Il nuovo sistema sanzionatorio nel documento di consultazione della Banca d’Italia
di Giulia Mele

Nov 05 2015
Il nuovo sistema sanzionatorio nel documento di consultazione della Banca d’Italia <small><small><I> di Giulia Mele </I></small></small>

Il 16 settembre scorso Banca d’Italia ha pubblicato un documento di consultazione in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria (il “Documento“). Il Documento, seppure non definitivo, rappresenta l’attuazione, a livello secondario, della disciplina contenuta nella Direttiva 2013/36/UE (la “CRD IV“) e nel Regolamento (UE) n. 102472013 (il “SSMR“), istitutivo del “Meccanismo di Vigilanza Unico” (il “MVU“).

Entrambi i provvedimenti comunitari hanno reso necessaria una sostanziale revisione dell’apparato sanzionatorio riflessa, a livello primario, nella modifica del d.lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998 (il “TUF“) e del d.lgs. n. 385 del 1 settembre 1993 (il “TUB“) attuata per mezzo del d.lgs. n. 72 del 12 maggio 2015.

Resta, invece, immutata la disciplina sanzionatoria in materia di antiriciclaggio. In attesa del recepimento della direttiva 2015/849/UE del 20 maggio 2015, infatti, restano ferme le disposizioni di cui al d.lgs. n. 231 del 21 novembre 2007, sia per quanto riguarda i soggetti sanzionabili sia per le misure adottabili e i limiti edittali ivi previsti.

Il nuovo sistema sanzionatorio

Il nuovo sistema sanzionatorio entrerà in vigore proprio in seguito all’emanazione della disciplina secondaria da parte della Banca d’Italia e della Consob (competente per l’attuazione delle norme contenute nel TUF).

Il Documento, pertanto, rappresenta il primo passo per rendere effettive le novità introdotte dal legislatore Europeo il quale ha inteso, da un lato, rafforzare l’efficacia del sistema sanzionatorio e, dall’altro, armonizzare a livello europeo i tratti essenziali della relativa disciplina, attribuendo alle autorità competenti per l’applicazione delle sanzioni poteri omogenei in tutti i paesi dell’Unione.

In particolare, la CRD IV ha, tra l’altro, (i) ampliato il novero dei destinatari delle sanzioni amministrative, ricomprendendovi sia le persone fisiche sia le società o gli enti responsabili della violazione; (ii) fissato limiti massimi edittali per le sanzioni pecuniarie (pari nel massimo al 10 per cento del fatturato per gli enti e a 5 milioni di euro per le persone fisiche) e affiancato a quest’ultime anche misure di natura non patrimoniale; e (iii) individuato le circostanze di cui l’autorità deve tener conto ai fini dell’applicazione delle sanzioni.

Tali novità comportano una profonda modifica dell’assetto italiano, in quanto richiedono un passaggio da un sistema generalmente fondato sulla punibilità della persona fisica, con la conseguente previsione di sanzioni esclusivamente pecuniarie e di importo contenuto, ad un sistema che prevede l’applicazione della sanzione direttamente all’intermediario responsabile, eventualmente in aggiunta alla sanzione all’esponente o al dipendente che ha agito materialmente, con importi molto più elevati di quelli attuali.

Peraltro, nei casi più gravi è prevista per le persone fisiche l’interdizione temporanea dall’assunzione di cariche in intermediari bancari, finanziari, assicurativi o presso fondi pensione. In particolare, la Banca d’Italia potrà comminare tale sanzione quando:

–                    la violazione abbia causato un grave pregiudizio alla stabilità dell’intermediario o conseguenze di carattere sistemico;

–                    il responsabile abbia conseguito un vantaggio personale, diretto o indiretto, come conseguenza della violazione;

–                    l’autore della violazione abbia subito altre sanzioni amministrative per violazioni in materia bancaria e finanziaria commesse nei 5 anni precedenti (recidiva) a condizione che anche le violazioni precedente siano state commesse sotto il vigore del regime sanzionatorio introdotto in attuazione della CRD IV.

In caso, invece, di violazioni connotate da scarsa offensività o pericolosità, il legislatore ha attribuito alla Banca d’Italia la possibilità di applicare agli enti una sanzione – alternativa a quella pecuniaria – consistente in un ordine volto ad eliminare le infrazioni (c.d. cease and desist order). In caso di inadempimento dell’ordine entro il termine fissato dalla Banca d’Italia, quest’ultima applicherà una sanzione pecuniaria più elevata rispetto all’importo previsto per la violazione originaria. In particolare l’importo della sanzione pecuniaria applicabile all’intermediario è aumentato fino ad un terzo rispetto a quello previsto per la violazione originaria, in modo da assicurare adeguata efficacia deterrente all’imposizione dell’ordine.

In ogni caso, ai fini dell’irrogazione della sanzione, Banca d’Italia tiene conto di vari criteri tra cui la capacità finanziaria del responsabile. Tale nozione viene desunta per le persone fisiche dalle informazioni disponibili sulle remunerazioni, fisse e variabili, in qualunque forma riconosciute o erogate per la carica ricoperta o per l’attività esercitata, mentre per le società o gli enti dal fatturato netto. Per la definizione del concetto di “fatturato” il Documento tiene conto della diversa struttura del bilancio degli intermediari, a tale fine distingue tra: (i) banche ed altri intermediari finanziari regolati dal TUB e dal TUF per i quali viene richiamato l’aggregato definito nell’art. 316, tabella 1 del Regolamento (UE) n. 575/2013; (ii) assicurazioni, per le quali si fa riferimento alla pertinente voce del conto economico; e (iii) altre imprese, per le quali si fa riferimento alla nozione di “fatturato” impiegata ai fini delle concentrazioni tra imprese (Regolamento CE n. 139/2004).

Ai fini della determinazione del fatturato la Banca d’Italia terrà altresì conto dei criteri impiegati ai medesimi fini dalla BCE nell’esercizio dell’attività sanzionatoria nell’ambito del MVU.

Infine, preme rilevare come in fase di recepimento il legislatore – per ragioni di omogeneità ed efficienza -abbia ampliato l’ambito di applicazione della CRD IV (che riguarda solo le violazioni commesse da banche e SIM) a tutti i soggetti sottoposti dal TUB e dal TUF alla potestà sanzionatoria della Banca d’Italia, nonché  a quelli a cui l’ente abbia esternalizzato funzioni aziendali essenziali o importanti. Regole speciali, invece, sono state previste per le violazioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e correttezza dei comportamenti verso la clientela per le quali sono sanzionabili solo gli intermediari e purché l’infrazione rivesta carattere rilevante.

Con riferimento al SSMR, anche in materia di sanzioni lo stesso ha previsto discipline diverse per le banche significative e quelle meno significative. In particolare, nel primo caso ha attribuito alla BCE il potere di comminare direttamente le sanzioni pecuniarie quando la violazione abbia ad oggetto norme europee direttamente applicabili (regolamenti dell’Unione Europea, regolamenti o decisioni della BCE) mentre, negli altri casi, la sanzione è applicata dall’autorità nazionale ma su richiesta della BCE.

Con riferimento alle banche meno significative, alla BCE è stato attribuito il potere di applicare direttamente le sanzioni solo quando la violazione riguardi atti emanati direttamente dalla stessa, mentre, in tutti gli altri casi, è prevista la competenza esclusiva delle autorità nazionali.

In buona sostanza, la Banca d’Italia:

–                    nel caso di soggetti “significativi”, può intervenire esclusivamente su richiesta della BCE per applicare le sanzioni alle persone fisiche, per sanzionare le violazioni delle norme nazionali (comprese quelle di recepimento delle direttive riferite nell’ambito dei compiti di vigilanza della BCE) e/o per applicare misure non pecuniarie. In queste ipotesi la Banca d’Italia può anche interessare la BCE ai fini dell’avvio di una procedura sanzionatoria;

–                    nel caso di soggetti “meno significativi” può applicare le sanzioni di propria iniziativa;

–                    in ogni caso – indipendentemente dalle dimensioni del soggetto – mantiene la piena potestà sanzionatoria nelle materie che esulano dall’attribuzione dei compiti di vigilanza della BCE (i.e. correttezza e trasparenza dei comportamenti, prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo).

Le novità procedurali

Da un punto di vista procedurale, le novità normative non impattano eccessivamente sul preesistente assetto delineato nel provvedimento della Banca d’Italia del dicembre del 2012, il quale era stato disegnato per adattarsi, nei suoi tratti essenziali, ad ogni tipo di destinatario, tanto persona fisica che giuridica, e che continua ad applicarsi ai procedimenti avviati alla Banca d’Italia nell’ambito del MVU con alcune specificità nel caso in cui il procedimento sia stato avviato su richiesta della BCE.

Unico elemento di novità, è costituito dall’introduzione di una fase di contraddittorio ulteriore successiva alla formulazione al Direttorio della proposta di irrogazione della sanzione. Tale scelta è giustificata dalla necessità – visto l’inasprimento delle sanzioni pecuniarie – di consentire ai soggetti interessati una più ampia articolazione delle proprie difese.

In ogni caso, tale prerogativa è riconosciuta solo ai soggetti che abbiano partecipato attivamente all’istruttoria attraverso le controdeduzioni e/o l’audizione personale.

Alle radici della crisi finanziaria
di Carlo Milani

Nov 05 2015
Alle radici della crisi finanziaria <small><small><I> di Carlo Milani </I></small></small>

Executive summary
Nel libro “Alle radici della crisi finanziaria. Origine, effetti e risposte”, edito da Egea (Milani, 2015), ho cercato di offrire al lettore una visione ampia dei fenomeni succedutesi negli ultimi 7/8 anni. In questa nota la sintesi dei principali temi affrontati.

La portata della recente crisi è così estesa che per comprenderla pienamente è necessario analizzarla attraverso diversi punti di vista, non solo quello finanziario. Molteplici sono, infatti, i fattori che hanno concorso tanto alla generazione delle bolle speculative, quanto al loro virulento scoppio.

Un po’ di storia

Un breve excursus storico, che copre circa un secolo, ci permette di individuare in alcune risposte di politica economica date alla Grande Depressione del 1929 i primi germi della crisi del 2007/2008. In particolare, le imperfezioni del sistema di cambi fissi stabilito con Bretton Woods ha portato al suo collasso negli anni ’70, con conseguenze fortemente negative per l’economia mondiale, tra le quali anche le prime crisi petrolifere. Ancor più negative sono stati gli effetti prodotti dalle ricette offerte in quell’epoca, tra le quali la deregolamentazione finanziaria. A partire dagli anni ’80, infatti, è iniziato un lungo processo di rimozione dei vincoli all’operatività bancaria che nemmeno i successivi accordi internazionali di Basilea sono riusciti ad arginare. L’utilizzo di strumenti finanziari complessi, quali i titoli cartolarizzati e i derivati, senza un efficiente impianto di regole ha consentito di poter aggirare i controlli effettuati dalle autorità di vigilanza. Tutto ciò ha determinato una delle crisi finanziarie più grandi della storia moderna. Dal sistema bancario questa si è poi rapidamente estesa anche agli Stati sovrani che più avevano favorito la crescita delle industrie bancarie nazionali, come ad esempio l’Islanda e l’Irlanda.

Gli squilibri globali

Tali eventi hanno colto l’Area euro completamente impreparata. La creazione della moneta unica e l’imposizione di vincoli sulla politica fiscale con il Patto di Stabilità, senza la contemporanea adozione di meccanismi che permettessero ai singoli paesi aderenti di assorbire gli shock asimmetrici, si sono rivelate scelte fortemente errate. Le conseguenze si vedono ancora oggi sull’asfittica crescita europea, soprattutto se paragonata a quella degli Stati Uniti. Inoltre, l’euforia legata alla più facile circolazione dei capitali, in un’area in cui il rischio di cambio era stato eliminato, ha generato un eccesso di disponibilità di finanziamenti che in Spagna e Irlanda si sono riversati sul mercato immobiliare, mentre in Grecia, Portogallo e Italia hanno sostenuto un settore pubblico inefficiente.

Anche gli squilibri esistenti nei rapporti tra Stati Uniti e Cina, e più in generale con i paesi emergenti, hanno gettato benzina sul fuoco della speculazione finanziaria. La scelta degli emergenti di puntare, alla fine degli anni ’90, su un modello di crescita basato sulle esportazioni, ha messo in moto un processo di svalutazione dei cambi e un conseguente afflusso dei capitali verso i paesi industrializzati, in primis Stati Uniti. Questi capitali hanno alimentato prima la generazione della bolla speculativa sui titoli della New Economy agli inizi degli anni 2000, e poi, con la colpevole partecipazione della Federal Reserve guidata da Alan Greenspan, quella sui mutui immobiliari concessi alle famiglie statunitensi per lo più prive di reddito e garanzie (cosiddetti mutui subprime).

Chi doveva vigilare sulle banche, evitando l’assunzione di eccessivi rischi, non l’ha fatto e per la maggior parte dei casi non si è reso conto di quello che stava accadendo, subendo in molti casi anche ingenti perdite. La finanza comportamentale ci aiuta a spiegare questo fenomeno, legato essenzialmente al processo psicologico connesso con l’eccessiva confidenza sulle proprie capacità di riuscire a “battere” i mercati.

Alcuni paesi, quali ad esempio il Canada, hanno in ogni modo messo in evidenza come sia possibile, attraverso un’adeguata regolamentazione finanziaria, sviluppare quegli anticorpi in grado di evitare il contagio. Per altri, come l’Italia, le deficienze regolamentari e l’inefficienza dell’industria bancaria, troppo frammentata e sottocapitalizzata, si sono palesate per tutta evidenza, determinando nel nostro paese un’intensa restrizione creditizia che ha contribuito a provocare la recessione economica più profonda dei suoi 150 anni di storia.

Le risposte di politica economica e regolamentari

Se il periodo pre-crisi è un coacervo di errori di valutazione, imprudenza e imperizia, anche le risposte presentate per fronteggiare e prevenire il verificarsi di nuove crisi sono criticabili sotto molti punti di vista. Tra le politiche economiche si è privilegiato il ricorso a quella monetaria, sia nella forma convenzionale del taglio dei tassi d’interesse sia in quella non convenzionale, tipicamente rappresentata dal quantitative easing (QE). Gli effetti di queste politiche sono però controversi e possono aver contribuito alla generazione di altre bolle speculative, come ad esempio quella immobiliare e azionaria in Cina. La politica fiscale, che più avrebbe dovuto riportare l’economia mondiale lungo un sentiero di crescita duratura, è stata invece relegata a strumento secondario. In Europa, con il Fiscal Compact e i piani di austerità, si è addirittura puntato al consolidamento fiscale nonostante la recessione in corso, aggravando ulteriormente la situazione.

Anche le nuove regole finanziarie non sono scevre da critiche. Sul fronte europeo si è fatto un passo avanti per la creazione di un mercato bancario unico. Gli egoismi nazionali stanno però impedendo di definire completamente il progetto in tutte le sue componenti e, soprattutto, di prevedere quei necessari meccanismi di condivisione degli oneri, necessari nel caso in cui si verifichino nuovamente crisi bancarie sistemiche. Modesti sono anche i tentativi di dotarsi di un adeguato sistema europeo che vigili sugli squilibri macroeconomici e li prevenga.

Per quanto attiene a Basilea III, il nuovo impianto di regole è ancora più complesso rispetto al precedente accordo. Inoltre, continua ad essere fondato, per la parte relativa ai coefficienti di patrimonializzazione, sull’attivo ponderato per il rischio, grandezza che proprio in occasione della crisi ha messo in evidenza tutti i suoi limiti.

Su molti fronti siamo invece in attesa di risposte. A livello globale, appare necessario rivedere il ruolo del Fondo Monetario Internazionale, recuperando la sua originaria missione, pensata da John Maynard Keynes, di prestatore internazionale di ultima istanza. Sul fronte europeo, bisognerebbe finalmente mettere in campo una delle numerose proposte di condivisione del debito, quale ad esempio gli eurobond. In Italia, nel breve termine, andrebbe quanto prima costituita la bad bank per la gestione dei crediti dubbi, mentre in un’ottica di più ampio respiro andrebbero ripensati i rapporti tra banche e piccole e medie imprese, rivedendo, tra l’altro, il paradigma del “piccolo è bello”.

Bibliografia

Milani Carlo, 2015, “Alle radici della crisi finanziaria. Origine, effetti e risposte”, Egea Editore.