ESAS’ JOINT BOARD OF APPEAL DECIDES ON FOUR APPEALS UNDER THE CREDIT RATING AGENCIES REGULATION

Mar 16 2019

The Joint Board of Appeal (BoA) of the European Supervisory Authorities (ESAs – ESMA, EIOPA and EBA) issued decisionsregarding four appeals it received by Svenska Handelsbanken AB, Skandinaviska Enskilda Banken (SEB) AB, Swedbank AB, and Nordea Bank Abp against decisions by the European Securities and Markets Authority (ESMA) regarding infringements of the Credit Rating Agencies Regulation (CRAR).

https://www.esma.europa.eu/press-news/esma-news/esas%E2%80%99-joint-board-appeal-decides-four-appeals-under-credit-rating-agencies

Avete una data strategy?
di Raffaele Zenti

Mar 16 2019
Avete una data strategy?  di Raffaele Zenti

“I dati sono il petrolio del terzo millennio”: è una frase così frequente che rivaleggia con “Non ci sono più le mezze stagioni” nella Top 5 delle banalità (oltre a non essere vero, ma è un lungo discorso). Non parliamo poi del proliferare di dipartimenti di “data science” e “data analytics”, “data innovation” e via dicendo, che spuntano ovunque all’interno di banche e assicurazioni. L’uso di dati e data science rappresenta in effetti uno dei pochi scorci di vitalità e innovazione del mondo finanziario. Almeno in teoria.

Perché poi in pratica il potere decisionale è talvolta limitato, e così pure i budget. E i dati, di per sè, sono materia digitale inerte, ammassi di bit che si accumulano nei server. Affinché i dati scarichino a terra il loro potenziale – a mio parere fondamentale perché una banca o un’assicurazione sopravviva diventando un’azienda data driven – e non siano considerati dei “fuffa-departments” (come qualche maligno crede), basta avere una data strategy semplice e concreta. Che si può riassumere in 5 punti chiave.

5 punti chiave di una data strategy

(1) Un buon questionario

La normativa obbliga gli intermediari finanziari, siano essi banche, assicurazioni, SGR o SIM, a interrogare i clienti attraverso svariati questionari e moduli. Lo richiede Mifid, IDD (di fatto una “Mifid assicurativa”, da questo punto di vista). Lo richiedono le norme anti-riciclaggio e quelle destinate a individuare le persone politicamente esposte.

Il mondo finanziario ha vissuto l’introduzione di queste norme come l’ennesima seccatura, in alcuni casi una vera iattura, un appesantimento di costi e rischi operativi, in un vortice di uffici compliance e studi legali che dopo anni di lavoro ha generato spesso questionari orrendi nei toni e nella forma, meno sexy di un referto di medicina legale. Questionari finalizzati a svangare gli aspetti normativi. E basta.

Che errore madornale. La realtà è che la normativa ha alzato una favolosa palla al sistema finanziario, dandogli l’opportunità di raccogliere informazioni di enorme valore, che Facebook (per dire) si sogna. Per schiacciare la palla e segnare il punto servono però questionari creati scientificamente, utilizzando tutti gli strumenti messi a disposizione dalla psicologia cognitiva, l’economia e la finanza comportamentale, la statistica per le indagini campionarie, senza dimenticare la capacità di scrivere testi accattivanti, utilizzando le basi del copywriting. In questo modo si raccoglie un patrimonio informativo che consente di conoscere perfettamente i propri clienti. A partire da questi dati, è possibile agganciare banche dati esterne, pubbliche e private che siano, e arricchire ulteriormente la base informativa sulla quale lavorare.

(2) Motore di data analysis

I dati raccolti, insieme a quelli già presenti in azienda e a quelli di eventuali banche dati esterne sono materia grezza: vanno elaborati, utilizzando tutti gli strumenti messi a disposizione dalla data science.

Ma non basta scaraventare acriticamente palate di dati dentro un algoritmo di deep learning: forse si otterranno buoni risultati in apparenza, ma gli spettri del data snooping e dell’overfitting sono lì che aleggiano. Occorre saper selezionare e trattare gli input, individuando poi oculatamente i modelli da utilizzare avendo ben compreso il dominio di business. Su casi concreti dei quali mi sono occupato, la differenza tra usare in modo acritico le informazione buttandole in pasto ad un algoritmo di machine learning, oppure effettuare prima un certosino lavoro di preparazione, combinazione, riduzione della dimensionalità basato sulla conoscenza di dominio aumenta l’accuracy da valori intorno a 65%-70% a 90% e passa.

È quindi l’uso del machine learning unito alla business intelligence e a una profonda conoscenza del settore finanziario-assicurativo che consente di spremere i dati e ottenere informazioni utili. Utili a fare business, non report colorati. Ma, ribadisco, serve un motore di calcolo che sappia masticare opportunamente i dati e cercare le giuste informazioni con i giusti algoritmi.

(3) Individuare bisogni/obiettivi dei clienti

Le prime “giuste” informazioni che il motore di data analytics dovrebbe cercare sono quelle relative ai bisogni e agli obiettivi finanziari e/o assicurativi. È la prima cosa da fare perché è addirittura la normativa a chiederlo, con il product targeting – al motto di “Know Your Clients”. Ma è anche e soprattutto il buonsenso: per servire meglio il cliente, per poter passare da una logica di prodotto a una logica di servizio occorre capire di che cosa hanno realmente bisogno le persone: investimenti a lungo termine per i figli, protezione relativa alla salute propria o altrui, previdenza integrativa, e via dicendo.

È perciò qui, nella customer intelligence, che la data science mostra la sua forza muscolare.

(4) Prodotti

“Prodotti” significa essenzialmente due cose:

  • una gamma prodotti in grado di soddisfare realmente i bisogni dei clienti – idealmente costituita da semplici blocchi base standardizzati, da combinare in modo personalizzato per ogni cliente, possibilmente senza rapinarlo (anche se questa è un’antica tradizione dell’industria finanziaria);
  • la conoscenza dei propri prodotti.

Il secondo punto sembra una suprema banalità, ma invece è la sostanza del principio “Know Your Products” che anima la normativa finanziaria. E in effetti, se si hanno (come spesso accade) a catalogo centinaia e a volte migliaia di prodotti finanziari (d’investimento, di protezione, associati a finanziamenti, ecc) accumulatisi negli anni, non resta che affidarsi a text analytics e machine learning per capire che bisogni/obiettivi ciascuno di essi soddisfa. E questo è altro lavoro muscolare, adatto al motore di data analytics. Queste sono altre “giuste” informazioni da cercare.

Conoscendo i bisogni dei clienti e sapendo quali prodotti soddisfano tali bisogni, è relativamente semplice creare l’associazione cliente-soluzione. E così – bingo! – si serve al meglio il cliente.

(5) Comunicazione

Interna ed esterna:

  • interna – per informare, condividere la strategia e formare la propria rete di consulenti, private banker, collocatori, tipicamente poco avvezza all’uso pervasivo del dato e del digitale (facendo capire loro che non è un nemico, non è l’occhio di Mordor che li osserva, bensì un alleato);
  • esterna – per ingaggiare, informare e stuzzicare i clienti sui loro bisogni, magari nemmeno percepiti, vista la (meravigliosamente) pessima cultura economico-finanziaria degli italiani, facendo “nurturing”.

Senza questa componente soft, il resto dell’impianto della strategia basata sui dati rischia di essere un’algida cattedrale nel deserto. Perché le macchine possono sì aiutarci, ma occorre prima convincere l’Homo sapiens a farsi aiutare.

Sono cinque punti che consentono a un intermediario finanziario di:

  • essere un’azienda data-driven;
  • di essere competitiva e fare business mettendo al centro il cliente;
  • alzare la qualità del servizio sia per chi ha la relazione con il cliente che per il cliente stesso;
  • gestire al meglio aspetti di compliance legati alla profilazione dei clienti e alla product governance.

Non è poco. Anzi, è proprio ciò che può fare la differenza.

Il termometro dei mercati finanziari (15 marzo 2019)
a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

Mar 16 2019
Il termometro dei mercati finanziari (15 marzo 2019)  a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.

Significato degli indicatori

  • Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
  • Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
  • Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
  • CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
  • Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
  • Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
  • Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
  • Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
  • Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
  • Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
  • Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
  • Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
  • Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
  • Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
  • Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
  • Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.

I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔  indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.

Disclaimer: Le informazioni contenute in questa pagina sono esclusivamente a scopo informativo e per uso personale. Le informazioni possono essere modificate da finriskalert.it in qualsiasi momento e senza preavviso. Finriskalert.it non può fornire alcuna garanzia in merito all’affidabilità, completezza, esattezza ed attualità dei dati riportati e, pertanto, non assume alcuna responsabilità per qualsiasi danno legato all’uso, proprio o improprio delle informazioni contenute in questa pagina. I contenuti presenti in questa pagina non devono in alcun modo essere intesi come consigli finanziari, economici, giuridici, fiscali o di altra natura e nessuna decisione d’investimento o qualsiasi altra decisione deve essere presa unicamente sulla base di questi dati.



Il termometro dei mercati finanziari (8 marzo 2019)
a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

Mar 10 2019
Il termometro dei mercati finanziari (8 marzo 2019)  a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.

Significato degli indicatori

  • Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
  • Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
  • Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
  • CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
  • Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
  • Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
  • Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
  • Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
  • Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
  • Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
  • Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
  • Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
  • Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
  • Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
  • Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
  • Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.

I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔  indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.

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L’industria dei mini-bond in Italia cresce, ma si riduce la dimensione dei collocamenti
di Fabio Bassan, Fabrizio Carnevali, Giancarlo Giudici, Lorenzo Latusi (Politecnico di Milano, School of Management)

Mar 10 2019
L’industria dei mini-bond in Italia cresce, ma si riduce la dimensione dei collocamenti  di Fabio Bassan, Fabrizio Carnevali, Giancarlo Giudici, Lorenzo Latusi (Politecnico di Milano, School of Management)

Anche nel 2018 l’industria italiana dei mini-bond ha confermato e rafforzato lo sviluppo evidenziato negli anni precedenti. è cresciuto il numero delle emissioni mentre si è ridotto il controvalore totale raccolto, a causa della riduzione del valore medio dei collocamenti.

I mini-bond, ovvero le obbligazioni e cambiali finanziarie di ‘piccola taglia’ si confermano quale fonte di finanziamento alternativa e complementare al credito bancario soprattutto in preparazione (come se fosse un ‘allenamento’) a successive operazioni con investitori istituzionali più complesse come possono essere il private equity o la quotazione in Borsa.

Le imprese emittenti

Secondo le statistiche pubblicate nel recente 5° Report Italiano sui Mini-bond, a cura dell’Osservatorio Mini-Bond della School of Management del Politecnico di Milano, sono ben 260 le PMI italiane che dal 2012 al 2018 avevano collocato mini-bond. Nel 2018 sono più che raddoppiate le Srl emittenti rispetto al 2017 (da 21 a 45).

Il volume dei ricavi delle imprese emittenti è molto variabile: nel 2018 ben 42 emittenti fatturavano meno di € 10 milioni prima del collocamento.  

Per quanto riguarda il settore di attività, si conferma la netta supremazia del comparto manifatturiero; nel 2018 si è però assistito ad una maggiore varietà rispetto al passato. La collocazione geografica evidenzia come sempre una prevalenza delle regioni del Nord; il 2018 ha visto un ruolo dominante della Lombardia. Crescono il Piemonte e le regioni del Sud, scende il Trentino-Alto Adige.

Rispetto alle motivazioni del collocamento, si conferma come maggioritario l’obiettivo di finanziare la crescita interna dell’azienda (nel 60% delle PMI emittenti). Al secondo posto emerge l’obiettivo di ristrutturare le passività dell’impresa (soprattutto per le grandi imprese). Seguono le strategie di crescita esterna tramite acquisizioni e il fabbisogno di alimentare il ciclo di cassa del capitale circolante.

L’analisi dei bilanci consolidati focalizzata sulle PMI non finanziarie mostra situazioni abbastanza diversificate rispetto alla marginalità operativa all’emissione. La redditività appare contenuta ma in leggero miglioramento appena prima del collocamento del mini-bond. In media si riscontra comunque un buon aumento del fatturato già prima dell’emissione. Per circa un quarto delle imprese non si registrano però variazioni significative.

Non vi è riscontro quindi di un rapporto di causa-effetto fra emissione del mini-bond e crescita successiva del volume d’affari. Piuttosto, emerge che per un buon numero di PMI il mini-bond rappresenti una tappa in un percorso di crescita che inizia ben prima e che prevede una serie di altre tappe importanti, già predefinite.

Le emissioni

Il database dell’Osservatorio può annoverare ormai 636 emissioni di mini-bond di importo inferiore a € 50 milioni a partire da novembre 2012 (in alcuni casi le imprese hanno condotto più emissioni). Il 2018 ha contribuito con ben 179 emissioni, per un controvalore di € 1,3 miliardi, stabile rispetto al 2017.

Si tratta in gran parte di obbligazioni, ma compaiono anche alcune cambiali finanziarie (titoli che però sembrano perdere popolarità). Il valore nominale totale dei mini-bond nel campione supera € 4,9 miliardi considerando solo le emissioni fino a € 50 milioni.

Il valore medio delle emissioni è al minimo storico (€ 22,40 milioni nel secondo semestre, € 20,85 milioni nel primo semestre). Nel 2018 ben il 60% delle emissioni ha importo inferiore a € 5 milioni.

La maggioranza dei titoli emessi nel 2018 non prevede un rating da parte di un’agenzia autorizzata e non viene quotata in Borsa, nonostante esista un mercato dedicato (ExtraMOT PRO); ciò è dovuto anche agli adempimenti e alle responsabilità introdotte dalla MAR (market abuse regulation).  

Per quanto riguarda la scadenza, la distribuzione continua ad essere molto variegata, con una serie di titoli short term con maturity pochi mesi ed emissioni a più lunga scadenza. Il valore medio del 2018 è 5,2 anni (in leggero aumento rispetto al valore di 4,9 anni del 2017). Una lieve maggioranza dei titoli nel campione complessivo (il 50,5%) prevede il rimborso del titolo alla scadenza (bullet).

Per quanto riguarda la cedola, nella maggioranza dei casi è fissa ma nel 2018 è aumentata la frequenza della cedola variabile. Il valore medio della cedola fissa per l’intero campione è pari a 5,10%, quello mediano è il 5,00%. Per la prima volta si riscontra nel 2018 un lieve aumento del tasso di interesse (la media è 5,00% rispetto a 4,83% dell’anno prima). 


Figura 1: La cedola dei mini-bond: confronto fra emissioni del 2017 e del 2018 (emissioni fino a € 500 milioni).

Vale la pena sottolinare che la presenza di una garanzia sul rimborso del capitale, a dare maggiore sicurezza agli investitori (quale può essere un pegno o una copertura offerta da soggetti esterni come i Confidi), è sensibilmente aumentata nel 2018 (riguarda il 38% dei casi).

Per quanto riguarda gli investitori che hanno sottoscritto i mini-bond di taglia inferiore a € 50 milioni, il 2018 ha visto confermato il ruolo importante sia dei fondi chiusi di private debt (con investimenti pari al 26% del totale rispetto al campione coperto) sia degli investitori esteri (con una quota del 25%). Ancora in aumento risulta il ruolo delle banche nazionali (21%); salgono anche le assicurazioni (9%) che però sottoscrivono poche operazioni di maggiore dimensione. Si segnalano infine le finanziarie regionali (4%) e i Confidi (3%).


Figura 2: La ‘mappa’ degli investitori nei mini-bond nel 2018 (emissioni fino a € 50 milioni): copertura del campione 82%.

Le prospettive future

Per il 2019 le aspettative dell’Osservatorio sono più conservative rispetto al passato, a causa dei primi segnali negativi che provengono dal ciclo economico, dell’incertezza sulle politiche di sviluppo interne e della possibile concorrenza delle operazioni di direct lending, che si vanno diffondendo sul mercato.

Pensiamo dunque che i volumi del 2019 saranno abbastanza simili a quelli del 2018. Grande speranza si nutre verso i nuovi ELTIF (European Long Term Investment Funds) nel canalizzare risorse verso le PMI non quotate e verso i mini-bond.

Per il 2019 sono infine da registrare alcune novità nella normativa di riferimento, che riguardano: (i) la disciplina sulle cartolarizzazioni, (ii) i PIR, (iii) la possibilità per i portali autorizzati di equity crowdfunding di collocare mini-bond. Potenzialmente, si tratta di novità che potranno generare vantaggi per l’industria dei mini-bond. Alcune sperimentazioni di cartolarizzazioni sono avvenute in passato, come ad esempio i basket bond promossi da ELITE; si tratta di operazioni di sistema che consentono di raggiungere una scala dimensionale interessante per gli investitori esteri. L’obbligo per i fondi PIR di allocare risorse nei titoli quotati su mercati non regolamentati (come ExtraMOT PRO) potrebbe favorire i mini-bond ma si è ancora in attesa delle indicazioni operative. Infine, alcune piattaforme di equity crowdfunding si stanno attrezzando per aprire le loro piattaforme anche ai mini-bond, sebbene con collocamenti riservati a investitori professionali in apposite sezioni.

EBA issues revised list of validation rules

Mar 09 2019

The European Banking Authority (EBA) issued today a revised list of validation rules in its Implementing Technical Standards (ITS) on supervisory reporting, highlighting those which have been deactivated either for incorrectness or for triggering IT problems. Competent Authorities throughout the EU are informed that data submitted in accordance with these ITS should not be formally validated against the set of deactivated rules.

EBA Validation Rules – 2019 03 08.xlsx


A Multibillion-Dollar Cryptocurrency Based on ‘Lies’: US Arrests Alleged OneCoin Leader

Mar 09 2019

Konstantin Ignatov, one of the heads of the infamous OneCoin pyramid scheme, has been arrested on wire fraud charges.

U.S. prosecutors in New York have arrested a “top leader” of the OneCoin project, saying it stole “billions” from investors through an alleged pyramid scheme.

The U.S. Attorney for the Southern District of New York (SDNY) has indicted Ruja Ignatova and Konstantin Ignatov on charges of wire fraud, securities fraud and money laundering, claiming the two defrauded investors out of “billions of dollars” using a fraudulent cryptocurrency. Konstantin Ignatov was arrested on wire fraud charges at Los Angeles International Airport earlier this week as part of the investigation.

https://www.coindesk.com/a-multibillion-dollar-cryptocurrency-based-on-lies-us-arrests-alleged-onecoin-leader

ESAs propose amendment to PRIIPs Key Information Document to clarify application to investment funds

Mar 09 2019

The European Supervisory Authorities (ESAs) submitted to the European Commission, draft regulatory technical standards to amend the Delegated Regulation covering the rules for the Key Information Document (KID) for Packaged Retail and Insurance-based Investment Products (PRIIPs).

https://www.esma.europa.eu/press-news/esma-news/esas-propose-amendment-priips-key-information-document-clarify-application