2018, le aree chiave di intervento ESMA saranno:
Il Financial Stability Board (FSB) ha pubblicato un report sullo stato di applicazione delle raccomandazioni formulate dal Board nel 2014 per la riforma dei principali benchmark per i tassi di interesse, tra i quali i cosiddetti tassi IBOR (Interbank Offered Rate). Le raccomandazioni del 2014 comprendono misure per rafforzare la struttura dei benchmark attuali e sviluppare tassi di riferimento alternativi privi di rischio (RFR).
L’analisi FSB evidenzia che gli amministratori IBOR hanno continuato ad introdurre importanti misure per l’applicazione delle raccomandazioni, incluse le misure per adeguare le metodologie utilizzate per il calcolo dei tassi di riferimento. Tuttavia, nel caso di alcuni IBOR, come LIBOR e EURIBOR, permangono delle criticità riguardanti la robustezza e l’integrità dei benchmark dovute principalmente alla scarsità di operazioni di riferimento per alcune combinazioni di valute e scadenze.
I regolatori di alcune giurisdizioni hanno compiuto buoni progressi nel sostenere i flussi di lavoro incentrati sull’identificazione di nuovi RFR o a sostegno di RFR già esistenti da utilizzare in alternativa ai tassi IBOR (in particolare per alcune tipologie di contratti derivati). Ad oggi, però, sono stati fatti progressi limitati in materia di migrazione da tassi IBOR a RFR.
Il FSB pubblicherà un aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori nel 2018.
Comunicato stampa
Report su applicazione raccomandazioni IBOR 2017
L’Autorità bancaria europea (EBA) ha pubblicato il suo programma di lavoro per il 2018 che descrive le attività e le attività specifiche dell’Autorità per il prossimo anno. In concomitanza, l’Autorità ha diffuso un programma di lavoro pluriennale, evidenziando le principali aree strategiche di lavoro dal 2018 al 2021.
Di seguito le principali aree di attività EBA per il 2018:
Il Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria ha introdotto un meccanismo di discrezionalità su base nazionale per il trattamento delle esposizioni su derivati per il calcolo del Net stable funding ratio (NSFR). Ciò dovrebbe facilitare la piena attuazione del NSFR, programmata per il 1 gennaio 2018.
La disciplina generale in tema di NSFR assegna un fattore del 20% alle passività da operazioni in derivate. Il Comitato ha convenuto che, a livello nazionale, le singole giurisdizioni possono ridurre il valore di questo fattore, sino ad un minimo del 5%.
Il Comitato sta valutando ulteriori revisioni al trattamento delle passività derivate e avvierà una consultazione pubblica su eventuali modifiche proposte.
Dopo una fase di espansione durata quasi dieci anni, la Federal Reserve ha deciso di avviare la riduzione del proprio bilancio a partire da ottobre 2017. Il processo di “sgonfiamento” degli attivi della Banca Centrale sarà comunque molto graduale, con appena 10 miliardi di dollari al mese di mancati reinvestimenti dei titoli in portafoglio che andranno in scadenza.
Con questo ritmo di dismissione ci vorranno più di 20 anni per riportare il bilancio della FED sul livello, rispetto al Pil, osservato nel periodo precedente la crisi finanziaria internazionale. Se infatti la FED decidesse di riportate il suo bilancio al 6% del Pil registrato prima della crisi, sarebbe necessario dismettere quasi 3300 miliardi di dollari di titoli. Nel caso dell’Eurosistema (il gruppo che include BCE e le singole Banche Centrali dei paesi membri dell’Area euro) per tornare al 17% del periodo pre-crisi occorrerebbe dismettere circa 1700 miliardi di dollari di attività.
Negli ultimi anni i bilanci di FED e dell’Eurosistema, nonché quelli di Bank of Japan e Bank of England, sono infatti cresciuti a ritmi mai osservati in passato. Tra Eurozona e Usa si riscontrano però evidenti differenze nelle dinamiche (grafico 1). Negli Stati Uniti la reazione è stata più rapida e la crescita degli attivi è stata costante fino al 2014, quando il quantitative easing è stato interrotto (Corsaro, 2014), proseguendo però il reinvestimento della liquidità derivante dai titoli in scadenza. Nell’Area euro, invece, c’è stato un picco di immissione di liquidità nel 2012, soprattutto per effetto delle LTRO (Barucci, Corsaro e Milani, 2014). Il bilancio dell’Eurosistema si è poi ridotto drasticamente, per tornare a crescere solo con l’avvio del quantitative easing nel 2015 (Milani, 2015), programma che è ancora in corso e che negli ultimi mesi ha subito solo un rallentamento nel ritmo degli acquisti.
Per valutare meglio le dinamiche del rapporto tra attivo delle Banche Centrali e Pil nominale, è utile considerare la variazione del numeratore e del denominatore. Nel periodo pre-crisi (dal primo trimestre del 2002 al primo semestre del 2008, periodo precedente il default di Lehman Brothers) l’attivo dell’Eurosistema è cresciuto di circa 780 miliardi di euro, a fronte di una crescita del Pil nominale di oltre 2400 miliardi (grafico 2a). Nel post-crisi (dal secondo trimestre 2008 fino all’ultimo dato disponibile, relativo al secondo trimestre del 2017) l’attivo dell’Eurosistema è aumentato di oltre 1600 miliardi di euro, mentre il Pil nominale è cresciuto di 1300 miliardi. Ciò implica che nel pre-crisi da ogni euro di liquidità immesso dall’Eurosistema derivavano circa 3 euro di prodotto in termini nominali. Nel post-crisi, invece, ogni euro di liquidità ha generato appena 80 centesimi di prodotto.
Ancor più evidente è la relazione tra la variazione della liquidità e il Pil nominale negli Usa. Nel periodo pre-crisi l’attivo della FED è aumentato di circa 260 miliardi di dollari, a fronte di una crescita del prodotto di quasi 4000 miliardi (grafico 2b). Nel post-crisi la liquidità immessa dalla Banca Centrale è stata pari a 3500 miliardi di dollari con un aumento del Pil di 4400 miliardi. Se ad ogni dollari di liquidità corrispondevano 15 dollari di prodotto prima dello scoppio della crisi, successivamente il rapporto è sceso a un dollaro di liquidità per 1,3 dollari di prodotto.
In definitiva, sia nel caso dell’Eurosistema che della FED, l’ingente liquidità immessa nel mercato è andata solo parzialmente a sostenere l’economia reale. Gran parte di questa liquidità ha invece alimentato i mercati finanziari. Lo stock di attività finanziarie possedute dalle famiglie statunitensi ha superato, secondo le ultime statistiche relative al 2016, il 400% del Pil (grafico 3). Rispetto al picco del 2007, che ha preceduto proprio lo scoppio della crisi finanziaria, l’aumento è stato pari a 25 punti di Pil. Rispetto al picco del 1999, precedente lo scoppio della bolla azionaria della New Economy, l’aumento è stato pari a oltre 40 punti. Guardando ai principali paesi dell’Area euro qualche evidenza di surriscaldamento si trova anche in Francia, in cui il rapporto tra attività finanziarie delle famiglie e Pil è aumentato di 23 punti di Pil rispetto al 2007. Minore è stato invece l’incremento in Germania e Italia (rispettivamente 6 e 3 punti di Pil in più). Alla luce della forte accelerazione della liquidità osservata nella zona euro negli ultimi due anni, c’è da attendersi, in futuro, un’ulteriore crescita dello stock di attività finanziarie rispetto al prodotto.
Conclusioni
Lo scenario descritto evidenzia chiaramente l’immensa sfida che i banchieri centrali dovranno affrontare nei prossimi anni. Un aggiustamento dei bilanci delle Banche Centrali effettuato con eccessiva lentezza potrebbe infatti alimentare ulteriormente il crearsi di bolle speculative. La Fed al riguardo dovrebbe aver imparato la lezione della prima metà degli anni 2000, in cui una gestione troppo accomodante della politica monetaria da parte dell’ex-governatore Greenspan contribuì ad ampliare la portata della crisi finanziaria internazionale (Milani, 2015). Un aggiustamento più veloce avrebbe il vantaggio di ricostruire rapidamente quell’arsenale di risorse necessario per fronteggiare la prossima crisi finanziaria che (inevitabilmente) ci attende. Il rischio è però quello di compromettere una crescita economica globale ancora troppo legata al debito. Inoltre, ridurre i titoli in portafoglio delle Banche Centrali vuol dire immettere sui mercati finanziari enormi quantitativi di titoli di Stato con il rischio di non trovare abbastanza investitori e spingere i rendimenti verso l’alto. Con la prospettiva di dover ampliare il ricorso al debito da parte del governo statunitense, per effetto della volontà espressa da Donald Trump di ridurre le imposte sulle imprese, questa prospettiva non è probabilmente sostenibile da un punto di vista politico.
Riferimenti
L’Autorità Bancaria Europea (EBA) ha pubblicato l’aggiornamento trimestrale del documento “Risk Dashboard” che identifica i rischi principali e le vulnerabilità del settore bancario europeo. L’analisi verte su una gamma di Indicatori di Rischio calcolati sulla base dei dati consolidati relativi al secondo trimestre del 2016 e rappresentativi di un paniere di 152 banche. I risultati principali dello studio sono i seguenti:
– Nel trimestre di riferimento il CET1 ratio delle banche europee è stato pari al 14.3% (+0.2% rispetto al Q1 2017), raggiungendo un nuovo massimo dal quarto trimestre del 2014. Inoltre, tutti i paesi dell’UE hanno avuto un rapporto medio superiore al 10%. Tuttavia, questo risultato è stato determinato principalmente da una riduzione del denominatore del rapporto, con una riduzione delle esposizione al rischio per 195 miliardi di euro (in particolare per il rischio di credito);
– La qualità dei portafogli di crediti bancari ha continuato a migliorare, anche se i progressi lenti e la dispersione ampia tra i paesi rimangono delle criticità importanti per la stabilità del sistema finanziario europeo. Il rapporto dei prestiti deteriorati (NPL) ha confermato la sua tendenza al ribasso dei trimestri precedenti, diminuendo di 30 punti base rispetto al trimestre precedente e attestandosi al 4,5%, il livello più basso dal Q4 2014. Tale riduzione è dovuta principalmente a eventi unici che hanno influenzato tutte le classi bancarie, in particolare le banche più piccole, che hanno ridotto il loro rapporto NPL del 17,7%;
– Il rendimento medio sul capitale proprio (RoE) ha mostrato un leggero aumento dal 6,9% (Q1 2017) al 7,0% nel secondo trimestre del 2017, mentre il RoE medio è aumentato di 1,3 pp. dal 5,7% nel secondo trimestre del 2016. I maggiori profitti, accompagnati da una riduzione delle spese amministrative e di ammortamento, hanno contribuito a migliorare il rapporto costo / reddito al 61,5% (63,9% nel trimestre precedente).
– Il rapporto tra prestiti e depositi per famiglie e società non finanziarie (NFC) ha confermato una tendenza al ribasso. Il tasso è diminuito leggermente di 60 bps fino al 117,5%, con l’aumento dei prestiti compensati da un aumento più consistente dei depositi da parte delle società non finanziarie e delle famiglie.
La Banca centrale europea (BCE) ha avviato una consultazione pubblica relativa a un progetto di addendum alle sue Linee Guida sui crediti deteriorati (NPL), pubblicate il 20 marzo scorso. L’addendum integra e rafforza le linee guida nel promuovere prassi di accantonamento e cancellazione tempestive.
Il progetto di addendum specifica le aspettative dell’autorità di vigilanza in termini quantitativi con riferimento ai livelli minimi di accantonamento prudenziale per i nuovi NPL. In particolare, ci si aspetta che le banche coprano integralmente la quota non garantita dei nuovi NPL al più tardi dopo due anni e la quota garantita dopo un massimo di sette anni. Ci si attende inoltre che le banche motivino all’autorità di vigilanza qualsiasi scostamento rispetto alle linee guida. Sulla base delle motivazioni addotte, la BCE valuterà quindi la necessità di misure di vigilanza aggiuntive.
La consultazione avrà termine l’8 dicembre 2017.
L’Autorità bancaria europea (EBA) ha pubblicato un parere sulla progettazione di un nuovo quadro prudenziale per le imprese di investimento, specificamente adattato alle esigenze dei diversi modelli di business delle imprese di investimento e dei rischi intrinseci, ai sensi della Direttiva MiFID II. Il parere include una serie di raccomandazioni volte a sviluppare una serie di requisiti unici e armonizzati ragionevolmente semplici, proporzionati e pertinenti alla natura delle imprese di investimento autorizzate a fornire servizi e attività rientranti nel perimetro MiFID II.
Il parere, rilasciato in risposta alla richiesta della Commissione europea del giugno 2016, affronta le seguenti tematiche:
Il parere è accompagnato da una relazione e da una valutazione dettagliata dell’impatto basata sugli studi di impatto quantitativo condotti dall’EBA.
La Banca d’Italia ha avviato una consultazione pubblica riguardante una proposta di Linee Guida per le banche Less Significant italiane (LSI) in materia di gestione di crediti deteriorati (NPL). Le Linee Guida sono coerenti con la “Guidance to banks on non performing loans”, rivolta alle banche Significant, recentemente pubblicata dal SSM (Single Supervisory Mechanism) della BCE. Le Linee Guida sintetizzano quanto la Vigilanza si aspetta in materia di gestione degli NPL e si pongono in sostanziale continuità sia con l’approccio di supervisione sinora seguito dalla Banca d’Italia sia con il vigente quadro regolamentare di riferimento, che non sostituiscono in alcun modo e che viene richiamato dove opportuno.
Le Linee Guida sono coerenti con la Guidance pubblicata dal SSM, alla quale le banche sono invitate a fare riferimento per aspetti operativi di dettaglio; in applicazione del principio di proporzionalità, sono previste talune modifiche per tenere conto delle esigenze di maggiore semplicità dell’assetto organizzativo delle banche LSI.
In relazione alle specifiche situazioni delle banche vigilate, e in continuità con l’azione di supervisione in corso, la Banca d’Italia avvierà con gli intermediari un confronto sull’applicazione di queste Linee Guida, che si intendono efficaci a partire dalla data di pubblicazione. Le LSI sono pertanto invitate a valutare la sostanziale rispondenza del proprio assetto rispetto alle raccomandazioni e, ove necessario, ad adottare opportune misure per recepirle; eventuali scostamenti dovranno essere motivati su richiesta dell’Autorità di vigilanza.
La consultazione avrà termine il 19 ottobre 2017.