La Direttiva MiFID II e la trasparenza sui costi delle gestioni finanziarie
a cura di Giancarlo Giudici, Alessandra Riva e Filippo Saverio

Dic 28 2019
La Direttiva MiFID II e la trasparenza sui costi delle gestioni finanziarie  a cura di Giancarlo Giudici, Alessandra Riva e Filippo Saverio

La Direttiva 2014/65/UE, meglio conosciuta come MiFID II, entrata in vigore il 3 gennaio 2018, disciplina i mercati finanziari dell’Unione Europea con l’obiettivo di assicurare trasparenza e protezione a favore dell’investitore. Essa introduce una serie di requisiti applicati sia ai rapporti tra gli intermediari finanziari ed i risparmiatori sia a quelli tra i produttori ed i distributori di strumenti finanziari. Una delle novità più rilevanti della Direttiva è stata l’introduzione dell’obbligo per le imprese d’investimento di sottoporre ai clienti un prospetto relativo ai costi applicati quali commissioni di deposito, di gestione, di consulenza ed ogni altro onere che grava sulla performance per l’investitore. Tale informativa deve essere consegnata sia ex-ante, in tempi utili prima dell’apertura del contratto, sia ex-post, con riferimento al rendiconto di fine periodo.

In questo contesto, la School of Management del Politecnico di Milano insieme a Moneyfarm ha condotto una ricerca focalizzata sulle modalità informative e sui contenuti dei documenti presentati alla clientela. Lo studio, realizzato tra febbraio e ottobre 2019, ha analizzato la reportistica ex-ante (ovvero prima dell’investimento, per capire quali costi sarebbero stati caricati all’investitore) ed ex-post (ovvero a consuntivo, per capire i costi effettivi) prodotta da 20 tra i maggiori intermediari finanziari operanti in Italia e focalizzati su una clientela retail e mass affluent (Tabella 1).

Obiettivo dell’indagine è stato quello di identificare le “best practice”, adottate dagli intermediari finanziari, anche andando al di là dei requisiti minimi previsti dalla Direttiva. Si è trattato di verificare: (1) se la documentazione, fornita agli investitori, fosse formalmente in linea con quanto previsto da MiFID II e dai regolamenti attuativi; (2) se la documentazione fosse presentata all’investitore in modo semplice ed esplicito; (3) se i costi e gli oneri fossero espressi chiaramente così che tutti, anche persone poco avvezze agli investimenti, potessero capire quanto pagassero agli intermediari e quanto impattassero i costi sul rendimento del loro investimento.

Dall’analisi dell’informativa ex-ante è risultata la necessità, per gli intermediari finanziari, di migliorare l’informativa su costi e oneri in linea con lo spirito della Direttiva MiFID II. In generale, è emerso che nel 75% dei casi per i servizi di consulenza in materia di investimenti e di gestione di portafogli gli intermediari finanziari non erano pienamente in linea con le raccomandazioni della Tabella 1- Allegato II del Regolamento Delegato (UE) 2017/565. Più in dettaglio, i costi sono stati espressi in valore assoluto solo nel 45% dei casi per la consulenza sugli investimenti e nel 19% per la gestione di portafogli. Nel 40% dei casi la documentazione relativa al servizio di consulenza sugli investimenti è stata consegnata in formato digitale o cartaceo, mentre nel 69% nel caso della gestione di portafogli.

Anche per l’informativa ex-post si sono registrate luci e ombre. In particolare, solo nel 50% dei casi l’effetto cumulativo dei costi sul rendimento dell’investimento è stato completamente indicato e solo il 67% ha riportato correttamente le imposte di bollo e l’IVA a carico del cliente. Nessun intermediario è stato in grado di seguire tutte le “best practice” indicate da ESMA nelle Q&A e dalle associazioni di categoria. Ad esempio, l’indicazione di ESMA di inviare le informative ex-post “il prima possibile” non è stata seguita da nessuno. Nella maggior parte dei casi gli investitori hanno ricevuto nell’estate 2019, periodo di ferie, le informazioni sugli investimenti effettuati nell’anno 2018. Inoltre, alcuni intermediari hanno scelto di pubblicare report molto brevi, altri invece hanno preferito informative molto più lunghe (fino a quasi 40 pagine) e solo nel 44% dei casi erano presenti le parole “costi” e/o “oneri” nell’intestazione del documento.

Guardando la classifica finale espressa su scala 0-30 (in Figura 1), solo tre report hanno raggiunto un punteggio superiore a 26/30 e quattro non hanno neanche raggiunto la sufficienza. Complessivamente, il ‘voto’ medio è stato pari a 21,4.

Il comportamento eterogeneo degli intermediari finanziari, sia in termini di dati forniti sia in termini di modalità di comunicazione, non aiuta gli investitori a confrontare le condizioni economiche applicate dai diversi operatori. Vi è quindi ancora strada da fare per dare piena trasparenza ai risparmiatori italiani sui costi che pagano per gestire i loro investimenti, che è uno dei principali obiettivi della Direttiva per proteggere gli investitori.

In conclusione, è la prima volta che questo tipo di informazioni viene trasmesso dagli intermediari finanziari ai clienti. La ricerca ha messo in luce elementi di interesse per tutti gli attori del mercato: dagli investitori agli operatori del settore della gestione patrimoniale, dall’autorità al legislatore. L’intento dello studio è stato quello di fornire un quadro generale da un punto di vista di benchmark in modo che tutti potessero valutare autonomamente sé stessi e migliorare il report successivo rispetto alle proprie prestazioni.

In tale contesto, la Consob sta analizzando le segnalazioni inviate ai clienti e rilascerà un documento che indicherà agli intermediari alcune buone pratiche. Anche nel resto dell’Europa è stato riscontrato un analogo comportamento degli intermediari finanziari. A seguito dell’ondata di critiche, come riportato dal Financial Times, la Commissione Europea starebbe già lavorando su un processo di revisione della normativa. Possiamo quindi immaginare che la MiFID II rimarrà una questione molto attuale per andare verso un approccio comune a livello europeo.

Il termometro dei mercati finanziari (20 Dicembre 2019)
a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

Dic 21 2019
Il termometro dei mercati finanziari (20 Dicembre 2019)  a cura di Emilio Barucci e Daniele Marazzina

L’iniziativa di Finriskalert.it “Il termometro dei mercati finanziari” vuole presentare un indicatore settimanale sul grado di turbolenza/tensione dei mercati finanziari, con particolare attenzione all’Italia.

Significato degli indicatori

  • Rendimento borsa italiana: rendimento settimanale dell’indice della borsa italiana FTSEMIB;
  • Volatilità implicita borsa italiana: volatilità implicita calcolata considerando le opzioni at-the-money sul FTSEMIB a 3 mesi;
  • Future borsa italiana: valore del future sul FTSEMIB;
  • CDS principali banche 10Ysub: CDS medio delle obbligazioni subordinate a 10 anni delle principali banche italiane (Unicredit, Intesa San Paolo, MPS, Banco BPM);
  • Tasso di interesse ITA 2Y: tasso di interesse costruito sulla curva dei BTP con scadenza a due anni;
  • Spread ITA 10Y/2Y : differenza del tasso di interesse dei BTP a 10 anni e a 2 anni;
  • Rendimento borsa europea: rendimento settimanale dell’indice delle borse europee Eurostoxx;
  • Volatilità implicita borsa europea: volatilità implicita calcolata sulle opzioni at-the-money sull’indice Eurostoxx a scadenza 3 mesi;
  • Rendimento borsa ITA/Europa: differenza tra il rendimento settimanale della borsa italiana e quello delle borse europee, calcolato sugli indici FTSEMIB e Eurostoxx;
  • Spread ITA/GER: differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi a 10 anni;
  • Spread EU/GER: differenza media tra i tassi di interesse dei principali paesi europei (Francia, Belgio, Spagna, Italia, Olanda) e quelli tedeschi a 10 anni;
  • Euro/dollaro: tasso di cambio euro/dollaro;
  • Spread US/GER 10Y: spread tra i tassi di interesse degli Stati Uniti e quelli tedeschi con scadenza 10 anni;
  • Prezzo Oro: quotazione dell’oro (in USD)
  • Spread 10Y/2Y Euro Swap Curve: differenza del tasso della curva EURO ZONE IRS 3M a 10Y e 2Y;
  • Euribor 6M: tasso euribor a 6 mesi.

I colori sono assegnati in un’ottica VaR: se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 15%, il colore utilizzato è l’arancione. Se il valore riportato è superiore (inferiore) al quantile al 5% il colore utilizzato è il rosso. La banda (verso l’alto o verso il basso) viene selezionata, a seconda dell’indicatore, nella direzione dell’instabilità del mercato. I quantili vengono ricostruiti prendendo la serie storica di un anno di osservazioni: ad esempio, un valore in una casella rossa significa che appartiene al 5% dei valori meno positivi riscontrati nell’ultimo anno. Per le prime tre voci della sezione “Politica Monetaria”, le bande per definire il colore sono simmetriche (valori in positivo e in negativo). I dati riportati provengono dal database Thomson Reuters. Infine, la tendenza mostra la dinamica in atto e viene rappresentata dalle frecce: ↑,↓, ↔  indicano rispettivamente miglioramento, peggioramento, stabilità rispetto alla rilevazione precedente.

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Peer2Peer, Instant Insurance e il futuro del business assicurativo
a cura di Deloitte

Dic 16 2019
Peer2Peer, Instant Insurance e il futuro del business assicurativo  a cura di Deloitte

L’evoluzione del mercato assicurativo e le nuove esigenze del cliente, nonché le modalità e consuetudini di acquisto, generano nuove sfide ed opportunità che le Compagnie devono raccogliere oggi per continuare ad essere competitive domani.

Gestire sfide ed opportunità nel consumer finance significa abbracciare l’InsurTech e gestire i conseguenti impatti sul modello di business assicurativo, sapendo far leva su una omni-canalità che non può, almeno per il momento, prescindere dai canali tradizionali.

I modelli Peer-to-Peer ed Instant Insurance rientrano tra i principali trend del settore rispondendo ai bisogni dei clienti che diventano sempre più social, esigenti ed attratti dai nuovi trend tecnologici.

Il «social customer» è a tutti gli effetti il nuovo target anche per le Compagnie assicurative: ogni individuo attivo in rete e sui social media, a prescindere da genere, età, residenza, profilo socio-economico.

Questa tipologia di cliente, se gestita con i giusti modelli di business e di pricing tramite piattaforme dedicate, può diventare per le Compagnie una nuova customer base con profili di rischio «virtuosi» e, allo stesso tempo, un canale di acquisizione di ulteriori clienti.

Il Peer-to-Peer (P2P) Insurance si basa sui meccanismi della sharing economy (invito amici, creazione community, valutazione dei peers, dei gruppi) applicanti anche alla gestione assicurativa (selezione delle garanzie, scoring sul comportamento più o meno rischioso dei partecipanti alla community, soring dell’assicurato in caso di sinistro, ecc.). Il modello prevede meccanismi che premiano i comportamenti virtuosi: i clienti appartenenti ad uno stesso “gruppo”, condividendo lo stesso rischio, possono risparmiare sui premi di polizza a fronte di una minore sinistrosità.  In sostanza, minore è la sinistrosità del peer, maggiore è l’importo di premio restituito o dello sconto applicato sul premio di rinnovo pagato da ogni individuo che vi partecipa. Tali “gruppi” vengono costituiti e gestiti attraverso una piattaforma social, tramite cui ogni individuo può invitare amici (individui ragionevolmente virtuosi) ad entrare a far parte del proprio gruppo e, nel corso dell’anno, valutare il loro comportamento. Tale coinvolgimento e partecipazione al processo di valutazione degli eventi sinistrosi e del comportamento generale dei peers, alimenta il trust della clientela e quindi favorisce la retention. Anche il profilo di rischio ne ha un beneficio: poiché una bassa sinistrosità dà al gruppo maggiori benefici, sarà il gruppo stesso ad escludere i soggetti con comportamenti scorretti o rischiosi.

Si possono già osservare i risultati dei first movers: riduzione del 50% del combined ratio, ottenuto dalla riduzione dei costi correlati a frodi, piccoli sinistri, marketing&sales e costi amministrativi; un aumento del traffico internet sul proprio website che si è nel tempo avvicinato a quelli dei top player sul mercato.

L’Instant Insurance invece è un modello che abilita la possibilità per il cliente di sottoscrivere istantaneamente (tipicamente tramite una App) polizze online personalizzate e calibrate sulle esigenze del momento. In pratica si tratta di micro-polizze caratterizzate da una rapida sottoscrizione, da un basso importo del premio di polizza e da coperture assicurative attive per un periodo di tempo limitato (da poche ore, a giorni o poche settimane). In questo modo si vanno a colmare le esigenze del cliente in situazioni e momenti specifici, ben definiti, che rimarrebbero altrimenti non soddisfatte e non coperte da garanzie assicurative. Dei tipici esempi possono essere le polizze infortuni per la giornata di sci, o per le partite di calcetto, o ancora le polizze sui ritardi aerei, fino ad arrivare magari ad assicurare le singole transazioni finanziare. Tali polizze, con le adeguate tecnologie, possono essere degli Smart Contract gestiti tramite Blockchain dalla fase di sottoscrizione fino alla fase di liquidazione e quindi di esecuzione del contratto

Questi nuovi trend di settore ed i modelli emergenti si stanno sviluppando non solo in modalità stand-alone, ma possono anche combinarsi tra di loro. L’integrazione di questi modelli su piattaforme tecnologiche capaci anche di abilitare servizi basati su tecnologia IoT, aprirebbero alle compagnie nuovi scenari di business

Anche in Italia ci sono delle piattaforme emergenti e Deloitte ha recentemente stretto una partnership con una di queste piattaforme per lo sviluppo e l’integrazione di modelli sia Instant che Peer to Peer con l’obiettivo di offrire soluzioni di business complete di piattaforma tecnologica all’avanguardia, in modalità white label, accorciando così tempi e costi per il Go to Market delle Compagnie nostre Clienti. Alcuni elementi chiave sono:

  • Geolocalizzazione: le informazioni geo-referenziate contribuiscono a predire il bisogno del consumatore nel preciso istante e nel luogo in cui si trova;
  • Artificial Intelligence:  gli algoritmi di machine learning, analizzando i dati comportamentali ed emozionali dei clienti nel tempo, permettono di identificare un bisogno di protezione;
  • Blockchain: l’utilizzo di procedure basate su database decentralizzati, distribuiti e criptati garantiscono trasparenza, sicurezza e l’immutabilità delle transazioni, tramite l’utilizzo di smart contracts;
  • Instant payment: utilizzo di stumenti di pagamento on line al fine di sottoscrivere la polizza proposta;
  • Chatbot: tecnologia capace di simulare conversazioni umane via chat o vocale. Il bot, attraverso frasi semplici, è in grado di comprendere le domande / richieste effettuate dal Cliente (ad esempio informazioni su prodotti e servizi) e fornire risposte sulla base di un albero decisionale.

Ma quali sono i benefici che questi modelli possono portare alle Compagnie?

I benefici riconducibili al Peer to Peer sono:

  • Miglioramento del “customer engagement”: la soluzione può incrementare l’interattività all’interno del rapporto tra il Cliente e la Compagnia, suscitando l’interesse e il coinvolgimento del Cliente al fine di aumentare il livello di customer retention;
  • Abilitazione di un nuovo strumento per l’acquisizione dei clienti: attraverso questo modello, in base a come viene disegnato, la compagnia e/o l’agente stesso può aumentare i volumi di vendita e diversificare il portafoglio grazie soprattutto al supporto dei propri clienti che, tramite il meccanismo degli incentivi, possono diventare essi stessi un nuovo canale di acquisizione. La crescita dei volumi può essere ulteriormente stimolata dalla creazione di una competizione fra agenti e/o agenzie, utilizzando ad esempio il livello di punti cumulato dai clienti appartenenti a ciascun agente / agenzia;
  • Riduzione dei comportamenti non virtuosi: la soluzione motiva il Cliente ad agire in modo consapevole e virtuoso, con la prospettiva che il buon comportamento da parte dello stesso (ad es. guida sicura, conduzione di uno stile di vita sano, ecc…) verrà premiato, riducendo la probabilità di accadimento di un sinistro e, di conseguenza, i costi sostenuti dalla Compagnia per la liquidazione dei sinistri.

I benefici che invece possono essere raggiunti sia con la soluzione Peer to Peer che con l’Instant Insurance sono:

  • Miglioramento della brand image: le soluzioni pongono le basi per la commercializzazione di nuovi prodotti «life style» (es. bike) e l’acquisizione di un nuovo target di clienti, i millennials (i clienti di oggi e di domani), migliorando l’immagine della Compagnia e la sua percezione tra questa tipologia di clienti;
  • Abilitazione a nuovi servizi e maggiore conoscenza dei propri clienti: la messa a disposizione del Cliente di queste tipologie di applicazioni pone la Compagnia nella posizione di:
    • poter offrire nuovi servizi, come: denuncia sinistro tramite App con riconoscimento automatico del danno, chatbot / virtual assistant, up-selling /cross-selling in base alla posizione (es. polizza infortuni quando il cliente è su piste da sci), etc.:
    • aumentare la conoscenza di abitudini e comportamenti de propri clienti, e di conseguenza del reale profilo di rischio;
  • Abilitazione di nuove soluzioni assicurativi: una piattaforma che gestisca sia il modello P2P che l’instant insurance oltre ad essere in qualche modo abilitanti l’uno per l’altro, possono essere utilizzate anche come «veicolo» per soluzioni di:
    • Prodotti e tariffe standardizzate derivanti dalla rilevazione di abitudini e profilo di rischio;
    • Internet of Thing: sfruttando le potenzialità dell’App, o collegandola a device tecnologici in grado di rilevare, comportamenti, dati biometrici ecc.

Molti player a livello globale hanno già avviato progetti per sfruttare i nuovi modelli/canali, raggiungendo nuove fasce di clientela, coprendo nuove esigenze assicurative, modernizzando le modalità di sviluppo dei prodotti assicurativi. Altri nuovi player sono nati andando a coprire fasce di mercato lasciate libere dai player tradizionali (siano questi ultimi compagnie con reti agenziali o web).

È necessario riconsiderare i modelli aziendali basati sui prodotti per andare a soddisfare le aspettative di mercato in base alla experience dei clienti utilizzando la tecnologia come elemento abilitante ed integrante di nuovi paradigmi di business. Questo non è futuro. Sta già accadendo e l’evoluzione tecnologica ha abbassato drasticamente la soglia di investimento per accedere a soluzioni nuove.

Il timing diventa, quindi, cruciale: non muoversi o muoversi tardi può portare e rimanere esclusi o marginali da quella che oggi può sembrare una nicchia ma che domani sarà IL mercato.

Autori:

Romano Sacchi – Partner Deloitte Consulting

Maurizio Bertini – Director Deloitte Consulting

Martina Bancone – Manager Deloitte Consulting

Subzero bank deposits: a way-out proposal
a cura di Emilio Girino

Dic 15 2019
Subzero bank deposits: a way-out proposal  a cura di Emilio Girino

October 2019. Speaking in his capacity as chairman of the European Banking Federation, the c.e.o of Unicredit postulated the need to transversally “tax” bank deposits by “remunerating” them with negative rates: deposits above 100,000 euros were first mentioned, then the threshold rose to 1 million. A declaration not welcomed even by the main players of the banking milieu. It was not Jean-Pierre Mustier’s statement that triggered the problem. It has just stimulated reflections on an explosive dilemma that lies for a long time beneath burning ashes: must the negative rates on deposits in central banks be or not be rebated on depositors? So asked, the question is reductive and unchains panic, demagogy, underestimation: panic in the clientele that strives to escape the hateful paradox of paying banks to keep savings; demagogy that turns a serious technical problem into an abnormal and suicidal anti-banking war; underestimation of the legal and financial side effects that such a measure could entail. The simplifying instinct is the worst tool to defuse a device unknown to the millennial history of money: creditors never paid debtors. Instead, the matter requires coldness and reasoning.

Step back. At the height of the crisis, between 2008 and 2012, respectively Fed and ECB embraced what the journalistic metaphor will call the bazookas, i.e.  they strafed markets with  liquidity by taking paper away. In other words: buying securities – the total estimate is 15 trillion dollars – and protecting them from the risk of speculative abuse. In addition, ECB has gradually but drastically reduced rates in order to prevent the bite of the crisis from ruining the economies. Without those measures, the state of European economic health, then aggravated by the demented customs conflict, by the defeat of that stupid short-term mirage that goes under the name of globalization and by an increasing recession as a result of the first and the second, would have been and today it would be much worse. Every drastic treatment implies side effects: buying securities means raising their price and automatically reducing their returns (if one buys a nominal value of 100 at 110 and a yield of 2% over 5 years, the algebraic outcome inevitably becomes negative), lowering rates involves necessarily a fall in the debts’ cost. The final result that today astonishes the most is obvious: the general collapse of the cost of money means that even the worst and least reliable securities, including junk-bonds, offer negative returns and give shape to the foregoing paradox: those who buy them not only do not will earn nothing but will receive less than they invested. An unacceptable dystopia to investors, who therefore prefer to avoid investments and maintain liquidity with the certainty of not getting lost in the worst case.  Certainty today tarnished by the dilemma we are dealing with.

The Eurosystem requires banks to deposit a certain amount of liquidity in ECB (so called “minimum reserves”) for the purpose of coping with possible shocks. However, the banks have deposited even larger amounts of liquidity. The negative rates paid by ECB (currently -0.5%) mean that the banks lose a small portion of their deposits daily. Hence the idea of ​​operating a “transitive penalty”: redistributing the loss to depositing customers by applying negative rates also on free account deposits. A similar choice – which not by chance met the disagreement of many institutes (the president of Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros Pietro declared that the solution lies in adding, not in subtracting) – should be submitted to a careful investigation of legal feasibility as well as to a reasoned assessment of adverse effects.

A common denominator of every evaluation is a principle of rationality as well as behavioral ethics: if a bank must be severely punished when it breaches the law, a war of principles against the banking system (foolish war as well as short-sighted because the true emblem of degenerate capitalism lies elsewhere) can seriously compromise the stability of the entire credit ecosystem, with unpredictable collective rebounds.

From a legal point of view, a mortgage could never generate negative interest, but the same principle cannot apply analogously to deposits. Even if the deposited money can be used by the bank, the customer’s right to demand full or partial repayment at any time lacks ground for assimilating a deposit to a loan (different speech is required for time deposits whose pay-off could be attractive – I  do emphasize: time deposits, not structured ones, the latter being now financial products according to Mifid2). Hence, may the negative rate be construed as a cost? The question is not inappropriate. The courtrooms overflow with actions, opinions and, sometimes and unfortunately, decisions that, often clinging to formalistic exasperations or running into sophisms or mathematical illusions, make a loan free for insufficient transparency (by applying article 117 of Italian unified text of banking laws) or to be deemed exceeding the usury thresholds. An interest rate, even if negative, should however be considered as a remuneration condition, not as an additional cost. Nevertheless, failing an unequivocal regulatory clarification, the risk of a judicial reconstruing would far outweigh the benefit of the rebate.

As to the technical level, the phenomenon of the negative ECB deposit rate is being resized. The introduction of the so-called tiering (application of the negative rate only on minimum reserves and of 0 rate on surplus deposits), effective from October 30, should lead to a several billion recovery for all European banks. A hasty and risky transfer of negative interest rates on deposits could therefore generate unfair and spiteful unevenness and exacerbate the aforesaid legal assault.

Eventually, the main side effects would result in the deposits decrease (through the improper use of the bank draft or the withdrawal and safekeeping, with every predictable management problem and with all due respect to the fight against cash), in their redistribution on more institutions up to the negative interest threshold (with related increase of costs for each single depositor), on their escape towards non-European shores (goodbye then to the coveted return of capital) or in their investment that would be the most logical and welcomed solution to banks and customers. The drawback, in this case, given the feeble market, is the redirecting to products that may not be adequate for the investor’s risk profile and in any case with unwelcomed liquidity constraints for depositors.

A possible way out is to create securitization vehicles in which the bank reverses short-term receivables owed by its best customers by issuing securities that ensure a low but not negative return to the depositor. The bank should take a significant stake in the issue and the duration, in parallel with the one of the underlying loans, should fluctuate between 2 and 3 years. It is only an idea, certainly perfectible and certainly not the only one. But an improper taxation of deposits, no: it would not work. Gian Maria Gros Pietro is right when he says that it’s time to add not to subtract.