The European Securities and Markets Authority (ESMA) the EU’s securities regulator, today publishes its second Annual Statistical Report (Report) analysing the European Union’s (EU) derivatives markets.
Bakkt has launched two new regulated bitcoin derivatives products. Within hours of launch, Bakkt announced that over 1,000 futures contracts had been traded in Asia.
EBA ha aggiornato il proprio Single Rulebook con chiarimenti relativi al regime del Regolamento (UE) n. 575/2013 sui requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (CRR)…
L’ESMA ha aggiornato le proprie Q&A sull’attuazione del regime del Regolamento (UE) n. 600/2014 (MiFIR) con riguardo al tema della trasmissione di dati (data reporting).
L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.
Significato degli indicatori
Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.
I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔ indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.
Disclaimer: Le informazioni contenute in questa pagina sono esclusivamente a scopo informativo e per uso personale. Le informazioni possono essere modificate da finriskalert.it in qualsiasi momento e senza preavviso. Finriskalert.it non può fornire alcuna garanzia in merito all’affidabilità, completezza, esattezza ed attualità dei dati riportati e, pertanto, non assume alcuna responsabilità per qualsiasi danno legato all’uso, proprio o improprio delle informazioni contenute in questa pagina. I contenuti presenti in questa pagina non devono in alcun modo essere intesi come consigli finanziari, economici, giuridici, fiscali o di altra natura e nessuna decisione d’investimento o qualsiasi altra decisione deve essere presa unicamente sulla base di questi dati.
Libra’s ongoing organizational snags and run-ins with regulators continue into December, as EU finance ministers agreed Thursday that Libra cannot be launched in the EU until concerns are adequately addressed…
The Basel Committee’s Research Task Force (RTF) has set up a scientific committee that will issue Calls for Research Proposals on SSRN’s Financial Economics Network (FEN) and the Committee’s website.
The European Securities and Markets Authority (ESMA) has updated today its public register with the latest set of double volume cap (DVC) data under the Markets in Financial Instruments Directive (MiFID II)…
Nel 2018 la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è diminuita, mentre il tasso di risparmio è lievemente cresciuto.
Nel corso del 2018, le attività finanziarie lorde delle famiglie italiane hanno registrato una contrazione del 3,1% (-0,5% nell’area euro), a fronte di una crescita delle attività reali del 2,7% e una diminuzione delle passività pari allo 0,7% (rispettivamente, +1,3% e +3,6% nell’area euro). Nel complesso, la ricchezza netta delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile rimane superiore al dato dell’Eurozona (rispettivamente, 8,2 e 7,7 a fine 2018), mentre il tasso di risparmio lordo domestico, pari al 10% circa e in lieve crescita per la prima volta dal 2014, continua a essere inferiore al valore registrato nell’area euro (anch’esso in lieve aumento). Si conferma la distanza tra il nostro Paese e l’Eurozona con riguardo all’incidenza del debito delle famiglie sul Pil (a fine 2018 pari rispettivamente al 40% e al 60%).
I cambiamenti demografici e la trasformazione digitale vedono l’Italia in una posizione di svantaggio rispetto ai Paesi europei.
L’Unione Europea (UE-28) sperimenta da tempo un progressivo
invecchiamento della popolazione. L’Italia si caratterizza per una struttura
della popolazione relativamente più anziana degli altri Paesi dell’Unione.
Nel confronto internazionale, infine, l’Italia continua a registrare un divario negativo anche in termini di competenze digitali della popolazione, connotandosi al contempo per un più contenuto utilizzo di internet e dell’e-commerce.
Secondo l’Osservatorio CONSOB per il 2019, i decisori finanziari condividono le proprie scelte in oltre l’80% dei casi, sono prevalentemente avversi al rischio e alle perdite e si riconoscono capacità elevate nella gestione delle finanze personali in più del 40% dei casi.
L’Osservatorio CONSOB per il 2019 su ‘L’approccio alla finanza e agli
investimenti delle famiglie italiane’ raccoglie i dati relativi a un campione
di 3.058 individui, rappresentativo dei decisori finanziari italiani, di cui
1.311 intervistati anche nel 2018.
In linea con le rilevazioni precedenti, circa i tre quarti dei
decisori finanziari sono uomini. Le scelte economico-finanziarie risultano
tuttavia condivise con il partner in oltre il 60% dei casi, mentre il dato
sale all’80% se si considerano anche altri membri del nucleo famigliare.
Secondo gli indicatori attitudinali elaborati sulla base
dell’auto-valutazione individuale, la maggioranza degli italiani si conferma
avversa al rischio e avversa alle perdite: con particolare riferimento a quest’ultimo
aspetto, circa due terzi degli intervistati affermano di non essere disposti
a investire in un prodotto che presenti una sia pur ridotta possibilità di
perdita del capitale, mentre il restante 37% si dichiara tollerante verso
piccole perdite (permanenti o recuperabili nel lungo termine).
La tendenza alla procrastinazione risulta poco diffusa (vi si dichiara
esposto in modo elevato meno del 10% degli individui). Più del 40% si riconosce
elevate capacità di gestire le proprie finanze e circa la metà riporta un
livello di disagio o ansia finanziaria basso o molto basso. Il 30% degli
individui dichiara di essere molto ottimista, mentre la fiducia negli
operatori finanziari risulta poco diffusa. La quasi totalità del campione,
infine, sembra incline a seguire l’approccio tipico della contabilità mentale
nella gestione dei propri investimenti (basato sulla suddivisione degli
impieghi delle risorse disponibili in conti mentali diversi, ad esempio in
funzione della fonte delle risorse stesse), mentre un quarto degli
intervistati sembra esposto a errori riconducibili alla gambler fallacy (ossia all’errata convinzione che il passato
condizioni il futuro anche nel caso di una sequenza di eventi casuali).
Rimangono molto contenute le conoscenze delle nozioni finanziarie più semplici, le abilità di calcolo e …
In linea con le rilevazioni degli anni precedenti, la cultura
finanziaria delle famiglie italiane si conferma molto contenuta. Il 21% degli
intervistati non conosce nessuna delle nozioni di
base (inflazione, relazione rischio/rendimento, diversificazione, caratteristiche dei mutui, interesse composto) e delle nozioni avanzate (riferite ai titoli obbligazionari) proposte nella Survey; solo il 12% mostra padronanza di quattro dei sette concetti presentati; solo il 2% definisce correttamente tutte le nozioni.
Con riferimento alla consapevolezza del proprio livello di conoscenze
finanziarie, in media il 34% del campione mostra un disallineamento (mismatch) fra conoscenze reali e
conoscenze percepite ex ante (ossia prima della verifica puntuale delle nozioni
prima menzionate), che si traduce in una sovrastima (upward mismatch) nel 14% dei casi e in una sottostima (downward mismatch) nel rimanente 20%. Il
divario tra conoscenze reali e valutazione ex post (ossia successiva alla
verifica puntuale delle nozioni prima menzionate) mostra invece una sovrastima
della propria cultura finanziaria nel 28% dei casi. Solo l’8% degli
intervistati rivaluta correttamente le proprie conoscenze correggendo le
proprie percezioni dopo aver risposto al test.
Gli intervistati si connotano anche per un basso livello di numeracy, come si evince dal fatto che il 54% del campione non è in grado di eseguire un semplice calcolo percentuale.
… le conoscenze dei prodotti finanziari in astratto più noti.
Oltre il 30% del campione non conosce nessuno tra i seguenti prodotti: conto corrente; azioni; obbligazioni; fondi comuni; Bitcoin. Solo il 20% risponde correttamente a tre domande su cinque; solo il 4% ottiene il punteggio massimo.
Con riferimento alla cosiddetta risk
literacy, solo il 25% è in grado di ordinare correttamente azioni,
obbligazioni e conto corrente per livello di rischio; il 50% degli individui,
inoltre, indica le azioni come il prodotto più rischioso, associandovi una
maggiore volatilità, un maggior rischio di liquidità e un maggior rischio di
perdita del capitale e, nel 70% dei casi circa, la possibilità che tale forma
di investimento alimenti disagio e preoccupazione.
Con riferimento a un’ipotetica scelta di investimento, le attività immobiliari sono spesso preferite a impieghi di natura finanziaria, a prescindere dall’orizzonte temporale e dagli obiettivi di rendimento; il 40% degli intervistati inoltre non è in grado di individuare un’opzione di investimento adeguata a nessuno degli scenari proposti.
L’educazione finanziaria ricevuta in famiglia si associa a comportamenti economico-finanziari corretti.
Come evidenziato
dalle Survey precedenti, gli intervistati indicano l’educazione famigliare
come una delle principali fonti della propria cultura finanziaria, insieme a
fattori quali interesse personale ed esperienza. L’Osservatorio 2019
approfondisce questo aspetto indagando se, durante l’adolescenza, i
partecipanti alla Survey sono stati stimolati dai propri genitori a tenere
comportamenti oculati in tema di risparmio e controllo delle spese. La
stragrande maggioranza riferisce di essere stato incoraggiato a risparmiare e
a gestire il budget in modo attento, anche se tale incoraggiamento viene
qualificato come elevato solo nel 20% dei casi; lo stimolo della famiglia
inoltre è più frequente tra gli intervistati che giudicano elevata la cultura
finanziaria dei propri genitori. L’educazione famigliare appare
significativamente e positivamente correlata con le conoscenze finanziarie
degli intervistati e, come dettagliato nel Rapporto, con attitudini corrette
in tema di pianificazione, budgeting, risparmio, indebitamento e investimento.
La pianificazione finanziaria è ancora poco diffusa: gli obiettivi di spesa vengono identificati in modo sequenziale uno per volta e la motivazione al risparmio prevalente è quella precauzionale.
Pianificazione e controllo delle scelte finanziarie (cosiddetto financial control) rimangono comportamenti poco diffusi presso le famiglie italiane. Nella gestione delle finanze personali, il 60% non segue una regola precisa mentre la quasi totalità del restante 40% decide definendo in modo sequenziale un obiettivo di spesa alla volta. Solo un terzo degli intervistati ha un piano finanziario e di questi poco meno del 40% ne monitora l’avanzamento in modo dettagliato, annotando le spese. Tra coloro che non pianificano, il 42% ritiene che sia inutile avere un piano, o perché manca la capacità di risparmio o perché è sufficiente controllare le spese, mentre il 20%, pur riconoscendone l’utilità, non è comunque intenzionato a modificare le sue abitudini nell’immediato.
Circa la metà del campione ha un budget famigliare, che rispetta sempre nel 26% dei casi e che controlla in modo accurato nel 30% dei casi. Gli intervistati risparmiano in modo regolare (soprattutto per motivi precauzionali) nel 31% dei casi (in lieve calo rispetto all’anno precedente quando il dato si attestava al 33%) e in modo occasionale nel 37% dei casi; il 26% non accantona nulla, soprattutto perché le spese assorbono tutte le entrate famigliari.
Il 30% delle famiglie italiane dichiara di possedere almeno un’attività finanziaria.
A fine 2018, il 30% delle famiglie italiane dichiara di possedere
almeno un’attività finanziaria, rappresentata da fondi comuni e titoli di
Stato italiani, rispettivamente nel 26% e nel 18% dei casi (il dato risulta
stabile rispetto al 2018). La mancanza di risparmi rappresenta il maggior
deterrente all’investimento, seguito dalla mancanza di fiducia nel sistema
finanziario.
La percentuale di investitori che risponde correttamente alle domande di cultura finanziaria riferibili ai prodotti posseduti oscilla tra il 15% (relazione prezzo – tasso di interesse di un’obbligazione) e l’83% (caratteristiche delle azioni); il dato si colloca tra il 50% e il 70% circa per le nozioni relative alla cosiddetta risk literacy.
La maggior parte degli intervistati prende le decisioni di investimento in autonomia o con il supporto di famigliari e conoscenti.
Un investitore su due utilizza una sola fonte informativa per prendere
decisioni di investimento, preferendo di gran lunga il supporto di un esperto
(consulente finanziario o funzionario della banca) alla consultazione in
autonomia di documenti informativi sui prodotti come il prospetto.
Nelle scelte di investimento, il 20% degli individui si affida a un consulente finanziario o a un gestore che consulta anche in fase di monitoraggio del proprio portafoglio. Il 40% degli investitori ricorre alla cosiddetta consulenza informale, ossia ai consigli di amici e parenti (talvolta attivi nel settore finanziario), e altrettanti decidono in autonomia.
Gli investitori assegnano un ruolo chiave alle competenze del consulente sia nella fase di avvio sia nel corso della relazione.
Più del 50% degli investitori non è in grado di identificare i tratti
distintivi del servizio di consulenza in materia di investimenti. La scelta
del consulente è guidata prevalentemente dalle competenze del professionista,
seguita dalla fiducia che questi riesce a ispirare nel cliente e dalla segnalazione
proveniente da un soggetto ritenuto affidabile (famigliari, amici, istituto
bancario di riferimento). La sfiducia, inoltre, è il disincentivo principale
alla domanda di consulenza. In linea con i driver che guidano la scelta del professionista, le aspettative
degli investitori nei confronti del consulente riguardano soprattutto le sue
competenze, l’assenza di conflitto di interessi e il supporto a decisioni
informate.
La remunerazione della consulenza rimane un elemento poco considerato,
sia perché la maggioranza degli individui ritiene che il servizio sia
prestato a titolo gratuito sia perché la disponibilità a pagare è molto bassa
anche tra gli investitori assistiti da un esperto.
La relazione con il consulente è prevalentemente di medio-lungo periodo,
come attesta il fatto che il 50% degli investitori assistiti non ha mai
cambiato il professionista, mentre il 18% lo ha fatto perché insoddisfatto del
servizio ricevuto. Gli intervistati quasi sempre riconoscono l’importanza dello
scambio informativo con il consulente, anche se solo il 30% degli investitori
dichiara di comunicare al consulente variazioni rilevanti della propria
situazione personale.
Nell’ambito della relazione con il consulente, prevale la propensione a seguire sempre la raccomandazione ricevuta in circa il 60% dei casi; meno del 20% si documenta sempre, consultando fonti informative alternative; meno del 5% chiede sempre una second opinion. Tuttavia, solo il 17% sarebbe disposto a seguire un consiglio che non ha compreso senza documentarsi, mentre la maggioranza degli intervistati cercherebbe di approfondire rivolgendosi anzitutto allo stesso consulente. Nel corso della relazione i contatti con il professionista sono saltuari o assenti nel 26% dei casi, mentre nel 70% circa ricorrono con frequenza annuale su iniziativa del cliente o del consulente. Nel caso di turbolenze sui mercati finanziari, il 25% degli investitori assistiti cerca sempre conforto nel consulente e altrettanti vengono contattati dal professionista; nel 30% dei casi, infine, gli intervistati dichiarano di essere raggiunti tramite e-mail o newsletter.
FOCUS Gli investimenti sostenibili e socialmente responsabili sono ancora poco conosciuti dagli investitori italiani che dichiarano di avere prodotti SRI nel proprio portafoglio solo nel 5% dei casi.
Il 40% del campione è potenzialmente interessato agli SRI, mentre mancanza di risparmi da investire, il non aver mai ricevuto proposte d’investimento o la diffidenza sono i maggiori deterrenti verso gli SRI.
Gli investimenti sostenibili e socialmente responsabili (SRI) sono
ancora poco noti. Se il 40% degli intervistati dichiara di averne almeno
sentito parlare, solo il 5% si ritiene bene informato. Le fonti informative
prevalenti sono i media e il web, mentre il ruolo dei consulenti finanziari
resta secondario. Nel complesso, solo il 5% degli investitori dichiara di
avere prodotti SRI nel proprio portafoglio.
Il potenziale interesse negli SRI dipende anche dalla importanza
riconosciuta ai cosiddetti fattori ESG (environmental,
social and governance) e, nell’ambito di questi, ai cambiamenti climatici
più frequentemente all’attenzione dell’opinione pubblica. Il 40% degli
intervistati non è in grado di esprimere un’opinione sulla rilevanza dei
fattori ESG; tra i restanti la tutela dell’ambiente è il tema più sentito,
seguito dal supporto alle persone svantaggiate e alle comunità locali.
L’interesse potenziale negli SRI sfiora il 40% del campione, che nella
maggior parte dei casi si dichiara attento ai profili finanziari
dell’investimento; un quarto del campione non è interessato in alcun caso,
mentre più di un terzo non è in grado di esprimere un’opinione.
La mancanza di interesse nei prodotti SRI viene ricondotta all’assenza
di risparmi da investire nel 47% dei casi (28% per il sottocampione degli
investitori, che paiono dunque percepire questa tipologia di prodotti come
non fungibile rispetto agli investimenti ‘tradizionali’), seguita dal fatto
di non aver mai ricevuto proposte di investimenti in tal senso e dalla
mancanza di fiducia.
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