Direttiva UCITS V

Dic 02 2014

L’ESMA ha pubblicato un parere finale sulla richiesta provvisoria della Commissione europea avente ad oggetto la richiesta di una  consulenza tecnica sul contenuto dei due atti delegati richiesti dalla UCITS V.
ESMA collaborerà strettamente con la Commissione europea in vista della trasformazione della consulenza tecnica in atti formali delegati.
Comunicato stampa

Parere finale

Crisi Bancarie

Dic 02 2014

L’EBA ha lanciato una consultazione pubblica sui progetti di norme tecniche di regolamentazione che specifichino i criteri di impostazione del requisito minimo per i fondi propri e le passività ammissibili previsti dalla Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD).

La consultazione si chiuderà il 27 febbraio 2015.

Comunicato stampa

Documento di consultazione

Fondi di investimento

Dic 01 2014

Il Parlamento Europeo ed il Consiglio hanno raggiunto un accordo sugli European Long-Term Investment Funds (ELTIFs). Questi fondi intendono incentivare il finanziamento di progetti in materia di infrastrutture e proprietà intellettuale. L’accordo deve ancora essere approvato dalla Commissione e dagli Stati membri.

Comunicato stampa

Tassi di interesse – Lato passivi e lato attivi nel mondo assicurativo
di Silvia Dell’Acqua

Dic 01 2014
Tassi di interesse – Lato passivi e lato attivi nel mondo assicurativo <small><small><I>di Silvia Dell’Acqua </I></small></small>

Nei primi tre anni di vita EIOPA ha fatto concreti passi in avanti per diventare una solida e credibile autorità di vigilanza, volta alla protezione degli assicurati e la sfida principale che sta affrontando riguarda l’implementazione del nuovo regime di regolamentazione Solvency II. Una volta definite univocamente le regole, sarà necessario verificare che esse siano applicate in modo consistente negli stati membri dell’Unione Europea e a tal proposito EIOPA intende promuovere qualità e consistenza delle supervisioni nazionali e transnazionali. Un primo passo verso il raggiungimento di questi obiettivi è stata la pubblicazione dei Technical Standards e delle Linee Guida: i primi definiscono modelli e procedure per aree specifiche sotto Solvency II, le seconde stabiliscono metodi di supervisione efficienti volti ad assicurare una uniforme e consistente applicazione del regime.

Nel corso del mese precedente EIOPA ha sottoposto alla Commissione Europea il primo insieme dei Technical Standards e ha completato la consultazione pubblica del primo insieme di Linee Guida, il mese prossimo darà il via alla pubblica consultazione sul secondo insieme di Techical Standards e Linee Guida. Lo scorso 21 Novembre è terminata la pubblica consultazione sulle regole di determinazione della struttura a termine del tasso privo di rischio da utilizzare per il computo delle passività; come stabilito dalla direttiva 2009/138/EC, articolo 77e, EIOPA ha il compito di definirla e pubblicarla. Essa sarà resa disponibile da Febbraio 2015: EIOPA intende lasciare alle compagnie il tempo necessario per effettuare le dovute valutazioni onde evitare che il tempo stabilito tra la pubblicazione del tasso e l’obbligo di calcolare il bilancio possa determinare forti ondate di movimentazione sugli attivi.

Il punto di partenza di Solvency II è la valutazione economica dell’intero bilancio con attività e passività a valore di mercato, queste ultime calcolate sulla base di una struttura a termine di tassi privi di rischio. Generalmente il tasso privo di rischio è derivato dai tassi swap, ma qualora non ci siano mercati di scambio o l’informazione non sia sufficientemente trasparente, esso viene calcolato a partire dai bond governativi del paese di appartenenza. I tassi privi di rischio sono:

  • definiti per ampi orizzonti temporali (essendo le riserve di contratti assicurativi e ri-assicurativi a lunga durata)
  • calcolati nelle valute di maggior importanza per il mercato assicurativo dell’Unione Europea
  • modificati per essere depurati dal rischio di default della controparte implicitamente incluso nei contratti swap e nei bond governativi (Credit Risk Adjustment)
  • basati sui dati resi disponibili dai mercati finanziari; data la necessità di definire strutture a termine con ampi orizzonti temporali ma la disponibilità di contratti swap con durate inferiori, i tassi sono estrapolati dall’ultimo punto disponibile (Last Liquid Point) nel futuro in modo da convergere ad un tasso macroeconomico di equilibrio di lungo termine (Ultimate Forward Rate).Per evitare possibili “disallineamenti” con il calcolo degli attivi in contesti di spread di rendimento di titoli obbligazionari corporate e governativi anomali, il tasso di sconto privo di rischio utilizzato nella valutazione delle riserve tecniche è corretto secondo alcuni algoritmi:
  • il volatility adjustments introduce una correzione allo scopo di ridurre l’impatto della volatilità di breve termine
  • il matching adjustment introduce una correzione nei casi in cui le riserve siano prevedibili e coperte da attivi con flussi di cassa certi e detenuti fino a scadenza.

Ad EIOPA è affidato il compito di:

  • valutare l’entità del volatility adjustment (per diverse nazione e valute)
  • quantificare la porzione di spread degli attivi a copertura che riflette alcuni rischi in cui la compagnia non può incorrere detenendo gli attivi fino a scadenza.

La normativa vigente fissa molte caratteristiche dei tassi privi di rischio, tuttavia ne rimangono ancora alcune da definire; e regole già fissate hanno lo scopo di garantire il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • replicabilità: il calcolo del tasso risk free definito da EIOPA deve essere replicabile dalle compagnie e da qualsiasi parte interessata, senza discrezionalità (riduzione dell’expert judgement);
  • consistenza con il mercato: quando possibile, i tassi privi di rischio devono essere calcolati a partire da dati di mercati finanziari trasparenti, liquidi e caratterizzati da un volume di scambi elevato;
  • reportistica: i tassi privi di rischio saranno pubblicati mensilmente, tale frequenza permetterà alle compagnie di avere una base comune per valutare le informazioni finanziarie richieste dai supervisori con cadenza trimestrale o annuale;
  • stabilità: EIOPA intende mantenere quanto più stabile la definizione della struttura dei tassi privi di rischio, pur sapendo che nel tempo potrebbe essere necessario introdurre modifiche o revisioni di modello (soprattutto in corrispondenza delle revisioni dei requisiti di capitale previste da Solvency II).

Anche lato attivi l’implementazione di Solvency II si confronta con uno contesto economico sfidante: lo scenario di bassi tassi di interesse continua ad essere in testa ai rischi cui è esposto il settore assicurativo e ne è un chiaro segnale la prospettiva di mantenimento/rinforzamento di una politica monetaria accomodante, come confermato dalle parole di Mario Draghi dello scorso 27 Novembre (“assicureremo il giusto grado di politica monetaria accomodante e contribuiremo a un graduale ritorno dell’inflazione vicino al 2%”). Le Compagnie di assicurazione stanno iniziando a fare propria questa nuova realtà di bassi tassi di interesse rivisitando i prodotti a catalogo e diversificando le scelte di investimento; la diversificazione di portafoglio gioverebbe fra l’altro all’eccessiva esposizione verso titoli governativi e bancari, diminuendo il rischio di concentrazione. Fino ad ora non ci sono stati cambiamenti significativi a livello di portafoglio complessivo e le scelte di investimento continuano a mostrare per lo più il medesimo orientamento, tuttavia si possono notare alcuni trend, come ad esempio l’aumento di investimenti nelle infrastrutture, l’aumento delle attività creditizie dirette, la diversa asset allocation fra bond governativi e corporate e l’aumento di esposizione sia verso bond di rating più basso, sia verso titoli emerging markets e private equity. Essendo uno dei principali investitori istituzionali, le Compagnie di assicurazione possono senza dubbio giocare un ruolo fondamentale nella promozione di una crescita economica sostenibile dell’Unione Europea perché possono investire in diverse tipologie di titoli, utilizzando quelli meno liquidi e a più lunga durata per essere in linea con le passività. Investimenti nelle infrastrutture e nel private equity sono da considerarsi attraenti anche in ottica Solvency II: l’assorbimento di capitale “stand alone” può apparire troppo alto, ma è necessario tenere considerazione gli effetti di diversificazione (una misura di capitale stand alone non è significativa) e comparare il rendimento all’assorbimento di capitale marginale.

 

La pagella sugli stress test? Tutta questione di capitale
di Carlo Milani

Dic 01 2014
La pagella sugli stress test? Tutta questione di capitale <small><small><I> di Carlo Milani  </I></small></small>

Le banche italiane sono state oggettivamente quelle più colpite dagli stress test. Molte sono state “rimandate a settembre”, ovvero hanno superato gli esami solo dopo le iniezioni di capitale intervenute fino a settembre 2014, mentre MPS e Carige non sono riuscite a evitare la bocciatura. Questo risultato non brillante dipende molto dalla misura di capitale adottata nei test, ovvero il Common Equity Tier1.

Come già evidenziato in un precedente intervento su questo sito (Barucci e Milani, 2014), i risultati della valutazione approfondita sui bilanci bancari (cosiddetto Comprehensive Assessment, CA), non sono stati particolarmente positivi per le banche italiane. Sono ben 9 i gruppi bancari che, secondo i dati del 2013, hanno fallito i test. Considerando i successivi aumenti di capitale, rimangono solo due banche in uno stato di difficoltà più seria, ossia Monte dei Paschi di Siena e Carige, con un’esigenza di ulteriori iniezioni di capitali che sfiora i 3 miliardi di euro, pari a circa un terzo del totale degli ammanchi di capitale rilevati dal CA per l’intera area euro.

A contribuire in modo determinante alla brutta pagella delle banche italiane è stato soprattutto il basso livello del CET1 ratio, ovvero del capitale di migliore qualità, formato essenzialmente dalle azioni e dagli utili non distribuiti, espresso in rapporto al totale attivo ponderato per il rischio (RWA). Va ricordato che questo indice di patrimonializzazione è quello preso a riferimento dall’intero impianto del CA, che a sua volta si richiama ai vincoli imposti da Basilea 3. Nello specifico, una banca ha superato l’AQR solo se alla fine degli aggiustamenti sulle poste di bilancio relative al 2013 disponeva dell’8 per cento di CET1 ratio; la stessa soglia, ma riferita al 2016, è stata necessaria per superare lo scenario di base, mentre per lo scenario avverso la soglia è stata pari al 5,5 per cento.

Grafico 1. CET1 ratio post AQR e inclusi le variazioni sul capitale intervenute fino a set.2014

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Nel contesto europeo si può osservare come il sistema bancario italiano sia tra quelli meno patrimonializzati sulla base del CET1 ratio (un’analisi più dettagliata sull’argomento sarà presentata nel prossimo Rapporto Banche CER). Pur considerando le iniezioni di capitale osservate durante il 2014, le banche italiane si posizionano al terz’ultimo posto, con un livello medio del 10,9 per cento. Fanno peggio del nostro paese solo Cipro e Malta. Non molto distante risulta essere il livello del CET1 ratio della Spagna (11,1 per cento), mentre il divario rispetto a Germania (14 per cento) e Francia (17,9 per cento) è particolarmente elevato, così come alto è il gap con la media dei paesi dell’area euro (15 per cento circa). Il non brillante risultato dell’Italia in termini di CET1 ratio peggiora ulteriormente se si considera tale grandezza al lordo degli aumenti di capitale intervenuti durante la prima parte del 2014 e al netto dell’effetto di aggiustamento richiesto dall’AQR. In questo caso l’industria bancaria nazionale si posiziona all’ultimo posto, con un divario rispetto a Spagna, Germania e Francia in ulteriore ampliamento (grafico 1).

Va posto in evidenza, però, che il livello del CET1 ratio è influenzato da due importanti fattori. Un primo fattore è costituito dalle cosiddette national discretion, ovvero dalle eccezioni ammesse dalle autorità di vigilanza nazionali nel calcolo del capitale e dell’RWA nella fase di transizione verso la piena implementazione di Basilea 3, prevista per il 2019. La BCE valuta in diversi punti di RWA il peso di queste eccezioni, che hanno permesso in particolare a paesi come Grecia, Irlanda e Portogallo di presentare livelli di CET1 ratio ben più elevati rispetto a quelli che sarebbero potuti emergere da un’applicazione più rapida delle regole di Basilea 3 (grafico 2). Importante è in ogni caso il peso di queste eccezioni anche in Germania, Spagna e Italia. Per le banche italiane, in particolare, le national discretion ammesse dalla Banca d’Italia hanno permesso di evidenziare un livello più elevato di CET1 per oltre 15 miliardi di euro (circa un punto di Pil).

 

Grafico 2. Total transitional adjustments by country of participating banks as of 1 January 2014

Fonte: BCE (2014).

Un altro fattore che influenza il risultato sul CET1 ratio è strettamente legato all’RWA, ovvero il denominatore del ratio in questione. Se si considera un indicatore di patrimonializzazione non influenzato dalle ponderazioni per il rischio applicate agli asset bancari, ovvero il levarage ratio (LR), pari al rapporto tra il common equity e il totale attivo (quest’ultimo aumentato delle poste fuori bilancio), il quadro italiano migliora nettamente. Il LR italiano, al lordo degli aumenti di capitale e al netto degli aggiustamenti richiesti dall’AQR, è infatti pari al 5,4 per cento, non molto distante dalla media europea (5,7 per cento). Sulla base di questo indice l’Italia fa meglio di Francia (5,3 per cento), Spagna (5,1 per cento) e Germania (4,6 per cento – grafico 3).

Grafico 3. Leverage ratio post AQR, incluse le variazioni sul capitale intervenute fino a set.2014

Fonte: elaborazioni CER su dati BCE.

In definitiva, il risultato non brillante dell’industria bancaria italiana, soprattutto se messa a confronto con quella tedesca, francese e spagnola, deve essere in un buona parte attribuito alla centralità dei coefficienti di patrimonializzazione basati sull’attivo ponderato per il rischio. Se il CA avesse preso a riferimento l’indice basato sul totale attivo, che non risente dell’autovalutazione dei rischi ottenuta tramite l’utilizzo dei modelli di rating interni (IRB) e del modello di business (credito verso finanza), il quadro sarebbe stato probabilmente diverso. Ad influenzare le scelte di BCE ed EBA sono state però proprio le regole sulla vigilanza bancaria imposte da Basilea 3 che, continuando nel solco di Basilea 1 e 2, affidano alla ponderazione per il rischio un ruolo centrale.

 

 

Bibliografia

 

– Barucci E. e C. Milani, 2014, La brutta pagella del comprehensive assessment, FinRiskAlert.it

– BCE (2014), Aggregate Report on the Comprehensive Assessment.

Credito Deteriorato e nuovo Archivio delle Perdite richiesto da Banca d’Italia
di Michele Bonollo

Nov 26 2014
Credito Deteriorato e nuovo Archivio delle Perdite richiesto da Banca d’Italia <small><small><I> di Michele Bonollo </I></small></small>

Executive Summary

La Circolare 284 della Banca d’Italia richiede dal marzo 2015 l’invio di un flusso da parte delle banche, con cadenza annuale. Tale nuovo flusso è denominato Archivio delle Perdite o flusso LGD. In breve, contiene dati sui cicli di default  della banca e sui relativi dati di perdita e recupero sui crediti problematici. Il tema dei crediti deteriorati è particolarmente attuale per le banche italiane, sia perché determina importanti contributi negativi sul conto economico, sia per la recente fase di asset quality review. Al di là delle semplificazioni giornalistiche, spesso focalizzate principalmente sulla percentuale di credito deteriorato nei portafogli delle diverse banche, cercheremo in questo breve contributo di meglio chiarire la gestione del credito deteriorato nei suoi riflessi economici, patrimoniali e operativi. Inoltre forniremo alcuni maggiori dettagli sul nuovo archivio delle perdite e cercheremo di inquadrare il tutto all’interno del framework internazionale, sia nelle normative sulla solvibilità sia in quelle contabili.

1. Il credito deteriorato. Dinamiche, aspetti gestionali e operativi

L’accantonamento delle perdite presunte sui crediti è una fase tipica nell’ambito della costruzione del bilancio delle banche.

Ciò che è cambiato negli anni è le rilevanza di questa componente. Se il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi sino a 10 anni fa in molte banche era  sotto al 2%, oggi nella grande parte della banche italiane è oltre il 10%, con casi frequenti oltre il 15%.

Oltre alle sofferenze, stato peggiore del credito deteriorato, vi sono gli incagli, posizioni con evidenti segnali di mancanza di capacità restitutoria (mancato pagamento rate, sconfini ripetuti, ..).

Il credito deteriorato comprensivo di sofferenze e incagli in molte banche italiane supera il 20% dello stock di impieghi totali.

Se nella classificazione segnaletica (base Y, Central Rischi, ..) la tassonomia del credito anomalo è costituita in ordine di gravità da sofferenze, incagli, past due e ristrutturati, in ambito gestionale le banche hanno messo a punto categorie e processi i più vari. In alcune banche si parla di pre-incagli, incagli leggeri, in altre di posizioni sotto controllo, e varie altre terminologie.

La copertura del credito deteriorato va distinta tra due diversi punti di vista. Ex-ante, prima di manifestazioni di degrado, la copertura del rischio è rappresentata dalle garanzie, personali (fidejussioni, consorzi di garanzia, ..) o reali (ipoteche, titoli in pegno e garanzia, ..). In questo senso, un indicatore importante è la quota di crediti unsecured (detti anche in bianco) rispetto al totale degli impieghi.

Ex-post, o comunque durante la manifestazione del deterioramento del credito, la “copertura” è costituita dagli importi che tempo per tempo vengono accantonati nella fase di assestamento del conto economico, incrementando (o decrementando) gli appositi fondi di perdite presunte nel passivo dello stato patrimoniale. Tali importi confluiscono nella Voce 130 del conto economico.

A questo proposito, il coverage ratio, cioè la quota già accantonata, è un indicatore della prudenza (o rigore) della banca nella previsione di possibili perdite. Negli anni i benchmark si sono alzati verso coverage ratio sempre più prudenti, su richiesta delle autorità di vigilanza, delle normative e delle best practices.

Oggi pertanto, quantomeno sulle sofferenze, i coverage ratio di molte banche, compresa la più grande banca italiana, sono vicino al 60%, quando alcuni anni fa erano sotto il 50%. Per gli incagli molte banche esprimono coverage ratio superiori al 40%. Ovviamente tali coefficienti devono essere correlati con il set di garanzie di cui la banca dispone verso le controparti. Si usa infine il termine di Crediti Deteriorati Netti per indicare il credito deteriroato lordo meno gli accantonamenti, in termini percentuali (1 – Coverageratio).

A tale riguardo, un indicatore molto utilizzato da analisti, agenzie di rating, società di revisione, e anche in sede di AQR, è il rapporto DeterioratiNetti/Patrimonio.

Se tale rapporto è maggiore di 1, significa che nello scenario worst case, in cui tutte le perdite potenziali si materializzano, la banca non è in grado di assorbire le perdite con il proprio patrimonio, misurato ai diversi livelli.

Dati gli stock di credito deteriorato delle banche italiane, l’indicatore in questione supera l’unità, o comunque un valore di alert del  90%,  per una quota non marginale di banche italiane.

Il rilevante incremento osservato purtroppo nella consistenza dei crediti deteriorati ha avuto rilevanti impatti gestionali sulla organizzazione interna delle banche. Un primo elemento strategico riguarda la gestione interna/esterna delle attività vere e proprie di recupero del credito, o le soglie (di materialità, di qualità) oltre le quali affidarsi a strutture specializzate. Una alternativa più estrema è la cessione tout court dei crediti non performing ad altre entità, spesso esse stesse banche o promanate da banche. La cessione, anche per pochi punti percentuali, dei crediti NPL (non perfoming loans) può essere conveniente, tenendo conto degli importanti costi diretti e indiretti (soprattutto del personale) per le attività di recupero.

A prescindere dalla fase operativa di recupero, tutte le banche hanno dovuto creare o irrobustire delle strutture dedicate al controllo andamentale e al credit management.

Il primo dipartimento ha in carico la tempestiva classificazione dei credit da bonis verso altre categorie. Il credit management, quantomeno negli stati precedenti alla sofferenza conclamata, deve attivare con la clientela tentatiti di recupero o riscadenziamento.

Infine il 15° aggiornamento della circolare 263 richiede al Risk Management un controllo di II livello sulla qualità delle classificazioni e degli accantonamenti. Più precisamente “(Risk Mgt)verifica il corretto svolgimento del monitoraggio andamentale sulle singole esposizioni creditizie”.

Si veda in proposito [7].

2. Il credito deteriorato. Profili di vigilanza e segnaletici

Anche nella stampa specializzata viene talvolta trasmessa la percezione che la Vigilanza Europea in capo alla BCE abbia azzerato le discrezionalità o le specificità nazionali.

In realtà, nonostante siano entrati nell’uso i flussi di reporting di vigilanza e finanziari internazionali (cosiddetti COREP e FINREP), è tuttora in vigore un importante apparato di segnalazioni di vigilanza da parte della banche italiane verso la Banca d’Italia. Tali segnalazioni sono riportate in una sorta di testo unico, la circolare 154, si veda [2], distinguendo tra quelle standard europee, dette armonizzate, e quelle non armonizzate. La circolare si applica non solo alle banche ma a tutti gli enti vigilati (SGR,. SIM, ..).

Le segnalazioni, dette anche basi segnaletiche, sono molto più numerose di quanto non si ritenga, in quanto coprono, talora con ridondanza, tutti gli ambiti di operatività, tipi di transazione, e scopi del regulator nazionale stratificatisi negli anni.

Si va pertanto dalle basi statistiche, dette anche matrici (basi A1,A2,A3,A4), alle basi sui requisiti patrimoniali del framework di Basilea; base Y per le banche, base 1 per i gruppi, nuove basi LY e L1 per il rischio di liquidità (indicatori LCR e NSFR). Fino a baso molto più ad hoc, come la base EP sul rischio paese e le basi “Mx” e “W” su dati di bilancio e rischio tasso del banking book.

Rispetto a tali pluralità, il portafoglio dei crediti deteriorati è oggetto di analisi e scomposizione in numerosi flussi segnaletici. Ricordiamo i principali:

  • A livello statistico, i crediti deteriorati sono rappresentati nelle matrici statistiche di classe Ax, con una seria ampia di segmentazioni
  • Sopra una soglia di materialità, tutti i crediti, con lo status (bonis vs. sofferenza), sono segnalati anche in Centrale dei Rischi. Come flusso di ritorno, le banche esposte con una determinata controparte possono ottenere analisi sulla posizione globale nel sistema bancario del cliente, informazioni su sconfini (cioè un importo utilizzato maggiore di quello accordato), esistenza di altri istituti segnalanti a sofferenza, l’esposizione del cliente a sistema per macro forme tecniche.
  • Infine, gli impieghi segmentati per portafogli regolamentari sono segnalati anche mediante la base Y per il calcolo degli RWA. Qui particolarmente rilevante è la individuazione delle tipologie segnaletiche di “esposizioni con ponderazioni particolari”, cioè le esposizioni per le quali il calcolo dell’RWA viene effettuato con ponderazioni più elevate. Si distinguono in questo ambito con diverse voci le sofferenze, gli incagli, le esposizioni ristrutturate e i past due.

Tutte queste basi segnaletiche sono fruibili in modalità aggregata, ad uso di banche e studiosi, nella base dati statistica di Banca d’Italia (BDS), che consente di ottenere diverse analisi multidimensionali sui rischi di credito: analisi di composizione del credito deteriorato, tassi di decadimento (cioè nuovi flussi di sofferenze sul portafoglio), concentrazione del credito e molte altre, su cluster geografici, settoriali, dimensionali.

La presenza di possibili differenze semantiche tra le diverse basi segnaletiche, o normali problemi di data quality (anche da parte delle banche “mittenti”) non sempre permettono una facile “quadratura” tra gli aggregati statistici ottenuti secondo diversi percorsi di ricerca e navigazione. Questa problematica sarà oggetto di un prossimo paper.

All’impianto brevemente sintetizzato sopra si aggiunge dal 2015 l‘archivio delle perdite, base LD, descritto nel seguito.

2. Il nuovo Archivio delle Perdite.

2.1 A cosa serve e cosa cambia?

La nuova segnalazione ha (almeno) due obiettivi dichiarati anche nelle sue premesse:

  • Controllo di vigilanza per le banche che utilizzano modelli interni per il calcolo del requisito patrimoniale sul rischio di credito nella componente LGD.
  • Supporto, anche a livello internazionale, per il passaggio da un modello di accantonamenti di tipo “incurred losses” (cioè perdite accadute, osservate) ad un modello ex-ante di “expected losses” (di questo daremo qualche cenno nel paragrafo successivo).

Prima di illustrare nel dettaglio motivazioni e scopo, qualche elemento in più sul nuovo flusso:

  • Frequenza e time line. Invio entro 25 marzo di ogni anno, con riferimento all’anno precedente. Su base volontaria (cui le grandi banche in genere aderiscono) recupero anche di dati pregressi.
  • Perimetro. Vanno inviati i dati afferenti i cicli di default chiusi nell’anno precedente, dove default in senso lato comprende default e tutte le categorie più gravi di credito deteriorato ai sensi della matrice dei conti.  “Chiusi” va inteso nel senso di completamento della procedura di recupero. A questi si aggiungono i casi di incomplete workout, cioè quelli in cui la sofferenza è aperta da oltre 10 anni. Chiariamo meglio alcune fattispecie. Vanno segnalati quindi:
    • Tutti i casi di cancellazione della posizione (write off) per mancata prosecuzione dei tentativi di recupero. A livello contabile si è pertanto registrato un movimento di passaggio a perdite.
    • Tutti i casi di integrale recupero in funzione delle garanzie disponibili. Tali posizioni pertanto concorreranno ad abbassare, in quanto nulla, la LDG desumibile dai dati.
    • I casi di transizione verso il bonis sono alimentati mediante la riduzione della esposizione e in tale modo convenzionalmente catturati e gestiti dalla Banca d’Italia.
    • Tipi di dati. Nel flusso segnaletico debbono essere trasmessi secondo i formati previsti dati di diversa natura, quali:
      • Dati di controparte, con chiave il codice Centrale dei Rischi
      • Dati sulle esposizioni, tra cui le date di inizio-fine status con le variazioni della EAD occorse rispetto a ultima segnalazione
      • Dati sulle garanzie
      • Dati sui recuperi
      • Dati sui costi, diretti, indiretti, e quelli non ripartibili.
      • Per le sole banche con i modelli AIRB validati, le banche debbono anche provvedere a determinare delle grandezze di output intermedie, quindi applicare i tasso di attualizzazione ai diversi vettori di flussi (EAD, recuperi, costi) per fornire una propria LGD.

Ricordiamo infine che esiste una soglia di EAD, 1.500 euro, sotto la quale le posizioni non devono essere segnalate (100 euro per credito al consumo).

A che cosa serve questa segnalazione e quali punti di attenzione per le banche?

Per le banche con i modelli interni validati, il modello statistico di LGD, e la conseguente griglia di coefficienti, spesso segmentati per tipo controparte, tipo garanzia, tipo prodotto, ecc., consentiranno alla Banca d’Italia un monitoraggio e un benchmarking tra i coefficienti validati in fase di istruttoria del modello interno e quelli desumibili da fonti più prettamente contabili e ufficiali.

In questo ambito, le banche di dimensioni maggiori non hanno impatti operativi in termini di “produzione” della base LD, ma dovranno esse stesse sorvegliare l’evoluzione del processo di recupero del credito e la qualità dei propri modelli statistici, così da asseverare una adeguata convergenza tra esse.

Non solo. Le stesse banche hanno in generale già adottato un modello di accantonamenti sul credito di tipo expected losses, determinato cioè dalla coppia (PD,LGD) su cliente-esposizione. Le evidenze ricavabili dal flusso LGD vs. il modello interno validato consentiranno ulteriori verifiche sulla qualità/robustezza del conto economico.

Anche per le banche di dimensione minore ci sono effetti rilevanti. Spesso queste banche non hanno o non hanno ancora sviluppato propri modelli di LGD, principalmente a causa dell’impegno per il recupero dei dati, per l’imputazione dei costi, o la sensibilità al rischio non ancora del tutto formata.

Una volta messi a punto i nuovi flussi, dopo un normale periodo di fine tuning, gli accantonamenti di tipo collettivo, cioè quelli effettuati sulle posizioni in bonis, potranno con maggiore precisione essere effettuati sulla effettiva efficienza del recupero del credito della singola banca, invece di ricorrere a percentuali LGD di benchmarking, di letteratura, o suggerite da advisors e revisori.

Anzi, crediamo che per le banche con i modelli standard vi siano le maggiori opportunità. Anche se il calcolo di RWA prevede modelli standard ben più semplici, crediamo che la crescita di una cultura del rischio su LGD, insieme all’impulso per i modelli gestionali di calcolo del rischio richiesti nel RAF, infine la diffusione dei modelli di rating e PD anche nella filiera gestionale (pricing del credito, controllo di gestione, ..) possa per le banche medio piccole determinare un importante e utile salto culturale.

2.2 Integrazione tra normative

La premessa della circ.284 illustra come l’archivio delle perdite sia di supporto a una transizione dei principi internazionali di calcolo degli accantonamenti.

Lo IAS 39 “Financial Instruments: Recognition and Measurement” , noto documento sulla valutazione degli strumenti finanziari, è in corso di sostituzione in favore dello IFRS9 “Financial Instruments”.

Tale IFRS9 è un vero e proprio progetto articolato in più componenti/fasi, gestito da IASB (International Accounting Standard Board). Si veda [8].

La piena operatività di IFRS 9 è prevista dal 2018. Oltre al già citato passaggio da incurred losses a expected losses, con ruolo cardine dei modelli statistici di PD e LGD nella determinazione degli accantonamenti, un altro punto saliente è costituito dall’orizzonte temporale lungo il quale effettuare gli accantonamenti.

Rispetto ud una prassi generalizzata di accantonamenti su 12 mesi (e quindi sostanzialmente l’accantonamento è pari a EAD × PD × LGD), IFRS9 prevede una serie di criteri per discriminare tra 12 mesi e  “full life time credit expected losses”.

In relazione alla convergenza o coerenza tra normative sui rischi (Basilea) e contabili (IASB), va segnalato infine il documento di consultazione di Banca d’Italia di settembre 2014.

Esso tra spunto dagli ITS (Implementing technical standards) di EBA in riferimento alla segnalazioni di vigilanza consolidate armonizzate FINREP, alle definizioni di NPE (Non Performing Exposures) e di forbearance (esposizioni ristrutturate o oggetto di concessioni) introdotte in tali ITS.

Lo scopo ulteriore della consultazione della banca centrale è di estendere poi anche a banche non gruppi e SIM tali nozioni.

Nel documento viene puntualizzato che:

  • Sofferenze. Mantenute le attuali definizioni.
  • Incagli. Distinzione tra incaglio oggettivo e soggettivo (“unlikely to pay”). Soglie di materialità da definire
  • Default. Mantenuta la definizione e confermato, per le sole esposizioni al dettaglio, il possibile approccio di default per rapporto invece che per controparte.

Soprattutto, Banca d’Italia ribadisce a livello nazionale l’assoluta convergenza tra non performing loans e impairment della normativa contabile IAS/IFRS con le nozioni di NPE e default della CRR. In una epoca di ingente e forse eccessiva produzione di nuova regolamentazione, questo chiarimento di Banca d’Italia permette di evitare, nei processi e nei sistemi informativi, costosi e rischiosi “doppi binari”. Elemento questo auspicato anche da ESMA.

Riferimenti

[1] C. Brescia Morra e G. Mele (2014),  “Le nuove fonti della vigilanza prudenziale”,

[2] Banca d’Italia (2014), “Segnalazioni di vigilanza delle istituzioni creditizie e finanziarie”, Circ.154 55° aggiornamento.

[3] Banca d’Italia  (2013), “La nuova Vigilanza Prudenziale per le Banche”, Circ.263 15^ Aggiornamento.

[4] Banca d’Italia  (2013), “Disposizioni di vigilanza per le banche”, Circ.285.

[5] Banca ‘Italia (2013), “Istruzioni per la compilazione delle segnalazioni delle perdite storicamente registrate sulle posizioni in default”, Circ.284.

[6] Banca d’Italia (2014), “Aggiornamento delle definizione di attività deteriorate”, documento di consultazione.

[7] M.Bonollo e N.Andreis (2014), “Il sistema dei Controlli Interni nella nuova Circolare 263. Sintesi e Aspetti Critici”.

[8] IASB (2014), “IFRS 9 Financial Instruments

[9] Unione Europea (2013), “CRR – Capital Requirement Regulation”

Il punto sul credito bancario nell’eurozona
di Stefano Corsaro

Nov 26 2014
Il punto sul credito bancario nell’eurozona <small><small><I> di Stefano Corsaro </I></small></small>

137 banche della zona euro hanno partecipato all’indagine sul credito bancario nel terzo trimestre 2014. Le loro risposte confermano alcuni dei segnali positivi riscontrati tra aprile e giugno, i miglioramenti non appaiono comunque essere stabili.

1.      L’offerta di credito

I criteri di offerta di credito in Italia sono rimasti sostanzialmente invariati. I prestiti, soprattutto alle famiglie, hanno beneficiato di una maggiore concorrenza tra banche; invece, il peggioramento delle prospettive di particolari settori produttivi o imprese e del mercato degli immobili residenziali (per i privati) hanno irrigidito le condizioni di offerta. Le prospettive sull’attività economica, che dal 2010 al 2013 ha conosciuto una dinamica negativa, non hanno portato effetti significativi. E’ interessante notare l’andamento dei margini sui prestiti alle imprese: una piccola diminuzione si registra sul complesso dei prestiti, per i prestiti più rischiosi si osserva invece un irrigidimento. I margini dei prestiti alle famiglie hanno invece proseguito la dinamica discendente iniziata a fine 2013. Le aspettative per gli ultimi tre mesi dell’anno sono di un lieve miglioramento per i prestiti alle imprese e di un allentamento abbastanza marcato per il credito alle famiglie (Banca d’Italia, 2014).

Passando al mercato dell’area euro, gli standard per l’offerta di credito presentano dei limitati segnali di miglioramento, coerentemente con l’andamento del secondo trimestre. Allentamenti sono visibili sia nei confronti delle imprese che delle famiglie, in particolare per i prestiti non immobiliari. Tra i paesi più rilevanti dell’eurozona, spicca l’allentamento francese, mentre le condizioni per le imprese olandesi e i mutui tedeschi sono peggiorate (grafico 1). Diminuiscono le disparità tra i paesi dell’area, sia per i prestiti a privati che, in misura minore, alle imprese: ciò potrebbe avere potenzialmente risvolti positivi per la neonata unione bancaria e dovrebbe ridurre la segmentazione in mercati nazionali.

Criteri per l’offerta di credito
 Corsaro 1
Fonte: dati BCE. Valori compresi tra -100 e 100. Valori negativi indicano un allentamento delle condizioni.

Accresciuta liquidità delle imprese, maggiore competizione tra istituti di credito, accesso facilitato ai mercati del credito. Questi sono i fattori che spiegano la positiva evoluzione evidenziata. La Francia presenta miglioramenti (significativamente) superiori rispetto alla media, ponendosi, con una sola eccezione, al di sopra dei maggiori paesi europei. Dopo il miglioramento dello scorso trimestre, la percezione del rischio da parte delle imprese e le prospettive macroeconomiche sono però tornate in territorio negativo. Gli indicatori della Spagna, grazie a dati macroeconomici incoraggianti e al processo di riforme avviato, sono in miglioramento.
L’analisi dei margini dei prestiti presenta un dato interessante: quanto alla media dei prestiti il calo italiano è confermato in tutta l’Eurozona, Spagna e Francia presentano un miglioramento ben più marcato rispetto a quello italiana; invece l’irrigidimento per i prestiti più rischiosi pone l’Italia in controtendenza rispetto alla media europea (BCE, 2014).

Tra le variabili che potrebbero allentare le difficoltà nell’offerta del credito, un posto di rilievo spetta alle nuove iniezioni di liquidità della Banca Centrale Europea (TLTROs): lanciate a settembre, esse verranno ripetute con cadenza trimestrale almeno sino a marzo 2016.
Quasi i due terzi delle banche che hanno partecipato alla prima asta intende utilizzare i fondi ricevuti per fornire nuovi prestiti, soprattutto alle imprese, circa un quarto li utilizzerà per rifinanziarsi (sostituendo primariamente i fondi dell’Eurosistema), solo il 10% prevede di acquistare titoli. E’ significativo notare che un quinto delle banche, percentuale bassa ma non trascurabile, abbia segnalato tra i motivi della mancata partecipazione all’asta la mancanza di domanda di credito.
Le TLTROs non sembrano poter giocare un ruolo decisivo nell’aumento dell’offerta del credito. Meno del 10% dei rispondenti aumenterà infatti la propria offerta e l’allentamento avverrà quasi unicamente su termini e condizioni dei prestiti a imprese e privati (per consumi diversi dai mutui) (BCE, 2014).

2.      La domanda di credito

L’analisi della domanda di prestiti da parte di famiglie e imprese italiane restituisce un’immagine con luci ed ombre. Desta preoccupazione il calo della domanda da parte delle imprese, in territorio negativo dopo un trimestre di sostanziale stabilità. L’indagine dei motivi di tale risultato porta ad ulteriori motivi di preoccupazione: all’aumento della domanda per ristrutturazione del debito si sono infatti accompagnate variazioni nulle di domanda per scorte e, soprattutto, la decrescita della domanda per investimenti fissi. Non certo un buon viatico per la ripresa economica. All’opposto, la domanda di credito da parte delle famiglie per mutui è in aumento, sospinta da positive prospettive del mercato immobiliare e dal, pur limitato, aumento di fiducia. Nell’ultimo trimestre dell’anno in corso le richieste di credito da parte di imprese e famiglie dovrebbero aumentare, sebbene nel secondo caso l’aumento sarà molto più contenuto rispetto ai trimestri precedenti (Banca d’Italia, 2014).

Il quadro europeo presenta marcate differenze rispetto alla situazione italiana. La domanda di imprese e privati per credito al consumo è un aumento. La richiesta di fondi da parte delle imprese dell’eurozona è altresì in crescita, con punte al rialzo per le imprese francesi e spagnole; per il credito al consumo, le famiglie olandesi e spagnole hanno accresciuto in misura significativa le proprie richieste agli istituti bancari. La variazione positiva delle domande per mutui in Italia si accorda con l’andamento del resto dell’area euro: l’aumento italiano e quello olandese sono i più consistenti tra i paesi più importanti dell’area (grafico 2).

Criteri per la domanda di credito
Corsaro 2
Fonte: dati BCE. Valori compresi tra -100 e 100. Valori positivi indicano un’espansione della domanda.

Fusioni e ristrutturazione del debito contribuiscono all’aumento della domanda delle imprese; la domanda di credito per investimenti fissi, dopo un primo trimestre di limitato aumento, è in calo nella maggioranza dei paesi, tra cui Spagna, Italia e Olanda. Sebbene i valori siano ancora limitati, l’uso di strumenti di finanziamento alternativo contribuisce al calo delle richieste. In Italia e Francia, tali strumenti si concretizzano soprattutto in emissioni di titoli di debito (sul tema dei finanziamenti alternativi, si veda Corsaro, 2014). L’aumento delle richieste dei privati è invece guidato dalle prospettive sul mercato immobiliare (mutui) e, in misura minore, dall’aumento della fiducia dei consumatori (credito al consumo). Nel prossimo trimestre, la domanda di fondi da parte di tutti gli operatori dovrebbe crescere ulteriormente (BCE, 2014).

Bibliografia

Banca Centrale Europea. The Euro Area bank lending survey. 3rd quarter 2014. October. Euro area bank lending survey. 2014.

Banca d’Italia. Indagine sul credito bancario. Risultati per l’Italia. 2014.

Corsaro, Stefano. Banche, obbligazioni, assicurazioni. Quale futuro per i finanziamenti alle imprese? FinRiskAlert.it. 2014.