Comitato di Basilea: annunciati progressi nella finalizzazione delle riforme post-crisi.

Set 13 2016

Il Gruppo dei Governatori e dei Capi della vigilanza (GHOS), organo di sorveglianza del Comitato di Basilea, ha rilasciato un comunicato stampa in relazione allo stato dei lavori delle riforme regolamentari post-crisi. In particolare, nella nota diffusa dal GHOS, si evidenziano i progressi compiuti nel definire le misure volte a ridurre l’eccessiva variabilità degli attivi ponderati per il rischio (risk-weighted assets o RWAs). Secondo Mario Draghi, capo del GHOS e Presidente della BCE, la finalizzazione delle nuove disposizioni completerà la disciplina di Basilea III ed aiuterà a ridare fiducia negli indicatori di capitale delle banche.

Comunicato stampa

Le Autorità di Supervisione Europee evidenziano i principali rischi per il sistema finanziario dell’Unione Europea.

Set 13 2016

Il Comitato congiunto delle Autorità di Supervisione Europee (ESAs) ha pubblicato un report sui Rischi e le Vulnerabilità del Sistema Finanziario dell’Unione Europea. Il report si sofferma sull’analisi dell’attuale situazione caratterizzata da bassi tassi di crescita e di rendimento, con particolare attenzione sui potenziali effetti che tali condizioni possono avere sulla redditività e sulla qualità degli asset delle istituzioni finanziarie. Il report evidenzia altresì delle criticità relative alla crescente interconnessione tra il settore finanziario al di fuori di quello bancario, delle assicurazioni e dei fondi pensione ed il più ampio Sistema finanziario dell’Unione Europea.

Comunicato stampa
Report ESAs

I mercati credono agli Stress Test?
di Emilio Barucci e Carlo Milani

Set 05 2016
I mercati credono agli Stress Test?  di Emilio Barucci e Carlo Milani

A distanza di quasi un mese dalla diffusione degli stress test condotti nel corso del 2016 dall’EBA è possibile provare a valutare la loro credibilità considerando la reazione dei mercati finanziari. Seguendo un approccio consolidato in letteratura (si veda ad esempio Barucci, Baviera e Milani, 2016), abbiamo analizzato come gli esiti degli stress test abbiano influenzato la volatilità delle quotazioni azionarie dei titoli bancari presi in esame dall’EBA (tra i 51 gruppi bancari esaminati, 32 sono quelli quotati).

Per valutare la credibilità/l’effetto sui mercati finanziari degli stress test abbiamo considerato due diversi orizzonti temporali: il periodo precedente alla diffusione degli stress test e quello successivo. Ai fini del calcolo della volatilità dei rendimenti giornalieri, abbiamo considerato quindici giorni di Borsa prima e dopo il rilascio dei risultati (29 luglio).

 Grafico 1

Nel grafico 1 si mette a confronto il Common Equity Tier 1 (CET1) ratio fully loaded (il ratio patrimoniale che non incorpora gli effetti derivanti dalle discrezionalità nazionali nel computo dei requisiti di capitale) che emergerebbe nel 2018 sotto effetto degli esercizi di stress e la volatilità dei rendimenti azionari nei due periodi presi in esame. La relazione è negativa mostrando come i corsi azionari dei tioli (o meglio le loro volatilità) riflettano la solidità patrimoniale delle banche: le banche con un ratio patrimoniale più basso mostrano una volatilità superiore. Si può notare come l’inclinazione della retta di regressione non sia molto difforme nel periodo pre e nel periodo post stress test. Questa evidenza sembrerebbe indicare che gli operatori finanziari non sono stati molto sorpresi dagli esiti degli stress test: le banche che avevano una volatilità dei rendimenti azionari più elevata prima della diffusione dei risultati sono proprio quelle che hanno evidenziato un CET1 ratio più basso sotto stress. Di fatto i mercati avevano già incorporato l’esito dell’esercizio in merito al livello di patrimonializzazione. Si nota comunque una inclinazione maggiore nel periodo post-diffusione dei test ed un R2 maggiore. Questo dato sta a significare che il rilascio dei risultati degli stress test ha comunque avuto un effetto sui mercati finanziari.

Grafico 2

Considerando la differenza tra il CET1 ratio fully loaded emerso nello scenario di stress nel 2018 (misura riportata nelle ascisse del grafico 1) e il suo valore a fine del 2015, si osserva un’inclinazione della retta di regressione ben più marcata nel caso di volatilità post stress test rispetto alla volatilità ante esercizio e un R2 ben più elevato (grafico 2).

Il confronto tra i due grafici sembra significare che i mercati non sono stati influenzati (in termini di volatilità) dal livello assoluto di CET1 ratio sotto stress quanto dal delta di capitale generato dall’esercizio. In definitiva sembra che gli operatori fossero consapevoli del grado di solidità patrimoniale dei principali gruppi bancari europei, mentre erano meno informati in merito alla capacità di queste banche di sopportare lo scenario di stress.

A differenza degli stress test del 2014, nell’ultimo esercizio non è stata prevista una soglia minima di capitale al fine di determinare il superamento o meno dell’esercizio. Nelle intenzioni delle autorità, l’assenza di tale soglia avrebbe permesso una maggiore flessibilità nel definire le misure di rafforzamento del capitale per le singole banche. I mercati finanziari sembrano aver reagito definendo in autonomia una soglia minima per il CET1 ratio stressato. Nel grafico 3 si mettono a confronto il CET1 ratio fully loaded nello scenario di stress nel 2018 e la differenza tra la volatilità dei rendimenti azionari giornalieri nel periodo post e pre-diffusione dei test. Si osserva come la relazione sia negativa per quelle banche che hanno evidenziato un CET1 ratio stressato inferiore all’8%, le banche con un CET1 ratio superiore all’8% non mostrano invece alcuna relazione tra delta di volatilità e CET1 ratio. Il mercato sembra aver considerato l’8% come la soglia minima di patrimonializzazione, una soglia ben più elevata rispetto al 5,5% stabilito nella tornata degli stress test condotta nel 2014.

Grafico 3

Bibliografia

– Barucci E. e R. Baviera, C. Milani Is the Comprehensive Assessment able to capture banks’ risks?, Finance Research Letters, 2016.

Mercati finanziari europei: per l’ESMA rischio elevato e outlook negativo

Set 05 2016

L’ESMA ha reso pubblico il documento “Trends, Risks and Vulnerabilities Report No. 2 2016” che riporta le dinamiche e i fattori di rischio dei mercati finanziari europei per il primo semestre del 2016.
L’analisi mostra il perdurare di alti livelli di rischio: l’ESMA ha confermato – rispetto al semestre precedente – il livello very high (il più alto possibile) per l’indicatore di rischio di mercato e il livello high per l’indicatore di rischio di liquidità. L’outlook però passa da stabile a negativo a causa delle tensioni economiche e politiche dovute all’esito del referendum in Regno Unito sulla permanenza all’interno dell’Unione Europea. I primi mesi dell’anno, come illustrato dal Report, sono stati caratterizzati da elevata volatilità sui mercati azionari e delle materie prime causata soprattutto da un rallentamento della crescita delle economie emergenti e dalle dinamiche del prezzo del petrolio. Verso la fine del semestre, poi, la situazione politica inglese ha avuto un impatto significativo sui tassi di cambio e sui mercati azionari.
L’analisi è completata dalla pubblicazione del documento trimestrale “Risk Dashboard No. 3 2016” riguardante il secondo trimestre 2016.

Comunicato stampa
Trends, Risks and Vulnerabilities Report No. 2 2016
Risk Dashboard No. 3 2016

Nuovi aggiornamenti delle Q&A EIOPA

Set 05 2016

L’Autorità Europea di vigilanza del mercato assicurativo (EIOPA) ha aggiornato la sezione Q&A (Questions and Answers) del proprio sito istituzionale. Le novità riguardano:

– Linee guida sull’attività di reporting e trasparenza;

– Comunicazione di informazioni alle autorità di vigilanza;

– Report finanziari e solvibilità;

– Linee guida per il riconoscimento e la valutazione di attività e passività diverse dalle poste tecniche;

– Linee guida sulla trasmissione di informazioni ai fini della stabilità finanziaria.

Sezione Q&A sito EIOPA

G20: il Comitato di Basilea presenta un Report sull’implementazione di Basilea 3

Set 05 2016

In occasione dell’incontro del G20 del 4 e 5 settembre a Hangzhou, il Comitato di Basilea ha pubblicato un report sullo stato dei lavori di implementazione del nuovi regime di Basilea 3. Il documento, che rappresenta l’aggiornamento del Report presentato ai leader del G20 nel novembre dello scorso anno, mostra come tutte le giurisdizioni membri abbiano già adottato le componenti principali della nuova disciplina in tema di requisiti di capitale e liquidità. Si segnala, però, la necessità di ulteriori sforzi nell’adozione delle disposizioni riguardanti il leverage ratio e il Net Stable Funding Ratio.

Comunicato stampa
Report del Comitato di Basilea per il G20 di Hangzhou

Comitato di Basilea: pubblicate FAQ sui requisiti di Terzo Pilastro

Set 05 2016

Il Comitato di Basilea ha pubblicato una selezione di FAQ (Frequently Asked Questions) dedicate ai requisiti di trasparenza adottati nel gennaio 2015 e rientranti nel cosiddetto Terzo Pilastro della nuova disciplina di Basilea 3. Le FAQ saranno periodicamente aggiornate in modo da facilitare e promuovere un’adeguata implementazione dei requisiti

Comunicato stampa
FAQ Comitato di Basilea su requisiti di Terzo Pilastro

L’EBA pubblica gli indicatori 2015 di 36 banche di importanza sistemica globale

Set 05 2016

Come previsto dalle Linee guida sulla trasparenza, l’Autorità Bancaria Europea (EBA) ha reso pubblici gli indicatori finanziari delle istituzioni europee riconosciute avere importanza sistemica globale (global systemically important institutions o G-SIIs). I dati, relativi all’esercizio 2015 e riguardanti 36 banche con una leverage ratio exposure superiore ai 200 miliardi di Euro, sono raccolti e diffusi dall’EBA con cadenza annuale ed estendono i requisiti di trasparenza minimi previsti dal Comitato di Basilea.

Comunicato stampa
Indicatori G-SIIs UE per l’anno 2015

EBA: modificate le disposizioni tecniche sulla valutazione degli approcci interni

Set 05 2016

L’EBA ha pubblicato una versione aggiornata degli ITS (Implementing Technical Standards) in materia di valutazione – o benchmarking – degli approcci interni in vista dell’esercizio 2017. La nuova versione, sottoposta al vaglio della Commissione UE, fungerà da guida alle Autorità Competenti nella valutazione degli approcci interni sia in tema di rischio di credito che di rischio di mercato. L’aggiornamento rientra nella politica di revisione annuale degli ITS voluta dall’EBA al fine di assicurare l’efficacia e la qualità degli esercizi di benchmarking.

Comunicato stampa
Pacchetto di disposizioni per il benchmarking degli approcci interni 2017

Gli Stress Test sulle banche: esame finale o pagella di metà anno?
di Emilio Barucci e Marco Pavoni

Ago 04 2016
Gli Stress Test sulle banche: esame finale o pagella di metà anno?   di Emilio Barucci e Marco Pavoni

Lo scorso 29 luglio sono stati pubblicati i risultati dell’esercizio di Stress Test delle maggiori banche europee (51 banche che rappresentano circa il 70% delle attività bancarie). Esercizio coordinato dall’EBA (European Banking Authority) con la collaborazione della BCE e delle autorità di vigilanza nazionali. L’obiettivo dell’esercizio era di valutare la solvibilità delle banche in condizioni economiche e finanziarie avverse (adverse scenario a bassa probabilità di realizzazione) a partire dalle grandezze di bilancio a fine 2015.

A differenza dell’esercizio del 2014, lo Stress Test in oggetto non prevedeva l’individuazione di una soglia minima di capitale al di sotto della quale le banche avrebbero dovuto mettere in cantiere misure immediate di rafforzamento patrimoniale. I risultati rappresentano uno degli elementi cruciali per la quantificazione del capitale di Secondo Pilastro (Pillar 2) a conclusione del Processo di revisione e controllo prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process – SREP). Eventuali azioni/decisioni che dovessero scaturirne saranno operative nel 2017.

Nello scenario avverso previsto per l’Italia è ipotizzata una contrazione del PIL reale nel triennio 2016-18 di quasi 6 punti percentuali rispetto alle previsioni dello scenario di base (baseline scenario). Sempre nel triennio, lo scenario ipotizza un aumento del rendimento dei titoli di Stato italiani a lungo termine di circa 100 punti base e uno shock idiosincratico che prevede l’immediato declassamento del rating della banca di 2 “notch” per tutto il triennio. Chiaramente questa misura penalizza le banche con un rating di partenza basso (es. B) che vedono aumentare il costo della raccolta per titoli senior in misura molto significativa, fino a 220 punti base. E’ questo tra l’altro uno degli elementi che aiuta a spiegare il risultato di Monte Paschi che vede il CET1 (Common Equity Tier 1) ratio passare dal 12,2% al -2,4%.

I risultati dell’esercizio si collocano solo in parte in continuità con quelli promossi da EBA e BCE nel 2014 come passo preliminare per l’avvio della European Banking Union. Il principale punto di continuità è che anche questa volta la parte del leone viene svolta dal rischio di credito. La differenza principale (nei risultati) è che questo esercizio non sembra aver penalizzato maggiormente le banche dei paesi periferici; queste uscirono dagli stress test del 2014 con un basso livello di patrimonializzazione anche a causa di un basso livello di partenza del capital ratio, si veda Barucci, Baviera, Milani (2015).

Analizzando i risultati, possiamo provare a fare qualche breve considerazione:

– la riduzione del CET1 ratio nello scenario avverso è attribuibile innanzitutto al rischio di credito, nella misura di -370 punti base (pb) nel triennio, mentre il rischio di mercato pesa soltanto per -90 pb. Le banche nel complesso mostrano una buona capacità di generare profitti che porta ad un contributo di 230 pb che attenua buona parte degli effetti negativi sopra individuati. Da segnalare l’effetto negativo del rischio operativo (-110 pb), dovuto in larga misura al conduct risk introdotto per la prima volta (rischio economico e reputazionale connesso a pratiche che vanno a detrimento dei clienti e/o dei competitori) che è pari a -80 pb;

– in questo quadro la performance delle banche italiane (ad eccezione di MPS) è valutabile come complessivamente confortante soprattutto alla luce dei timori di rischio sistemico sorti prima dell’esercizio;

– come era prevedibile, le banche italiane sono state impattate, nello scenario avverso, in misura maggiore rispetto alle banche del campione dagli aggiustamenti sul portafoglio crediti (-580 pb sul CET1 ratio), mentre l’effetto relativo al rischio di mercato è stato in linea con quello del campione (-110 pb). D’altro canto, le banche italiane hanno beneficiato di un contributo in termini di profitti superiore rispetto al campione nel suo complesso (370 pb). Questo fenomeno è dovuto soprattutto al peso delle commissioni (maggiore nella misura del 10% rispetto al campione), componente questa che si è rivelata essere meno sensibile allo scenario avverso. Le banche italiane infine hanno espresso un maggiore abbattimento del CET1 e una minore crescita degli asset ponderati per il rischio rispetto al totale delle banche europee;

– scomponendo il rischio di credito per paese d’origine della controparte, possiamo osservare come il peso maggiore sia riferibile a controparti italiane, seguite da controparti della Gran Bretagna, Spagna e Francia. Il 41% delle perdite è riferibile alle imprese mentre le famiglie pesano per il 35%;

– nello scenario avverso le banche di Irlanda e Austria evidenziano una situazione di maggiore debolezza; il CET1 ratio medio è infatti rispettivamente pari a 5,2% e 7,1% contro l’8,8% delle banche italiane (inclusa peraltro Monte Paschi) e a fronte di un 9,5% medio del campione. E’ interessante notare come il dato per le banche della Gran Bretagna è 8,7%, non dissimile quindi da quello delle banche italiane, così come quello per le banche tedesche e francesi che si attesta rispettivamente al 9,4% e al 9,6%;

– in generale lo status di G-SIB (Globally Sistemically Important Banks) ha particolarmente impattato le banche in questione per il “buffer” di capitale richiesto in aggiunta alla soglia minima del 5,5%; infatti delle 15 migliori banche in termini di CET1 ratio nello scenario avverso solo una è una G-SIB (Nordea) mentre ad esempio Deutsche Bank, Barclays e BNP Paribas hanno scontato l’effetto del “buffer” di 200 pb connesso al loro status.

E’ difficile valutare l’esito dell’esercizio. Colpisce la presenza di un outlier come Monte Paschi e i risultati assai diversi di altre banche (alcune anche italiane) che non apparivano essere in condizioni molto solide sul fronte del credito. A fronte del peso (significativo) degli aggiustamenti sui crediti, desta perplessità in particolare la modesta correlazione tra risultato dell’esercizio in termini di capitale e il livello del Texas ratio, comunemente utilizzato come indicatore di non solidità di una banca. Se tale indice si è infatti dimostrato essere un buon ‘’predittore’’ del risultato delle due peggiori banche (Monte dei Paschi e Allied Irish Bank con un Texas ratio rispettivamente pari a 283 e 151), non altrettanto può essere detto per altre banche che pure esprimono un Texas ratio elevato. Analoga considerazione può essere espressa per il grado di copertura dei NPL includendo accantonamenti e garanzie.

Nel complesso il sistema bancario europeo appare solido. E’ difficile valutare la qualità dell’esercizio anche alla luce delle critiche espresse da molti analisti in merito alle ipotesi alla base dell’esercizio, grado di severità, dimensione del campione, trattamento dei derivati complessi.

E’ certamente difficile fare previsioni sulle richieste di capitale che verranno avanzate dalle autorità di vigilanza in sede di SREP; nel complesso il fabbisogno potrebbe essere nell’intorno di alcune decine di miliardi (secondo alcune stime fino a 50-60). Un obiettivo non impossibile da raggiungere.

Il vero punto di domanda a nostro avviso riguarda l’utilità di questi esercizi. Essi sono sicuramente importanti per le autorità di vigilanza che hanno così lo strumento per indagare a fondo i profili di rischio delle banche. E’ invece più difficile comprendere la valenza della diffusione dei risultati; l’idea che essa permetta una più adeguata valutazione da parte del mercato appare non fondata. A fronte di un contributo positivo in termini di trasparenza, il rischio è di generare turbolenze non necessarie sul mercato e di alimentare un dibattito senza fine sulla validità e imparzialità di questi esercizi.

Del resto anche nelle migliori pratiche di risk management, gli esiti degli Stress Tests condotti da una istituzione finanziaria costituiscono sempre il punto di partenza di analisi delle sensitività ai diversi fattori di rischio e di valutazioni degli impatti, con l‘obiettivo di definire le azioni più appropriate per mitigare i rischi che i risultati evidenziano. Un passaggio che in questa sede non può essere effettuato in quanto l’EBA e le autorità di vigilanza non arrivano (forse giustamente) a questo livello di trasparenza.

In questo contesto sarebbe probabilmente preferibile che i risultati non fossero pubblicati in quanto è oramai acclarato, come le dinamiche di mercato di questi giorni dimostrano, che gli Stress Tests non hanno la capacità taumaturgica di ridare fiducia a mercati fondamentalmente scettici.

Quindi, ben vengano gli stress test, ma unicamente ad uso e consumo delle autorità di vigilanza. Il loro utilizzo per dimostrare ai mercati la solidità del sistema bancario rischia invece di risultare controproducente. In definitiva gli Stress Tests non dovrebbero essere interpretati come l’esame di fine anno quanto come la pagella di metà anno, utile per lo studente (la banca) e il maestro (autorità di vigilanza) nello svolgimento dello SREP.

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Emilio Barucci, Roberto Baviera, Carlo Milani (2015) What are the lessons of the Comprehensive Assessment? A first evidence, www.finriskalert.it .