Da inizio anno le banche europee sono stato oggetto di forte volatilità sui mercati azionari. L’indice bancario Stoxx Europe 600 ha perso, ad oggi, circa il 15 per cento del suo valore dalla fine del 2015 (grafico 1). A incidere su questa dinamica ha influito, in particolare, la bassa redditività degli attivi, compressa dalla politica monetaria fortemente espansiva voluta dalla BCE per contrastare la deflazione (Milani, 2016). Accanto all’allargamento del quantitative easing e alla nuova tornata delle TLTRO, i tassi di riferimento sono stati ulteriormente ridotti, diventando ancor più negativi nel caso di quelli applicati sulle deposit facilities. Le banche si trovano quindi con dei margini di guadagno sulla tradizionale operatività bancaria, ovvero reperimento di risorse attraverso i depositi ed erogazione di finanziamenti, molto esegui. In questo quadro europeo, tutt’altro che roseo, le banche italiane sono ancora più in difficoltà: da inizio anno la perdita registrata sull’indice bancario FTSE è più che doppia rispetto a quella europea (-33 per cento).
Grafico 1. Andamento degli indici azionari bancari
100=1 gennaio 2016
Cosa sta penalizzando il nostro sistema rispetto a quello europeo?
Essenzialmente il problema si concentra sulla qualità del credito. Secondo gli ultimi dati relativi al terzo trimestre 2015, l’incidenza delle sofferenze lorde rispetto al totale dei finanziamenti è pari a oltre il 16 per cento in Italia, contro il 6,2 per cento medio dell’Area euro, il 5,7 della Spagna, il 3,7 della Francia e il 2,1 della Germania. Fa peggio di noi in Europa solo la Grecia (34 per cento).
In valore assoluto le sofferenze lorde delle banche italiane sono pari a circa 200 miliardi di euro a fine 2015, che toccano i 375 miliardi di euro nel caso in cui si consideri l’intero ammontare dei crediti con qualche forma più o meno grave di insolvenza.
Dall’analisi del flusso di nuove sofferenze si osserva comunque qualche segnale di miglioramento. Il numero di imprese entrate in difficoltà nel corso del 2015 è diminuito rispetto a un anno prima. Dalle quasi 82 mila unità del 2014 si è scesi a 75 mila, un valore ancora elevato se confrontato con quello osservato agli inizi della crisi (65 mila nel 2009) ma pur sempre in diminuzione. Il miglioramento si registra soprattutto nei confronti delle imprese di medio-grandi dimensioni (società non finanziarie; -11 per cento), mentre è più contenuto sulle piccole (famiglie produttrici; -4 per cento). Anche in termini di importi si osserva un progresso, seppur più contenuto (-2,7 per cento). In questo caso, però, la flessione è attribuibile esclusivamente alle imprese medio-grandi (-3,3 per cento), mentre per le piccole imprese l’ammontare delle nuove sofferenze è ancora in crescita (+2,5 per cento).
Grafico 2. Cartolarizzazioni di prestiti alle imprese
In percentuale dello stock di finanziamenti alle imprese
Anche il numero di imprese insolventi su cui le banche hanno riconosciuto l’impossibilità di recuperare il credito, registrando quindi in bilancio una perdita, è in riduzione: dalle 77 mila unità del 2014 si è passati alle 56 mila unità del 2015 (circa 30 mila nel 2009).
In sintesi, dalle informazioni più recenti sulla qualità del credito delle banche italiane, soprattutto dal lato delle imprese, si osserva qualche primo segnale di miglioramento, troppo presto però per dire se siamo di fronte a una effettiva inversione di tendenza. Inoltre, se la crescita delle nuove sofferenze sembra essersi finalmente arrestata, si pone il problema della gestione dell’ingente ammontare dello stock di sofferenze preesistenti.
I problemi irrisolti
Il primario strumento di mercato utilizzato per la pulizia dei bilanci bancari dai crediti insoluti sono le cartolarizzazioni. Considerando quelle cartolarizzazioni che hanno riguardato i finanziamenti alle imprese, sia in bonis che in sofferenza, si riscontra come in Italia il loro utilizzo sia andato fortemente crescendo negli ultimi anni, mentre nella media dell’Area euro sia rimasto sostanzialmente stabile (grafico 2). Anche prendendo in esame le sole cartolarizzazioni che hanno implicato la totale cancellazione dal bilancio dei finanziamenti, escludendo quindi quelle operazioni di ingegneria finanziaria che implicano la cartolarizzazione e il mantenimento in bilancio del relativo titolo finanziario, si nota come in Italia l’utilizzo sia stato molto più diffuso che nel resto dell’Area euro (grafico 3). Si nota, inoltre, come vi sia stata un’accelerazione in corrispondenza dell’asset quality review (AQR) e degli stress test condotti da EBA e BCE nel 2014 (Barucci e Milani, 2014).
Anche le cartolarizzazioni che hanno riguardato le sole sofferenze, sia verso imprese che altri tipi di clientela, con cancellazione dal bilancio della relativa posta, sono state in Italia rilevanti: circa 50 miliardi di euro secondo i dati relativi a marzo 2016, 30 miliardi nel giugno 2010.
Grafico 3. Cartolarizzazioni di prestiti alle imprese cancellati dai bilanci bancari
In percentuale dello stock di finanziamenti alle imprese
In definitiva, dai dati ufficiali sembra emergere come i processi di cartolarizzazione siano stati abbastanza attivi in Italia, soprattutto se paragonati con il resto d’Europa. Due elementi di criticità si possono però individuare: da un lato, il ritardo con il quale il problema delle sofferenze è stato affrontato, che ha implicato tra l’altro la mancata occasione del varo di una bad bank di sistema (Barucci e Milani, 2015). L’altro aspetto è la difficoltà di accelerare l’utilizzo delle cartolarizzazioni dopo il già ampio utilizzo fatto in questi anni. Un aiuto potrebbe arrivare al riguardo dal Fondo Atlante (Barucci e Milani, 2016), ma le scarse risorse messe in campo (poco più di un miliardo di euro), e l’obiettivo dichiarato di acquistare a prezzi più alti di quelli di mercato, fanno essere abbastanza scettici sull’effettiva possibilità che questo fondo riesca a smobilizzare ingenti pacchetti di crediti cartolarizzati.
Bibliografia
Barucci E., Milani C., La brutta pagella del comprehensive assessment, FinRiskAlert.it del 30 Ottobre 2014.
Barucci E., Milani C., L’infinito dibattito sulla bad bank, FinRiskAlert.it del 1 Aprile 2015.
Barucci E., Milani C., Finalmente il fondo Atlante: sarà piccolo ma è pur sempre una bad bank, FinRiskAlert del 20 aprile 2016.
Milani C., Le armi spuntate di Draghi, FinRiskAlert.it del 23 Marzo 2016.