L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.
Significato degli indicatori
Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.
I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔ indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.
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Benché le chiacchere su AI e Machine Learning superino di gran lunga la
pratica (secondo Gartner[1], solo il 37% delle
imprese utilizza l’AI, e ben il 40% delle start-up che si definiscono “di AI”
non utilizza affatto l’AI[2]) , nel mondo
delle banche e delle assicurazioni è opinione diffusa che grazie a tecnologie
data-driven e innovazione digitale si possano offrire prodotti e servizi a
costi molto più bassi.
Di questi guadagni d’efficienza ne beneficierebbe la profittabilità di
un’industria proverbialmente poco dinamica (per rendersi conto di quanto, basta
considerare l’imbarazzante e perdurante diffusione un linguaggio di
programmazione paleozoico come il Cobol[3]). Un’industria che
vive un periodo di grande compressione dei margini, e che di questi guadagni di
produttività ne ha bisogno come il pane, viste le prospettive relative ai tassi
d’interesse e ai margini d’intermediazione.
Ovviamente si avrebbero vantaggi anche per i consumatori, in termini di
qualità di servizio e “financial inclusion”, nonché guadagni di
produttività in altri settori dell’economia limitrofi.
Bello, sì.
Ma quanto è grande il guadagno di produttività legato a innovazione
digitale e uso dei dati (i.e., Machine Learning, AI)? Cioè: con modelli operativi
concretamente perseguibili in tempi accettabili, di quanto stiamo parlando?
Sulla base di alcune ipotesi che descrivo nel seguito e che trovano
riscontro in software esistente, ho provato a fare una mano di conti. Mi sono
focalizzato sul settore del wealth management inteso in senso lato: ossia
servizi d’investimento, protezione di persone e cose (vale a dire servizi d’assicurazione),
finanziamenti. L’odierna offerta di banche e gruppi assicurativi ad ampio
spettro, insomma.
Immaginiamo una di queste realtà, con il classico modello di business
basato su reti di professionisti – consulenti finanziari, private banker, o agenti
assicurativi – e una tecnologia che:
individua precisamente bisogni ed obiettivi dei clienti dai dati,
tramite Machine Learning (ottemperando tra le altre cose gli obblighi di legge,
ossia profilazione e product targeting secondo MIFID e IDD);
aiuta a creare il miglior mix personalizzato di prodotti per ciascun
cliente, e la conseguente Next Best Action;
offre automaticamente contenuti, modulistica e reportistica, anch’essi
personalizzati in base alle preferenze e i bisogni dei clienti;
segue il life-cycle del cliente, a partire dalla fase d’ingaggio,
imparando e adattandosi nel tempo.
Ora chiediamoci: cosa succede se forniamo all’azienda e alla sua rete
questa tecnologia?
Per rispondere, con una piccola survey ho innanzitutto raccolto
informazioni da alcuni consulenti finanziari sulla loro operatività e la
saturazione del loro tempo, sulla quantità e qualità di clienti, su come si
preparano ad incontrarli e altre informazioni di processo. Insomma: tempi e
metodi. Ho considerato i dati sulla distribuzione della capacità patrimoniale
tra i clienti, integrando diverse banche dati.
Essendoci varietà nelle risposte e poche certezze a questo mondo, ne è scaturito
un modello probabilistico, calibrato sulle informazioni raccolte e sui dati a
disposizione, che descrive il processo di gestione della clientela e le
metriche ad esso associate. È un modello profondamente fondato su Agent-based
modeling e Teoria delle Code[4], un campo della
matematica applicata popolare nell’analisi di reti di telecomunicazioni, ma che
si presta anche a rappresentare il servizio di consulenza
finanziaria/assicurativa. Simulando il tutto con metodo Monte Carlo e
sintetizzando l’informe nube di decine di migliaia di numeri sono emersi alcuni
fatti interessanti, che riporto brevemente.
Risparmi di tempo e guadagni di produttività
Se si introduce questa tecnologia su una rete la cui capacità produttiva
non è lontana dal punto di saturazione e il software in questione consente un
risparmio di tempo significativo, del 35% in media (stima conservativa, basti
pensare al tempo occorrente per assemblare una reportistica decente, o studiare
il profilo del cliente), il guadagno di produttività, inteso come maggior
numero di clienti gestibili è sorprendente: con probabilità superiore al 90%, la capacità di gestire clienti raddoppia.
Esatto: radoppia. E qualche volta triplica.
Può stupire che una tecnologia che porta a un risparmio di circa un
terzo del tempo porti a più che raddoppiare il numero di clienti gestibili. Ma,
al di là del fatto che poche cose viaggiano in linea retta in natura e ancor
meno in economia, ciò è tipico di sistemi che presentano inefficienze di
processo e “colli di bottiglia”. Ora, il mondo
finanziario-assicurativo è un condensato d’inefficienze di processo tanto
quanto una stella di neutroni è un condensato di materia, sicché l’applicazione
di Machine Learning e customer intelligence vanno a braccetto, portando a
risultati sorprendenti.
Nuovi clienti, nuove masse in gestione e nuova
raccolta premi
Nuovi clienti da servire equivalgono a nuove masse in gestione o a nuova raccolta premi. Ma, visto che i clienti obbediscono a una legge di Pareto (si veda il grafico seguente, una stima sulla popolazione reale), dove pochissimi hanno molto e molti hanno poco, probabilmente ciò significa andare a parare su clienti con minor potenziale. Infatti consulenti e agenti si concentrano tipicamente sul top 20% del bacino di clienti, sicché si tratterebbe di puntare sul restante 80%.
Concentriamoci per semplicità di calcolo sui prodotti d’investimento, e valutiamo l’incremento annuo di AuM associato ai nuovi clienti, riportato nel grafico seguente: nel 90% dei casi simulati l’incremento di AuM si colloca tra il 20% e il 46%, con una mediana del 33%.Identico incremento è atteso sulle commissioni, se si ipotizza che non cambino aumentando il numero di clienti.
Può andare anche meglio
Questo risultato appena descritto è condizionato dall’ipotesi che i
clienti aggiuntivi siano tutti più piccoli degli attuali. Tutti. È un’ipotesi
iperconservativa, visto che anche tra i “clienti mignon” si nasconde una quota
di clienti ad alto potenziale[1]. Rilassando
quest’ipotesi e ammettendo che alcuni nuovi clienti possano essere
dimensionalmente importanti,
l’incremento di AuM (e di riflesso quello delle commissioni) migliora
sensibilmente e nel 95% dei casi – cioè praticamente sempre – è superiore al
40%, con mediana pari a 80%. Grosso modo lo stesso incremento è atteso
sulle commissioni, essendo approssimativamente in relazione lineare con gli
AuM.
I risultati sono nel complesso paragonabili a stime di tutt’altra natura,
ottenute non per via simulativa – ad esempio McKinsey stima che gli advanced
analytics portino ad un aumento di ricavi compreso tra il 15% e il 60%[2]. Ciò non toglie
che quello qui presentato sia modello semplificato, un’approssimazione d’ordine
zero della realtà. Comunque, questa prima, rude stima dell’impatto
dell’innovazione digitale e della scienza dei dati nel wealth management dice
forte e chiaro una cosa: l’impatto è rilevante, è qualcosa in grado di cambiare
la redditività.
È evidente che ci sono altri benefici di drammatica importanza: pensate
all’aumento della qualità del servizio
al cliente – cosa che lo fidelizzerà e porterà ad una crescita del “life-time value”, con relativo impatto sul valore
dell’azienda.
Al di là delle chiacchere e del grande “hype dell’AI”, questa tecnologia
esiste. Anche se non basta solo la tecnologia, occorrono anche “soft skills”.
L’abilità infatti consiste nel trovare il giusto modello organizzativo
per combinare:
tecnologia, raccolta
efficiente dei dati e uso dei canali digitali – disponibili
sempre, con processi paralleli simultanei e scalabili;
esperienza e
professionalità del consulente finanziario o dell’agente assicurativo – disponibile
solo in certi momenti, impossibile da utilizzare in modo parallelo e
poco/niente scalabile, e che potrebbe temere l’innovazione tecnologica,
rallentandola.
In altri termini, serve una data strategy[3] che apra la
strada all’innovazione. Il beneficio è un portentoso salto in avanti in termini
di qualità, produttività e quindi profittabilità per banche ed assicurazioni.
[1] Si veda https://www.linkedin.com/pulse/lo-strano-caso-dei-clienti-mignon-raffaele-zenti/
[2] “Advanced analytics in asset management: Beyond the buzz”, McKinsey
& Company, https://www.mckinsey.com/industries/financial-services/our-insights/advanced-analytics-in-asset-management-beyond-the-buzz
[3] “Avete una data strategy?” FinRiskAlert, https://www.finriskalert.it/?p=7088
[1] “Gartner Survey Shows 37 Percent of Organizations Have Implemented
AI in Some Form”, Gartner, https://www.gartner.com/en/newsroom/press-releases/2019-01-21-gartner-survey-shows-37-percent-of-organizations-have
[2] “Europe’s AI start-ups often do not use AI, study finds”, Financial
Times, https://www.ft.com/content/21b19010-3e9f-11e9-b896-fe36ec32aece
[3] “Wanted at Banks: Young Tech Pros with Old-Tech Smarts”, American
Banker, https://www.americanbanker.com/news/wanted-at-banks-young-tech-pros-with-old-tech-smarts
[4] Qui un’introduzione, per chi ne fosse a digiuno:
http://wwwhome.math.utwente.nl/~scheinhardtwrw/queueingdictaat.pdf
When[1] the euro was created 20 years ago it was hailed as one of the most important turning points in the history of the international monetary system…
Le
attività di raccolta dei depositi e di impiego (credito) ai clienti sono
cruciali per tutte le banche commerciali. In primis, perché le banche sono le
uniche istituzioni finanziarie che possono avere un deposito, ad esempio nella
forma del conto corrente. In secondo luogo, perché l’attività del credito
permetterà di trasformare il deposito, che può essere ritirato in ogni momento
e quindi ha una scadenza di breve termine, in un investimento con una scadenza
temporale di lungo termine (es. mutuo). Da questo mismatch temporale proviene
la maggiore fonte di guadagno delle banche, fintanto che la curva dei tassi di
interesse prevede che venga remunerato un investimento a lungo termine più di
uno a breve termine per corrispondere un premio al tempo e all’incertezza
dell’investimento. Dal punto di vista della banca tale mismatch temporale è
fonte di guadagno ma anche fonte di rischi, in particolare il rischio di
liquidità e il rischio di tasso di interesse. Il primo riguarda l’incertezza
relativa a quando e quanto verranno ritirati i depositi, o quando e quanto
verranno ripagati prima del tempo previsto contrattualmente il debito verso la
banca (e.g. prepagamento di mutui), facendo affluire/defluire con maggiore
velocità la liquidità della banca. Il secondo tipo di rischio riguarda l’incertezza
sul tasso con cui verranno remunerati i depositi ed il tasso di impiego dei
crediti; entrambi i tassi dipendono dalla curva dei rendimenti e dai movimenti
al rialzo/ribasso che potranno avvenire in futuri. Entrambi i rischi possono
essere mitigati se la banca comprende il comportamento dei clienti e, tramite
un modello, può prevedere quale sia l’ammontare di depositi stabili ed
insensibili nel tempo o prevedere quale sia l’ammontare di prepagamenti. In
conclusione, la redditività ed il rischio di liquidità e di tasso di interesse
sono profondamente influenzati dal comportamento dei clienti e dai modelli
interni utilizzati per gestire prospetticamente i rischi e la redditività
futura.
Recentemente
con Umberto Crespi abbiamo scritto un libro[1]
dedicato ai modelli comportamentali, alla natura e corretta impostazione delle
assunzioni usate nei modelli che hanno il fine di gestire il disallineamento (mismatch)
tra i depositi/impieghi ed il relativo rischio di liquidità e tasso di
interesse. Sono modelli statistici e matematici che si dividono, per
semplicità, in due macro-categorie: i modelli per i depositi e quelli per il prepagamento.
I primi mirano a stimare quale sia la parte di depositi che possa essere
considerata come una fonte stabile di finanziamento e quale parte dei volumi
sono insensibili alle variazioni dei tassi di interesse. I secondi, invece,
sono modelli che stimano la probabilità ed il volume di finanziamenti (e.g.
mutui) che sarà prepagato dal cliente. Il prepagamento può essere parziale o
totale e, in entrambi i casi, modifica le rate contrattualmente previste. Quest’ultimo
comportamento ha effetti importanti per l’intero portafoglio di crediti della
banca malgrado sia stimato a livello di singolo evento (un mutuo). In
particolare i modelli di prepagamento sono diventati rilevanti in paesi, come
l’Italia, che hanno abolito la normativa vincolante il rapporto contrattuale
univoco con la banca dando la possibilità di estinguere, prepagare o surrogare
senza costi aggiuntivi (Decreto Bersani l. legge 2 aprile 2007, n. 40).
L’output
dei modelli è rilevante per misurare e gestire il rischio di tasso di interesse
ma anche per comprendere la redditività delle banche. In particolare, il
modello dei depositi stima quale sia l’ammontare di prelievi che verranno
effettuati dai conti correnti o, viceversa, qual è l’ammontare di depositi che
non verrà prelevato, in un arco temporale di un anno o anche di più. Allo
stesso tempo considera una probabilità di tali uscite e, per essere conservativi,
di solito si prende il 95% o il 99% dei possibili scenari futuri. Facciamo un
esempio: se sul conto corrente un cliente ha 1.000 euro, il modello dovrà
prevedere quale sia l’ammontare, o la percentuale dei 1.000 euro, che sarà
ancora sul conto corrente tra un anno o due anni o anche dieci anni. E tale
percentuale deve essere prudente, nel senso che il modello deve considerare periodi
di stress in cui, per diversi motivi, il conto corrente non è più alimentato da
uno stipendio o una pensione ma ci sono sole uscite. Mettiamo che il risultato del
modello con un orizzonte temporale di dieci anni e un livello di confidenza del
95% sia 300 euro. Di conseguenza la banca potrà investire, ad esempio in un
mutuo, 300 euro prestandoli ad un cliente con un orizzonte di dieci anni, ed
essere certa al 95% che non dovrà reperire altrove, ovvero sui mercati
finanziari, 300 euro qualora il cliente richieda il proprio deposito indietro.
Il secondo obiettivo del modello dei depositi è stimare, sempre con un certo
livello di confidenza, quale parte di questi 300 euro depositati è insensibile
al variare dei tassi di interesse. Assumiamo che il deposito sia remunerato con
un tasso di interesse pari allo 0.1% e che il modello preveda per quel cliente
un volume insensibile ai tassi di interesse pari a 200 euro. Questo significa
che se i tassi di interesse nei prossimi dieci anni aumenteranno o diminuiranno
solo 100 euro dovranno cambiare remunerazione a causa della fluttuazione mentre
200 euro riceveranno sempre lo 0.1%. Chiaramente, questo esempio non vale per
un singolo correntista e bisogna osservare il fenomeno a livello di
portafoglio, ovvero osservando tutti i clienti nel loro insieme o in
sotto-insiemi effettuando l’analisi per il cluster Retail, Private o nel mondo
delle imprese segregando le piccole dalle medie/grandi imprese.
Chiarito
questo obiettivo, è importante capire le cause, ovvero le variabili esplicative
del modello, che possono spiegare come mai il cliente con 1.000 euro sul conto utilizzerà
con il 95% di probabilità nei prossimi dieci anni il 70% di quest’ultimi e chiederà,
per l’80% di questo deposito, di rivedere al rialzo le condizioni contrattuali se
i tassi di interesse di mercato aumenteranno, o viceversa, si vedrà la
richiesta da parte della banca di diminuire la remunerazione dei depositi se i tassi scenderanno.
Usando
l’econometria, congiuntamente alla logica economica, si crea il mix perfetto che consente al modello
di assumere che gli eventi storici osservati siano predittivi del futuro in
termini sia di dimensioni sia di impatto per le banche. Per questo motivo è
importante avere un database utile alla stima del modello con una profondità
storica di almeno 3-5 anni, una granularità dei dati che storicizzi il depositi
medio mensile (quello giornaliero è troppo di dettaglio per l’obiettivo del
modello), una capacità di aggregare i clienti in funzione dell’appartenenza al
settore Retail, Private, small-business, grandi imprese o banche, e che includa
per ognuno di essi la remunerazione dei depositi.
Seguendo
la teoria economica, ognuno di noi detiene depositi sul conto corrente in
funzione delle transazioni attese (componente transazionale) quali le spese per
affitto, ristoranti o vestiti, per gestire le future transazioni (componente risparmio) o per investire
(componente speculativa). Per questo motivo il modello dovrà considerare quelle
variabili che possono spiegare la componente transazionali, di risparmio o
speculativa. Tali variabili sono microeconomiche ed aiutano a spiegare la
componente transazionale e di risparmio, quali il salario e la ricchezza
finanziaria del cliente, il costo opportunità di muovere il deposito verso altre
forme di investimento, il livello di competizione tra le banche o la
presenza/assenza di una trattenuta per muovere la liquidità tra un conto
corrente e un altro. In secondo luogo, le variabili macroeconomiche come
l’andamento del PIL, dell’inflazione, dei salari e della disoccupazione sono
utili a capire le componenti transazionali e di risparmio mentre l’andamento
dei mercati finanziari (tassi di interesse, azionariato e obbligazionario) sono
fondamentali per capire la componente speculativa. Non da ultimo, ci sono altre
variabili che possono essere utili a prevedere quanti volumi saranno stabili ed
insensibili ai tassi, e dipendono dalla banca ovvero la presenza di una
strategia di business o di marketing che può incentivare/disincentivare
l’utilizzo del deposito per fini transazionali o speculativi e rendendo più o
meno appetibile il deposito su conto corrente.
Una
volta comprese che tutte queste variabili possono essere rilevanti, diventa
fondamentale l’analisi economica di quali, tra queste, siano più utili a
predire il comportamento del cliente. Per questo motivo, nel libro suggeriamo
di scegliere un modello semplice rispetto
ad uno più complesso in funzione della qualità del database, ovvero della
capacità di incrociare i dati con le variabili predittive. Un modello semplice
utilizzerà, ad esempio, la serie storica dei volumi del conto corrente e ne
prenderà un minimo o analizzerà qual è stata la variabilità minima-massima negli
ultimi dieci anni assumendo che la stessa si potrà ripresentare nei prossimi
dieci anni. Al contrario, un modello più complesso andrà ad integrare i
depositi sul conto corrente dei clienti con il valore della ricchezza
finanziaria e l’ammontare di investimenti (portafoglio titoli) cercando una
relazione tra l’allocazione della ricchezza finanziaria tra il conto corrente
ed il portafoglio titoli con l’andamento delle variabili finanziarie o del
costo opportunità con altri prodotti di investimento.
Una volta ottenuto l’output, da un modello semplice o da uno più complesso, molti attori all’interno dei vari dipartimenti della banca ne faranno uso. E per questo motivo i modelli comportamentali sono importanti all’interno di tutto il processo bancario. In primis, il dipartimento di tesoreria della banca, il quale utilizzerà l’ammontare di volumi stabili per la gestione del rischio di liquidità, il dipartimento di finanza e/o risk management per sapere quanta parte dei depositi potranno essere investiti in mutui a tasso fisso così da immunizzare la banca dal rischio tasso di interesse, o per stabilire il prezzo interno di trasferimento dei fondi ovvero la remunerazione dei depositi e dei mutui tra la tesoreria e le unità di business. Infine, il dipartimento di pianificazione per prospettare la redditività complessiva all’interno del piano industriale o il dipartimento che cura la relazioni con gli investitori i quali sono interessati a capire quale sia la redditività della banca. Per ultimo, questi modelli sono oggetto di attenzione da parte della vigilanza bancaria, ECB, e degli audit interni che, insieme al dipartimento di validazione dei modelli interni, si occuperà di verificare la corretta implementazione e stima dei modelli.
L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.
Significato degli indicatori
Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.
I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔ indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.
Disclaimer: Le informazioni contenute in questa pagina sono esclusivamente a scopo informativo e per uso personale. Le informazioni possono essere modificate da finriskalert.it in qualsiasi momento e senza preavviso. Finriskalert.it non può fornire alcuna garanzia in merito all’affidabilità, completezza, esattezza ed attualità dei dati riportati e, pertanto, non assume alcuna responsabilità per qualsiasi danno legato all’uso, proprio o improprio delle informazioni contenute in questa pagina. I contenuti presenti in questa pagina non devono in alcun modo essere intesi come consigli finanziari, economici, giuridici, fiscali o di altra natura e nessuna decisione d’investimento o qualsiasi altra decisione deve essere presa unicamente sulla base di questi dati.
Last April the European Council and Parliament
approved one amendment to the calculation of the Volatility Adjustment (VA):
the trigger for the Country VA has been moved from 100 to 85bps. This change is
now being reviewed and will be published on the Official Journal of the
European Union after the summer break. Once published, the Member States will
have 6 months to include it in the local regulation.
The VA is one of the LTG (Long Term Guarantee)
measures under SII which aims to ensure the appropriate treatment of insurance
products with long term guarantees by dampening irrational market movements
that would result in unjustified credit spreads. Unfortunately, according to the
Italian insurance Companies and the Italian Regulator (IVASS), its mechanism has
never been as effective as hoped. The Companies feared that the change they
have been requesting for long would have only been set in place in 2020,
together with the revision of the SII framework but, luckily, it has been
recently approved during the vote of the ESA’s review.
The SII directive requires that both Assets and
Liabilities are valued at a “fair price” and these quantities are then used to
calculate both the OF (Own Funds) and the SCR (Solvency Capital Requirement) of
a given firm. The business model of Insurance Companies is usually long termed,
being their liabilities characterized by quite high durations. To be matched
and with the aim of getting proper yields, Insurance Companies tend to invest
in long term assets that, in this framework, suffer an “artificial level of
volatility” of the spreads, which is short termed. The “artificial volatility”
comes from non-default related changes in market values of bonds, like for
instance the liquidity changes. However, since Insurance Companies have
long-term guarantees and aim to hold their assets accordingly, it is rational
to think that their OF and SCR should not be affected by those temporary
changes. The VA is meant to offset this improper effect: when the spreads rise
(and the value of the Assets falls down), the VA, applied on top of the Risk
Free yield curve, increases as well (reducing the value of the Liabilities).
The VA is published on a monthly base by EIOPA and is
made up of two components:
the Currency VA
the Country VA
both are reduced by an application ratio of 65% and
then summed up.
The Currency VA is based on the 65% of the
risk-corrected spreads between the interest rate that could be earned from a
reference portfolio of assets and the risk free interest rates without any
adjustment. A Currency-specific reference portfolio is used to determine the
portfolio yield spread over the relevant risk free rate less the portion
related to default or credit risk; the result of the calculation is referred to
as the risk corrected currency spread. The portion related to default or credit
risk is referred to as the “risk correction” (or fundamental spread) and is
based on a percentage of the Long Term Average Spreads (LTAS) observed in the
past 30 years (it describes the portion of the spread that is attributable to a
realistic assessment of expected losses, unexpected credit risk or any other
risk). The VA could turn negative when observed spreads are lower than the
historical spreads, however is limited to the level of the risk correction: in
practice it is expected that bonds maintain a positive spread as investors can
hold swaps as an alternative (which reduce credit risk).
In addition to the Currency VA, a Country VA can be
applied under specific circumstances. The Country VA is aimed at capturing
situations where a country suffers a credit downgrade, which would lead to
significant drop in government bonds from that country. The Country VA only
applies when the risk corrected country spread is greater than twice the
risk-corrected currency spread and the risk correct country spread is greater
than 85 (previously 100) bps.
The following chart shows a case study carried out by ANIA
(the Italian National Association of Insurance Firms): the blue dots depict the
currency VA value in the recent history and the red dots the corresponding
total VA value when the country part is triggered; the red values in the filled
squares show the times in history when the country VA would have been triggered
if a threshold of 85 had been used in place of the former 100bps. It is clear
that a lower threshold would have allowed for a more ongoing and coherent
effect:
However, ANIA stated that this achievement is a short
term solution and that the mechanism of the VA must be reviewed from the basis.
Lastly, as already recalled, the VA is calculated
based on a pre-defined reference investment portfolio, representing an average
European insurer. While the use of a generic representative asset portfolio and the resulting
adjustment on the liability discounting curve are desirable ensuring
convergence in the calculation of the Solvency II ratio, it may not really be
appropriate for firms that show different durations or assets allocations.
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