Il nuovo Standardised Approach for Counterparty Credit Risk (SA-CCR)
di Edgardo Palombini e Michael Zottarel

Apr 06 2016
Il nuovo Standardised Approach for Counterparty Credit Risk (SA-CCR)  di Edgardo Palombini e Michael Zottarel

Nell’ambito degli interventi finalizzati ad accrescere l’affidabilità e la comparabilità degli RWA delle banche, il Comitato di Basilea ha avviato la revisione delle metodologie standard di calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte dei rischi del primo pilastro. Le nuove metodologie standard sono più risk-sensitive rispetto a quelle attuali, sono obbligatorie per tutte le banche (comprese quelle con modelli interni validati) e possono essere utilizzate per determinare un floor regolamentare agli RWA.

Il nuovo Standardised Approach per il rischio di controparte (SA-CCR) entrerà in vigore il 1° gennaio 2017 e sostituirà il metodo del valore corrente e il metodo standardizzato per la determinazione dell’EAD.

Il presente articolo si propone di analizzare alcune caratteristiche della nuova metodologia, evidenziandone i benefici e le potenziali incongruenze.

 1. Il SA-CCR e i suoi impatti

Il SA-CCR mantiene l’impostazione generale dell’attuale normativa, secondo cui l’EAD di un netting set è funzione del suo costo di sostituzione (replacement cost – RC) e di una componente che ne approssima la Potential Future Exposure (PFE), ma introduce alcune novità sostanziali.

Il costo di sostituzione dipende dall’esposizione corrente verso la controparte e dalle caratteristiche dell’eventuale CSA (threshold, minimum transfer amount e independent amount).

La metodologia di calcolo della PFE è incentrata sulla definizione di “Hedging Set”, inteso come insieme di deal per i quali è ammessa una compensazione del rischio totale o parziale, e presenta specifiche varianti. In particolare:

  • Add-on: i nuovi coefficienti sono calcolati tramite una simulazione «IMM-style» calibrata su un periodo di stress e, di conseguenza, risultano generalmente più conservativi rispetto all’attuale metodo CEM;
  • Netting: è riconosciuta una mitigazione del rischio che, a differenza del CEM, può essere totale, ma solo all’interno dello stesso hedging set;
  • Esposizioni marginate: il Margin Period of Risk (10 giorni) impatta sulla PFE attraverso la riduzione dei maturity factor dei singoli trade e, indirettamente, il calcolo del multiplier;
  • Mark-to-market negativi e over-collateral: entrambi consentono un abbattimento del rischio, in quanto fattori di riduzione del moltiplicatore, con un potenziale beneficio sulla PFE fino al 95%.

La somma tra RC e PFE è moltiplicata per un coefficiente alpha pari a 1,4, introdotto per tenere conto del wrong-way risk, in analogia con il metodo dei modelli interni.

Il potenziale impatto del SA-CCR sugli RWA delle banche dipende dalla tipologia di operazioni alle quali è applicato. Per l’operatività con clientela corporate e retail, in assenza di ISDA, l’assorbimento patrimoniale dovrebbe aumentare, in quanto i nuovi Add-on sono più elevati rispetto agli attuali. Per l’operatività con controparti istituzionali e clearing house, il trattamento più favorevole del netting e la riduzione della PFE per le esposizioni marginate dovrebbero ridurre gli RWA, ma tale effetto potrebbe essere compensato, almeno parzialmente, dall’applicazione del coefficiente alpha in presenza di grandezze rilevanti quali i margini iniziali.

2. Utilizzo gestionale del SA-CCR

Il SA-CCR rappresenta una metodologia di misurazione del rischio di controparte più avanzata rispetto alle prassi in uso presso molte banche italiane che non hanno sviluppato modelli interni di tipo EPE. L’introduzione del SA-CCR a fini segnaletici offre quindi l’opportunità di adottare anche in ambito gestionale un approccio risk-sensitive, con una contestuale rivisitazione dei principali processi di gestione del rischio di controparte. La metrica di rischio, infatti, svolge un ruolo fondamentale nella concessione/revisione delle linee di credito, oltre che in fase di origination delle operazioni, per la verifica della capienza della linea (pre-deal check).

In ottica gestionale, il SA-CCR si presta ad essere parametrizzato in modo diverso rispetto alla normativa, in funzione del risk appetite e delle scelte metodologiche di ciascuna banca. Gli Add-on del SA-CCR, ad esempio, sono stimati in modo da approssimare l’esposizione attesa futura, ma possono essere ricalibrati in modo da riflettere livelli di confidenza più elevati (eg 95%), secondo la prassi più diffusa per il calcolo delle misure gestionali del rischio di controparte. Il SA-CCR, inoltre, pone alcuni limiti ai benefici della diversificazione, su tutti quelli connessi a posizioni lunghe e corte su tassi di interesse in valute diverse, ma tali vincoli possono essere modificati a livello gestionale in modo da riflettere la correlazione storica tra i fattori di rischio.

E’ opportuno sottolineare, inoltre, che il SA-CCR recepisce le regole per la definizione del Margin Period of Risk definite in ambito IMM. Tutte le banche dovranno quindi adottare una definizione e un processo di monitoraggio delle dispute con le controparti, della liquidità dei deal in portafoglio e della liquidità del collateral scambiato.

3. Esempi di calcolo

La Fig. 1 mostra la EAD CEM e la EAD SA-CCR (con e senza collateral) di un ATM FX forward (per una qualunque coppia di valute) espresse in funzione della durata residua. Il SA-CCR è molto penalizzante rispetto al CEM per durate residue inferiori ad un anno, i due approcci producono risultati vicini tra uno e cinque anni, dopodiché la EAD CEM diventa maggiore. Si noti come la EAD SA-CCR sia costante oltre l’anno, mentre la rischiosità di un FX forward dovrebbe essere crescente rispetto alla sua durata residua. L’eventuale presenza di accordi di marginazione (giornaliera) riduce drasticamente la EAD SA-CCR mentre non ha impatto su quella CEM.

La Fig. 2 mostra la EAD CEM e la EAD SA-CCR (con e senza collateral) di un ATM IRS (per una qualunque valuta) espresse in funzione della durata residua. La EAD SA-CCR è significativamente più elevata, soprattutto per scadenze medio-lunghe. Anche in questo caso, un eventuale accordo di marginazione (giornaliera) abbatte notevolmente la EAD SA-CCR, riportandola in linea con quella CEM, che invece non risente della presenza del collateral.

4. Limiti del SA-CCR

Il SA-CCR non coglie il rischio base derivante da posizioni su curve con tenor diversi. Si consideri, ad esempio, un portafoglio composto da due 10Y IRS plain vanilla, uno fisso vs EURIBOR 3M e l’altro EURIBOR 6M vs fisso. Nell’ipotesi di mark-to-market nullo, tale portafoglio è caratterizzato dal rischio di movimenti della base EURIBOR 3M/6M. Al contrario, la EAD SA-CCR è nulla, in quanto è ammessa una compensazione totale della componente PFE, rispetto ad una EAD CEM pari allo 0,6% del nozionale.

Il SA-CCR non riconosce alcune situazioni di perfect hedge tra trade diversi. Si aggiunga al precedente portafoglio un 10Y Basis swap EURIBOR 3M vs EURIBOR 6M. Nell’ipotesi di mark-to-market nullo, il nuovo portafoglio non dovrebbe originare rischio di controparte, infatti un modello interno genererebbe EPE nulla. Al contrario, la EAD SA-CCR è pari allo 0,9% del nozionale, a causa del trattamento separato dei basis trades (con supervisory factor pari allo 0,25% da applicare all’Add-on dell’Hedging Set separato), rispetto ad una EAD CEM ancora pari allo 0,6% del nozionale.

Il SA-CCR non coglie adeguatamente il rischio delle posizioni FX. La PFE non riflette le differenze nella volatilità dei tassi di cambio, in quanto la EAD di un derivato sul cambio EUR/USD è uguale a quella di un identico derivato sul cambio EUR/JPY. Inoltre, dati tre derivati identici su tre diverse coppie di valute che annullano il rischio (eg EUR/USD, JPY/EUR e USD/JPY), nel SA-CCR un portafoglio così composto determina un’esposizione pari alla somma delle esposizioni dei singoli trades.

Il SA-CCR non considera la correlazione tra alcuni fattori di rischio. Si considerino, ad esempio, un portafoglio composto da un IRS fisso vs variabile in euro e da un IRS identico in dollari. A tale portafoglio il SA-CCR attribuisce una PFE uguale a quella di un portafoglio dove la posizione in dollari ha segno opposto rispetto a quella in euro. In altri termini il SA-CCR assume che vi sia correlazione nulla tra i tassi di interesse in euro e in dollari. Tale trattamento contrasta con quanto previsto dalla Fundamental Review del Trading Book (FRTB) dove, all’interno del sensitivities-based method, è prevista una correlazione positiva tra tassi di interesse in valute diverse, ai fini del calcolo del General Interest Rate Risk.

5. Conclusioni

Il nuovo metodo standard per il CCR, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2017, costituisce una modalità di misurazione del rischio di controparte più evoluta rispetto all’attuale metodo CEM, nonché rispetto alle prassi in uso presso la maggior parte delle banche italiane. Allo stato attuale la normativa lascia spazio a differenti interpretazioni in merito al trattamento di alcuni payoff, che potrebbero essere gestiti in modo diverso da banca a banca, con l’obiettivo di ridurne l’impatto in termini di RWA.

L’introduzione del SA-CCR offre l’opportunità di adottare un approccio risk-sensitive sia a fini segnaletici sia in ambito gestionale, con una contestuale rivisitazione dei principali processi di gestione del rischio di controparte. Il SA-CCR si presta ad essere parametrizzato in modo diverso rispetto alla normativa, in funzione del risk appetite e delle scelte metodologiche di ciascuna banca. A tal fine, gli Add-on possono essere ricalibrati in modo da riflettere livelli di confidenza più elevati, inoltre è possibile eliminare alcuni vincoli normativi alla diversificazione del rischio tra posizioni diverse.

L’EBA specifica il tasso di riferimento da usare ai sensi della Direttiva Mcd

Mar 23 2016

L’EBA ha specificato la formula da utilizzare per il calcolo del tasso di riferimento ai sensi della Direttiva 2014/17/UE (Mortgage Credit Directive o Mcd). La Direttiva Mcd, infatti, richiede al soggetto creditore di utilizzare, in determinate circostanze, un tasso di riferimento a scopi illustrativi in caso di mutui a tasso variabile. La Direttiva, inoltre, attribuisce all’Autorità Bancaria Europea il compito di definire tale tasso di riferimento.
La formula specificata dall’EBA prevede l’utilizzo di un tasso sottostante specifico per ogni Stato membro (il tasso di riferimento BCE per i paesi dell’Eurozona o il tasso di riferimento della banca centrale nazionale altrimenti).

La formula entrerà in vigore dal ventesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ma potrà essere utilizzata già prima della sua pubblicazione ufficiale.

Comunicato stampa
Decisione EBA

FSB: pubblicata seconda analisi tematica sulle procedure di risoluzione

Mar 23 2016

Il Financial Stability Board (FSB) ha pubblicato il documento “Second Thematic Review on Resolution Regimes” riguardante lo stato attuale dei regimi di risoluzione delle istituzioni finanziarie applicati nelle singole giurisdizioni membri FSB. L’analisi rientra in una serie di studi svolti dal Board a supporto dell’implementazione tempestiva ed efficace delle linee guida definite dal documento “Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial Institutions” in materia di procedure di risoluzione.
Le principali evidenze riscontrate sono le seguenti:

– Solo una parte delle giurisdizioni membri (principalmente le giurisdizioni domestiche delle banche di importanza sistemica globale) ha già adottato regimi di risoluzione che prevedono l’attribuzione alle autorità preposte di una gamma di poteri in linea con i Key Attributes. Nella maggior parte delle giurisdizioni non conformi, si riscontra la mancata assegnazione dei poteri riguardanti la continuità delle funzioni dell’istituzione finanziaria, il bail-in e la sospensione temporanea dei diritti di recesso anticipato;

– Sebbene i regimi di risoluzione si applichino a tutte le tipologie di banche commerciali, l’estensione alle holding finanziarie con partecipazioni bancarie, alle filiali di banche estere e ad altri enti facenti parte di un gruppo finanziario differisce significativamente tra le varie giurisdizioni membri;

– Esistono importanti discrepanze tra i diversi impianti normativi per quanto riguarda i requisiti per l’applicazione delle procedure di risoluzione e il loro livello di dettaglio;

– Maggiore enfasi è stata attribuita alla definizione dei processi di pianificazione dei risanamenti piuttosto che alla pianificazione della risoluzione o alla valutazione della risolvibilità.  In particolare, solo 9 giurisdizioni membri prevedono esplicitamente l’attribuzione di poteri regolamentari che permettano di richiedere alle banche l’adozione di misure per migliorare la risolvibilità.

Come conseguenza, il documento include numerose raccomandazioni affinchè le singole normative siano pienamente conformi ai pricipi dei Key Attributes. Tra queste, l’FSB raccomanda di attribuire i poteri di risoluzione mancanti e adeguare i regimi di risoluzione alla luce delle discrepanze rilevate nel report. L’FSB, inoltre, richiede alle singole giurisdizioni di comunicare – entro dicembre 2016 – le misure adottate o che intendono adottare per colmare tali lacune.

Pubblicato Handbook del Comitato di Basilea per la valutazione della conformità RCAP

Mar 23 2016

Il Comitato di Basilea ha pubblicato il documento “Handbook for Jurisdictional Assessments” contenente le linee guida e i processi per la valutazione della conformità dei singoli impianti normativi con gli standard di Basilea ai sensi del programma RCAP (Regulatory Consistency Assessment Programme).
L’Handbook presenta sia un quadro di riferimento generale che processi e procedure specifiche per valutare la conformità nelle seguenti aree:

– norme in materia di risk-based capital;
Liquidity Coverage Ratio;
– banche di rilevanza sistemica globale.

Il documento sarà oggetto di aggiornamenti periodici per tener conto delle modifiche e dei perfezionamenti apportati al perimetro RCAP.

Comunicato stampa
Handbook for Jurisdictional Assessments

Mercati finanziari: per l’ESMA il livello di rischio rimane elevato

Mar 23 2016

L’ESMA ha pubblicato il documento “Trends, Risks and Vulnerabilities Report No. 1 2016” che riporta le dinamiche e i fattori di rischio dei mercati finanziari europei per il secondo semestre del 2015.
L’analisi mostra il permanere di alti livelli di rischio di mercato dovuti principalmente all’incertezza sulla crescita dei paesi emergenti (Cina in primis) e ai continui ribassi dei prezzi delle materie prime. Tra le criticità maggiori si segnalano:

– Calo del 19% dei mercati azionari europei in generale e del 27% del settore finanziario;

– distorsioni significative sui mercati delle materie prime e delle economie emergenti;

– Contrazione del 50% della raccolta fondi e disinvestimento netto dal mercato obbligazionario per 11 miliardi di Euro;

– Ribasso del 30% dei rendimenti mensili medi dei fondi azionari accompagnato dai livelli massimi di volatilità degli ultimi 3 anni.

Come conseguenza, l’ESMA ha mantenuto il proprio market risk indicator a livello very high (il più alto possibile) e l’indicatore dei rischi di liquidità e contagio a livello high, entrambi con outlook stabile. L’analisi è completata dalla pubblicazione del report trimestrale “Risk Dashboard No. 1 2016” contenente i dati relativi al quarto trimestre 2015.

Comunicato stampa
Trends, Risks and Vulnerabilities Report No. 1 2016
Risk Dashboard No. 1 2016

Le armi spuntate di Draghi
di Carlo Milani

Mar 23 2016
Le armi spuntate di Draghi    di Carlo Milani

Al fine di contrastare il perdurante problema del basso livello dei prezzi nell’Area euro la BCE ha messo sul tappeto, durante l’ultima riunione del 10 marzo, un nuovo arsenale di misure.

Le misure convenzionali

Un primo pacchetto di interventi ha riguardato il tradizionale strumento dei tassi d’interesse. In linea con le attese dei mercati, il tasso sulle somme depositate presso la BCE dalle istituzioni finanziarie e monetarie è sceso di altri 10 punti base, passando dal -0,30 al -0,40%. La BCE ha quindi ulteriormente aumentato la penale che le banche sono tenute a pagare nel caso in cui dispongano di liquidità in eccesso, non curandosi pertanto dei molti dubbi sollevati sull’efficacia di questa misura. Le banche dell’eurozona, infatti, continuano a detenere un ingente quantitativo di deposit facility (circa 250 miliardi di euro a febbraio 2016 – grafico 1). Data la ritrosia delle banche nell’applicare tassi negativi sui depositi della clientela per il rischio di perdere una stabile fonte di finanziamento, nonché in certi casi per effetto di alcuni vincoli normativi che impediscono di applicare ai conti corrente tassi al di sotto dello zero, gli istituti di credito europei hanno visto aumentare il costo della raccolta. Per il momento questo maggior costo non si è trasferito sulla clientela, tant’è che i tassi d’interesse applicati a imprese e famiglie mostrano una tendenza decrescente. In Svizzera, dove la Banca Centrale si è spinta già da molto tempo nell’applicare tassi negativi fino a un livello del -0,75%, gli operatori stanno riscontrando alcuni effetti opposti rispetto ai desiderata dell’autorità monetaria, come alcune tendenze all’aumento dei tassi applicati sui mutui. In Giappone, dove la Bank of Japan ha recentemente adottato tassi negativi, si è registrata invece un’impennata delle vendite delle casseforti, chiaro segnale del fatto che i giapponesi si preparano a tesaurizzare banconote dentro le mura domestiche per evitare di pagare possibili penali sulla liquidità detenuta.

Grafico 1

Meno attese sono state invece le manovre sul tasso di rifinanziamento principale, portato dallo 0,05 allo 0,00%, e quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale (da 0,30 a 0,25%). Dalla variazione di appena 5 punti base non ci si può attendere ovviamente importanti effetti macroeconomici. In questo caso la BCE ha voluto essenzialmente offrire al mercato il segnale che è disposta a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per raggiungere l’obiettivo di riportare l’inflazione sul target del 2%.

Le misure non convenzionali. Il QE

Tra le misure non convenzionali la BCE è andata nuovamente a rivedere, e ampliare, il precedente programma di acquisti di titoli di Stato, covered bond e ABS (expanded asset purchase programme, o più brevemente QE, quantitative easing. Si veda Corsaro e Milani, 2015). Dopo essere già intervenuta nel dicembre del 2015 per allungare la scadenza del QE, passata dal settembre 2016 a marzo 2017, il programma è stato ampliato nella sua portata, aumentando da 60 miliardi di euro di acquisti mensili a 80 a decorrere dall’aprile dell’anno in corso. Un aumento di un terzo degli acquisti mensili ha stupito i mercati, che invece si aspettavano un incremento di “soli” 10 miliardi. Inoltre, un’altra novità ha riguardato il perimetro dei potenziali titoli eleggibili. Alla lista si sono infatti aggiunti i titoli emessi dalle società non finanziarie operanti nell’Area euro e aventi un rating investment grade (BBB- o superiore). In altri termini, la BCE potrà acquistare emissioni obbligazionarie di solide imprese non finanziarie europee, come ad esempio Eni o Enel per il caso italiano.

Grafico 2. Composizione dello stock obbligazioni emesse in euro da imprese non finanziarie dell’Area euro
(dati relativi a gennaio 2016)

Al momento mancano i dettagli tecnici su questa nuova misura, quindi è difficile darne una valutazione esaustiva. In ogni caso va rilevato che le emissioni di obbligazioni corporate sono molto diverse da paese a paese. Guardando allo stock totale di bond, includendo quindi anche quelli con un rating inferiore all’investment grade, si può notare come la Francia sia il paese in cui le aziende non finanziarie hanno emesso più obbligazioni in valuta domestica (430 miliardi di euro a gennaio 2016), seguita da Germania (126 miliardi) e da Italia (113 miliardi – grafico 2). L’ammontare totale comunque non è molto ampio, essendo pari a poco meno di 900 miliardi di euro, cifra che impallidisce di fronte ai quasi 7.500 miliardi di titoli pubblici emessi in valuta domestica dai paesi dell’Eurozona (grafico 3). Gli spazi quindi per concentrare gli acquisti sui corporate bond non finanziari sono abbastanza limitati.

 Grafico 3. Stock di titoli obbligazionari emessi in euro
(in miliardi di euro)

Le misure non convenzionali. Il T-LTRO II

Ultima misura varata dalla BCE è una nuova versione del T-LTRO (Targeted Longer-Term Refinancing Operations). Dalle informazioni che attualmente la BCE ha messo a disposizione si desume che il programma T-LTRO II prevedrà quattro finestre temporali, con cadenza trimestrale, in cui le banche potranno avanzare richiesta di finanziamento (la prima nel giugno dell’anno in corso). La durata dell’operazione sarà di quattro anni, con possibilità di rimborso anticipato dopo due anni. Le banche potranno prendere a prestito fino a un massimo del 30% del valore dello stock di impieghi erogati, nel gennaio 2016, a imprese e famiglie, con esclusione dei prestiti per acquisto di abitazioni e al netto dei prestiti già ricevuti in virtù del primo programma di T-LTRO, in cui la soglia massima ottenibile, per lo stesso perimetro di impieghi, era pari al 7% (Barucci, Corsaro, Milani, 2014). Posto che le banche hanno utilizzato al massimo delle potenzialità il T-LTRO I, lo spazio lasciato aperto per ulteriori finanziamenti è pari al 23% del totale dei finanziamenti eleggibili. Per la Germania ciò equivale a circa 310 miliardi di euro, 270 per la Francia, 240 per l’Italia (grafico 4).

Il tasso applicato su queste operazioni di finanziamento è pari al tasso di riferimento, ovvero lo 0%.  Viene però fissato un benchmark che può garantire alle banche un’ulteriore convenienza nell’attivare queste operazioni e  basato sulla dinamica del flusso di credito, registrato tra febbraio 2015 e gennaio 2016, verso le categorie di prenditori considerate. Nello specifico:

– per le banche che hanno osservato un flusso positivo di impieghi il benchmark è pari a zero;

– per le banche che hanno registrato una diminuzione il benchmark è pari al flusso di crediti eleggibili nel periodo. Ciò implica che per le banche che hanno ridotto il credito non necessariamente dovranno aumentare lo stock di credito, sarà infatti sufficiente diminuirlo a un tasso più contenuto.

Grafico 4. Ammontare potenziale del T-LTRO II
(in miliardi di euro)

Gli istituti di credito che tra il 1° febbraio 2016 e il 31 gennaio 2018 dovessero superare del 2,5% il benchmark potrebbero ottenere uno “sconto” sull’operazione, pagando il tasso sulle deposit facility, pari attualmente al -0,4%. Qualora il flusso di credito superasse il benchmark per una percentuale inferiore alla soglia stabilita lo sconto sarebbe calcolato in maniera lineare sulla base della differenza tra il tasso di rifinanziamento e il tasso sulle deposit facility. In altri termini, le banche che grazie ai finanziamenti ottenuti dovessero allentare le loro politiche creditizie potrebbero, alla scadenza dell’operazione, ripagare un importo inferiore rispetto a quello preso a prestito. Ad esempio, alle attuali condizioni una banca che prendesse a prestito un miliardo di euro e riuscisse a battere il benchmark per oltre il 2,5% ripagherebbe dopo quattro anni 984 milioni di euro, con un risparmio di 16 milioni.

Mancando anche su questa misura tutti i dettagli tecnici il giudizio che si può fornire è solo parziale. Dalle informazioni disponibili appare però improbabile che questo strumento fornirà uno stimolo necessario alle banche per riattivare il canale di trasmissione bancario riportando così l’inflazione verso il target. Non sembrano infatti presenti sufficienti disincentivi che potrebbero spingere le banche semplicemente a finanziarsi per quattro anni a tasso zero e utilizzare questa forma di provvista per sostituire, quanto meno in parte, le obbligazioni bancarie in scadenza, il cui rendimento all’emissione per le banche italiane si aggira intorno al 2%. Tra risparmiare il 2%, senza assumersi rischi e cliccando giusto qualche tasto su un terminale elettronico, ed erogare un finanziamento a un’impresa assumendosene rischi e costi di gestione, a fronte di un rendimento medio che, incluso il “bonus” BCE dello 0,4%, si aggirerebbe intorno al 3,5% circa, probabilmente le banche opteranno più per la prima strada.

Conclusione

La BCE, con gli ultimi interventi, ha dimostrato ancora una volta di essere l’unica istituzione europea capace al momento di offrire una qualche risposta alle perduranti difficoltà macroeconomiche e finanziarie dell’Area euro. L’opposizione interna, coalizzata intorno alla Bundesbank, ha però impedito in questi anni di intervenire in modo più tempestivo, facendo così diminuire l’efficacia delle misure messe più recentemente in campo. Una conferma al riguardo è fornita dall’andamento implicito dell’inflazione dell’Area euro desumibile dai titoli obbligazionari ad essa indicizzati (grafico 5). Se dopo i recenti annunci di Mario Draghi, e le sue anticipazioni, gli indici azionari hanno recuperato parte del terreno perso da inizio anno, le attese sull’inflazione a 5 anni sono andate invece peggiorando.

Le armi a disposizione della BCE per combattere la deflazione non sono comunque finite. Un QE asimmetrico, in cui gli acquisti si concentrino soprattutto sui titoli dei paesi periferici, e l’ampliamento dei titoli eleggibili alle cartolarizzazioni con sottostante le sofferenze bancarie sono probabilmente le misure aggiuntive che più efficacemente potrebbero essere messe in atto. Più in generale, comunque, va ribadito che la politica monetaria può far ben poco per rilanciare l’economia reale in un contesto in cui è prevale negli operatori economici una preferenza per la liquidità. Solo una seria politica fiscale espansiva potrebbe rimettere in moto il motore della crescita europea, da troppi anni oramai ingolfato.

Grafico 5. Inflazione attesa e indici azionari

Bibliografia

Barucci E., Corsaro S., Milani C., Il funding for lending nella versione BCEFinRiskAlert.it del 9 Giugno 2014.
Corsaro S., Milani C., Pro e contro del Quantitative Easing europeoFinRiskAlert.it del 2 Febbraio 2015.

Terzo Pilastro: il Comitato di Basilea lancia consultazione sulle modifiche al quadro normativo

Mar 16 2016

Il Comitato di Basilea ha pubblicato il documento di consultazione “Pillar 3 disclosure requirements – consolidated and enhanced framework”, contenente le proposte di modifica al Terzo Pilastro degli Accordi di Basilea sulla Vigilanza Bancaria. Le modifiche, volte a migliorare la disciplina attuale, riguardano:

– individuazione di un set di indicatori “chiave” per valutare la posizione prudenziale della singola istituzione finanziaria;

– divulgazione degli ipotetici RWA calcolati secondo l’approccio standardizzato;

– aumento della granularità nella comunicazione degli aggiustamenti apportati alla valutazione prudenziale.

Nuovi requisiti di trasparenza, inoltre, sono introdotti nel perimetro del Terzo Pilastro in modo da riflettere le modifiche al quadro normativo attualmente in corso. Tra queste, è istituito l’obbligo di divulgazione della TLAC (total loss-absorbing capacity) per le banche a rilevanza sistemica.
Le modifiche formulate nel documento di consultazione andranno a comporre, unitamente ai requisiti di trasparenza emessi nel gennaio 2015, il nuovo quadro di riferimento del Terzo Pilastro.

La consultazione avrà termine il 10 giugno 2016.

Comunicato stampa
Documento di consultazione

Cartolarizzazioni STS: Opinione BCE sulle proposte del Parlamento Europeo e del Consiglio in tema di regolamentazione comune e modifiche al regolamento CRR

Mar 16 2016

La BCE ha pubblicato un’Opinione riguardante le proposte formulate dal Parlamento Europeo e dal Consiglio per le cosiddette cartolarizzazioni STS (simple, transparent and standardised). In particolare gli argomenti oggetto dell’Opinione sono:

– creazione di un impianto normativo comune;

– modifica alla disciplina dei requisiti prudenziali per questa tipologia di operazioni ai sensi del Regolamento (EU) N. 575/2013 (Regolamento CRR) .

Il documento della BCE, formulato a seguito della richiesta del Consiglio Europeo, accoglie favorevolmente le iniziative legislative e ne condivide gli obiettivi comuni di rafforzamento dell’integrazione dei mercati finanziari UE e di creazione di un trattamento delle cartolarizzazioni STS che sia più sensibile al rischio.

Opinione

Consultazione ESMA sulla reportistica SFTR

Mar 16 2016

L’ESMA ha pubblicato un documento di consultazione riguardante gli strumenti di reportistica da adottare ai sensi del nuovo Regolamento SFTR (Securities Financing Transactions Regulation). La nuova disciplina sulla trasparenza (ed in particolare sulle attività del cosiddetto sistema bancario ombra) richiede, infatti, alle istituzioni operanti sul mercato di comunicare le informazioni sulle operazioni di securities financing,

La consultazione avrà termine il 22 aprile 2016.

Comunicato stampa
Documento di consultazione